Torino chiama, Felline risponde: «E’ peggio di una Liegi»

30.11.2021
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Una tappa sulle colline di Fabio Felline. Sabato 21 maggio 2022, il Giro d’Italia farà un bel regalo agli appassionati di ciclismo di Torino e dintorni. Già, perché dopo aver disegnato la cronometro che ha aperto l’edizione 2021 nel pieno centro del capoluogo piemontese, con l’apoteosi rosa di Filippo Ganna, questa volta gli organizzatori si sono sbizzarriti. Ecco pronto un inedito circuito tutto sali e scendi con alcuni passaggi tratti dalla classica più antica che esista: la Milano-Torino.

La Maddalena e Superga

La 14ª frazione, che arriverà verso la fine della seconda settimana, potrebbe davvero fare sfracelli. Propone un dislivello di 3.600 metri concentrato in appena 153 chilometri. L’unica pianura prevista è all’inizio, nei 10 iniziali. Dopodiché i corridori dovranno arrampicarsi per tre volte sul Colle della Maddalena (il punto più alto della collina torinese coi suoi 715 metri) e per due a Superga sfiorandò la Basilica, tristemente nota anche per il disastro aereo che costò la vita ai giocatori del Grande Torino il 4 maggio 1949.

Nel finale, ancora lo strappo di Santa Brigida, prima di dirigersi verso il traguardo che sarà di fronte alla Gran Madre al termine del rettilineo di corso Moncalieri. Proprio come accaduto sia in occasione della crono inaugurale di quest’anno sia nella passerella conclusiva del 2016. Quella volta Giacomo Nizzolo venne declassato dai giudici e la vittoria fu assegnata al tedesco Nikias Arndt.

Per Felline il 2022 sarà la terza stagione con l’Astana
Per Felline il 2022 sarà la terza stagione con l’Astana

Fra Giro e Tour

Quel Giro se lo aggiudicò Vincenzo Nibali, che quest’anno tornerà all’Astana e sarà uno dei capitani della formazione in cui Felline corre dal 2020. Il trentunenne torinese non sa ancora che cosa l’aspetti nella terza stagione con la squadra kazaka e lo scoprirà soltanto a partire dalla settimana prossima. Dopo la presentazione ufficiale in Kazakhstan, volerà infatti a Calpe per cominciare la preparazione e stilare i programmi.

«Non so ancora dire se farò Giro, Tour o Vuelta tra i grandi Giri – comincia a raccontare – parlando con lo staff però, devo ammettere che, dopo due anni in cui il focus principale è stato sul Giro, ho espresso il mio desiderio di correre soprattutto il Tour. Non perché preferisca l’uno o l’altro, ma perché sono alla ricerca di nuovi stimoli. Con la Grande Boucle, a parte il 2019 che l’ho conclusa, non ho avuto un gran rapporto sin qui. Mi ricordo ancora di quando nel 2017 mi dovetti ritirare perché avevo scoperto di avere la toxoplasmosi. Se invece la priorità sarà il Giro, sarò prontissimo a un’altra avventura rosa».

Il Giro arriverà alla Basilica di Superga scalando il versante Bric del Duca e non da Pino Torinese
Il Giro arriverà alla Basilica di Superga scalando il versante Bric del Duca e non da Pino Torinese

Largo alle fughe

Anche perché riguardo a quella tappa che si diceva in precedenza, praticamente quelle pagine del Garibaldi potrebbe disegnarle lui.

«Non l’ho disegnata io questa tappa – sorride – perché l’avrei fatta un po’ meno dura rispetto a quella scelta dagli organizzatori. Però penso che quella lì è una un’occasione per andare in fuga per molti corridori, anche perché il giorno dopo c’è il tappone di montagna che finisce a Cogne. Come spesso accade, anche questa volta i big potrebbero lasciare via libera, almeno sulla carta. E’ anche vero però che quel dislivello lì di 3.600 metri in così pochi chilometri può fare veramente male: se un big è in palla, c’è terreno per far veramente danno ai rivali».

Le strade di casa

Fabio pensa al Tour, ma quella tappa così speciale lo stuzzica proprio: «Abito lì sotto le faccio sempre quelle salite. Forse la strada che conosco meno è quella che all’inizio da Santena porta alla collina, mentre tutte le altre le faccio almeno una volta alla settimana quando sono ad allenarmi a Torino. Questa sì che si può dire che sia la tappa di casa e sarebbe uno degli elementi più affascinanti se dovessi partecipare al Giro».

Nel 2014 in maglia Trek sulla salita di Superga, che aveva già affrontato in corsa nel 2012 a 22 anni
Nel 2014 in maglia Trek sulla salita di Superga, che aveva già affrontato in corsa nel 2012 a 22 anni

Peggio della Liegi

E facendo volare il pensiero a quest’eventualità, ipotizza i vari scenari: «Fosse una corsa di un giorno come una classica, direi che è proibitiva per me. Ma nel contesto di un grande Giro è diverso e può capitare di trovarsi nelle condizioni ottimali per fare bene. Comunque questa è peggio di una Liegi, sono salite vere: lo chiamano con un altro nome, ma il Bric del Duca sarebbe Sassi-Superga, quella della Milano-Torino e tutti hanno visto almeno in tv che con quelle pendenze così dure non si scherza. Pensare che bisogna farlo due volte e tre la Maddalena, più gli ultimi strappi finali... Se ti trovi nella fuga giusta, può diventare davvero una giornata stimolante. Come detto però, bisognerà vedere anche chi porterà l’Astana come uomo di classifica per il Giro, se Nibali o Lopez oppure entrambi e quindi magari può darsi che la tattica di squadra imponga una corsa più accorta».

Potendo contare su un Cicerone così per quella tappa c’è da star certi che, se Fabio sarà al via della Corsa Rosa, ne vedremo delle belle. 

Ancora Vinokourov: «Per Nibali è quasi fatta»

24.08.2021
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E per un Aru che va, o meglio che lascia il ciclismo, c’è un Nibali che torna, almeno così ci ha detto il team manager dell’Astana, Alexandre Vinokourov. Anzi è stato proprio il campione olimpico di Londra 2012 a lanciare l’argomento sul piatto. Ricordiamo che da qualche giorno il kazako ha ripreso in mano le redini del team.

Non c’è l’ufficialità, sia chiaro, ma per la prima volta proprio una fonte ufficiale, anzi quella più diretta, ha affermato che ci sono stati dei contatti con il siciliano. Non solo, lo stesso “Vino” ha detto che in pratica l’operazione di ritorno è ormai cosa fatta. E più precisamente: «La soluzione penso sia vicino».

