A tu per tu con la Reusser, tornata dall’abisso

16.06.2025
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Per certi versi, Marlen Reusser è la donna del momento. Vincitrice quasi a sorpresa della Vuelta a Burgos e poi della gara di casa, il Giro di Svizzera dando nella tappa finale una dimostrazione di forza anche a quella Demi Vollering che finora era stata la più brillante fra tutte. Una dimostrazione che assume maggior risultato se consideriamo che siamo nell’imminenza dei due Grandi Giri, ai quali l’elvetica della Movistar prenderà parte con ambizioni rinnovate.

La Reusser aveva già vinto il Giro di Svizzera nel 2023. Per lei questo successo ha però un sapore speciale
La Reusser aveva già vinto il Giro di Svizzera nel 2023. Per lei questo successo ha però un sapore speciale

Finora, la Reusser era conosciuta soprattutto come straordinaria specialista contro il tempo, tre volte campionessa europea, brillante anche in qualche classica (sua la Gand-Wevelgem 2023), prima in qualche breve corsa a tappe, ma un simile livello non l’aveva mai raggiunto. Forse però questo salto di qualità ha radici che prevaricano quelle squisitamente tecniche e che coinvolgono l’aspetto umano, la voglia di rivalsa dopo un 2024 andato quasi tutto perduto – Olimpiadi comprese – a causa dei postumi del Covid, che ha avuto su di lei effetti devastanti.

Per questo dopo le sue vittorie, Marlen ha una gran voglia di parlare e dopo la sua vittoria in terra elvetica ha accettato anche di mettersi online per una chiacchierata che andava anche al di là del puro significato della vittoria.

La svizzera, 33 anni, è alla sua prima stagione con la Movistar, scelta per cambiare tutto
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Quanto è stato importante per te, anche in funzione del trionfo casalingo, vincere la Vuelta a Burgos dopo tutto quel che è successo lo scorso anno?

E’ difficile a dirsi, perché tutto quel che ho passato mi ha insegnato a guardare le vittorie, le corse, la mia attività con un occhio diverso. Responsabile verso il mio team, ma forse più disincantato. Penso che dopo tutto quello che è successo l’anno scorso non sia così importante se vincerò e come. Per me è un dono immenso tornare e poter guadagnare i miei soldi, avere una vita, essere in salute. Avere messo alle spalle un periodo davvero buio, del quale per me è anche difficile parlare. Vincere una gara è super emozionante, questo è certo. Ma non voglio giudicarlo in base a quel che ho passato, quel che conta è avere di nuovo una vita normale. Molto più di aver vinto, forse.

A Burgos ha dato le prime dimostrazioni di forza. Qui stacca la Kastelijn e va a prendersi la maglia
A Burgos ha dato le prime dimostrazioni di forza. Qui stacca la Kastelijn e va a prendersi la maglia
Hai iniziato la stagione vincendo al secondo giorno, in Spagna. Quella vittoria, pur in una gara non di primaria importanza, come l’hai vissuta?

L’esperienza a Mallorca è stata fantastica. Voglio dire, non solo sono tornata dopo un anno molto, molto difficile, ma è stata anche la prima volta con il mio nuovo team. Avere subito quel successo è stato particolare, al di là del suo valore. E’ come se mi fossi sentita nuovamente a casa mia, nel mio mondo, riaccolta. Iniziava la nuova avventura con il Team Movistar e la mia nuova vita.

Aver dovuto rinunciare alle Olimpiadi 2024 è stata per te una ferita?

E’ un discorso complicato. Certo, dover rinunciare alle Olimpiadi e anche ai campionati del mondo in Svizzera o al mio lavoro l’anno scorso è stata dura. Ma a essere onesti è servito, è stato un passo dopo l’altro, prendendo sempre più consapevolezza di quanto fossi malata. Alla fine, non importava più quale gara avrei fatto o meno. Non si trattava più di fare gare ciclistiche. Si trattava più di poter essere in salute e di tornare a vivere una vita normale. Era molto più importante, per questo non ci ho pensato molto a mettere uno stop, non era più importante se potevo partecipare a una certa gara ciclistica o no. Io sono davvero grata che mi abbiano rimesso in salute. E sì, questa ferita è guarita e non è mai stata così grave perché, tipo, era all’ombra di una ferita molto più grande.

L’elvetica viene da un 2024 difficilissimo, segnato dai postumi del Covid che l’hanno fermata a lungo
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Quella di Burgos è la tua quarta corsa a tappe vinta in carriera: è quella la tua dimensione ideale?

Penso di sì. Non solo ho 14 anni di carriera, ma ho anche rinunciato a un sacco di podi, anche quelli importanti, per aiutare la squadra. Non correvo per me stessa, anche se ero comunque molto forte. Quindi penso che dovrei sempre essere a quel livello, penso che sia un obiettivo a cui puntiamo molto e per cui lavoriamo molto. Penso di poter ancora fare molto bene nelle classiche e sono ancora forte a cronometro, piuttosto versatile. Non sarò mai solo una specialista di qualcosa.

Al Giro di Svizzera avevi già vinto nel 2023: pensi di essere una ciclista diversa e una donna diversa rispetto ad allora, soprattutto dopo quanto avvenuto lo scorso anno?

Sicuramente, penso che la vita ti cambi molto. In qualche modo sono anche una Marlen 2.0 ora… Il Giro di Svizzera penso che sia la corsa giusta per capire che tipo di corridore da classifica generale sono. Nel 2023 era una delle poche gare in cui potevo davvero dare il massimo. E in teoria avevo il supporto della squadra. Forse non molto, quindi ero davvero desiderosa di vincere questa gara. E’ stato davvero molto bello, diverso dalla vittoria di quest’anno, ma penso di essere più o meno la stessa ciclista, tecnicamente parlando.

Il ritorno in gruppo è stato per la Reusser una grande gioia, a prescindere dai risultati
Il ritorno in gruppo è stato per la Reusser una grande gioia, a prescindere dai risultati
Tra Giro d’Italia e Tour de France, quale corsa pensi sia più adatta alle tue possibilità di vittoria?

Guardando i percorsi dovrei dire il Giro, soprattutto per via della cronometro, che è abbastanza tosta all’inizio, introducendo una serie di tappe davvero dure sulle Alpi. Non capisco sinceramente perché prima non ci fosse una prova contro il tempo, come non capisco perché al Tour non sia contemplata. Come percorso in generale però quello francese mi sembra più variegato, con più possibilità per emergere anche per chi non è propriamente uno scalatore e per questo penso che sceglierei il Tour. E anche come team è l’obiettivo che abbiamo mirato.