Pianeta velocisti mai così folto. Petacchi ne sceglie cinque

12.02.2024
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Jonathan Milan, Olav Koij, Jasper Philipsen, Alberto Dainese, Fabio Jakobsen, Mark Cavendish. E ancora De Kleijn, Bauhaus, Groenewegen, Merlier, Groves… senza contare i tanti giovani emergenti, non ultimo il francese Magnier. E quelli in cerca di riscatto: Nizzolo, Gaviria, Girmay, Coquard, Demare… La lista dei velocisti quest’anno è più lunga che mai.

Cosa dobbiamo attenderci? Chi è il più forte? Chi ha il miglior leadout? Domande alle quali ha risposto Alessandro Petacchi che di volate (e di velocisti) se ne intende. 

Vista la lista lunga, Alejet ne ha battezzati cinque. I cinque che secondo lui sono i più forti e che ci faranno vedere grandi cose durante l’anno. «Ma – dice Petacchi – sarebbero molti di più. Penso a Dainese (caduto recentemente, ndr), che ho consigliato personalmente a Cancellara. Penso a De Lie che forse è più di un velocista e può vincere anche una classica. Ad Ewan che anche se non è più quello di un tempo può fare male».

Tour de France 2023, a Moulins Jasper Philipsen precede Dylan Groenewegen: due velocisti super
Tour de France 2023, a Moulins Jasper Philipsen precede Dylan Groenewegen: due velocisti super

Philipsen, il numero uno

Senza dubbi il favorito di Petacchi è Jasper Philipsen. Lo sprinter della Alpecin-Deceuninck lo scorso anno ha dettato legge tra i velocisti. E quest’anno le cose non dovrebbero cambiare. Senza parlare poi del suo apripista. Un certo Van der Poel!

«Al netto di Van der Poel che può togliergli le castagne dal fuoco se è messo male o lanciarlo alla grande, Philipsen ha un’intera grande squadra vicino. Anche se per me riesce a tirarsi fuori dai guai anche da solo. L’ho visto al Tour l’anno scorso. Quando vinci in tre modi diversi significa che sei il più forte.

«Jasper è in quel momento della carriera in cui ti riesce tutto. E’ al top. E questo lo fai quando hai gamba, tanta gamba. Per batterlo deve sbagliare lui. Lo dico per esperienza diretta. So bene cosa succede. Se vede le brutte, parte prima e vince. Altrimenti parte più corto. Ha lucidità. Anche Cav, per dire, è così, ma oggi non ha quella gamba».

Jakobsen, potenza da super big. Deve ritrovare fiducia e continuità. Lasciata la Soudal-Quick Step (in foto) saprà costruirsi un treno alla DSM?
Jakobsen, potenza da super big. Lasciata la Soudal (in foto) saprà costruirsi un treno alla DSM?

Jakobsen, l’antagonista

Petacchi pone Fabio Jakobsen alla pari di Philipsen, a fare la differenza è la continuità. Quella continuità che è venuta a mancare a Fabio dopo il grave incidente del 2020 in Polonia. Grande potenza, grande velocità di punta.

«Jakobsen ha una potenza incredibile, ma qualche volta si perde un po’. Non so se è per paura o per gamba. Ma io credo che se ritrova gli equilibri giusti può tornare alla pari di Philipsen, perché ha l’età e i numeri per riuscirci».

Nel caso dell’olandese c’è anche il discorso della squadra, forse meno votata alla causa rispetto a Philipsen. Jakobsen ha lasciato la Soudal-Quick Step per approdare alla DSM-Firmenich, che sì gli assicura fiducia, ma anche automatismi da oliare.

«Non mi aspettavo un suo cambio di squadra, ma è anche vero che quando hai un Evenepoel come compagno che accentra molte attenzioni, ci sta. Poi magari dietro ci sono anche questioni economiche, ma questo non lo so. Di certo, lui voleva fare il Tour e lì avrebbe fatto fatica ad andarci. Alla DSM non ha più Mayrhofer che ha seguito Dainese e ne sono contento, perché i due potranno fare bene alla Tudor. Quindi non so chi davvero potrà pilotare Jakobsen. Vedremo».

