Undici (meno uno) italiani al Tour: velocisti, gregari e attaccanti

06.07.2025
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LILLE (Francia) – Erano undici gli italiani al via del Tour de France. Tre più dell’anno scorso e tutto sommato era una gran bella notizia, specialmente per come si era messa. Anche stavolta dovevamo arrivare a otto-nove, stando alle stime. Poi invece ecco Albanese e Dainese unirsi alla “legione francese”. Ma per una bella notizia che c’è, ne arriva subito una brutta: Filippo Ganna ieri ha lasciato la corsa dopo cento chilometri o poco più. Una vera doccia fredda.

Tuttavia chi c’è è pronto a vendere cara la pelle. Non sarà facile, visto il livello mostruoso che c’è in tutti i settori, ma se questi corridori sono qui è perché a quel livello mostruoso contribuiscono anche loro. Presentiamoli dunque questi alfieri che sulle strade di Francia cercheranno di fare “casino”, di vincere, di aiutare.

I velocisti

Appartengono a questa categoria: Jonathan Milan, il suo compagno Simone Consonni e Alberto Dainese.
Milan è al debutto sulle strade del Tour e lo abbiamo visto ieri, quando purtroppo si è fatto sorprendere dai ventagli. E’ partito sereno e anche molto motivato. Alla presentazione dei team, lui e Consonni hanno parlato di un treno molto buono. Avevano provato due volte il finale di queste frazioni iniziali una volta arrivati a Lille. E hanno detto che dopo averlo visionato avevano rivisto qualcosa proprio nella disposizione del treno. Simone dovrebbe essere l’ultimo uomo, per una coppia che ormai naviga insieme da diversi anni. Entrambi sono in ottime condizioni.
Piccola curiosità: secondo Ganna, Milan è il favorito per la maglia verde.

Dainese invece è alla sua seconda Grand Boucle. Nel 2022, giovanissimo, ottenne un settimo e un terzo posto. Proprio in virtù di quei piazzamenti ci si aspettava un po’ di più dal portacolori della Tudor Pro Cycling, ma anche lui ha avuto le sue belle sfortune, come alcune brutte cadute persino in allenamento. Però se è qui è perché sta bene. Quest’anno non ha ancora vinto, magari è il momento giusto. Semmai, avendo Marius Mayrhofer in squadra, c’è da capire chi aiuterà chi. Alberto potrebbe essere l’ultimo uomo. O potrebbero anche scambiarsi i ruoli, come è già successo al Giro 2024.

Per i capitani

Di certo Mattia Cattaneo ed Edoardo Affini sanno bene che sono stati portati in Francia dalle rispettive squadre, la Soudal-Quick Step e la Visma-Lease a Bike, per aiutare i loro capitani. Difficilmente avranno carta bianca, ma il gioco ne vale la candela. Entrambi i loro leader puntano alla maglia gialla.

Cattaneo è alla corte di Remco Evenepoel. La squadra ripone una fiducia immensa in lui. E tanto più senza Mikel Landa, probabilmente Mattia sarà chiamato anche a fare qualche straordinario in salita. Remco lo ha voluto. E Cattaneo con enorme professionalità si è fatto trovare pronto.

Altro cavallone di razza è Affini che abbiamo sentito proprio ieri. E sempre ieri lo abbiamo visto subito davanti a menare come un fabbro. Lui ha un compito più specifico da svolgere: supportare la squadra in pianura. Con la sua stazza, in salita è fuori dai giochi, ma in pianura e non solo sarà fondamentale. E di pianura e di vento, specie in queste prime tappe, ce ne saranno tanti.

Terzo a entrare con pieno diritto in questa categoria è Gianni Moscon. Anche lui lavora per un leader niente male: Primoz Roglic. Magari viste le ultime apparizioni, lo sloveno potrebbe fare più fatica in ottica maglia gialla, ma il podio è del tutto alla sua portata. Gianni stesso ce lo ha detto: «Sarò chiamato a lavorare soprattutto in pianura e nelle tappe ondulate».

I casinisti

C’è poi la folta schiera dei ragazzi che andranno a caccia di tappe, da quelle ondulate a quelle in salita, se il gruppo dovesse lasciare andare una fuga. Parliamo di Vincenzo Albanese, di Simone Velasco, di Matteo Trentin e di Davide Ballerini.

Questi ultimi due li avremmo potuti inserire anche nella categoria dei velocisti. In fin dei conti spesso facevano le volate di gruppo. E Ballerini, proprio perché è veloce e tiene in salita, magari potrebbe anche pensare alla maglia verde. Ma certo dovrebbe gettarsi in volata e con Merlier, Milan e compagnia bella, non è facile per lui.

Trentin è Trentin: ha l’esperienza per provare a vincere, ma anche per aiutare il capitano Julian Alaphilippe. Il suo sarà un Tour tutto da scoprire, nonostante sia il settimo più vecchio al via e vanti nove presenze alla Grand Boucle. Guarda caso nella frazione di ieri è stato quinto, primo degli italiani. Nella foto di apertura si nota come fosse davanti a tirare nel ventaglio (al fianco di Affini). Insomma nel momento clou lui c’era.

Gli altri invece, non avendo un uomo di classifica, possono correre liberamente. Un giorno dare l’assalto e un giorno “riposarsi”. Magari è proprio questa la formula per divertirsi e andare forte.
Albanese aveva detto ai microfoni Rai che aveva cerchiato di rosso per esempio la seconda e la quarta frazione. Velasco, più scalatore, aveva visionato la tappa 10, quella del Massiccio Centrale.

Che attacchino, che aiutino o che facciano gli sprint, i dieci italiani rimasti in gara hanno ancora oltre 3.100 chilometri a disposizione per rompere un digiuno di tappe che si protrae dal 2019, quando Nibali vinse a Val Thorens.

La gioia di Philipsen, il dolore di Ganna che già saluta la Francia

05.07.2025
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LILLE (Francia) – E’ certo che non ci sarà la bici da crono di Filippo Ganna sui rulli per il defaticamento post tappa, davanti al bus della Ineos Grenadiers. Il Tour de France non è iniziato nel migliore dei modi per i colori dell’Italia, anzi, degli italiani. Proprio Ganna è stato il primo a ritirarsi, il primo a lasciare la Grand Boucle. Ed è questo, ahinoi, il fatto del giorno.

Dall’altra parte c’è Jasper Philipsen che fa festa assieme alla sua Alpecin-Deceuninck. Tappa e maglia per il belga che, come sempre, ha potuto contare su un Van der Poel magistrale. Ma va detto che tutta la sua squadra era ben messa. Pensate, ne avevano cinque tra i 38 davanti dopo che si erano aperti i ventagli.

Visma attacca, Alpecin festeggia

Ventagli che sono stati propinati dalla Visma – Lease a Bike. A circa 17 chilometri dall’arrivo, in un tratto con vento piuttosto teso e laterale, la squadra di Vingegaard si era spostata tutta dalla parte opposta rispetto alla direzione del vento. Erano solo in tre paralleli davanti, segno chiaro che si voleva aprire un ventaglio, che era in corso un attacco. Come abbiamo visto dall’immagine frontale, con la velocità sul filo dei 70 all’ora, non abbiamo fatto in tempo a pensare: «Attenti che ora succede qualcosa», che nell’inquadratura successiva c’era già la spaccatura.

Una situazione che, incontrato per caso dopo il traguardo, ci ha confermato anche Jacopo Guarnieri, che di ventagli e strade da queste parti se ne intende.

