Sudore, strategie, segreti di corsa. Per il secondo anno consecutivo, gli appassionati di ciclismo hanno potuto dare una sbirciata dietro le quinte di ciò che accade in casa Movistar grazie alla nuova stagione de El día menos pensado (letteralmente “Il giorno meno atteso”, anche se il titolo che troverete in italiano è “Dietro la prossima curva”), il documentario in 6 puntate che si è confermato una delle mini-serie sportive più riuscite sulla piattaforma Netflix.
Dietro le quinte
Se nella prima stagione, riferita all’anno 2019, ci avevano raccontato del trionfo rosa di Richard Carapaz, ma anche degli addii al team di Eusebio Unzue dello stesso ecuadoriano e di Nairo Quintana, anche stavolta, ripercorrendo i tre grandi Giri del pazzo 2020 sconquassato dal Covid, non sono mancati i momenti davvero caldi come il Tour de France che ha visto la squadra spagnola conquistare la classifica a squadre o la Vuelta di Spagna con la polemica finale, quando sono arrivate le accuse di aver tirato per Roglic per penalizzare l’ex Carapaz.
In presa diretta
Senza svelarvi troppo, ma per incuriosirvi nel caso vogliate vederla dopo aver letto questo articolo, siamo andati a chiederne di più a Dario Cataldo, per capire come ci si sente a essere parte di un progetto del genere.
«Quando fai sport – comincia a raccontare il trentaseienne abruzzese, arrivato in Movistar nel 2020 – avere telecamere e macchine fotografiche puntate addosso fa parte della routine, ti ci abitui. In realtà, in quei momenti non percepisci quello che poi verrà prodotto, perché ormai il cameraman diventa uno di noi e ciò fa sì che tutti possano muoversi in libertà, soprattutto nei momenti sul bus prima e dopo di una corsa. Non ho mai l’impressione che la telecamera sia una presenza invasiva, anzi, a volte serve a raccontare le cose come realmente stanno. Ci sono tanti episodi che possono venir letti male nel ciclismo perché le interpretazioni dall’esterno delle tattiche non sono semplici ed è difficile capire cosa capita realmente in corsa: la polemica della Vuelta è uno di questi episodi travisati».
Sul podio a Parigi
La naturalezza delle azioni dei protagonisti viene raccontata senza filtri in una serie che piace perché non nasconde anche gli attimi di contrasto e confronto dopo una sconfitta che, talvolta, portano poi alla vittoria successiva. Tra i momenti speciali per Cataldo c’è stato sicuramente l’ultimo giorno della Grande Boucle.
«Per un motivo o per l’altro – dice – non riuscivo mai a fare il Tour e l’unica volta che l’avevo disputato (nel 2017, ndr) non l’avevo terminato. E’ stato davvero emozionante pensare che la prima volta che sono arrivato a Parigi e sono entrato nel circuito degli Champs Elysées, poi mi sono ritrovato sul podio con i miei compagni di squadra grazie al primo posto nella classifica per i team».
Eterno Valverde
Uno dei più ricercati dall’occhio delle telecamere nel corso di tutta la stagione è stato l’eterno Alejandro Valverde, che nel 2020 non è riuscito ad alzare le braccia come abitudine. Uno sfizio che l’Embatido si è tolto qualche giorno fa al Delfinato ed ecco il ritratto che ci fa Dario.
«Alejandro è un ragazzino di 40 anni – sorride – corre con la stessa voglia di un giovane appassionato per la bici. Adora fare il corridore e tutto quello che fa, lo fa perché gli piace. Non è un sacrificio, gli viene proprio naturale. L’anno scorso è stato difficilissimo per lui e per tutte le persone che gli sono state attorno, soffriva questa situazione perché per lui era inusuale. Vederlo ritrovare il suo colpo di pedale e vincere al Delfinato, oltre a essere bello perché siamo felici per lui, è un’ispirazione per tutti gli altri. Ha una classe infinita, ma dimostra anche che quello che si fa con il massimo impegno dà risultati. Con noi compagni è un leader, ma al tempo stesso un giocherellone, che scherza con tutti. E’ uno spasso pedalare al suo fianco».
I due capitani
Nel 2020, Valverde ha fatto da chioccia a Enric Mas (i due sono insieme nella foto di apertura), atteso quest’anno alla prova del nove alla Grande Boucle, dove però dividerà i gradi di capitano con il neo arrivato Miguel Angel Lopez, trionfatore martedì sul Ventoux.
« Valverde si è trovato in questo ruolo – prosegue Cataldo – che gli ha fatto piacere e che è servito a Enric. Quest’ultimo, pur essendo molto sveglio, è giovanissimo e non ha l’esperienza di un corridore come Alejandro. Avere lui accanto gli è stato molto utile. Nei grandi Giri è sempre meglio avere una seconda opzione, altrimenti può capitare quello che è successo a noi all’ultimo Giro d’Italia con Marc Soler e per un imprevisto al capitano, la squadra resta spiazzata».
Il giorno di Cortina
Vedremo anche una terza stagione su Netflix? Cataldo intanto ci racconta qualcosa della sua 12ª avventura rosa terminata qualche settimana fa: «C’era sempre lo stesso cameraman che faceva i contenuti della squadra – dice – ma non sappiamo come e se li useranno. Per quanto riguarda il Giro, si è corso in modo intenso, quasi come se non ci fosse un domani. Il percorso era abbastanza duro e ha fatto sì che arrivassimo molto stanchi. Si è parlato tanto della tappa “tagliata” di Cortina, ma quel giorno non si è quasi vista nemmeno la corsa dei primi, figurarsi cosa è successo dietro ai gregari che stavano soffrendo. Se l’avessimo fatta per intero, ci sarebbero ancora corridori che scollinano il Fedaia adesso».