Andrea Piccolo

Piccolo, la bici dello zio e… Martinelli

02.12.2020
4 min
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Se un volpone come Giuseppe Martinelli vuole che uno junior si unisca al ritiro con lui, significa che quel ragazzo può davvero fare qualcosa di buono. La storia di Andrea Piccolo nel WorldTour si può dire inizi così. Il 19enne lombardo, ennesimo prodotto di quella fucina di corridori che è la Colpack, sta per iniziare la sua prima stagione all’Astana, in veste ufficiale. Certo non è sconosciuto. Tra gli juniores a crono ha vinto sia l’italiano che l’europeo.

Stelvio e WorldTour

«Arrivare nel WorldTour – racconta con orgoglio – è un sogno che si avvera, ma sono consapevole che adesso si azzera tutto. Inizia una pagina nuova di un libro importante.

«“Martino” mi chiamò da secondo anno juniores. Mi disse se volevo unirmi al ritiro dell’Astana a Calpe. Io ero entusiasta di questa proposta e chiaramente andai. Fu l’occasione per conoscere il team, vedere come lavoravano. Da un po’ già mi seguiva Maurizio Mazzoleni nella preparazione, quindi sapevano com’era la mia condizione. E comunque non si aspettavano da me grandi prestazioni.

Andrea Piccolo
Da sinistra: Lorenzo Carera, Nibali, Piccolo e Jony Carera
Andrea Piccolo
Andrea Piccolo con il suo idolo, Vincenzo Nibali

«Ion Izagirre e Omar Fraile sono stati coloro che più mi hanno aiutato. Ho parlato molto con loro, mi hanno coinvolto di più. Ma devo dire che tutta la squadra mi ha riservato una grande accoglienza. Dopo un giorno sembrava che fossi con il team da tanto tempo. Senza contare che mi sono ritrovato con tutti quei campioni, a partire da Fuglsang e Lutsenko. Poi li ho rivisti questa estate nel ritiro di Livigno. Un giorno abbiamo fatto 6 ore e mezza: 205 chilometri e ben oltre 4.000 metri di dislivello con Forcola, Bernina, Stelvio (da Prato) e Foscagno. Loro dovevano provare la tappa del Giro. Un bel giorno, in cui ho cercato di osservare il più possibile».

La bici dello zio

Non solo cronoman. Piccolo si definisce un passista scalatore, dotato di un discreto spunto. Ma proprio perché non è super veloce, anche nelle categorie giovanili per vincere spesso doveva arrivare da solo.

«Fin da piccolo sono stato abituato a soffrire parecchio. Per vincere dovevo andare in fuga e da lì l’attitudine a fare da solo. Così quando ho preso la bici da crono è stato amore a prima vista. Ho avuto subito un bel feeling con la posizione, mi sono trovato bene con le misure. La prima bici da crono era una Trek. Me la prestò mio zio Enzo. Lui ha un negozio di bici, Cicli Battistella, e mi diede questa belva. Ero allievo di secondo anno, saltai su e feci un giro di 50 chilometri».

Sembra passato un secolo, in realtà è storia di tre anni fa. Durante l’ultima estate solo uno strepitoso Jonathan Milan gli ha tolto il sogno d’indossare il tricolore contro il tempo tra gli U23.

Andrea Piccolo
Piccolo a colloquio con Davide Cassani prima del Trittico
Andrea Piccolo
Piccolo a colloquio con Davide Cassani prima del Trittico

Obiettivo esperienza

L’essere completi è un’attitudine sempre più apprezzata nel ciclismo moderno. E non si può più prescindere dall’andare forte a crono, specie nel ciclismo del WorldTour. Chi va forte in questa disciplina ha più chance di cavarsela anche in linea.

«Il mio obiettivo di quest’anno, non è tanto vincere ma fare esperienza, di lavorare per la squadra. Con Martinelli parlo spesso e la mia idea, e anche quella di Mazzoleni, è quella di riuscire a fare qualche corsa a tappe di una settimana. Non un grande Giro, alla mia età e da primo anno, sarebbe un impegno troppo grande, stravolgerebbe un po’ tutta la preparazione e non darebbe risultati. Dovrei lavorarci troppo e faticherei moltissimo nella terza settimana, tanto vale, ripeto, fare corse a tappe di una settimana e accumulare più chilometri di gara possibile. Poi certo se mi dicessero: vai al Giro… ci andrei!».

Andrea Piccolo
Andrea nel ritiro di Livigno questa estate con l’Astana
Andrea Piccolo
Andrea nel ritiro di Livigno questa estate con l’Astana

Forza Simone

Ma Piccolo non è il solo corridore di casa. Suo papà Renato pedalava e lo fa anche suo fratello Simone (classe 1997), al quale Andrea è legatissimo.

«Simone non è stato fortunato, ogni anno gliene è capitata una: una volta la clavicola, una volta la mononucleosi, una volta un incidente nel quale ha perso 11 denti, e quest’anno c’è stato il covid. Adesso farà ancora un anno alla Viris e darà il tutto per tutto. Ci alleniamo sempre insieme, anche a casa siamo sempre noi. Quando rientriamo confrontiamo i dati, poi però cerchiamo di svagarci. Io per esempio ho la passione per le moto da cross e quando posso ci vado. Però so che devo stare attento. Prendo la moto di papà, una vecchia Yamaha Xt 550 e vado a fare delle passeggiate».