TIRANA (Albania) – Vincenzo Nibali nei panni di ambassador ci sta davvero bene. Si muove con la sicurezza del leader, mai una parola di troppo e l’acutezza di sempre nel valutare le situazioni. Sta per iniziare il terzo Giro senza di lui e mai gli sentirete dire che si è portato dietro qualche rimpianto. A differenza di quelli che smettono per sopraggiunti limiti nervosi, il siciliano ha scelto la data e si è fermato dopo aver dato davvero tutto. Lo incontriamo nel quartier tappa mentre stanno per arrivare i protagonisti per la conferenza stampa di rito. Sta finendo di raccontare all’inviato di Marca l’importanza che il ciclismo ha avuto nella sua vita. Racconta che se non avesse sfondato nel ciclismo, avrebbe intrapreso la carriera del fisioterapista. E poi rivendica con orgoglio il suo ruolo nell’approfondire la ricerca in tema di allenamento e preparazione. Il ciclismo spaziale di questo tempo è iniziato nel suo e in qualche modo è bello tenerlo a mente.
La riflessione che gli proponiamo parte dall’assenza di Pogacar e dal fatto che quando lui non c’è, gli altri corridori sanno di poter vincere e vanno al via con idee ben più bellicose. Se oggi al tavolo dei contendenti ci fosse stato lo sloveno, avremmo assistito a una sfilata di omaggi e distinguo. Invece, pur non lanciandosi in proclami roboanti, per mezz’ora abbiamo avuto la sensazione di avere davanti un plotone di sfidanti con concrete possibilità di vittoria.
Quando non c’è “Taddeo” si può pensare anche di vincere?
“Taddeo” è il cannibale del momento, è fantastico. Vince e stravince, non c’è niente da dire. Quando attacca da così lontano ti lascia a bocca aperta. Anche io a mio modo sono stato un precursore in questo senso. Magari non partivo a 100 dall’arrivo, però l’idea di attaccare da lontano l’ho sempre avuta. Quando non c’è Tadej, sono tutti più tesi e cercano di capire cosa potranno fare. Se Pogacar blocca la giornata sbagliata, allora magari qualcosa può cambiare. Sempre che quando ha la giornata sbagliata, fa secondo o terzo».
E allora che Giro sarà questo senza Pogacar?
Molto aperto, molto, molto complicato. Ci sono delle tappe che possono essere trabocchetti. Il Giro non è mai semplice, ho parlato anche con dei direttori sportivi. Con Bramati, con Tosatto che ha dei corridori molto interessanti. Quando si parla di Giro non è mai semplice, e l’ultima settimana è dura davvero.
E’ il terzo Giro senza di te, t’è rimasto qualcosa del corridore addosso oppure hai chiuso bene la porta?
Non ho rimpianti, veramente non ne ho. Ne ho avuti pochissimi in vita mia, perché quello che ho fatto l’ho sempre fatto con grande voglia e volontà. Ora vivo il ciclismo da un punto di vista diverso da quello dell’atleta. Lo vivo da fuori, ma sono sempre molto vicino ai ragazzi e ogni tanto pedalo anche con loro, come si può vedere anche dai social. L’altro giorno ero con Bettiol, capita di uscire con Ulissi, con Pippo Ganna e altri come Honoré. E’ bello scambiarsi opinioni con loro che ci sono ancora dentro.
In un duello ipotetico fra Roglic e Ayuso, il fatto che uno abbia già vinto il Giro sarà un punto a suo favore?
L’esperienza che ha Roglic è tantissima e lo può aiutare tanto, però è un atleta che gioca tanto in difesa. Ayuso invece è l’esatto opposto e quindi potremmo ritrovarci con un attaccante e uno che si difende e questo potrebbe rendere la gara interessante. Però sono certo che lungo la strada ne verranno fuori altri cinque o sei.
Ad esempio?
Non sottovaluterei Del Toro e nemmeno Yates. Tiberi ha preparato questo Giro nei dettagli e ha fatto dei sopralluoghi delle tappe già all’inizio dell’anno. Ciccone arriva con un’ottima gamba e bisogna capire se il suo orientamento sarà per la classifica o per le tappe, dove secondo me si può togliere tanti sassolini dalle scarpe.
Tiberi lo hanno spesso accostato a te, come valuti il suo percorso?
L’ho lasciato che era un ragazzino, quando eravamo in Trek. Da allora è cresciuto tantissimo e ha preso con decisione la strada delle corse a tappe. Io riuscivo a fare anche le gare di un giorno, però si sta muovendo nella giusta direzione.
Dici che si gioca davvero tutto nelle ultime tappe in Valle d’Aosta?
Io starei molto attento anche alle tappe qua in Albania, che sono molto pericolose. La tappa di Valona (la terza, domenica, ndr) è difficile. Mentre la prima, quella di domani, essendo la prima, non è affatto semplice. Se non sei pronto e non sei entrato nel mood del Giro d’Italia, è facile lasciare qualche secondo già sulle prime rampe. E’ una cosa vista e rivista, le prime salite hanno sempre fatto un po’ di danni.
Hai parlato di un Giro aperto e Red Bull assegna 6 secondi di abbuono a ogni tappa: possono diventare decisivi?
Spero di no! Ho fatto anche un’intervista dicendo che molte volte i corridori hanno appiattito la gara, spero non accada nuovamente. Non credo però che questi abbuoni recheranno disturbo alla classifica. All’inizio magari sì, poi non più. Sarebbe stato peggio se ci fossero stati degli abbuoni importanti all’arrivo per i primi tre. Mi ricordo di quando Joaquim Rodriguez perse il Giro del 2012 appunto per un gioco di abbuoni.
Stiamo vivendo un momento eccezionale di ciclismo, con prestazioni e guadagni decisamente importanti…
Il ciclismo ha raggiunto un livello molto alto ed è giusto e dovuto. Non è uno sport di serie B o di serie C, è uno sport di serie A. Tutto questo ce lo siamo meritati nel tempo, per la gente che ci ha tifato e per i corridori che hanno portato tanta aria fresca in questo mondo che era rimasto legato alle tradizioni. Oggi ci ritroviamo sicuramente uno sport fantastico che merita tutta l’attenzione. E mi piace pensare di aver avuto una parte nel suo sviluppo. E magari qualcosa posso fare ancora.