«E’ davvero incredibile – ha detto Philipsen – questa decima vittoria è qualcosa che non dimenticherò mai. La prestazione della squadra è incredibile. Credo che siamo stati lì tutto il giorno. Io ero nervoso sin dal mattino, avevo in mente questa tappa e questa maglia. Ma sapevamo che poteva essere la nostra occasione, dovevamo “solo” stare davanti e così abbiamo fatto».

«La squadra è stata incredibilmente forte. Eravamo in tanti davanti, potevo fare gioco su di loro e dovevo solo completare l’opera. Negli ultimi 15 chilometri tutto è andato per il verso giusto. E negli ultimi due chilometri tutti gli spettatori, tutte le persone dietro le transenne, mi hanno fatto venire la pelle d’oca. Avevo una forza extra grazie a questa adrenalina.
«La maglia gialla? Un sogno che si avvera. A casa ho già la maglia verde, ora avere la maglia gialla appesa da qualche parte sui muri sarà incredibile».

Milan, ci ripensa

Il 39° classificato, vale a dire il primo del gruppo inseguitore, è stato Jonathan Milan. All’arrivo era veramente deluso, quasi scocciato. Lui sì che era partito col piede giusto. Aveva infatti conquistato il traguardo volante.

«Dispiace – ci ha detto mentre tornava al bus – perché la gamba era buona. Poteva essere una bella occasione, per questo dà fastidio. Ero proprio lì quando si è aperto il ventaglio. Uno o due corridori davanti a me. Ho visto tutto chiaramente, ma pensavamo si chiudesse subito. Erano pochissimi metri. Poi un corridore della Groupama-FDJ ha fatto il buco e…
«Dietro tiravamo, ma non sempre e non tutti. Non capisco la Soudal Quick-Step, avevano Remco e Merlier si poteva chiudere finché erano vicini. Noi ci abbiamo anche un po’ provato, ma davanti andavano forte».

In effetti che la gamba fosse buona si capisce anche dalla lucidità con cui Milan racconta. Dal suo recupero. Altri ci sono apparsi più stanchi. Il gigante di Buja invece era bello presente, tranquillo. Di positivo c’è la consapevolezza che può fare bene.

Ganna, che dolore

Ci rispostiamo dunque nella zona della Ineos Grenadiers. Arrivano le ammiraglie. Cerchiamo di saperne di più da Oliver Cookson, uno dei direttori sportivi. Ganna era già nel bus. Era arrivato nel corso della tappa. Caduto dopo circa 52 chilometri, si è fermato poco dopo il centesimo chilometro di gara.

«Al momento – spiega Cookson – non posso aggiungere molto perché c’è lo staff medico sul bus che lo sta visitando. Sembra una botta alla testa, ma non si può dire nulla finché non si ha un referto del medico. Sulla salita di Mont Cassel lo abbiamo visto sfilarsi, poi abbiamo continuato a parlare con lui, cercando di farlo stare tranquillo, di vedere come andava. Se ci ha chiamato lui? No, anche perché dopo la caduta la radio non funzionava. Gli siamo stati vicini con la macchina, ma a un certo punto ha detto basta. Sentiva dolore. E se uno come Pippo sente dolore, significa che questo c’è».

La delusione è tanta, sia per lo staff che per i tifosi. Ganna aveva una gran voglia di fare bene e di vincere la crono di Caen in maglia tricolore.

«Purtroppo il ciclismo è uno sport duro – riprende Cookson – ore e ore di lavoro, mesi a prepararti, e Pippo lo aveva fatto benissimo, e tutto svanisce in pochissimo. La crono di Caen poteva essere una grande opportunità. Ma succede, come ci era già successo al Giro d’Italia 2020, quando perdemmo subito Thomas e dovemmo ridisegnare tutta la corsa.
«La perdita di Pippo non sarà facile da gestire. Lui è uno dei nostri corridori più rappresentativi e anche per i ragazzi era un riferimento. Ma il Tour è molto lungo. Ripartiremo in qualche modo. Certo che non siamo partiti bene. Siamo appena arrivati e devo vedere tutto, ma credo che ne avessimo solo uno nel primo gruppo».

“Longo” e il Giro da difendere: consapevolezza e pochi proclami

05.07.2025
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BERGAMO – Il clima esterno va in contrapposizione a quello della UAE Team ADQ alla vigilia del Giro d’Italia Women. Fuori dal Radisson Blu di Chorus Life si boccheggia per l’afa, dentro alla sala meeting, dove la formazione emiratina ha organizzato la propria conferenza stampa, si avverte il fresco non solo della climatizzazione, ma dello spirito di squadra.

L’occasione è quella dell’annuncio del rinnovo della sponsorizzazione fino al 2029 ed anche quella per tastare il polso delle atlete. Al tavolo si alternano dirigenti prima e ragazze dopo. Yana Seel, Head of Business e Communications della squadra, introduce la presidentessa Melissa Moncada e Anas Jawdat Albarguthi, il direttore operativo del gruppo ADQ. I due vertici societari sono chiaramente felici della crescita del team e una parte di questa crescita passerà per forza dalla Corsa Rosa femminile. Di pressioni non ce ne sono, il prolungamento di questi giorni ne è la testimonianza, però è normale che si voglia fare centro al Giro con la detentrice.

Yana Seel (Head of Business e Communication), la presidente Melissa Moncada e Anas Jawdat Albarguthi (direttore operativo di ADQ)
Yana Seel (Head of Business e Communication), la presidente Melissa Moncada e Anas Jawdat Albarguthi (direttore operativo di ADQ)

Piedi per terra

E’ il turno delle atlete per focalizzarci sul Giro Women. Mancano Gasparrini e Chapman ed assieme a Longo Borghini si siedono Silvia Persico, Erica Magnaldi, Greta Marturano e Alena Amialiusik. Sono tutte serene e piacevolmente sorprese della numerosa presenza alla conferenza. Normale che Longo Borghini sia la più richiesta prima e dopo, soprattutto perché si ripresenta al via con la riconfermatissima maglia tricolore.

«Dopo il campionato italiano – racconta Elisa – che è stato anche un successo di squadra, ho solo pensato di venire al Giro per fare una buona prestazione. Non sono una persona che fa grandi proclami. Posso solo dire che sono in un’ottima condizione di forma e che cercherò di fare il mio meglio, poi vedremo come finirà ad Imola».

«L’avvicinamento – prosegue – è stato molto simile a quello del 2024, ma la vera differenza è che l’anno scorso avevo corso il Giro di Svizzera prima dell’italiano, mentre quest’anno ho preferito restare in altura fino a poco prima della crono tricolore per preparare meglio il Giro».

Longo Borghini è il faro della UAE, ma sa che le sue compagne sono preziose per ogni risultato (foto @facepeeters)
Longo Borghini è il faro della UAE, ma sa che le sue compagne sono preziose per ogni risultato (foto @facepeeters)

Probabilità ed imprevisti

Una corsa a tappe può essere come il percorso di un “monopoli”. Per vincere bisogna sapere affrontare tutte le situazioni ed una risorsa straordinaria di Longo Borghini è proprio quella di avere sempre la risposta in corsa o anche quando si prova ad uscire dagli schemi classici di qualche domanda.

«Sulle percentuali – dice Elisa – di essere in rosa già dal primo giorno o l’ultimo non saprei cosa dirvi. E’ vero che un anno fa ho portato la maglia rosa dalla prima all’ultima tappa, però è qualcosa di quasi impossibile. Ripeto, a me piace stare con i piedi per terra ed essere realista. Sarà molto difficile vincere la cronometro perché c’è un altissimo livello. Come squadra cercheremo di fare il nostro meglio per difenderci e per attaccare».

