Paolo Tiralongo scende dall’ammiraglia della Uae Team Emirates, come pure Maurizio Piovani in questo scorcio di 2021, e torna in quella che dopo aver lasciato la Sicilia è stata la sua seconda casa, il Velo Racing Team Palazzago. Il Tira sale in ammiraglia, al fianco del suo ex compagno di squadra Salvatore Commesso.
«Eh sì – racconta Paolo – la sede è a un chilometro da casa mia. Qui sono di casa. Il mio cancello è ad Almenno, ma la mia cucina è a Palazzago! Tanto per dire che sono proprio sul confine. Questa squadra ce l’ho nel cuore. Ci ho corso da juniores e poi da dilettante ed è qui che ho conosciuto Commesso».
Dai saluti all’ammiraglia
«Dopo la mia carriera da professionista ho fatto subito tre anni a tutta, ma sinceramente avevo bisogno di riposarmi, volevo un anno sabbatico, guardarmi un po’ attorno. Alla Uae ho ancora le porte aperte, mi sono lasciato bene con Gianetti e tutti gli altri, ma mi serviva altro».
E così ecco l’occasione di tornare alle origini. Da una telefonata di auguri e saluti è nata una proposta concreta. Secondo Paolo perché nella sua vita e nelle cose che ha fatto ha sempre dato il massimo.
«Ci ho messo l’anima e per questo ho mantenuto buoni rapporti con tutti. Mai avuto uno screzio con corridori prima e colleghi poi».
Come tra i pro’
Tiralongo parla poi di questo suo impegno nel team di patron Ezio Tironi.
«In sede sono sempre passato – racconta Tiralongo – sia da corridore che dopo. Chiedevo dei ragazzi, m’informavo. Spesso in passato mi allenavo anche con loro. Giusto adesso stiamo preparando le ultime cose in vista del raduno che faremo a Sorrento, in Campania. Stiamo facendo i tamponi, abbiamo trovato un hotel che ci garantisce la bolla e andiamo laggiù anche perché abbiamo quattro atleti campani. Poi bisognava cambiare aria. Quelle strade le conosco. Dovevamo dare una scossa.
«Mi piace molto lavorare con questi ragazzi. In un certo senso è più bello rispetto ai pro’, anche se in UAE io avevo tutti giovani. Ma qui ti chiedono sempre qualcosa di più, sono più curiosi. Di là ti ascoltano, ma in qualche modo sono già arrivati».
Il “Tira” paragona i due mondi. Qui deve spigargli tutto dalla A alla Z, come dice lui: «Bisogna spiegargli il ciclismo. Allenamenti, recupero, alimentazione. Tante indicazioni… Sto cercando di portare un metodo più professionale. Per esempio alcuni li ho mandati da una nutrizionista. Devono capire che ognuno ha il suo ruolo, che ci sono tante figure. Per esempio adesso stiamo facendo i programmi come i professionisti. Lavoriamo con le email e non più con i pezzi di carta. Individuiamo gli obiettivi, stiliamo il calendario…
«Non che ci siano i gruppi delle classiche, dei grandi Giri come nei pro’… qui il calendario è uno, è chiaro, la squadra la fai in base a chi va più forte. Se quel ragazzo se lo merita è giusto inserirlo. Però abbiamo cambiato il metodo di lavoro».
I dogmi del Tira
«In squadra abbiamo 17 ragazzi, non pochi. Cinque sono di primo anno e loro bisogna lasciarli un po’ più liberi, hanno ancora la scuola. Poi ci sono sei elite e gli altri sono tutti under 23. Ancora non li conosco tutti. I nomi li sto imparando adesso, anche perché neanche li ho tutti sotto mano. C’è chi è all’estero, chi vive al Sud…
«I primi anni sono molto curiosi, ti fanno domande e vogliono sapere il perché di questo o quell’allenamento. In generale molti si allenavano a casaccio, non dico che voglio inculcargli il concetto dei numeri, adesso si allenano ognuno con i propri valori, ma quando sarà il momento gli farò fare degli allenamenti tipo gara, saranno più liberi.
«Ho tre dogmi – conclude Tiralongo – serietà, professionalità e passione. In particolare la passione se non ce l’hai è meglio che resti a casa. Vittorie e risultati sono una conseguenza. Se tutte e tre queste cose convivranno insieme allora i ragazzi arriveranno al dunque».