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Umberto Inselvini, Fabio Felline, Memorial Pantani 2020

Inselvini, il massaggio, il presente e il futuro

02.01.2021
6 min
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«Io li ho visti arrivare nella tappa del Gavia – dice Inselvini – ma se fossi andato dai ragazzi di Morbegno a dirgli che in fondo era solo un giorno di pioggia e che quei loro colleghi ancora due mesi dopo non muovevano le dita congelate, mi avrebbero guardato come per dire: e allora? Questo non significa che fosse giusto partire a priori: se avevano le loro ragioni, è stato giusto che le abbiano fatte valere. Il fatto però che ben pochi si siano schierati dalla loro parte, è un messaggio su cui magari rifletteranno. Ancora oggi e nonostante tutto il progresso, il parere della gente è quello che davvero conta».

Sessantadue anni, bresciano della Valtrompia, Umberto Inselvini è uno dei massaggiatori storici del gruppo (in apertura con Felline al Memorial Pantani). Il nono anno nell’Astana, il prossimo, sancirà il sorpasso sugli otto vissuti nella grande Carrera alla fine degli anni 80. E forse neppure lui pensava che fosse un record battibile.

«Siamo passati dalla stretta di mano – sorride – al post su Facebook. Dai corridori che erano in grado di pretendere rispetto in gruppo alzando la voce, a quelli che stanno zitti però commentano su Twitter. Il mondo cambia e non sarebbe giusto richiamarsi sempre a com’era prima. Però noi che il prima lo abbiamo vissuto dobbiamo approfittarne per lavorare meglio e in qualche modo far capire che ci può essere un altro modo di comportarsi».

Umberto Inselvini, Michele Pallini, Tour de France 2014
Con Michele Pallini, al Tour de France 2014 con Nibali in maglia gialla
Umberto Inselvini, Michele Pallini, Tour de France 2014
Con Pallini al Tour de France 2014
E’ cambiato anche il tuo lavoro?

Fondamentalmente è sempre quello, anche se prima facevamo il Tour in tre e adesso siamo in cinque. Questo ci permette di lavorare meglio. Prima un massaggio durava 40 minuti e non sempre si faceva la schiena. Oggi dura un’ora e si fa tutto.

Il massaggiatore era anche il confessore…

Qualche corridore che chiede consiglio c’è ancora, ma hanno talmente tante cose da fare e figure con cui interfacciarsi, che spesso arrivano al massaggio e non hanno voglia di parlare. In quell’ora sono liberi di essere ciò che vogliono.

Il massaggiatore è ancora l’interlocutore dei direttori sportivi?

Una volta venivano e ci chiedevano come fosse la gamba. Adesso contano tanto anche i numeri, per cui vanno prima dal preparatore. A me chiedono semmai se il ragazzo è tranquillo e come voglia correre.

Sei uno che parla o uno che ascolta?

Quando è venuto Lopez la prima volta, mi meravigliai ascoltando i suoi racconti. Era venuto in Europa l’anno prima dalla Colombia e aveva vinto il Tour de l’Avenir, senza sapere nulla dei rivali. Il tecnico gli aveva detto di attaccare in salita e poi di voltarsi per capire quali fossero quelli forti. Lo lasciai parlare a lungo, perché per entrare in sintonia con un corridore, devi conoscere la sua storia. Fermo restando che appartengono a un mondo tutto nuovo, anche i nostri, per cui magari gli parli di Argentin e non sanno nemmeno chi sia. Io non parlo troppo spesso di quello che ho passato, a meno che non me lo chiedano loro.

Bernard Thevenet, Umberto Inselvini, Christian Prudhomme, Bernard Hinault, Tour de France 2014
Con Thevenet, Prudhomme e Hinault, il premio per i 20 Tour seguiti
Bernard Thevenet, Umberto Inselvini, Christian Prudhomme, Bernard Hinault, Tour de France 2014
Con Thevenet, Prudhomme e Hinault per i 20 Tour seguiti
Un giorno arrivò Pantani.

Lo vidi per la prima volta nell’agosto nel 1992. Era un ragazzo alla mano, per certi versi timido. Facemmo insieme i mondiali di Agrigento e quelli in Colombia. All’inizio ascoltava e non parlava, ma era già molto sicuro di sé. In Colombia, dividevo la stanza con Archetti e avevamo un lettore CD con pochissima scelta. Lui arrivava e metteva sempre l’album dei Nomadi. Un giorno non aveva voglia di fare i massaggi, bensì la sauna. Mi convinse a farla con lui e poi, una volta usciti, facemmo i massaggi. Prima che avesse l’incidente, ero andato a portargli due audiocassette in cui il maitre dell’hotel aveva registrato la cronaca dei mondiali di Colombia. So che le aveva fatte mixare da un amico e durante la rieducazione le ascoltava. Quando andò via dalla Carrera, mi chiese di seguirlo, ma avevo firmato con la Roslotto e ho sempre cercato di onorare gli accordi presi.