Per sua stessa ammissione, in passato Elisa aveva sempre dovuto fare i conti con la “giornata no” che le aveva precluso la conquista del Giro. Il trionfo dell’anno scorso le ha dato una consapevolezza in più, qualora ce ne fosse stato bisogno per un’atleta del suo livello.

«E’ vero – risponde chiudendo con un pizzico di ironia – normalmente negli anni scorsi ho sempre avuto un giorno di crisi. Quest’anno abbiamo cercato di fare un adattamento al caldo facendo saune e quant’altro. Poi cosa posso dirvi? Che chiaramente non arrivi il giorno di crisi».

Rispetto al 2024 quando aveva corso lo Svizzera prima degli italiani, quest’anno Longo Borghini ha preferito restare in altura (foto @facepeeters)
Rispetto al 2024 quando aveva corso lo Svizzera prima degli italiani, quest’anno Longo Borghini ha preferito restare in altura (foto @facepeeters)

Punti chiave

Il disegno del Giro Women 2025 ricalca a grandi linee quello della edizione precedente. Forse con una punta di difficoltà maggiore. Longo Borghini sa quali possono essere i punti chiave.

«La tappa – analizza Elisa – che tutti si aspettano possa essere decisiva sarà quella di Monte Nerone, che è anche quella più scontata. La salita l’abbiamo vista su VeloViewer e sembra molto impegnativa. E’ esposta molto al sole e anche al vento. E sappiamo che quando si va in salita non è piacevole correre in queste condizioni. Penso che per me sarà una salita da gestire bene.

«Credo però che già l’arrivo a Pianezze alla quarta tappa – prosegue – possa dare un accenno di quello che potrebbe essere la classifica generale. Attenzione anche alla sesta tappa, quella che passa per San Marino, che per quanto mi riguarda non è da sottovalutare. Poi bisogna tenere conto anche della cronometro iniziale. Una prova contro il tempo in un giro a tappe di 8 giorni incide tanto. Ha fatto la differenza in passato. L’anno scorso a me ha dato un vantaggio che è risultato impossibile da colmare per le avversarie. Secondo me può delineare o indirizzare in qualche modo la classifica generale anche quest’anno».

Avversarie. Reusser è il primo nome fatto da Longo Borghini, che tuttavia terrà d’occhio anche altre atlete
Avversarie. Reusser è il primo nome fatto da Longo Borghini, che tuttavia terrà d’occhio anche altre atlete

Ricordi e rivali

Fra poco Longo Borghini e compagne saliranno sul palco del Giro Women per la team presentation e domani a quest’ora avrà già un’indicazione di che cosa l’aspetterà tra gara e rivali.

«Dell’anno scorso – riavvolge il nastro per un attimo – ricordo bene gli ultimi cento metri dell’arrivo a L’Aquila. E’ stata una grande emozione ed anche un grande thriller. L’ho sempre detto che a me piacciono le cose che diventano un po’ elettrizzanti».

La concorrenza quest’anno sarà ancora più alta ed Elisa non si scompone, anzi tutt’altro. «Tra le rivali dico Reusser, ma non è l’unica. Personalmente sono molto contenta che ci sia un’avversaria in più come Van der Breggen e di quel calibro. Labous e Muzic partono entrambe alla pari, però credo che chi andrà più forte diventerà la capitana. Sicuramente le controlleremo entrambe perché non si può fare partire né una né l’altra. Noi siamo pronte.

E scommesse pazze per la vittoria ne sono state fatte? «Non sono a livello di mio marito Jacopo – conclude Elisa ridendo – che si è rasato a zero per la rosa di Pedersen! Non ci abbiamo pensato, ma se dovessimo vincere, prendiamo i biglietti per andare a vedere tutte assieme il primo concerto disponibile dei Pinguini Tattici Nucleari».

Persico, Magnaldi, Marturano e Amialiusik sono motivate ad aiutare Longo Borghini a rivincere il Giro Women
Persico, Magnaldi, Marturano e Amialiusik sono motivate ad aiutare Longo Borghini a rivincere il Giro Women

Tutte per una, una per tutte

Elisa Longo Borghini è il faro della squadra, ma lei sa perfettamente che non si vince senza la squadra. Lei lo ha sempre riconosciuto in ogni formazione in cui è stata e le sue compagne di club gliene rendevano merito. La compattezza di un gruppo si forma da queste fondamenta, non si scappa.

«Sicuramente avere Elisa con noi – dice Magnaldici ha dato una spinta in più. C’è tanto affiatamento in squadra, grazie ad un’ottima preparazione tutte assieme. Siamo tutte molto motivate per fare un gran lavoro per Elisa e di portare a casa un successo di squadra. Questo, ne sono certa, ci spingerà ad andare oltre i nostri limiti».

Persico e Amialiusik, rispettivamente bergamasca di nascita e di adozione, sono ulteriormente emozionate di partire da casa. Per Silvia, che ha un paio di tappe adatte a lei, gli obiettivi personali eventualmente si prefiggeranno giorno dopo giorno. Mentre Marturano individua in Movistar e SD-Worx Protime le formazioni più agguerrite sapendo di essere in una squadra ben attrezzata per rispondere a tutte.

Affini al Tour: custode di Vingegaard e in supporto di Van Aert

05.07.2025
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E’ iniziato il primo Tour de France in carriera per Edoardo Affini. Un esordio importante per il mantovano, che ormai vive stabilmente in Olanda, e un attestato di stima da parte della Visma Lease a Bike nei suoi confronti. I calabroni hanno voluto mettere un altro dei protagonisti della vittoria di Simon Yates al Giro d’Italia accanto a Jonas Vingegaard. 

L’ultima corsa a cui ha preso parte Affini è stato proprio il Giro d’Italia, da quel momento è iniziata la preparazione per la Grande Boucle. 

«E’ una cosa nuova anche per me – ci ha raccontato poco prima di mettersi in viaggio verso Lille – perché per la prima volta correrò due Grandi Giri in maniera consecutiva. L’anno scorso avevo fatto Giro e Vuelta ma l’approccio è diverso, si ha più tempo per prepararsi e si può staccare un po’. Invece quest’anno appena finito il Giro sono andato in altura a Tignes, praticamente il mio riposo è stato di due giorni».

Edoardo Affini sarà uno degli uomini al servizio di Vingegaard al Tour de France
Edoardo Affini sarà uno degli uomini al servizio di Vingegaard al Tour de France
Quando avete deciso che avresti fatto anche il Tour?

Ne abbiamo parlato seriamente con lo staff che segue la parte di performance al Giro. Ci siamo messi a parlare e abbiamo deciso cosa fare tra le due gare per arrivare pronto. 

Cosa avete deciso?

Di andare subito in altura a Tignes (in apertura foto Instagram/Visma-Lease a Bike). Praticamente il Giro è terminato domenica 2 giugno e io il sabato successivo ero già in ritiro. Per la prima settimana mi sono concentrato sul recupero attivo e sull’adattamento all’altura. Da lì in poi ho fatto allenamenti mirati, pochi giorni dopo sono arrivati anche gli altri che erano al Delfinato. 

Terminate le fatiche del Giro, Affini ha iniziato la preparazione per la Grande Boucle (foto Instagram/Visma-Lease a Bike)
Terminate le fatiche del Giro, Affini ha iniziato la preparazione per la Grande Boucle (foto Instagram/Visma-Lease a Bike)
Come stavano le gambe dopo il Giro?

Bene. Alla fine ogni giorno c’era qualcosa da fare, anche a Roma abbiamo lavorato per la volata di Kooij. Diciamo che ero stanco, ma non distrutto. Un bel segnale in realtà in vista della preparazione per il Tour. 