Una foto di qualche anno fa di Cavendish e Petacchi… insieme hanno un palmares di oltre 350 vittorie!
Una foto di qualche anno fa di Cavendish e Petacchi… insieme hanno un palmares di oltre 350 vittorie!

“Cav” e il suo obiettivo

Si arriva poi a Mark Cavendish, velocista che Petacchi conosce alla grande visto che ci ha anche corso. Quanti duelli tra i due. Chissà se è cambiato da allora il Cav sprinter?

«Prima aspettava sempre un po’ a partire per paura di essere rimontato, adesso invece noto che tende ad anticipare. Ora, sa che se aspetta non vince più, perché ha perso quel super spunto e così intelligentemente anticipa. Difficilmente ha la posizione ottimale di un tempo».

Qui ritornano in mente le parole di Pasqualon, sulle tempistiche, i watt e le punte di velocità. Ma Petacchi stesso ci regala una perla con lo sprinter dell’Astana Qazaqstan.

«Di questa cosa parlai proprio con Cav. Glielo dissi: “Negli ultimi anni quando ti ho battuto, l’ho fatto perché anticipavo. Non avevo il tuo treno, né quello spunto, così cercavo di partire prima e di partire “secco”. Ti prendevo tre bici e poi speravo di tenere fino alla fine. A volte ci riuscivo, altre no. Ma era l’unico modo per batterti”.

«E così fa lui ora. Certo, ci vuole gamba, ma anche testa. Mark continua perché ha un solo obiettivo: quello del record di tappe al Tour. E’ molto difficile, ma non impossibile (ha di nuovo Morkov come apripista, ndr). Ma è pur sempre una volata e se tutto gli gira bene può riuscirci. Fosse stato un arrivo in salita di 15 chilometri avrei detto di no, ma in volata…».

Groenewegen quest’anno ha vinto all’esordio (eccolo alla Clasica Valenciana 1969). Con qualche aggiustamento potrà trasformare molti secondi posti dietro Philipsen in vittorie
Groenewegen ha vinto alla Clasica Valenciana 1969. Con qualche aggiustamento potrà trasformare molti secondi posti in vittorie

Groenewegen, quanta potenza

Dylan Groenewegen. Petacchi non poteva non inserire il corridore della Jayco-AlUla tra i grandissimi velocisti visto il suo motore gigante. Sarà interessante la sua convivenza con Ewan.

Magari in qualche occasione (non molte a dire il vero) correranno insieme e allora sarà curioso vedere “chi tirerà per chi”. Ewan è più piccolo e potrebbe essere pilotato. Però è anche vero che Caleb è un funambolo, è più “vecchio” e potrebbe essere lui il leadout. Dylan e Caleb: coppia esplosiva. Senza dimenticare Matthews.

«Qui parliamo di un velocista puro, puro… Groenewegen fa fatica in certe tappe, ma in quelle piatte può andare forte. E’ un po’ discontinuo e a volte si perde nel finale. Ha una velocità di punta pazzesca, parte fortissimo, fa la differenza in quel momento, ma più di qualche volta viene rimontato da Philipsen. Segno che arriva alla volata con le gambe un po’ in croce, gli manca spesso qualcosina». 

Jonathan Milan (classe 2000) al primo successo 2024 con la nuova maglia della Lild-Trek: per Petacchi può battere chiunque
Milan (classe 2000) al primo successo 2024 con la nuova maglia della Lild-Trek: per Petacchi può battere chiunque

Milan, il futuro è suo

Chiude il lotto dei “fab five” Jonathan Milan. Il gigante della Lidl-Trek piace molto a Petacchi. Ha anche un apripista ottimo, Simone Consonni, e potrebbe avere persino Mads Pedersen, che tra l’altro potrebbe a sua volta essere inserito in questa classifica. Ma Petacchi reputa il danese più di un velocista.

«Milan, per capire quanto è grande, deve confrontarsi con i velocisti del Tour. E’ sicuramente forte, anche alla Valenciana, dove è stato ben pilotato, è ripartito alla grande, ma se viene al Giro d’Italia e quest’anno il lotto dei velocisti è lo stesso dell’anno scorso, sarebbe grave se non vincesse. Deve dominare… e io ne sarei felicissimo».

Alejet fa le pulci a Milan e parla del suo gesto tecnico. Deve lavorare molto, specie per la questione aerodinamica, cosa che lo penalizza.