Ti affezioni ai corridori che massaggi?

Ci si sforza di seguire tutti allo stesso modo, ma è inevitabile si creino sintonie differenti. Ogni volta che uno dei miei vince, mi commuovo. So di aver fatto quello che dovevo, perché di base è un lavoro, ma le emozioni sono forti. Non sono di quelli che si mette a saltare al centro dell’arrivo, mi tengo tutto dentro. Sono nel ciclismo da quando avevo 13 anni, se non avessi passione ed entusiasmo, fra cinque partirei per il ritiro con il morale per terra. E’ un lavoro, ma non lo fai solo per lavoro.

Umberto Inselvini, Paolo Tiralongo, Giro del Trentino 2015, Cles
Giro del Trentino 2015, a Cles con Paolo Tiralongo
Umberto Inselvini, Paolo Tiralongo, Giro del Trentino 2015, Cles
Giro del Trentino 2015, a Cles con Tiralongo
La vittoria di Aru a Montecampione…

Sapevo tutto il lavoro che era stato fatto. Ricordavo di aver accompagnato Tiralongo e quel ragazzino a vedere una salita vicino casa mia. La salita su cui Pantani aveva vinto il Giro. Vederlo vincere staccando tutti… 

Sono cambiati i rapporti fra il personale della squadra?

Il gruppo è importante, ma durante un Giro può capitare che fra massaggiatori ci si veda soltanto a cena. C’è chi scende subito per fare le borracce, chi prepara i rifornimenti, chi si dedica all’albergo e all’arrivo. Alla Carrera eravamo sempre gli stessi. Mi è capitato per tre volte di fare nello stesso anno Vuelta, Giro e Tour.

Quel gruppo Carrera in realtà c’è ancora, sia pure sparpagliato…

E per capirci basta ancora uno sguardo. Archetti, Mario Chiesa, Guido Bontempi, Martinelli… Ci sentiamo spesso, forse perché siamo tutti bresciani e col dialetto si fa prima. Fu la squadra di Visentini e Roche, di Pantani e Chiappucci, di Abdujaparov, di Guidone Bontempi. Ci sono tanti ricordi ad unirci.

Ci sono le vittorie e ci sono le sconfitte. Cosa succede quando il corridore bastonato arriva sul lettino?

Sul traguardo non può manifestare quello che ha dentro. Fa prima il punto con i direttori, poi apre la mia porta, io lo guardo, lui guarda me. In quel momento devi capire se medicare la ferita, parlare d’altro oppure stare zitto. Sale sul lettino, manda un paio di messaggi e poi il più delle volte inizia a raccontare, con rabbia o delusione. Non esiste un protocollo da seguire. Trent’anni fa mi sarà capitato anche di usare frasi di circostanza. Quando ti staccano, non sono mai momenti felici. Hai ambizioni e ti ritrovi a terra, è meglio stare zitti. Lo sport è questo, non sempre ci sono colpe o spiegazioni.

Fabio Aru, Giuseppe Martinelli, Umberto Inselvini, Vuelta 2015
Fabio Aru, Martinelli, Inselvini: si vince la Vuelta 2015
Fabio Aru, Giuseppe Martinelli, Umberto Inselvini, Vuelta 2015
Con Aru e Martinelli, vincendo la Vuelta 2015
La tecnologia ha cambiato il massaggio?

Sono arrivate macchine che agevolano il recupero e c’è l’osteopata che aiuta parecchio. Ma di base, il massaggio resta il massaggio. Non facciamo carezze, andiamo bene a fondo. Quello che cambia è il tempo, che ora è superiore.

E quando il corridore va via?

Qualcuno viene a salutare, qualcuno ti scrive su Facebook un post di ringraziamento, dicendo che si è trovato bene. I social sono uno strumento di lavoro, devono citare gli sponsor perché così gli viene richiesto. Gli addetti stampa vigilano anche su questo. E devono stare attenti a indossare sempre le cose giuste, perché ormai sono i tifosi a rilanciare o segnalare qualche anomalia. Però tutto questo mi aiuta a restare giovane. Che bello però quando uno andava via e magari veniva a darti una stretta di mano…