Nibali trionfa sulle Tre Cime e conquista il suo primo Giro
Nibali trionfa sulle Tre Cime e conquista il suo primo Giro

Nibali può ancora vincere

Chiudendo il precedente articolo con Vinokourov eravamo rimasti con: «Speriamo bene con un altro campione. E se Vincenzo viene da noi…».

Una dichiarazione del genere è sufficiente per riaccendere gli entusiasmi. Ai tifosi già sembrerà di rivedere Nibali che trionfa sotto la bufera di neve alle Tre Cime di Lavaredo o che sbuca dal cambio di pendenza a La Planche des Belles Filles in maglia tricolore.

«Non posso credere che possa vincere ancora il Giro d’Italia o il Tour de France – ammette il manager dell’Astana – bisogna essere realisti. Però Vincenzo può fare belle cose. E poi non è tanto vecchio, ha ancora 36 anni. Se guardiamo, Valverde ne ha 41 anni. Sì, è caduto qualche giorno fa, ma ha sempre vinto. Nibali ha ancora le qualità per fare bene. Può vincere delle tappe e perché no una grande classica. L’importante è che sia contento, poi i risultati arriveranno».

Astana in festa per la conquista del Giro 2016, vinto con la classe di Vincenzo e un grande gioco di squadra
Astana in festa per la conquista del Giro 2016, vinto con la classe di Vincenzo e un grande gioco di squadra

Vincenzo immagine positiva

Certo che dire a Nibali che dovrà lasciar perdere le classifiche generali non è facile. Ma non tanto perché ci sarebbe uno “scontro” con l’atleta, ma perché Nibali certi obiettivi ce li ha dentro. Cuciti addosso. Serve un bel reset mentale. O come si dice oggi, un Nibali 2.0.

«Penso di sì, che serva un cambio mentale – riprende il kazako – Quest’anno Vincenzo è stato anche sfortunato. Perché aveva la gamba ma è caduto e si è fatto male proprio prima del Giro e ha rotto tutti i suoi progetti. Io penso che poteva finire tra i primi cinque.

«Per noi è un uomo immagine importante. I trionfi più grandi li ha colti con noi e per questo penso che lui voglia tornare all’Astana e ritrovare questa serenità, che abbia voglia di riabbracciare il gruppo con cui ha vinto. Ha fatto piacere anche a me questa cosa. Perché un corridore che torna a fine carriera e riconosce chi lo ha fatto vincere è una buona cosa anche per la squadra, per noi. Speriamo bene dai…».

Tanto tifo per l’Astana e Vinokourov anche sulle strade del Tour de l’Avenir
Tanto tifo per l’Astana e Vinokourov anche sulle strade del Tour de l’Avenir

Vino manager in bici

Quando lo pizzichiamo, Vinokourov è al Tour de l’Avenir. Alla fine il ciclismo è un lavoro per quest’uomo e ci sta che vada sempre dietro alle corse, ma è anche vero che potrebbe godersi i suoi successi con più tranquillità. E invece è in Francia. E con lui c’è Giuseppe Martinelli, come sempre. Alex organizza la tappa, dà istruzioni ai corridori, gestisce i rifornimenti… Lui è sempre stato legato alla Francia e anche durante l’intervista ha firmato autografi e fatto foto. 

«Qual è il segreto per tirare fuori il meglio dai corridori? Beh, semplice, ogni tanto esco in bici con i ragazzi e parliamo tranquillamente, non come manager e corridore. Ma da corridore a corridore. Così magari è più facile. Sei alla pari, specialmente se sei stato corridore anche tu. Poi scesi dalla bici ognuno ha il suo ruolo. Loro mi rispettano e questo è importante».

Vinokourov e quel tarlo su Aru che volevamo toglierci

24.08.2021
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Fabio Aru abbandonerà il ciclismo a fine Vuelta. La notizia… non è più notizia, tuttavia il campione sardo fa parlare di sé. Lo ha sempre fatto, il suo appeal mediatico è sempre stato eccellente e di certo lascia un bel vuoto, specialmente se si pensa al suo potenziale. 

Ma tant’è: la decisione è la sua, non è stata facile (ve lo possiamo garantire) e va rispettata. E poiché dicevamo che Aru fa parlare di sé, noi abbiamo avuto un bell’incontro con Alexandre Vinokourov.

Alexandre Vinokourov e Giuseppe Martinelli, insieme anche al Tour de l’Avenir
Vinokourov e Giuseppe Martinelli, insieme anche al Tour de l’Avenir

L’Astana una famiglia

Sì, il Vino del ciclismo, colui che fu il team manager di Fabio e colui che disse una frase che per noi è rimasta scolpita nella roccia. «Se Aru vuole continuare a vincere deve restare con noi». Perché?

«Ah – sorride e ci pensa un po’ Vinokourov – tante volte i corridori vanno dietro ai soldi. E questa cosa è importante sì, ma non è tutto. E vale per tutti i corridori, non solo per Fabio, ma bisogna guardare anche dove sei e se ti trovi bene. Noi all’Astana siamo una famiglia per come trattiamo i corridori. E poi è una squadra anche molto italiana con Martino (Giuseppe Martinelli, ndr) e altri dello staff. I corridori pensano sempre che in altre squadre stanno meglio, ma poi trovano altre realtà.

«Ci sono tanti corridori che sono andati via che dovevano fare chissà quali cose, penso a Rosa, a LandaPotevano stare con noi e potevano vincere un grande Giro. Sicuro».

Il gruppo che fece quadrato intorno ad Aru nella Vuelta del 2015
Il gruppo che fece quadrato intorno ad Aru nella Vuelta del 2015

Non solo i soldi

Il kazako, tra l’altro visibilmente contento per essere tornato ad avere in mano le redini di quella che in gran parte è una sua creatura, l’Astana appunto, pondera bene le parole. E allora qual era la formula vincente di Astana?

«Un buon gruppo con gente che lavora al 100% – spiega Vinokourov – e lo fa con serenità. Non pensa solo ai contratti. Sì, ripeto, questi sono importanti ma è importante che tutti lavorino con piacere. Il nostro gruppo in questi anni è riuscito a fare questo e spero possa tornare ad essere forte nei prossimi anni con le vittorie che abbiamo conquistato prima».

E su questo possiamo aggiungere anche la nostra esperienza riguardo alle tante occasioni di lavoro avute in passato con i turchesi. Dai meccanici, ai diesse. Dagli anni d’oro di Nibali, alla superba Vuelta di Aru: si respirava davvero un grande clima di famiglia. Cuochi, massaggiatori, meccanici potevi entrare nel cuore del team. E questo succede quando le cose vanno bene. E ognuno è consapevole dei propri ruoli.