A proposito, hai cambiato qualcosa negli allenamenti?

Bene o male ho seguito il solito schema. Ho fatto qualche modifica sui blocchi di lavoro facendo due giorni di carico e non tre. Non serviva caricare troppo anche perché l’endurance, arrivando dal Giro era già allenata. Bastava qualche ora in meno di allenamento ma con più qualità. 

Affini correrà le due cronometro del Tour indossando la maglia di campione europeo conquistata a Zolder lo scorso settembre
Affini correrà le due cronometro del Tour indossando la maglia di campione europeo conquistata a Zolder lo scorso settembre
Non sei riuscito a correre al campionato italiano, ti è dispiaciuto?

Con il team eravamo in ritiro ufficialmente fino al 25 giugno, poi eravamo liberi di fare quello che avremmo voluto. Pensare di scendere dall’altura e andare direttamente al campionato italiano a cronometro diventava troppo complicato. Tignes e San Vito al Tagliamento distano parecchie ore di auto, non sarei arrivato nelle giuste condizioni per onorare la corsa. Mi è dispiaciuto perché avrei corso con la maglia di campione europeo. Avrei preferito testare la gamba prima di tornare in corsa, ma non c’è stato modo. Le prime due tappe serviranno per trovare il ritmo. 

Che atmosfera si respirava in ritiro?

Buona, il Delfinato è andato bene, anche Tadej (Pogacar, ndr) è andato secondo le aspettative. Direi che tutto è pronto per la sfida. Però il Tour non sarà solamente una battaglia a due, anche Remco (Evenepoel, ndr) è un cliente scomodo. In più in corsa c’è tutto il gruppo. 

Affini ha già assaporato il clima del Tour de France con la presentazione delle squadre di giovedì
Affini ha già assaporato il clima del Tour de France con la presentazione delle squadre di giovedì
Quale sarà il tuo ruolo?

In linea di massima sostenere e tenere coperto Vingegaard il più possibile. Se ci sarà da tirare sarò uno dei primi a entrare in azione. Poi dovremo capire cosa fare se Van Aert vorrà provare a vincere qualche tappa. In tal caso penso di essere io il primo al suo fianco. 

Che effetto fa essere al Tour?

E’ una grande emozione. Partecipare era uno dei miei obiettivi da corridore e sono felice di esserci. Sono curioso, è la corsa più grande al mondo con un impatto mediatico incredibile. Tutti sanno cos’è il Tour de France. Si andrà forte, ma anche al Giro non si è mai andati piano, da questo punto di vista non mi aspetto enormi differenze. 

Crescita e speranze di Lipowitz, parla il cittì tedesco

05.07.2025
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Siamo veramente sicuri che Primoz Roglic sarà l’unico capitano alla Red Bull nel Tour che parte oggi? Perché se c’è qualcosa che il Giro d’Italia ha insegnato al team tedesco è avere un’alternativa. La corsa rosa ha visto l’esplosione piena di Pellizzari, al Tour molti confidano che arrivi quella di Florian Lipowitz, capace all’ultimo Delfinato di dare battaglia anche ai grandi favoriti della corsa francese: Pogacar e Vingegaard. E’ vero, una corsa di tre settimane cambia tutto, ma alla Red Bull ci credono e tengono il loro gioiello molto protetto, preservandolo anche dai contatti con la stampa.

Lipowitz sul podio del Delfinato con Vingegaard e Pogacar. E se si ripetesse al Tour?
Lipowitz sul podio del Delfinato con Vingegaard e Pogacar. E se si ripetesse al Tour?

La voce del cittì

C’è però qualcuno che ormai lo conosce bene e punta forte su di lui anche per ragioni personali. E’ Jens Zemke, il nuovo cittì della nazionale teutonica, anche se il termine “nuovo” non è forse quello giusto.

«Sono già stato allenatore della nazionale per quattro anni – racconta – fino all’appuntamento di Wollongong nel 2022. Poi mi sono ritirato perché non riuscivo più a conciliare il mio lavoro con quello dei diesse alla Bora Hansgrohe. Troppe gare. Troppi contatti da tenere, considerando le varie selezioni perché non si parlava solo di quella elite. Tra l’altro, è un ruolo per il quale non si percepisce stipendio in Germania. Se lo fai, lo fai quasi gratis. Così dopo il quadriennio è subentrato André Greipel. Quest’anno però la federazione me l’ha chiesto di nuovo: “Conosci le strutture, conosci tutti, ci sei ancora dentro. Sei molto vicino a tutti gli atleti del ciclismo, quindi puoi farlo di nuovo?” Io sono incuriosito dall’esperienza in Rwanda, non vedo l’ora, così ho detto sì».

Jens Zemke, tornato quest’anno al timone della nazionale tedesca
Jens Zemke, tornato quest’anno al timone della nazionale tedesca
Quest’anno europei e mondiali avranno un percorso difficile, per scalatori: è un percorso adatto ai corridori che hai in mente?

Sì, perché sta arrivando una nuova generazione di scalatori tedeschi. Con Florian che è un po’ la guida, ma non c’è solo lui. C’è Marco Brenner, ad esempio. Io sono molto ottimista e penso che possiamo raggiungere qualcosa d’importante. Se guardi agli ultimi anni, siamo sempre stati bravi negli sprint. Ma per le scalate, arrivare tra i primi tre, cinque o dieci, era difficile. Abbiamo avuto Schachmann che è stato protagonista anche alle Olimpiadi. Ma io devo pensare anche che non tutte le squadre sono contente di mandare i propri corridori in Rwanda. Anche perché serve un ritiro in alta quota prima, quindi almeno una settimana. E’ uno dei miei primi compiti, contattare tutti i corridori e faremo anche una chiamata con la Federazione per spiegare qual è il nostro piano.

Il primo successo da pro’ di Lipowitz, al Czech Tour 2023 (foto organizzatori)
Il primo successo da pro’ di Lipowitz, al Czech Tour 2023 (foto organizzatori)
Florian Lipowitz secondo te è solo un uomo da corse a tappe o può emergere anche nelle corse di un giorno?

Nelle corse di un giorno non ha fatto grandi cose. Nelle corse a tappe ha trovato la sua dimensione. Quello mondiale è un percorso super duro, con quasi 5.000 metri di dislivello. Potrebbe essere adatto a lui, dipende da come ci arrivi. Ho già parlato con il suo allenatore, dobbiamo convincerlo delle sue possibilità. Vedremo come andranno le prossime settimane.

Tu hai corso all’epoca di Ullrich: c’è qualcosa che te lo ricorda?

Per certi versi sì. Lipowitz lo conosco sin da quand’era giovanissimo e correva con la Tirol. E poi l’ho visto nel 2021, al suo secondo anno nel team austriaco. L’ho incrociato con la Bora e in salita faceva la differenza. Così l’ho invitato per gli europei a Trento. Erano tutti corridori di piccoli team. Così sono entrato in contatto con lui, si è evoluto piano piano. Sia sulle tattiche, come stare in gruppo, come muoversi e trovare spazio. Ma si vedeva che ha un motore enorme, quindi lo abbiamo portato alla Bora come stagista.

Al Sibiu Cycling Tour ’24 la sua consacrazione come uomo da corse a tappe (foto organizzatori)
Al Sibiu Cycling Tour ’24 la sua consacrazione come uomo da corse a tappe (foto organizzatori)
Che cosa potrà fare alla Grande Boucle?