«Sia per lo stile, che per la sua stazza, Jonathan deve cercare di abbassarsi. Oggi la questione aerodinamica è troppo importante. Si guardano calze, caschi… e un solo chilometro orario in più può fare la differenza, specie a 70 all’ora. E’ un po’ il discorso che c’è a crono tra Ganna e Remco. Il belga non farà mai gli stessi wattaggi di Pippo, ma va forte tanto quanto (o di più) perché ha un coefficiente aerodinamico molto favorevole.

«Milan è da volata lunga. Un bestione così deve assolutamente essere lanciato e possibilmente anche forte. Meglio rettilinei lunghi, che la curva a 200 metri. In quel caso se uno come lui è terzo, è difficile che rimonti, che si metta in moto in tempo. Consonni come apripista va bene. Se è un po’ basso? Il problema non è Simone, che anzi è bravissimo e sfrutta al meglio ciò che gli dà la pista in termini fisici e tattici, ma è Jony che è un bestione!».

EDITORIALE / Il ciclismo italiano ha bisogno di veri tifosi

12.02.2024
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Un preparatore italiano molto in gamba che lavora in una squadra WorldTour (ovviamente non italiana), durante il ritiro di Calpe ci ha fatto il nome del prossimo corridore di casa nostra che a suo avviso vincerà il Giro d’Italia. Non si tratta di un atleta della sua squadra, perciò quel nome lo abbiamo scritto su un foglio in attesa di scoprire se abbia effettivamente ragione. Sarà una sensazione, ma potremmo essere prossimi alla stagione del raccolto. E se anche non si tratterà di grandi classiche o maglie prestigiose, nell’aria c’è un risveglio che fa ben sperare. Cominciamo a vincere, che non è mai facile: l’appetito e la fiducia verranno semmai mangiando.

Il Team Polti-Kometa ad Antalya ha vinto tre maglie: generale e gpm con PIganzoli, punti con Lonardi
Il Team Polti-Kometa ad Antalya ha vinto tre maglie: generale e gpm con PIganzoli, punti con Lonardi

Ragazzi di carattere

I segnali ci sono tutti. La vittoria di Piganzoli al Tour of Antalya è la conseguenza logica di un inverno diverso e del nuovo morale che si respira nel Team Polti-Kometa. E’ bastato sentire i propri capi ragionare come si fa nelle grandi squadre perché ai ragazzi brillassero diversamente gli occhi. Anche la VF Group-Bardiani sembra aver intrapreso la nuova stagione con più brio di qualche tempo fa. Si lavora per vincere e per la prima volta si comincia a dirlo.

Lasciano il segno le parole di un’intervista di Francesco Busatto a Carlo Malvestìo: «Quelli della mia età vincono, voglio vincere anche io». Leggerle ci ha riportato alla conversazione avuta sabato con Nicola Miceli, corridore negli anni Novanta, a proposito di corridori troppo educati, quando l’educazione diventa a suo modo un limite.

«Serve un corridore italiano capace di inventarsi qualcosa – diceva “Micio” – e che non abbia paura di dirlo. Chi sarebbe stato Chiappucci se non avesse avuto il carattere di attaccare fino a costruirsi una carriera come la sua? Corridori con quell’estro quasi da artisti non sono tanti, ma li abbiamo. Bisogna che anche loro ci credano e che la gente intorno e anche i media lo facciano con loro. Sarebbe bello che il movimento ricominciasse a pensare positivo. Bisogna che i corridori per primi si convincano che si può provare. E’ tutto un fatto di testa, di vedere le cose sotto la luce giusta. Il ciclismo è uno sport duro. Meglio essere maleducati con carattere, che passare la vita ad aspettare il proprio turno».

Segni di risveglio

In attesa di capire quale direzione prenderanno atleti di talento come Belletta e Mattio, che si stanno facendo le ossa nel devo team della Visma-Lease a Bike, annotiamo che Piccolo e Tiberi sono i primi due della lista: hanno numeri notevoli e, se il resto lo fa la convinzione, occorre che ci credano loro per primi. Il livello intorno è pazzesco, non c’è niente di facile, ma hanno entrambi i mezzi per lasciare il segno. Hanno ancora 22 anni e i commenti dei soliti detrattori, rintocchi di campane stonate, portano negatività in un movimento che proprio ora avrebbe bisogno di tifo a favore. Il supporto serve a chi lotta per uscire oppure a chi è già forte e può farne tranquillamente a meno?