Aru concentrato, determinato e senza paura… anche contro i “bestioni” della Sky
Aru concentrato, determinato e senza paura… anche contro i “bestioni” della Sky

Quel super gruppo

In quel team, proprio parlando di ruoli e di armonia, c’era un’amalgama pazzesca intorno a Fabio. O almeno da fuori sembrava così. E giudicando a posteriori, la “macchina” era molto vicina alla perfezione. C’era il campione più forte: Nibali. C’era il delfino (già vincente) in rampa di lancio: Aru. C’erano uomini preziosi: Rosa e Cataldo. C’era un corridore fortissimo, e forse il più problematico all’epoca, ma ideale per fare l’ultimo uomo in salita: Landa. C’era il capitano in corsa nonché veterano: Tiralongo. C’erano i gregari puri (anche se più legati a Nibali): Agnoli e Vanotti. C’era un corridore che sapeva fare il gregario ma che era dotato di una classe sopraffina e di un rispetto enorme in gruppo: Luis Leon Sanchez. E poi un massaggiatore come Umberto Inselvini, mani fantastiche e sensibilità ancora di più nell’ascoltare il corridore. C’era Martinelli, che non ha bisogno di alcuna presentazione. E potremmo continuare…

«Io provai a trattenere Fabio – conclude Vinokourov – Ma lui aveva preso la decisione e non ci fu niente da fare. Non trovammo l’accordo con i suoi procuratori. L’ho visto recentemente a Livigno e l’ho visto lavorare sodo. Gli ho detto: Fabio, è la testa che comanda le gambe, se la testa va bene vanno bene anche le gambe. Bisogna allenarsi e se hai sempre la voglia puoi andare lontano.

«Se ha sfruttato tutto il suo potenziale? Non credo. Ha passato un periodo difficile, ma non fisicamente. Però adesso vedete, a Burgos è salito sul podio (secondo, ndr) e alla Vuelta non lo vedo male. Magari proverà a vincere una tappa e chiuderà così. Mi piaceva il fatto che sapeva battersi fino alla fine. Mi ricordo quando aveva la maglia gialla al Tour. Fece il massimo per tenerla, aveva e voleva tutto sotto controllo e questo oggi è difficile da trovare in un corridore.

«Ma adesso guardo avanti. Guardo ad un altro campione e se Vincenzo viene da noi…».

Riposo notturno Dorelan

Mazzoleni: «Il riposo notturno, base del risultato»

17.05.2021
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Quanto conta il riposo notturno per un corridore? Chiunque vi dirà tantissimo, ma se sei in un grande Giro, dove il recupero quotidiano dai chilometri percorsi è la discriminante che spesso decide le sorti della corsa, ancora di più. La sera, prima si anticipa il sonno e meglio è (in apertura i belgi Thomas De Gendt e Tim Wellens della Lotto Soudal impegnati nelle ultime incombenze di giornata, in una foto d’archivio)

Maurizio Mazzoleni, preparatore dell’Astana, ne è più che convinto: «Il recupero dell’atleta inizia appena conclusa la corsa, già il recovery nutrizionale e il trasporto in pullman verso l’hotel devono essere parte di questo recupero, ma la parte notturna è quella decisiva ed è anche quella di più difficile gestione».

In che senso?

Premesso che nel ciclo del sonno, più fasi Rem ci sono e più il recupero sarà profondo, il problema sono i tempi. Spesso abbiamo a che fare con tappe lunghe, trasferimenti dalla sede di tappa fino all’albergo che portano a iniziare tardi il ciclo dei massaggi, conseguentemente la cena e quindi l’andata a dormire. Lo stesso dicasi per la mattina, se dall’hotel bisogna partire presto per raggiungere la partenza. Sono variabili che alla lunga incidono.

Per Mazzoleni (Astana), anche una mezz’ora in più di sonno a notte può fare la differenza
Mazzoleni Dorelan
Per Mazzoleni (Astana), anche una mezz’ora in più di sonno a notte può fare la differenza
C’è da parte delle squadre una particolare cura nella preparazione delle stanze negli alberghi?

Gli hotel sono stabiliti dall’organizzazione, che cerca a fine Giro di assegnare lo stesso numero di “stelle” in totale per ogni team. Cuoco e massaggiatore raggiungono l’albergo subito dopo la partenza per predisporre le camere: alcuni team portano propri materassi, alcuni corridori hanno con sé i cuscini di casa, si fa di tutto per riposare al meglio.

Come si fa a capire quanto un corridore abbia recuperato?

Al suo risveglio si effettua un controllo sulla variabilità cardiaca, bastano 5 minuti per avere un’idea di come sia stata la notte. Noi come Astana poi utilizziamo nelle camere i depuratori di ozono per sanificarle, come abbiamo fatto per tutto il 2020, in modo da prevenire anche rischi di contagio da Covid. Viene acceso 15-20 minuti per ogni camera che è così sanificata prima dell’arrivo del corridore.

Quanto deve dormire un corridore?

Non c’è uno standard predefinito, ma più riposa meglio è. I corridori più esperti fanno un po’ da guida per i più giovani, richiamandoli al riposo. Basti pensare che andare a letto anche solo una mezz’ora prima ogni sera significa che a fine Giro hai riposato una notte in più…

Ballerini, a cosa pensi se ti diciamo Roubaix?

01.02.2021
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Quando il Ballero vinse la prima Roubaix, Davide era venuto al mondo da sette mesi e chissà se a suo padre qualcuno fece la battuta. Poi Franco vinse la seconda nel 1998, ma di fatto la prima volta in cui Ballerini venne a sapere di Ballerini fu quando iniziò a correre anche lui in bicicletta. Quante possibilità c’erano, uno toscano e l’altro lombardo, che oltre al cognome avessero identici gusti ciclistici? Eppure andò così. Sarebbe stato divertente metterli allo stesso tavolo perché uno, tecnico della nazionale, desse consigli all’altro alla vigilia della corsa. Ma il destino così non ha voluto.

L’ultimo show di Ballerini a Roubaix, che nel 2001 salutò così la corsa vinta nel 1995 e 1998
Nel 2001 Ballerini salutò così la corsa vinta nel 1995 e 1998

Quando il Ballero se ne andò, Davide aveva 16 anni. E il fatto che quel soprannome sia passato dalle spalle di Franco alle sue, è parso a tutti normale. Così oggi il Ballero, come il Ballero di allora, sogna di vincere la Roubaix. E come il Ballero di allora, sa che non sarà per nulla facile. Tra le coincidenze, c’è che il suo diesse Wilfried Peeters, quel giorno corse in appoggio di Franco (e di Museeuw) e chiuse al 23° posto. E il manager di quella Mapei-Gb era lo stesso Patrick Lefevere che oggi guida la Deceuninck-Quick Step.

Messa così, non hai scampo. Perché la Roubaix?