Non mi aspetterei troppo. Il capitano lì è Roglic. Ma lui può ritagliarsi degli spazi. E’ un ragazzo super simpatico e determinato, saprà cogliere le occasioni ma bisogna anche stare attenti a non pretendere troppo, va lasciato tranquillo. Farà quello che la squadra gli chiede. Lo conosco e spero che facciano bene con lui. Perché quello che avete visto nel Delfinato è stato incredibile. Anche nella cronometro. Ma il Tour è un po’ diverso, tutti arrivano in ottima forma e ognuno fa l’ultima messa a punto, quindi dobbiamo vedere.

Gli anni alla Tirol sono stati per il tedesco un importante apprendistato
Gli anni alla Tirol sono stati per il tedesco un importante apprendistato
Nell’epoca di campioni di oggi, quanto è difficile per i giovani farsi strada nelle squadre del WorldTour?

Ora è anche più facile di prima. Io sono diventato professionista a 27 o 28 anni. Vincevo ogni anno, ma nessuno se ne accorgeva. Ora se mostri un po’ di talento da junior hai la strada spianata. Hai subito un contratto con la squadra di categoria. Se mostri buone prestazioni nella squadra di categoria, ti prendono nella squadra professionistica. E’ uno sport che diventa sempre più giovane e non è detto che sia solo un bene. Qui devi migliorare ogni anno per mantenere quello che hai.

Qui Lille: Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel accendono la sfida

05.07.2025
5 min
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LILLE (Francia) – Ci siamo, poche ore e sarà il Tour de France. L’altro ieri abbiamo assistito all’abbraccio enorme che la folla di Lille ha riservato ai corridori, ma forse sarebbe più corretto dire al Tour stesso. Era complicato camminare e noi giornalisti abbiamo faticato non poco, nonostante il pass, per poter raggiungere il punto d’ingresso della zona mista, proprio nel centro della Grand Place. Ci sembrava di essere al Palio di Siena, in mezzo a Piazza del Campo e con la pista intorno.

Ma se il Palio è stato rinviato per il maltempo, il Tour va eccome. C’è grande attesa per questo duello che, come molti sperano, potrebbe diventare sfida a tre. Stiamo parlando del confronto tra Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar, al quale si aggiunge il terzo sul podio del 2024: Remco Evenepoel.

L’atmosfera che si respira qui in Francia appare rilassata, ma è soltanto apparenza. Tutti sono pronti a dare il massimo e ormai questo Tour è anche una sfida tra team, specialmente nello scontro diretto tra il danese della Visma‑Lease a Bike e lo sloveno della UAE Emirates. E gli apprezzamenti che si sono scambiati sembrano tanto essere dei colpi di stiletto mascherati da complimenti.

Pogacar sul palco di Lille. Lo sloveno (classe 1998) punta al suo quarto Tour (foto ASO/Charly Lopez)
Pogacar sul palco di Lille. Lo sloveno (classe 1998) punta al suo quarto Tour (foto ASO/Charly Lopez)

Lo show di Pogacar

Ma partiamo dal podio 2024, quindi da Tadej Pogacar. Fra i tre ci è parso, a dirla tutta, quello più rilassato, più spensierato. Con il cappello giallo da pescatore offerto dall’organizzazione, resisteva sul palco di Lille, faceva battute in francese. «Ciao, come state?», una sorta di one man show.

«Con Jonas – ha detto Pogacar – c’è una bella rivalità. Sulle salite lunghe, Vingegaard è il corridore migliore e lui sa andare anche molto forte a cronometro, a volte anche meglio di me. A volte può esserci qualche frizione tra e me lui e nostri team, ma alla base c’è tanto rispetto e quando finisce la corsa tutto è passato. Credo sarà un mese molto avvincente per tutti gli spettatori, sia da casa che lungo le strade».

Pogacar ha parlato poi anche di questo inizio Tour. Un inizio più facile rispetto agli ultimi anni, ma proprio per questo potenzialmente più pericoloso, tanto più che nei prossimi giorni sembra che il meteo cambierà con vento prima e pioggia poi.

«In queste prime frazioni – ha detto Tadej – si può perdere il Tour de France. La prima cosa dunque sarà salvarsi. Chiaro poi, alcune di queste tappe iniziali sono anche opportunità e di sicuro proverò a guadagnare del tempo (il riferimento è a quella di domani con l’arrivo su uno strappo, ndr). Ma soprattutto non dovrò avere problemi e arrivare sano e salvo all’ultima settimana».

Sorridente ma “velenoso”, Jonas Vingegaard (classe 1996) vuole dimostrare di essere tornato più forte di prima
Sorridente ma “velenoso”, Jonas Vingegaard (classe 1996) vuole dimostrare di essere tornato più forte di prima

Il piano di Vingegaard

«Sono a un livello mai visto prima, il mio corpo ci ha messo quasi un anno per tornare dopo l’incidente». E ancora: «Ammiravo Contador, ma se parliamo di storia Tadej è il più grande». Queste frasi apparentemente contrastanti e sibilline emergono dalla conferenza stampa del danese. Vingegaard è apparso sorridente, calmo, ma pronto a sferrare l’attacco.

«Anche l’anno scorso – ha detto Jonas – ho gareggiato ad altissimo livello al Tour, ma c’è una differenza rispetto a quest’anno, ed è significativa. Ho messo su un po’ più di peso, dovuto alla massa muscolare che ho recuperato. Ho impiegato molto più tempo del previsto per tornare al mio stato iniziale, quasi un anno dopo tante settimane passate a letto. Da qualche mese a questa parte, il mio corpo è però tornato a sentirsi meglio di prima dell’incidente ai Paesi Baschi. Posso dire di essere più forte che mai: oggi sono al livello più alto che abbia mai raggiunto»

E poi ecco le dichiarazioni che sembrano aver colpito Tadej. Girando negli ambienti dei team, sembra che Pogacar, al quale tutto scivola via, abbia prestato attenzione alle parole che seguono.

«Rispetto moltissimo Pogacar – ha detto il danese – come tutta la mia squadra, ma senza timore. Altrimenti non sarebbe stato nemmeno intelligente venire al Tour se avessimo pensato il contrario. Ho una squadra da sogno sia in montagna che in pianura per colpire i punti deboli di Tadej. Abbiamo un piano, ma non ve lo dico, ce lo teniamo per noi. Al momento giusto lo vedrete sulla strada.

Remco Evenepoel (classe 2000) punta al podio… e al bis della maglia bianca
Remco Evenepoel (classe 2000) punta al podio… e al bis della maglia bianca

L’umiltà di Remco

Chiudiamo con Remco Evenepoel. Il campione olimpico ci ha colpito per la sua magrezza. Incredibile. Ha un punto vita che farebbe invidia ad una pinup… Il capello rasato faceva emergere ancora di più gli zigomi.

«E’ una bella sensazione essere qui a Lille – ha detto il belga – il primo obiettivo sarà vincere la cronometro di Caen nella quinta tappa. L’altro obiettivo sarà puntare almeno al terzo posto nella classifica generale. Farò del mio meglio e poi si vedrà. Gl ultimi cinque vincitori di Tour sono Pogacar e Vingegaard, dunque sono i più forti. Sarebbe ingiusto da parte mia dire che sono qui per vincere. Sono qui per provarci, per rendere loro la vita difficile».

I belgi chiedono a Remco di fare Remco, cioè di attaccare come ha fatto per esempio alla Freccia del Brabante quest’anno, o molte altre volte. Deve sfruttare le tappe intermedie e la sua capacità di tenere a lungo velocità elevate grazie alle sue capacità aerodinamiche. Non deve correre di rimessa. E quel senso di rimessa un po’ in effetti appare. Magari ci sbaglieremo. Ma quando lo vedi alle classiche ha un altro sguardo, un altro modo di porsi. Lì sa che può vincere e fare male, qui invece sa che non è il più forte, almeno in partenza. Di conseguenza ci sembra quasi che cambi anche il suo linguaggio fisico… ma magari è un’impressione…

«Penso – conclude Remco – che tutti siano un po’ spaventati da questo inizio. Non vogliamo uscire con infortuni già dopo poche tappe. Prima di una corsa come questa speriamo tutti che le tappe più nervose non siano realmente caotiche».