Subito dietro Piccolo e Tiberi, se non altro per ragioni anagrafiche, è bello cominciare ad annotare i nomi e le azioni di Piganzoli e Pellizzari, di Milesi e Germani, De Pretto e Pinarello, Zambanini e Fancellu. Sta bene Lonardi e dispiace per Dainese (caduto sul più bello) e Ciccone (costretto a 4 settimane senza bici). Dove sono Aleotti, Colleoni e Conca? Ci aspettiamo un segnale di risveglio anche da loro, cui aggiungiamo con fiducia anche Matteo Fabbro, a patto che siano abbastanza… maleducati da prendersi il loro spazio. Ad Aleotti lo ha detto persino Vlasov: che pensi più a se stesso e meno a tirare per gli altri. La disubbidienza rispetto alle proprie paure e ai limiti imposti è il primo sintomo di carattere. Alle loro spalle, come custodi del confine italiano, Ulissi e Trentin portano avanti l’orgoglio di quella classe 1989 che ancora non si arrende.

Piganzoli e Pellizzari, un anno di differenza. Per il più giovane marchigiano, Antalya si è chiusa con l’11° posto
Piganzoli e Pellizzari, un anno di differenza. Per il più giovane marchigiano, Antalya si è chiusa con l’11° posto

La molla della disubbidienza

Sentiamo spesso la mancanza degli errori del primo Nibali, che sbagliava completamente i tempi dell’attacco e subiva ramanzine feroci dai suoi direttori sportivi. Bisogna sbagliare e avere il coraggio di farlo, per poi prendere le misure e vincere. Vincenzo su quelle fughe ha costruito una carriera infinita. Quel tipo di atteggiamento mentale resta un valore aggiunto. Il gusto di lanciare la sfida, anche quando significa prenderle. Sogniamo un ragazzo italiano che si svegli e infischiandosene dei punti, vada all’attacco.

Noi siamo piuttosto certi di avere in casa dei potenziali campioni, bisogna che loro per primi comincino a crederci. E che con la consapevolezza della forza fisica, gli scatti in testa l’affascinante molla della disubbidienza.

Scafoide rotto: come si ritorna in bici? L’esempio di Oldani

12.02.2024
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La nuova avventura di Stefano Oldani alla Cofidis non è iniziata esattamente come si sarebbe aspettato. Giusto il tempo di prendere le misure con le gare, i metodi di lavoro e la nuova squadra che si è ritrovato fermo ai box. Una caduta al GP Marseillaise, con conseguente frattura dello scafoide, hanno fermato il 2024 di Oldani. Che però non si dà per vinto e riparte.

«Eravamo all’inizio di una discesa – racconta – il gruppo viaggiava a 50/60 all’ora. In una curva qualcuno è andato lungo, mi hanno toccato e sono finito contro il guardrail. Nel cadere in avanti ho messo tutto il peso sul braccio destro e lo scafoide non ha retto. 

La stagione di Oldani era iniziata con le corse in Spagna e poi il GP Marsellaise
La stagione di Oldani era iniziata con le corse in Spagna e poi il GP Marsellaise

Ripresa rapida

Le tempistiche dei vari passaggi per rimettere in bici Oldani sono stati rapidi. Non facciamoci ingannare, le cose vanno comunque fatte nella maniera corretta. Però la fiducia di poter tornare presto in gara c’è, e non si può nascondere. 

«L’operazione è andata bene, due giorni dopo ero già sui rulli. Mentre mercoledì sono tornato in bici, a nemmeno una settimana dall’intervento. Per pedalare indosso un tutore apposito. In realtà ho due tutori a disposizione: uno per la bici e l’altro per la vita normale. Chiaramente in bici non ho la libertà di fare tutti i movimenti. Ad esempio, non riesco a impugnare il manubrio nella parte bassa. Però riesco a mettere insieme tante ore, già nell’uscita di mercoledì ne ho fatte quattro. 