E’ un sogno. La corsa più bella che mi piacerebbe vincere e confermo che non è facile.

Confermi anche che di Franco non sapevi nulla?

Ne ho sentito parlare quando ho iniziato a correre, prima non conoscevo molto del ciclismo. Dopo, piano piano, ho scoperto le sue caratteristiche e la sua carriera.

Nella Foresta di Arenberg, nelle prime posizioni con Van Avermaet
Nella Foresta di Arenberg con Van Avermaet
Il primo assaggio di quel pavé?

Da junior, un vero disastro…

Il cittì De Candido ricorda di averti visto risalire da un fossato con le felci nel casco…

Sono caduto. Ho forato. Ma era da poco che correvo, già non era facile stare in gruppo su asfalto, figuratevi là sopra. Era tutto nuovo, l’unica cosa che ricordo era la raccomandazione di prendere i tratti davanti. Come fosse facile…

L’hai riprovata al terzo anno da pro’, come andò?

E’ strano, vorrei vincerla, ma ne ho fatta una soltanto. Comunque ero con l’Astana e non andò male. Peccato perché caddi nel Carrefour de l’Arbre, prendendo uno spettatore che si sporgeva.

In realtà fu lui a prendere te per fare una foto…

Serve tanta fortuna in ogni cosa, ma andai bene. In ogni caso tra farla da junior e poi da pro’ cambia il mondo. Tranne che prendere i tratti davanti resta difficilissimo. E poi devi restare concentrato. Se perdi 10 secondi quando scattano, non rientri più.

«Mi sono messo a ruota di Sagan – dice Ballerini – e ho cercato di rubargli ogni segreto»
«A ruota di Sagan per rubargli ogni segreto»
La chiamano l’Inferno del Nord.

Mi ricordo che già dal ritiro, i compagni mi dicevano che è dura anche per le mani. Invece quando arrivai, avevo l’acido lattico nelle braccia, ma le mani tutto sommato stavano bene.

Possibile?

E’ decisivo avere il giusto comfort in bici e la pressione giusta delle gomme. I pezzi di pavé non sono tutti uguali, alcuni ti permettono di pedalare in banchina e allora cambia molto. Quel giorno, non sapendo che pesci prendere, mi francobollai a Sagan cercando di rubargli il mestiere. A lui e anche agli altri, perché ogni settore ha le sue traiettorie e i suoi segreti.

La pressione delle gomme, dicevi…

Andammo a fare una ricognizione tre giorni prima e le provai tutte fino a trovare quella più adatta. Chiesi molto a Zanini, nostro direttore sportivo all’Astana. Da un settaggio all’altro cambia il mondo e cambia anche da una squadra all’altra. Ai tempi usai una Argon 18 con tubolari da 28. Non so se quest’anno userò la stessa misura o più grandi, non so quali materiali. Comunque con una variazione di pressione di 0,3 oppure 0,5, si hanno bici completamente diverse.

Nel gruppo di testa fino all’Arbre, quando viene fatto cadere da un tifoso
In testa fino all’Arbre, quando viene fatto cadere da un tifoso
Specialized per la Roubaix ha sempre fatto grandi lavori…

Non l’ho ancora usata, perché l’anno scorso la corsa fu cancellata. Sapevo che c’è la bici per il pavé, ma quando ho visto la sospensione, mi sono fregato le mani. Dopo il lockdown facemmo un training camp, ma solo per provare il Fiandre.

Qual è la prima Roubaix di cui hai memoria?

L’ultima di Cancellara, quella del 2013. In fuga con lui c’era anche Stybar e in ritiro abbiamo diviso la camera e me ne ha parlato. Era la prima Roubaix per lui, andò fortissimo.

Hai già un’idea di cosa farai per arrivare pronto al giorno di Roubaix?

Ho parlato spesso con il mio allenatore Tom Steels. Il mio programma prevede Omloop Het Nieuwsblad, Strade Bianche, Tirreno, Sanremo, Fiandre, Harelbeke, De Panne e Roubaix. Al Fiandre saremo tutti per il campione del mondo, per Alaphilippe. Soprattutto dopo quello che ha fatto vedere l’anno scorso. Poi però avrò il mio spazio. Starà alla mia condizione. Siamo in tanti, ma non c’è il Boonen che mette tutti d’accordo.

Ballerini conclude la Roubaix del 2019 in 31ª posizione, malgrado la caduta
Nella Roubaix del 2019, 31° malgrado la caduta
Da solo o in volata?

A vincere da soli ci sono riusciti in pochi e io in pista sono andato un po’ da giovane, ma non mi sono mai giocato una corsa in velodromo.

Andrete su a provare il percorso e i materiali?

Sicuramente faremo dei ritiri, non so ancora quando. Steels mi ha chiesto se voglio andare, l’ho guardato di traverso. Certe cose non vanno nemmeno proposte: si fanno e basta!

Umberto Inselvini, Fabio Felline, Memorial Pantani 2020

Inselvini, il massaggio, il presente e il futuro

02.01.2021
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«Io li ho visti arrivare nella tappa del Gavia – dice Inselvini – ma se fossi andato dai ragazzi di Morbegno a dirgli che in fondo era solo un giorno di pioggia e che quei loro colleghi ancora due mesi dopo non muovevano le dita congelate, mi avrebbero guardato come per dire: e allora? Questo non significa che fosse giusto partire a priori: se avevano le loro ragioni, è stato giusto che le abbiano fatte valere. Il fatto però che ben pochi si siano schierati dalla loro parte, è un messaggio su cui magari rifletteranno. Ancora oggi e nonostante tutto il progresso, il parere della gente è quello che davvero conta».

Sessantadue anni, bresciano della Valtrompia, Umberto Inselvini è uno dei massaggiatori storici del gruppo (in apertura con Felline al Memorial Pantani). Il nono anno nell’Astana, il prossimo, sancirà il sorpasso sugli otto vissuti nella grande Carrera alla fine degli anni 80. E forse neppure lui pensava che fosse un record battibile.

«Siamo passati dalla stretta di mano – sorride – al post su Facebook. Dai corridori che erano in grado di pretendere rispetto in gruppo alzando la voce, a quelli che stanno zitti però commentano su Twitter. Il mondo cambia e non sarebbe giusto richiamarsi sempre a com’era prima. Però noi che il prima lo abbiamo vissuto dobbiamo approfittarne per lavorare meglio e in qualche modo far capire che ci può essere un altro modo di comportarsi».

Umberto Inselvini, Michele Pallini, Tour de France 2014
Con Michele Pallini, al Tour de France 2014 con Nibali in maglia gialla
Umberto Inselvini, Michele Pallini, Tour de France 2014
Con Pallini al Tour de France 2014
E’ cambiato anche il tuo lavoro?

