Velefique, inchino per Caruso dopo una fuga pazzesca

22.08.2021
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«Ho un solo rimpianto – disse quella volta Damiano Caruso, oggi vincitore sull’Alto de Velefique – di quando sono passato professionista e tutti mi dicevano di volare basso. Ho sbagliato. E’ finito il ciclismo delle gerarchie. Una volta dovevi stare attento ad andare troppo forte in allenamento, sennò gli anziani si arrabbiavano. Oggi se vai più forte in allenamento, la domenica anche loro lavorano per te, chiunque tu sia. Bisogna entrare subito al massimo...».

Unica carta

Queste parole, pronunciate tanti anni fa al passaggio da Cannondale a Bmc, ci risuonavano per la testa mentre Damiano addentava le ultime rampe del Velefique, l’ultima fatica prima del traguardo. Una fuga di 71 chilometri. La più lunga di sempre nella sua carriera. Quest’anno gli è davvero scattato un clic nella testa, difficile dire se al Giro quando si rese conto di essere l’unica carta possibile per il Team Bahrain Victorious

Bernal ha chiesto alla Ineos di tirare, ma la gamba non c’era. Qui con Sivakov
Bernal ha chiesto alla Ineos di tirare, ma la gamba non c’era. Qui con Sivakov

«Sono così felice – ha detto oggi dopo la vittoria – so che era molto lontano, ma sapevo che la Ineos stava facendo un ritmo davvero duro. Quindi mi sono detto: “Va bene, prima che mi prendano, proverò ad andare in fuga, magari da solo”. Non mi aspettavo che il vantaggio crescesse tanto, ma dall’ammiraglia continuavano a dirmi che guadagnavo e allora ho deciso di darci dentro. Chilometro dopo chilometro è successo. Non riesco ancora a credere a quello che ho fatto, ma se una cosa ho sempre saputo fare in vita mia, è stato portare la sofferenza all’estremo».

Scelta Bahrain

Quell’incontro conteneva tanto del presente. Il siciliano lasciava la Cannondale, la squadra in cui era cresciuto e in cui aveva anche imparato che nel professionismo ci sono regole che vanno oltre le belle parole.

«E’ un ambiente lavorativo – disse – e dove ci sono in ballo dei soldi, l’amicizia è difficile. Nessuno fa niente per niente, tutto ruota su quanto vai forte. Quando vai piano, di colpo non c’è più nessuno e trovi sempre uno pronto a prenderti il posto. Alla Cannondale non mi è mancato nulla, ma di fatto non hanno mai investito su di me».

Vi siete mai chiesti perché Caruso sia rimasto alla Bahrain Victorious e non abbia seguito ad esempio Nibali, per il quale aveva lavorato e anche bene prima del passaggio alla Trek?

Perché il team del Bahrain ha scelto di investire su di lui, proponendogli un ritocco dell’ingaggio e prolungandogli il contratto proprio quando avrebbe potuto pensare di andarsene. Caruso di fatto nel Bahrain ha iniziato a sentirsi importante.

«Da due anni – dice – corro per il gusto di farlo, per fare grandi corse stando nel gruppo con il minor stress possibile. Detto questo, la Vuelta è appena cominciata, siamo già tutti belli al limite e chissà che non possa riprovarci».

Come al Giro

Si è voltato un paio di volte e poi non si è voltato più, con quel senso di pedalata potente e ancora forte seppure affaticata con cui ha respinto la rincorsa degli inseguitori. La maglia aperta sul petto, la faccia annerita da un sole tanto simile a quello della Sicilia, lo scintillare degli occhi ogni volta che toglieva gli occhiali.

«E’ una sensazione incredibile – dice – il ripetersi delle sensazioni del Giro. Per me è incredibile. L’ultima salita è stata molto lunga e volevo solo rimanere concentrato sul mio ritmo e negli ultimi 2 chilometri ho capito che potevo vincere. Riprovare a scalare la classifica? Sono ancora lontano, non mi pongo limiti e neanche troppi pesi sulle spalle. Staremo a vedere».

Mas ha tenuto testa a Roglic sino in cima al Velefique. Lo sloveno guadagna vantaggio
Mas ha tenuto testa a Roglic sino in cima al Velefique. Lo sloveno guadagna vantaggio

Landa fatica

Caruso alla Vuelta, come peraltro era successo al Giro, c’è venuto per aiutare capitan Landa. Sfortunato a Cattolica, si è fatto tutto il possibile per portarlo al top alla Vuelta, ma oggi sul Velefique le cose non sono andate come Mikel si aspettava (il basco è arrivato a 5’04” da Caruso).

«E’ stato bello vedere Damiano vincere – commenta il diesse Stangelj – ma è stato anche difficile vedere Mikel soffrire oggi. Diciamo che effettivamente da stamattina non si sentiva al meglio. Quindi abbiamo deciso che alcuni dei ragazzi lo tenessero d’occhio. E’ ancora un campione e uno dei nostri migliori corridori, per questo lo abbiamo aiutato con Wout Poels e Mark Padun. Che dire di Damiano? Avevamo programmato di avere un corridore nella fuga e lui è bravissimo a prenderla e poi reagire per andare da solo e guadagnare terreno prima che iniziasse la battaglia dei corridori di classifica. Ha fatto tutto alla perfezione!».

Attualmente Caruso indossa la maglia a pois e in classifica ha 7 secondi di vantaggio su Landa, posizionati rispettivamente al 15° e 16° posto. Sarà difficile che si ripeta la magia del Giro, ma la squadra sa di poter contare su di lui. E lui non ha più paura di sognare.