TORINO – Quindici giri nel Motovelodromo per salutare il ciclismo, tanti quanti gli anni passati tra i pro’. È già scesa l’oscurità quando Fabio Felline inforca la Trek rossa fiammante e compie la passerella finale nel salotto buono del capoluogo piemontese. Quel tempio a due passi da casa che lui ha contribuito a far tornare in auge, legandoci tanti degli appuntamenti delle sue ultime stagioni sui pedali.
L’amico e collega Jacopo Mosca fa da contagiri d’eccezione, mentre in braccio alla moglie di Fabio, Nicoletta Savio, c’è il piccolo Edoardo pronto a scampanellare per l’ultimo giro del papà, già pronto a gettarsi nella nuova vita. «Serenità, Consapevolezza e Determinazione» le tre parole presenti nell’unico tatuaggio stampato sulla sua pelle, ad accompagnare tutte le sue pedalate ma anche la sua nuova quodianità.
Una festa per Fabio
Non poteva che chiudersi in sella la festa organizzata dall’Associazione Sul Tornante per il ritiro del trentaquattrenne cresciuto nella Rostese e passato professionista nel 2010 con la Footon-Servetto di Mauro Gianetti. Un lungo pomeriggio di aneddoti, risate, qualche lacrimuccia e una folta platea, arricchita dalla presenza dei direttori sportivi che hanno segnato la sua carriera come il mitico Giuseppe Martinelli, che omaggiando Fabio e abbracciandolo ha commentato: «Alla fine quest’anno smettiamo insieme, visto che anch’io do l’addio dopo 15 anni di Astana».
Poi ancora Giovanni Ellena, che lo guidava negli anni dell’Androni, e Adriano Baffi, ultimo diesse in Trek. Tra il pubblico anche i campioni piemontesi che l’hanno consigliato da giovane e sempre tifato come Italo Zilioli e il due volte vincitore del Giro d’Italia Franco Balmamion. Chi non c’era però non ha fatto mancare il suo affetto, vista la cascata di videomessaggi arrivati da tanti tra compagni di squadra e avversari, che hanno condiviso qualche chilometro con Fabio.
L’incidente dell’Amstel
Poi una carrellata di immagini a fare da sottofondo, con lo stesso Felline a raccontare tutti i retroscena nascosti dietro quegli scatti. Dalle pedalate con papà Maurizio fino alla vittoria di Laigueglia del 2017 o all’ultimo acuto, il Memorial Pantani del 2020 in maglia Astana. Senza scordare il tremendo incidente nel tratto di trasferimento dell’Amstel Gold Race 2016 che avrebbe potuto costargli un ritiro precoce.
«Per un mio errore ho rischiato la carriera – ha raccontato – ma quel momento ha rappresentato l’inizio di una svolta. Quando mi han detto che potevo ancora correre in bici e che dovevo solo aspettare di riassorbire le botte, ho cominciato a pensare che dovevo tornare più forte di prima».
La verde di Madrid
Quattordici le vittorie complessive, tanti piazzamenti di prestigio, ma un ricordo nel cuore più di tutti: «Salire sul palco di Madrid, con la maglia verde, è un qualcosa che non dimenticherò mai, lì con tutti i grandi di quella Vuelta del 2016. E dire che non ho neanche celebrato con la bici verde o il casco verde perché avevo timore che Valverde mi togliesse la maglia all’ultimo, ma è stato lui stesso prima della tappa conclusiva a dirmi “Es tuya, complimenti. Eppure, io non ci credevo ancora, invece, lui non ha più attaccato ed è andata così. È stata una bella soddisfazione».
Da record dietro Van der Poel
Poi ancora un aneddoto della Tirreno Adriatico 2021, quando fu quarto nell’epica tappa di Castelfidardo vinta da Mathieu Van der Poel davanti agli altri due “alieni” Pogacar e Van Aert.
«Ricordo che quel giorno ero all’inseguimento in solitaria di Van der Poel – racconta – poi mi sono spento, ma comunque sono arrivato a 1”26” e gli ho guadagnato 2 minuti. Sono chiacchiere da bar e forse nessuno lo saprà mai, ma quel giorno forse ho sfoderato la miglior prestazione tra tutti. E infatti tanti mi hanno detto che sono stato il primo degli umani dato il calibro dei tre che mi sono arrivati davanti. Visto che a tutti piacciono i numeri, posso dire che in quella corsa ho fatto quasi 360 watt medi per 120 minuti. Quei valori rappresentano le mie due ore record in quanto a potenza di tutta la carriera».
Gli ultimi 15 giri
Le storie si susseguono, la platea lo abbraccia tra domande e applausi, ma poi è tempo di mettersi scarpette e casco. La commozione è tanta prima dell’ultima passerella.
«È stata una giornata come la sognavo, sapevo soltanto per quanto tempo ero impegnato, ma non i contenuti né chi sarebbe venuto. È stato un regalo stupendo, un’emozione fortissima e i 15 giri simbolici sono stati una degna chiosa della mia carriera».
In una famiglia che respira il ciclismo dalla mattina alla sera però, il futuro sarà sempre nell’ambiente, come conferma Fabio prima di lanciare la lotteria benefica con in palio tanti cimeli ciclistici e il ricavato da donare alla Fondazione Michele Scarponi.
«Non bisogna mai star fermi e sicuramente il Motovelodromo rappresenta qualcosa che farà parte del mio futuro. Mi sento in dovere di far qualcosa, abbiamo già fondato una squadra di bambini, con grande attenzione al tema sicurezza al quale siamo molto sensibili e vogliamo continuare su questa strada. Sarò ambassador Trek, darò una mano per l’abbigliamento agli amici di Pella e continuerò a pedalare. E chissà, magari organizzerò un’altra Fellinata, però questa volta in primavera, magari il 29 marzo per il mio compleanno». Parafrasando il videomessaggio di Giulio Ciccone, buona pensione ciclistica Fabio!