Fondamentalmente è sempre quello, anche se prima facevamo il Tour in tre e adesso siamo in cinque. Questo ci permette di lavorare meglio. Prima un massaggio durava 40 minuti e non sempre si faceva la schiena. Oggi dura un’ora e si fa tutto.

Il massaggiatore era anche il confessore…

Qualche corridore che chiede consiglio c’è ancora, ma hanno talmente tante cose da fare e figure con cui interfacciarsi, che spesso arrivano al massaggio e non hanno voglia di parlare. In quell’ora sono liberi di essere ciò che vogliono.

Il massaggiatore è ancora l’interlocutore dei direttori sportivi?

Una volta venivano e ci chiedevano come fosse la gamba. Adesso contano tanto anche i numeri, per cui vanno prima dal preparatore. A me chiedono semmai se il ragazzo è tranquillo e come voglia correre.

Sei uno che parla o uno che ascolta?

Quando è venuto Lopez la prima volta, mi meravigliai ascoltando i suoi racconti. Era venuto in Europa l’anno prima dalla Colombia e aveva vinto il Tour de l’Avenir, senza sapere nulla dei rivali. Il tecnico gli aveva detto di attaccare in salita e poi di voltarsi per capire quali fossero quelli forti. Lo lasciai parlare a lungo, perché per entrare in sintonia con un corridore, devi conoscere la sua storia. Fermo restando che appartengono a un mondo tutto nuovo, anche i nostri, per cui magari gli parli di Argentin e non sanno nemmeno chi sia. Io non parlo troppo spesso di quello che ho passato, a meno che non me lo chiedano loro.

Bernard Thevenet, Umberto Inselvini, Christian Prudhomme, Bernard Hinault, Tour de France 2014
Con Thevenet, Prudhomme e Hinault, il premio per i 20 Tour seguiti
Bernard Thevenet, Umberto Inselvini, Christian Prudhomme, Bernard Hinault, Tour de France 2014
Con Thevenet, Prudhomme e Hinault per i 20 Tour seguiti
Un giorno arrivò Pantani.

Lo vidi per la prima volta nell’agosto nel 1992. Era un ragazzo alla mano, per certi versi timido. Facemmo insieme i mondiali di Agrigento e quelli in Colombia. All’inizio ascoltava e non parlava, ma era già molto sicuro di sé. In Colombia, dividevo la stanza con Archetti e avevamo un lettore CD con pochissima scelta. Lui arrivava e metteva sempre l’album dei Nomadi. Un giorno non aveva voglia di fare i massaggi, bensì la sauna. Mi convinse a farla con lui e poi, una volta usciti, facemmo i massaggi. Prima che avesse l’incidente, ero andato a portargli due audiocassette in cui il maitre dell’hotel aveva registrato la cronaca dei mondiali di Colombia. So che le aveva fatte mixare da un amico e durante la rieducazione le ascoltava. Quando andò via dalla Carrera, mi chiese di seguirlo, ma avevo firmato con la Roslotto e ho sempre cercato di onorare gli accordi presi.

Ti affezioni ai corridori che massaggi?

Ci si sforza di seguire tutti allo stesso modo, ma è inevitabile si creino sintonie differenti. Ogni volta che uno dei miei vince, mi commuovo. So di aver fatto quello che dovevo, perché di base è un lavoro, ma le emozioni sono forti. Non sono di quelli che si mette a saltare al centro dell’arrivo, mi tengo tutto dentro. Sono nel ciclismo da quando avevo 13 anni, se non avessi passione ed entusiasmo, fra cinque partirei per il ritiro con il morale per terra. E’ un lavoro, ma non lo fai solo per lavoro.

Umberto Inselvini, Paolo Tiralongo, Giro del Trentino 2015, Cles
Giro del Trentino 2015, a Cles con Paolo Tiralongo
Umberto Inselvini, Paolo Tiralongo, Giro del Trentino 2015, Cles
Giro del Trentino 2015, a Cles con Tiralongo
La vittoria di Aru a Montecampione…

Sapevo tutto il lavoro che era stato fatto. Ricordavo di aver accompagnato Tiralongo e quel ragazzino a vedere una salita vicino casa mia. La salita su cui Pantani aveva vinto il Giro. Vederlo vincere staccando tutti… 

Sono cambiati i rapporti fra il personale della squadra?

Il gruppo è importante, ma durante un Giro può capitare che fra massaggiatori ci si veda soltanto a cena. C’è chi scende subito per fare le borracce, chi prepara i rifornimenti, chi si dedica all’albergo e all’arrivo. Alla Carrera eravamo sempre gli stessi. Mi è capitato per tre volte di fare nello stesso anno Vuelta, Giro e Tour.

Quel gruppo Carrera in realtà c’è ancora, sia pure sparpagliato…

E per capirci basta ancora uno sguardo. Archetti, Mario Chiesa, Guido Bontempi, Martinelli… Ci sentiamo spesso, forse perché siamo tutti bresciani e col dialetto si fa prima. Fu la squadra di Visentini e Roche, di Pantani e Chiappucci, di Abdujaparov, di Guidone Bontempi. Ci sono tanti ricordi ad unirci.

Ci sono le vittorie e ci sono le sconfitte. Cosa succede quando il corridore bastonato arriva sul lettino?

Sul traguardo non può manifestare quello che ha dentro. Fa prima il punto con i direttori, poi apre la mia porta, io lo guardo, lui guarda me. In quel momento devi capire se medicare la ferita, parlare d’altro oppure stare zitto. Sale sul lettino, manda un paio di messaggi e poi il più delle volte inizia a raccontare, con rabbia o delusione. Non esiste un protocollo da seguire. Trent’anni fa mi sarà capitato anche di usare frasi di circostanza. Quando ti staccano, non sono mai momenti felici. Hai ambizioni e ti ritrovi a terra, è meglio stare zitti. Lo sport è questo, non sempre ci sono colpe o spiegazioni.

Fabio Aru, Giuseppe Martinelli, Umberto Inselvini, Vuelta 2015
Fabio Aru, Martinelli, Inselvini: si vince la Vuelta 2015
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Con Aru e Martinelli, vincendo la Vuelta 2015
La tecnologia ha cambiato il massaggio?

Sono arrivate macchine che agevolano il recupero e c’è l’osteopata che aiuta parecchio. Ma di base, il massaggio resta il massaggio. Non facciamo carezze, andiamo bene a fondo. Quello che cambia è il tempo, che ora è superiore.

E quando il corridore va via?