Castelli e la sfida del vento per Evenepoel e Merlier

04.07.2025
8 min
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Una marea di email da qualche giorno annuncia nuove maglie e nuove colorazioni per il Tour de France. Biciclette e caschi, persino le scarpe. Ma alla vigilia di una prima tappa che si deciderà allo sprint con probabile vento e della prima crono che mercoledì darà uno scossone alla classifica, l’incontro con Castelli per parlare dei materiali della Soudal-Quick Step è parso molto ghiotto. Da una parte Tim Merlier, campione europeo e velocista in odore della prima maglia gialla. Dall’altra Remco Evenepoel, campione del mondo della crono che a Caen potrebbe dare una prima impronta al suo Tour.

La parola a Koen Pelgrim, responsabile della performance nel team belga, e a Steve Smith, brand manager di Castelli, in una sorta di duetto trasversale rispetto agli studi, le esigenze degli atleti e le soluzioni trovate.

«Penso che molti di voi – dice Steve Smith – abbiano espresso un certo interesse a sapere quello che succede dietro le quinte. In realtà abbiamo trascorso molto tempo qui (dice mostrando una foto, ndr), nella galleria del vento del Politecnico di Milano. Per questo proveremo a mostrarvi alcuni dei lavori necessari per la preparazione di grandi obiettivi come il Tour de France per Tim Merlier e Remco Evenepoel. Nessun grande segreto in realtà, se non scoprire il processo che attuiamo con i nostri corridori e ciò che facciamo in termini di sviluppo del body più veloci».

All’incontro con i media erano presenti Steve Smith per Castelli e Koen Pelgrim, responsabile performance

Ogni dettaglio conta

La consapevolezza che la prima tappa del Tour si giocherà in volata e il fatto che la maglia gialla sia il grande sogno di Merlier ha spinto la squadra a investire su ogni dettaglio. E’ vero che finora nelle sue volate il belga ha vinto con ampio margine, ma più sale il livello e più le differenze si assottigliano.

«Ogni dettaglio può fare la differenza – spiega Smith – e avevamo l’idea che un body per lo sprint dovesse essere specifico e diverso da uno da crono. Per cui ci siamo messi a provarlo, per vedere se fosse possibile ottenere un guadagno aerodinamico. Perciò abbiamo cercato di lavorare nella galleria del vento in modo che ci permettesse di ragionare sulla posizione dello sprint. Non è facile. La posizione da crono tende a rimanere sempre uguale, nello sprint invece ci si muove molto di più. La stessa misurazione ha più criticità, perché la posizione non è mai costante. Il modo in cui il flusso d’aria gira intorno al corpo è totalmente diverso rispetto a qualsiasi altra posizione. Quindi i tessuti che usiamo dovrebbero essere sviluppati appositamente per questo».

Test prima della Sanremo

Anche i tessuti vengono scelti in funzione della velocità. Un completo veloce per i 40 orari non sarà probabilmente ugualmente veloce a 70. Per questo si sono fatti test a 60 all’ora e poi a 70 e anche con il corridore in piedi sulla bicicletta e Merlier è stato molto bravo a mantenere la posizione per tutto il tempo necessario alla misurazione.

«Anche stando in piedi – spiega Koen Pelgrim – abbiamo ottenuto una certa ripetibilità dei dati, anche se ovviamente c’era molto più rumore. Avevo un po’ paura prima di fare il test che stando in piedi ci sarebbe stata troppa variazione. Ma i risultati sono stati in realtà sorprendentemente costanti. Tim è molto composto anche nello sprint. E’ relativamente basso, la sua schiena è quasi completamente piatta e la sua testa è tra le spalle. Non sporge nel vento. Le sue braccia tendono a uscire un po’ e questo crea un flusso d’aria abbastanza specifico per lui, che non sarebbe esattamente lo stesso per un altro sprinter. Così siamo tornati indietro e abbiamo guardato il flusso d’aria teorico intorno a questa posizione e abbiamo preparato 11 nuovi prototipi da testare. Mancavano pochi giorni alla Sanremo, subito dopo il blocco della Parigi-Nizza. Siamo andati al Politecnico di Milano e abbiamo messo tutto nella galleria del vento. Quel posizionamento ha funzionato e siamo stati in grado di ripetere sia la posizione seduta che quella in piedi».

La stabilità di Merlier

Il dato emerso mostra che quando Merlier si alza a 70 chilometri all’ora, il suo CDA diminuisce: questo significa che in realtà è più aerodinamico in piedi che seduto. Il dato ha sorpreso Pelrgim, che con Merlier lavora e la spiegazione è affidata proprio ai materiali.

«Avevamo 11 nuovi prototipi e alcune cose che erano in qualche modo innovative – spiega Steve Smith – e pensavamo che avrebbero mostrato alcuni miglioramenti significativi. Ma quello che è emerso alla fine della giornata è stato che il body San Remo 8S, che Tim ha usato tutto l’anno ed è quello da strada per la squadra, si è rivelato il più veloce. Un body da strada deve essere progettato per velocità estremamente elevate. E così, anche se l’avevamo progettato per circa 60 all’ora, abbiamo visto che è ancora il più veloce che abbiamo per una velocità di 70 all’ora. Molto viene da quel tessuto delle spalle, simile a quello che avete visto in altre squadre, ma in realtà questo è Castelli. Abbiamo testato tutti i tessuti sul mercato e ne abbiamo creato uno esclusivo tutto nostro, che sta dando ottimi risultati. Un’altra parte in cui abbiamo trovato un guadagno significativo è un nuovo copriscarpe diverso da quello standard in uso al team, che funziona molto bene ad alta velocità».

La resistenza aerodinamica di Merlier decresce con l’aumentare della velocità (foto Castelli)
La resistenza aerodinamica di Merlier decresce con l’aumentare della velocità (foto Castelli)

Evenepoel, pochi ritocchi

Si passa quindi al capitolo Evenepoel e la prima sorpresa è fare la conoscenza del manichino con cui vengono effettuati i test che lo riguardano. Nel periodo della convalescenza per l’infortunio alla spalla, Remco non era in grado di tenere la posizione da crono e la sua… controfigura è stata chiamata agli straordinari.

«Evenepoel – spiega Smith – ha vinto ogni cronometro da quando è tornato. Perciò abbiamo fatto alcune modifiche molto lievi ai tessuti di corpo e gambe, riscontrando un calo di circa il 2% della resistenza aerodinamica, che si traduce in circa 1/2 chilometro all’ora quando è in piena velocità. Quando mercoledì arriveremo alla prima cronometro del Tour, speriamo che portino un grande margine di guadagno».

«Sappiamo tutti – fa eco Pelgrim – che se Remco è al suo miglior livello, è molto difficile da battere, anche se i rivali saranno molto duri. Quindi è stato bello aver trovato qualche piccolo miglioramento. Sappiamo anche di aver già lavorato così tanto con lui nei test in galleria del vento, parliamo di quasi 26 ore nell’ultimo anno. Abbiamo lavorato pure in pista, mettendo a punto quasi ogni piccola cosa che potevamo trovare, per cui era difficile fare ancora meglio».