Qualcuno viene a salutare, qualcuno ti scrive su Facebook un post di ringraziamento, dicendo che si è trovato bene. I social sono uno strumento di lavoro, devono citare gli sponsor perché così gli viene richiesto. Gli addetti stampa vigilano anche su questo. E devono stare attenti a indossare sempre le cose giuste, perché ormai sono i tifosi a rilanciare o segnalare qualche anomalia. Però tutto questo mi aiuta a restare giovane. Che bello però quando uno andava via e magari veniva a darti una stretta di mano…

Fabio Felline

Felline, l’eterno ragazzino è diventato grande

29.12.2020
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Fabio Felline viaggia verso la sua 12ª stagione da professionista eppure ha solo 30 anni. Una carriera che ha ancora molto da dire e che forse ancora deve trovare la sua dimensione definitiva. 

Quella che ne segue è la bella chiacchierata con un ragazzo davvero intelligente che ha raccolto meno di quel che poteva. Con Fabio guardiamo avanti, prima però partiamo dal finale di questa stagione. Una bella vittoria al Memorial Pantani (foto in apertura) e il folle inizio del Giro d’Italia che ha visto protagonista l’Astana. Partiamo da qui.

Un inizio schock, Fabio. In 24 ore avete perso un capitano e mezzo…

Davvero! E’ successo un qualcosa d’incredibile. E per me al contrario di quel che si possa pensare non è stata neanche fortuna. Aver perso due elementi così importanti (Miguel Angel Lopez e Vlasov, ndr) mi ha costretto a lavorare il doppio, il triplo e gli spazi per me si sono ridotti…

Fabio Felline
Giro 2020: Felline tira per capitan Fuglsang
Fabio Felline
Giro 2020: Felline tira per capitan Fuglsang
Eh sì perché comunque al contrario di quanto accaduto alla Ineos-Grenadiers che ha perso Thomas, voi il leader ancora ce lo avevate. Fuglsang ti ha bloccato…

Esatto. Tante volte mi sono sentito dire per radio: tieni duro ancora un po’, stagli vicino… in situazioni che per me non avevano senso e che magari non erano sul mio terreno, ma che invece erano giuste dal punto di vista del capitano. Però se da un lato non ho avuto troppo spazio, dall’altro la nota positiva è che sono stato costretto a rendere al massimo per 21 giorni e non ho mai avuto un passaggio a vuoto. E’ stata una bella conferma e questo mi rende contento. Persino quando ho vinto la maglia verde alla Vuelta ho avuto delle giornate no.

Una bella conferma: la squadra lo ha apprezzato?

L’Astana mi ha apprezzato sin da subito. Mi ha preso nonostante venissi da due stagioni non facili. Mi ha voluto per quel che posso ancora fare e per quel che avevo fatto in passato. Ma alla base di quelle due stagioni no ci sono stati dei problemi.

Che problemi?

Faccio una premessa: io sui social sono molto poco attivo e non tutti sapevano delle mie vicissitudini. Nel 2017 ero partito bene, poi a metà stagione ho avuto la toxoplasmosi. Mi dissero: tranquillo, passa in due, tre mesi. La primavera successiva ancora ce l’avevo. In estate riprendo e solo nel finale di stagione ricomincio a stare benino. Nella primavera del 2019 riparto molto bene. Cado e in una corsa in Francia e inizio a sentire dolore ad un ginocchio, ma vado avanti. Fatto sta che a forza di spingerci su ho lesionato la testa del perone. Altro stop. Riprendo a giugno. Faccio un bel Giro di Svizzera e mi mandano al Tour. Vado all’Eneco, sono settimo nella generale, all’ultima tappa mi tocco con Hirschi e Kueng prendo un buco ed esco di classifica. Giustamente non avendo più 20 anni queste cose non fanno notizia e nessuno le sa. E neanche io ne parlo sui social.

Fabio Felline
Felline (sinistra) terzo nella Castrovillari-Matera, sempre al Giro 2020
Fabio Felline
Felline (sinistra) terzo nella Castrovillari-Matera al Giro 2020
Beh non è facile poi ritrovarsi in questo ciclismo…

Non è facile. E anche quando fai cose buone non sempre sono viste se non sei davanti. Però devo dire che da parte di tutti in Astana ci si è dati una bella svegliata, anche tatticamente. Siamo presenti. In questo finale di stagione ho vinto il Pantani, ho trovato continuità, c’è stato un buon seguito mediatico. Insomma è un buon punto di partenza.

Partenza, hai lanciato in qualche modo il 2021. Che programmi hai?

Un programma importante. A gennaio faremo un ritiro in Spagna, quindi andrò sul Teide e farò un calendario di alto livello. Inizio dalla Spagna con Murcia, Almeria e Ruta del Sol. Passo alle prime classiche in Belgio, Het Nieuwsblad e Kuurne, e poi alle corse italiane, Strade Bianche, Tirreno e Sanremo. A quel punto tireremo una linea e vedremo se ci saranno anche le Ardenne e il Giro.

Caspita, un programmone! Ma sarà solo in appoggio a qualche capitano oppure avrai anche i tuoi spazi? Tanto più che Fuglsang sembra tornare a puntare sulle classiche e Vlasov sul Giro… 

Mi hanno detto che avrò anche i miei spazi. Su Vlasov il team punta molto, anche perché da quel che ho capito è all’ultima stagione e da lui vogliono ottenere il massimo. Con Vlasov è il primo anno che corro. Sai, è russo, hanno una mentalità particolare però devo dire che per quel poco che siamo stati insieme siamo andati molto d’accordo.

L’Astana ha preso dei giovani molto interessanti, Battistella, Piccolo, Sobrero… Ti coinvolgeranno nei loro programmi? Alla fine hai l’età e l’esperienza giusta. Non sei né il 20 enne e né il 37 enne: “parli una lingua” più simile alla loro rispetto a quella che potrebbe avere il corridore a fine carriera…

Io faccio parte del gruppo di Zazà (Stefano Zanini, ndr) e loro sono seguiti da Martinelli, dipenderà dal calendario, ma capiterà che alcune volte si starà insieme e io potrò avere un ruolo da insegnante.

Fabio Felline
Felline (sinistra) al suo primo Giro delle Fiandre nel 2010, eccolo andare di fuga
Fabio Felline
Felline (sinistra) al suo primo Giro delle Fiandre nel 2010
Varcata la soglia dei 30 anni che sogni ha Felline oltre il ciclismo?

Ho tantissime idee. Già nel 2012 avevo aperto insieme a due soci un centro dedicato allo sport. Ogni giorno c’era una figura di riferimento: una volta il nutrizionista, una volta il biomeccanico, una volta il preparatore… poi uno dei tre soci ha pensato bene di fregare me e l’altro e la cosa non è andata a buon fine. Magari un domani potrei riaprire questo centro. Ho alcuni amici che senza volerlo si sono laureati o hanno studiato per questo settore. Mi piace il discorso della preparazione. Non sono un nerd della tecnologia però penso di sapere parecchie cose e di poter rispondere a molte domande. Ecco, mi vedo dentro al ciclismo più con un ruolo così che non come direttore sportivo. Poi nella vita mai dire mai…

E i sogni del corridore?

Ho tanti sogni nel cassetto, anche perché sono pochi quelli che ho aperto! Sogno di vincere una classica, non chiedermi quale: una qualsiasi. E poi anche delle tappe. Ho dieci podi nelle tappe dei grandi Giri, ma non ne ho mai vinta una. Penso possano essere alla mia portata.

Tu sei stato uno dei primissimi a passare giovanissimo, avevi 19 anni e andasti alla Footon-Servetto. Una rarità, anzi caso unico, in quell’epoca (2009-2010), che differenze vedi con i ragazzini che passano oggi e che già volano?

Sai facevo questa riflessione proprio qualche giorno fa e sono giunto alla conclusione che sono passato giovane ma con la mentalità vecchia. Oggi passano e li fanno emergere. Pogacar a 21 anni ha vinto il Tour. Quando i miei tecnici mi portarono al Tour a 21 anni gli dissero che erano degli assassini. I primi anni da pro’ mi allenavo meno dei dilettanti. Mi hanno fatto vivere il ciclismo in modo differente. Il primo potenziometro l’ho avuto nel 2013 quando arrivai all’Androni Giocattoli, cioè al quarto anno da pro’. Come programmi, calendari, lavori… sono professionista dal 2014-2015 se guardo indietro. Oggi è diverso. Se un giovane passa e non va forte è un “nulla”. Io non dico che questa cosa mi abbia penalizzato, ma di sicuro mi ha rallentato. E magari ho perso quel treno. Ricordo che Bettini era cittì. Vinsi il Pantani e feci quarto a Prato. Paolo venne da me e mi disse: ti porterei a Valkenburg ma sei troppo giovane. Okay, feci quelli da U23 fu una bella esperienza, ma stop.

Fabio con Pippo, il trovatello riportato dalla Sicilia durante l’ultimo ritiro in Trek
Fabio con Pippo, un trovatello riportato dalla Sicilia
Cosa puoi dare ancora in questo ciclismo? Vai bene a crono, tieni in salita, sei veloce… dal tutto al niente però il passo è breve, oggi serve specializzarsi: che pensi?

Ho risposto un sacco di volte a questa domanda e dico che o sei un Valverde o sei uno “stolto”! Comunque c’è del vero. A livello personale magari ci sarà un risveglio in questa mia seconda parte di carriera. Ma se così non fosse bisognerà essere intelligenti e onesti con sé stessi e capire che forse è il momento di essere utile a qualcuno e diventare un gregario di lusso, l’uomo fidato. In questo caso mi torna utile quel che ho visto all’ultimo Giro. Ripeto, se mi accorgo di non emergere più può essere una soluzione. Anche perché ho più di 30 anni, vorrei continuare ancora e in ballo ci sarebbe anche l’aspetto remunerativo.

Felline ha l’idee chiare. E’ maturo, ha imparato e capito tante cose e non ha più l’etichetta dell’eterno giovane. Certo vorremmo che aprisse il cassetto delle classiche e tirasse fuori dal cilindro magari un bel Monumento, da tifosi italiani non sarebbe affatto male. Ma poi starà solo a lui trovare la sua strada. Intanto ha ritrovato quella per l’Italia. Da Monaco se ne è tornato a Torino, dove adesso convive con la sua fidanzata Nicoletta. E da qui può ripartire fortissimo.

Stefano Zanini

Zanini presenta i tre gioiellini dell’Astana

22.12.2020
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L’Astana come molte altre squadre ha deciso di non fare il ritiro di dicembre. Ma i lavori procedono ugualmente. Giusto ieri il preparatore dei turchesi, Maurizio Mazzoleni, aveva finito “il giro”. «Si è spostato lui – spiega Stefano Zanini, uno dei ds Astana – Maurizio ha iniziato dai Paesi Baschi, poi la zona di Montecarlo e infine ha finito gli ultimi test sulla Roncola ieri pomeriggio».

L’Astana aveva già iniziato la sua rivoluzione verde, ingaggiando diversi giovani e con Zanini proprio di loro vogliamo parlare, in particolare dei tre nuovi arrivi italiani: Samuele Battistella, Matteo Sobrero e Andrea Piccolo.

Andrea Piccolo
Andrea Piccolo, classe 2001, debutterà nel WorldTour
Andrea Piccolo
Andrea Piccolo, classe 2001, debutterà nel WorldTour

Il più… Piccolo

«E’ un ragazzo molto interessante Andrea. E’ il più giovane in assoluto del nostro gruppo. Gli servirà tempo per crescere e starà a noi tecnici metterlo nelle migliori condizioni per farlo. Per questo abbiamo deciso un percorso tutto suo, mirato proprio a questo obiettivo. I suoi programmi però, come quelli di tutti gli altri, non li sveleremo prima di gennaio, al momento opportuno. Diciamo che davanti a sé ha un buon calendario che gli lascerà spazio per crescere e per fare risultato. Ci saranno anche gare WorldTour.

«Mazzoleni è soddisfatto. Dice che Andrea sta bene e che ha margini ampi di crescita. Lui aveva già i suoi riferimenti, in quanto lo seguiva dallo scorso anno visto che era nella Colpack».

Matteo Sobrero
Matteo Sobrero, in azione nella crono di Monreale al Giro
Matteo Sobrero
Matteo Sobrero, in azione nella crono di Monreale al Giro

Sobrero, “l’esperto”

«Beh, lui viene dalla NTT e ha già un buon bagaglio – riprende “Zazà” – E’ il più esperto dei tre visto che ha fatto anche il Giro dove si è anche comportato bene. A crono Matteo spinge davvero forte e anche per lui si prospetta un buon futuro. Da quello che mi dicono si sta allenando molto bene ed è parecchio motivato.

«Se ha già la bici da crono? No, per il semplice fatto che prima di dare il materiale nuovo vogliamo aspettare i test che faremo in pista a Valencia, a gennaio. In quell’occasione sistemeremo le posizioni. Alla luce di tutto ciò sarebbe inutile dare la bici prima. No, no sulla crono ci lavoriamo. Ci dobbiamo adeguare ai tempi e agli altri. Nel ritiro spagnolo la useranno. Anche i capitani, Vlasov e Felline, ripeteranno il test».

Talento Battistella

«Premetto che Samuele l’ho solo intravisto in qualche corsa (mentre era alla NTT, ndr), ma è davvero motivato, deciso. In una parola: determinato. Anche di testa è il più “sgamato”. Parlo in base a quel che mi ha detto Mazzoleni.