Remco Evenepoel ha nella posizione su strada un atteggiamento simile a quello della crono (foto Castelli)
Remco Evenepoel ha nella posizione su strada un atteggiamento simile a quello della crono (foto Castelli)

La nuova visiera

Nessuna nuova posizione, insomma: le ultime modifiche risalgono allo scorso inverno. Fra queste, il ridisegno della visiera del casco la cui punta, se aveva la posizione ideale, toccava le sue mani, limitando i movimenti della testa.

«Così ne abbiamo provato una un po’ più corta e un po’ più rifinita – spiega Pelgrim – che ha migliorato la posizione della sua testa. Funziona bene anche per il flusso d’aria intorno a lui e attraverso il casco, quindi anche tagliare l’intera visiera non è la soluzione definitiva. L’abbiamo tagliata nella forma attuale, che si è rivelata molto veloce».

Da Ganna a Remco

Il dato divertente lo cita Steve Smith. Quando nel 2022 Castelli arrivò alla Soudal, aveva alle spalle i grandi risultati di Ganna. Erano convinti che sarebbe andato bene tutto anche per Evenepoel, invece si sbagliavano.

«Pensavamo di avere un setup abbastanza veloce e l’abbiamo riportato su Remco – spiega Steve Smith – ma non funzionava niente. E’ stata una vera lezione di umiltà dover tornare alle origini. Abbiamo capito che Remco è quasi unico nella sua aerodinamica. Con la testa così bassa, il suo casco e le mani fanno davvero una carenatura per il resto del corpo. Quindi l’abbigliamento è un po’ diverso. Siamo tornati all’inizio e abbiamo cercato cose che funzionassero per lui. E abbiamo scoperto che quel che va bene a lui, non va bene con altri corridori della squadra».

L’ultima annotazione riguarda anche Remco, che nella cronoscalata non userà lo stesso body di Caen poi la rumba del Tour riprende il sopravvento. Domani nella volata della prima maglia gialla si scontreranno anche i risultati delle ricerche tecnologiche sull’abbigliamento. Ed è bello pensare che in tutto questo ci sia sempre tanto, ma proprio tanto made in Italy.

Il modello Red Bull Rookies nel ciclismo: parla coach Wakefield

04.07.2025
6 min
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PINEROLO – Quello del team Red Bull-BORA-hansgrohe Rookies è un progetto nato da pochi mesi con lo scopo di raccogliere quanto prodotto dalla squadra juniores, la Grenke Auto Eder. Il progetto del team under 23 si è concretizzato con l’arrivo del colosso Red Bull come sponsor principale della squadra WorldTour. Un passo importante ma per un certo senso quasi obbligato al fine di non perdere il lavoro di crescita fatto con i ragazzi, ma a anche per proporre loro un cammino pronto da percorrere. John Wakefield è responsabile della parte di sviluppo della squadra Rookies, nato solamente sei mesi fa e capace di sfiorare la maglia rosa al Giro Next Gen (in apertura foto Maximilian Fries).

«Personalmente – ci dice al termine della corsa rosa under 23 – siamo a buon punto, anzi forse anche in anticipo rispetto alle nostre aspettative e agli obiettivi del primo anno di questo progetto. A livello di performance ci siamo mossi bene arrivando pronti alle corse che avevamo in programma, in particolare al Giro Next Gen». 

Lo staff del team U23 è numeroso e ogni componente ha il suo compito e ruolo (foto Maximilian Fries)

Un cammino da “sogno”

Avere la possibilità di entrare in una realtà come quella del mondo Red Bull-BORA-hansgrohe è un sogno per molti ragazzi. L’obiettivo per il team, come lo è stato in passato quando esisteva solamente la Greke Auto Eder come squadra giovanile, è di trovare i migliori ragazzi al mondo. Lorenzo Mark Finn, insieme a Theodor August Clemmens e Paul Fietzke sono i corridori che hanno avuto modo di proseguire il loro cammino dopo la categoria juniores.

«Questo è il nostro “mondo perfetto” – prosegue Wakefield – perché con il nostro processo di scouting e di sviluppo vogliamo che un ragazzo passi dal team Grenke Auto Eder alla formazione Rookies, poi al WorldTour e infine a vincere. Invece di ingaggiare o comprare gli atleti solo perché sono bravi, noi abbiamo come scopo lo sviluppo e la crescita. Nel momento in cui facciamo scouting guardiamo a quello che il corridore ha fatto in passato, a quello che sta facendo oggi e a ciò che pensiamo di ottenere da lui domani».

Durante il Giro Next Gen la squadra è parsa subito affiatata e con un’ottima intesa
Durante il Giro Next Gen la squadra è parsa subito affiatata e con un’ottima intesa
Il progetto Rookies è partito quest’anno quindi sono stati inseriti dei ragazzi che non erano con voi prima…

Lo scouting è importante anche tra gli under 23, così come tra gli juniores (e gli allievi, ndr). Davide Donati è un esempio di quanto detto, lui arriva da una formazione italiana dove aveva già corso un anno da (under 23, ndr). Ci sono dei posti limitati all’interno della Grenke, quindi se all’epoca certi atleti non sono stati identificati o non hanno avuto modo di correre con noi, li porteremo nella formazione Rookies. 

Avere uno sponsor così grande alle spalle aiuta molto?

Senza alcun dubbio. La storia sportiva che c’è alle spalle del brand è sempre un vantaggio. Anche il loro modo di approcciarsi allo sport, in generale, è un biglietto da visita non indifferente. Se si guarda al lato delle gare automobilistiche il progetto Rookies funziona, tanti piloti che ora corrono in Formula 1 sono cresciuti in questo modo. 

Lorenzo Mark Finn era partito con i gradi di capitano ma si è trovato poi a lavorare per il compagno Tuckwell (foto La Presse)
Lorenzo Mark Finn era partito con i gradi di capitano ma si è trovato poi a lavorare per il compagno Tuckwell (foto La Presse)
Quanto è importante per voi vincere?

Niente è più attraente per un corridore di una squadra che vince. Se la tua squadra ottiene poche vittorie è difficile attrarre i migliori atleti, ma quello che conta non è il successo quanto piuttosto imparare. Non dobbiamo andare a vincere ogni singola gara, ma in tutte le corse partiamo con quell’obiettivo. Perdere fa parte del gioco e insegna tanto. Non vogliamo che i nostri atleti arrivino al picco prestazionale troppo presto. Si deve massimizzare il processo di crescita quando si arriva tra i professionisti

In che modo si gestiscono tanti ragazzi forti che hanno voglia di emergere?

Creando la squadra e il clima di collaborazione. Lorenzo Finn era partito per il Giro Next Gen con il ruolo di capitano ma quando Luke Tuckwell ha preso la maglia lui si è messo a disposizione. Non importa chi hai in squadra, nemmeno l’A-Team vincerebbe se non avesse il senso del gruppo. Nessun atleta è più grande del team. Non è possibile che un corridore sia sempre il numero uno. 

Aver perso la maglia rosa all’ultima tappa ha fatto male ma il processo di crescita passa anche da questi momenti (foto Maximilian Fries)
Aver perso la maglia rosa all’ultima tappa ha fatto male ma il processo di crescita passa anche da questi momenti (foto Maximilian Fries)
Non tutti però vogliono fare squadra o sono disposti a mettersi in secondo piano. 

Vero lo si vede spesso in ogni sport. Qui entra in gioco il modo in cui educhiamo i corridori e cerchiamo di far capire loro che il ciclismo cambia continuamente, e se non lo comprendono avranno grandi difficoltà nella loro carriera. 