Samuele Battistella
Battistella è alla seconda stagione nel WorldTour, ha vinto i mondiali U23 nel 2019
Samuele Battistella
Battistella è alla seconda stagione nel WorldTour, ha vinto i mondiali U23 nel 2019

«Io l’ho visto in Belgio, nelle classiche delle Ardenne non nel “Belgio mio” cioè quello del pavé. Si muove bene, sa il fatto suo. In più è veloce e tiene bene in salita. Lui, ma anche gli altri, saranno spesso affiancati dai veterani. Boaro, Izaguirre, Sanchez ma anche lo stesso Davide Martinelli. Per quanto posso vedere io dall’ammiraglia e parlargli, avere chi in gruppo ti spiega le cose dal vivo, da dentro la corsa, fa più effetto».

Pazienza: sì o no?

Zanini ha parlato di lasciare tempo ai ragazzi, di non mettergli fretta, ma visto quel che è accaduto quest’anno siamo sicuri che sia ancora il ciclismo dell’avere pazienza con i giovani?

«Viviamo in un’era in cui ti alzi la mattina e sei già in ritardo! C’è subito stress, così come nel ciclismo c’è bisogno di fare risultato subito. Però per certi corridori non è così. Guardate quello che abbiamo fatto con Miguel Angel Lopez: devi aspettarli, farli crescere per averli pronti e forti nel futuro… e sperare che non vadano via prima! Io però resto del pensiero che se hai dei talenti devi avere pazienza. E poi in squadra abbiamo già chi può vincere e organizzando bene il calendario puoi permetterti di far maturare gli altri senza chiedergli il risultato. 

«Questi tre ragazzi ci daranno belle soddisfazioni, qualcuno vincerà e qualcuno no, ma dovranno essere contenti delle esperienze fatte con il nostro team. Se poi il Piccolo della situazione vince subito, siamo contenti!»

Matteo Sobrero 2020

Mazzoleni e tre diamanti da tagliare

11.12.2020
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Maurizio Mazzoleni ha in mano il futuro (italiano) dell’Astana. La scelta del team di puntare sui giovani ha amplificato un orientamento già tipico della gestione di Giuseppe Martinelli che, proprio assieme al preparatore bergamasco, negli ultimi anni ha valorizzato i talenti di Aru, Landa e Lopez. Oggi il futuro porta i nomi di Battistella, Sobrero (nella foto di paertura) e Piccolo, che si aggiungono ad altri ragazzi di valore come il sudafricano De Bod.

Intercettiamo Mazzoleni a Bilbao, nei Paesi Baschi, dove è volato per fare il test di inizio stagione a Pello Bilbao. E non è un gioco di parole.

«Per il prossimo anno – conferma Mazzoleni – abbiamo ricevuto questo imprinting che amplificherà una nostra qualità di sempre. Servono metodo, allenamenti di qualità, la giusta dose di altura e il tempo di crescere. In pratica continueremo a fare quel che abbiamo sempre fatto. I tre ragazzi di cui parliamo li avevamo da tempo sott’occhio. Sono molto curioso di scoprire Battistella, che a parte il mondiale U23 e il Tour de l’Avenir del 2019 in cui rimase in classifica fino all’ultima tappa, ha già fatto vedere belle cose. Sobrero lo seguivo ai tempi in cui correva alla Colpack. Mentre Piccolo lo abbiamo avvicinato sin da junior, ma lui è il più giovane e deve crescere davvero tanto. E comunque ha centrato il podio ai tricolori crono e ha fatto un bell’Emilia, che è già tanto…».

Samuele Battistella, 2020
Samuele Battistella, all’Astana dalla Ntt Pro Cycling
Samuele Battistella, 2020
Battistella ha debuttato con la Ntt Pro Cycling
Quali obiettivi avete per loro?

Farli crescere nel migliore dei modi, rispolverando concetti come sacrificio, determinazione e professionalità. Alla fine la maturazione passa per il lavoro. Se tutto funziona, prima o poi arriva anche il risultato. Anche chi vince subito, penso a un Evenepoel, continua il suo processo di crescita. Come diceva sempre Nibali, al primo Giro arrivò 19°, al secondo 11°, poi è salito sul primo podio e non ne è mai sceso, vincendone due. Il percorso di crescita è individuale e ha velocità diverse.

Crescere gradualmente senza perdere di vista la capacità di vincere?

La filosofia di fare programmi per i giovani più promettenti è proprio quella di proporgli corse a tappe magari di seconda fascia in cui possano essere competitivi, per coltivare la mentalità vincente. Anche perché negli ultimi anni passano professionisti soltanto quelli che hanno vinto tanto e quando non riescono a mantenere certi risultati rischiano di perdersi. Anche perché non tutti sono in grado di fare lo switch da vincente a gregario.

Andrea Piccolo
Andrea Piccolo ha corso alla Colpack e fa il grande salto nel WorldTour
Andrea Piccolo
Piccolo pronto per il WorldTour
L’avvento delle continental fa arrivare più qualità?

La qualità magari resta la stessa, quella che aumenta è l’esperienza internazionale, che alza lo standard. Il movimento U23 italiano è assolutamente di alto livello.

Quanto tempo serve secondo Mazzoleni per dire di conoscere bene un corridore?

Qualche mese, perché i dati dei test non bastano, anche se li abbiamo completi. Quel che conta è starci insieme, per questo non fare il ritiro di dicembre sarà un danno soprattutto sul piano della conoscenza. Certe camminate fatte individualmente prima di colazione con Lopez, ad esempio, mi hanno fatto capire di lui più di tante misurazioni. Serve empatia, che negli anni e in questi tempi soprattutto si sta perdendo. Stare vicini nei ritiri è il solo modo di capire. In questo, Slongo con Nibali è stato maestro.

Quanto vale Battistella?

Ha tanto talento, ma bisogna capire su quale terreno si possa applicare al meglio. Potenzialmente ancora ha tutte le porte aperte.

Sobrero?

Ha fatto delle belle crono anche da professionista, che può replicare. Il cronoman può esportare certe prestazioni anche in montagna e le azioni che hanno fatto Ganna a Camigliatello Silano e Rohan Dennis sullo Stelvio ne sono la dimostrazione. Sobrero è un ragazzo metodico e abituato al lavoro.

Mentre Piccolo?

Lo è di nome e di fatto, è un passo indietro rispetto agli altri due. E’ un grande talento del nostro ciclismo, ma servirà davvero tanta pazienza nel corso degli anni per farlo uscire come merita. Quando lavori con corridori già formati, il margine è minore e la bravura del tecnico sta proprio nell’incidere in quello spazio così ridotto. Con un giovane invece è come avere davanti una pagina bianca, il terreno ideale per un tecnico. Ed è questa la sfida che ci attende.