E’ difficile pensare che tutti i corridori che passano dai vostri team di sviluppo poi andranno nel WorldTour, i posti sono comunque limitati…

Vero. Il nostro sogno è che tutti i ragazzi riescano poi a correre con la formazione principale ma se vediamo che un corridore è pronto e vuole andare via perché pensa di non avere spazio a noi va bene. Abbiamo comunque fatto il nostro lavoro.

La forza del team Rookies è legata al nome Red Bull e al metodo che l’azienda ha ormai instaurato in ogni sport nel quale opera (foto Twila Federica Muzzi)
La forza del team Rookies è legata al nome Red Bull e al metodo che l’azienda ha ormai instaurato in ogni sport nel quale opera (foto Twila Federica Muzzi)
Ufficialmente solo un atleta del team Rookies ha già un contratto con la squadra WorldTour per i prossimi anni, come mai?

Perché non crediamo sia un successo per l’atleta avere un programma definito. Sono ragazzi giovani che hanno tanto da imparare. Rimanere un anno in più nella squadra di sviluppo è normale e può succedere. Come può accadere di correre solo una stagione tra gli under 23. Però questo non lo si decide a tavolino. Altrimenti sarebbe come gettare qualcuno in pasto ai lupi. Con noi sai di avere l’occasione di correre nel WorldTour, poi se uno ritiene di essere pronto prima o ha idee diverse e trova un’altra squadra va bene comunque. Ripeto, noi vogliamo creare un percorso di crescita. 

Campioni nazionali, la Lidl-Trek si conferma in vetta

04.07.2025
5 min
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Non solo Conca. L’ultimo fine settimana, come da tradizione, è stato quello dedicato alle varie rassegne continentali e, al di là di nomi e nazioni, in giro per l’Europa (e non solo) sono emersi molti campioni o aspiranti tali, anche se probabilmente una sorpresa come quella vissuta in Italia non c’è stata. L’elenco dei nuovi campioni nazionali è quasi sterminato, ma offre anche spazio per interessanti considerazioni, a cominciare dalla Lidl-Trek.

Sesto titolo italiano crono per Ganna, maglia tricolore da indossare a Caen e nella cronoscalata sul Peyresourde
Sesto titolo italiano crono per Ganna, maglia tricolore da indossare a Caen e nella cronoscalata sul Peyresourde

9 titoli come lo scorso anno

Che la formazione americana sia stata la primatista di vittorie nel weekend non è una sorpresa, perché il primato lo aveva già raggiunto lo scorso anno, sempre con 9 titoli: 5 a cronometro con Hoole (NED), Skuijns (LAT), Ghebreigzabhier (ERI), Pedersen (DEN) e Vacek (CZE), con quest’ultimo e Skuijns che hanno fatto doppietta con quello in linea. Sempre nella prova principale sono arrivati anche i sigilli di Simmons (USA) e Soren Kragh Andersen (DEN).

Al secondo posto in quest’ideale classifica si pone la Ineos Grenadiers, che toglie la piazza alla UAE. La squadra britannica, come da sua tradizione, sfrutta soprattutto la capacità dei suoi ragazzi nelle prove contro il tempo portando a casa, oltre al tricolore di Ganna, anche quelli di Bernal (COL), Leonard (CAN), Schmidt (USA), Foss (NOR) e Jungels (LUX), a cui si aggiungono le vittorie in linea dello stesso Bernal e di Watson (GBR).

Il titolo olandese è di Van Poppel, che batte allo sprint due big come Kooij e Groenewegen (foto CorVos)
Il titolo olandese è di Van Poppel, che batte allo sprint due big come Kooij e Groenewegen (foto CorVos)

Wellens e Narvaez al servizio di Tadej

Non che la UAE sia andata male. L’impressione però è che il team fosse già concentrato sul Tour, con Pogacar che ha disertato la gara nazionale per non rischiare cadute. Il team arabo, oltre all’iride dello sloveno, porterà in Francia anche le maglie nazionali di Belgio con Wellens e dell’Equador con Narvaez. A fare bottino sono state anche le vittorie di Ivo Oliveira (POR), Majka (POL) e a cronometro di Grosschartner (AUT) e Morgado (POR). Un titolo anche grazie al devo team con Matthias Schwarzbacher, vincitore in Slovacchia.

La vera notizia però è che alcune “corazzate” del ciclismo mondiale sono rimaste completamente a bocca asciutta, soprattutto due riferimenti del movimento olandese-belga come Visma-Lease a Bike e Alpecin Deceuninck, dove quindi non ci saranno variazioni sul tema nella vestizione dei propri ragazzi. Come loro anche Arkea-B&B Hotels, Bahrain Victorious (che però ha nelle fila del devo team il nuovo campione sloveno Jakob Ormzel), Cofidis, Groupama FDJ e Picnic PostNL. Stesso destino sfiorato per l’EF Education Easy-Post e questa è un’altra sorpresa, perché lo scorso anno la squadra americana aveva nelle sue fila ben 6 campioni nazionali, ora dovrà accontentarsi dell’estone Madis Mihkels.

Per Godon niente Tour, ma a consolarlo arriva il contratto con la Ineos per il 2026 (foto DirectVelo)
Per Godon niente Tour, ma a consolarlo arriva il contratto con la Ineos per il 2026 (foto DirectVelo)

Un Tour con 17 maglie da campione

Ma che succede se trasponiamo il tutto in ottica Tour de France, in partenza domani? Cominciamo con il dire che, guardando il gruppo, spiccheranno ben 17 maglie di campioni nazionali, alcune nelle tappe in linea, altre in quelle a cronometro. Tante? Forse, ma la particolarità è data forse più da quelle che mancano. Quella francese, ad esempio: nella di casa, quella più amata, non ci sarà infatti Dorian Godon, il ventinovenne della Decathlon AG2R, squadra che ha preferito scegliere altri elementi sia per supportare l’uomo da classifica Felix Gall sia per andare a caccia di vittorie di tappa.

Le squadre con un roster più ricco di maglie di campione nazionale saranno a pari merito Ineos e Jayco Alula. I britannici avranno Ganna e Foss nelle cronometro, Watson nelle altre tappe. La Jayco potrà contare sui due campioni australiani, Dunbridge in linea e Plapp a cronometro, oltre all’elvetico Mauro Schmid che ha fatto doppietta e questo la dice lunga sulle sue condizioni di forma. Tre maglie diverse anche per la Soudal, ma nel suo caso il discorso cambia, perché Evenepoel indosserà quella di campione del mondo nelle cronometro, Merlier quella di campione europeo nelle tappe in linea. Con loro Schachmann, campione tedesco a cronometro.

Per Tadej Pogacar niente campionato nazionale, concentrazione massima verso il Tour…
Per Tadej Pogacar niente campionato nazionale, concentrazione massima verso il Tour…

La divisa più bella? Resta quella di Pogacar…

La Lidl-Trek primatista avrà solo due campioni nazionali fra gli 8 in gara sulle strade francesi: vedremo spiccare nel gruppo la bellissima maglia a stelle e strisce di Simmons ma anche quella di campione lettone di Skujins. Altre 6 saranno le formazioni che “coloriranno” le loro presentazioni sui palchi: Decathlon AG2R con Armirail campione transalpino contro il tempo. Intermarché con il tedesco Zimmermann. Astana con Fedorov, doppio campione kazako che però avrà indosso la maglia di campione asiatico. Leknessund campione norvegese per la pseudonazionale Uno-X. Van Poppel campione olandese per la Red Bull Bora Hansgrohe e lo spagnolo Romeo per la Movistar.

Abbiamo lasciato per ultima la UAE, che avrà dalla sua la maglia di campione belga di Wellens e quella di campione ecuadoriano di Narvaez, ma gli occhi saranno solo per l’iride indosso a Pogacar…