«Non dovrei perdere troppo tempo, in teoria il ritorno alle corse è previsto per il Trofeo Laigueglia. Sarò costretto a saltare la Strade Bianche, troppe sollecitazioni, ma per il resto il programma dovrebbe rimanere invariato. Ora sto valutando se andare sull’Etna per fare un ritiro, ma deciderò dopo la lastra di controllo». 

Oldani insieme al dottor Pegoli (i due sono insieme al centro della foto)
Stefano Oldani, Dottor Loris Pegoli

Frattura e tempi di recupero

Tastate le emozioni del corridore della Cofidis, che si dice speranzoso nel rientrare presto in gruppo, andiamo a capire in cosa è consistito tutto l’iter portato avanti dal dottor Pegoli e dall’equipe medica Sport Hand Doctors. 

«Partiamo con il raccontare in cosa consiste la frattura dello scafoide – dice il dottor Pegoli – dicendo che tra le ossicina della mano lo scafoide è una delle più importanti. Questo perché fa parte del 60 per cento dell’articolazione del polso e gran parte dei movimenti passano da questo ossicino. Poi lo scafoide è composto per l’80 per cento da cartilagine, che si articola con tutte le altre ossa che lo circondano. I tempi di guarigione di questo ossicino possono essere davvero lunghi, si parla anche di più di due mesi per la formazione del callo osseo. Chiaramente ogni situazione è a sé».

Come mai i tempi possono essere così elevati?

La vascolarizzazione dello scafoide è molto esigua. Il rischio è che inizialmente non si formi il callo osseo ma un tessuto fibroso tra le due parti di osso fratturate. Ciò potrebbe portare alla necrosi e al “collasso carpale”. Si possono evitare queste problematiche riconoscendo la frattura attraverso radiografie, tac e risonanze. 

Nel caso di Oldani è stato difficile individuare la frattura?

Assolutamente no. Oldani ha subito una frattura composta, che può anche guarire con una terapia conservativa. Trattandosi di un atleta di alto livello i tempi di recupero vanno accorciati, quindi abbiamo optato per un’operazione. Nella quale, per immobilizzare le due parti, abbiamo usato una vite percutanea. 

In cosa consiste?

Tramite la fluoroscopia abbiamo inserito un filo metallico all’interno della mano. Questo ha fatto da guida per inserire la vite a compressione. La vite ha il passo diverso in punta e in coda, ciò vuol dire che nel momento in cui avvito stringe le due parti di osso interessate. L’operazione dà una maggiore stabilità, va detto che la vite rimane all’interno della mano per sempre. Ma non ci sono rischi di nessun tipo. 

Il pomeriggio dopo l’operazione Oldani ha portato la bici in studio e gli è stato costruito un tutore su misura per allenarsi
Dopo l’operazione gli è stato costruito un tutore su misura per allenarsi
Il recupero inizia subito?

Oldani è stato operato alle 13 e nel pomeriggio avevamo già fatto il tutore su misure, anzi i tutori. Come detto dall’atleta stesso uno è specifico per andare in bici. Bisogna sottolineare che tutte queste operazioni vengono fatte nel rispetto dei tempi biologici di guarigione. Sono processi che aiutano, ma non velocizzano la convalescenza.

Questo tutore in cosa consiste?

E’ realizzato in materiale termoplastico ed è stato modellato sul manubrio della bici. Una persona teneva fermo il mezzo, Oldani ha appoggiato la mano e il tutore è stato realizzato facendogli prendere la forma necessaria. 

Questo tutore dovrà essere indossato fino alla completa guarigione
Questo tutore dovrà essere indossato fino alla completa guarigione
Oldani è tornato a pedalare a nemmeno una settimana dall’operazione…

Il tutore glielo permette, giustamente non può fare tutti i movimenti, ma riesce a pedalare senza fastidio. Gli ho consigliato, a distanza di due settimane dall’operazione, di provare a fare delle volate. In modo tale da vedere come reagiva la mano. 

E’ plausibile, come detto dal corridore, il ritorno in corsa a fine mese al Trofeo Laigueglia?

Si può fare. Ora va monitorato, ma Oldani è un ragazzo giovane, un atleta e in più alla prima lastra di controllo tutto era in ordine. I fattori per tornare in corsa ci sono tutti. Il prossimo controllo sarà a 30 giorni dall’operazione per vedere in che modo si è formato il callo osseo. Fino ad allora si può fare attività, ma meglio tenere il tutore

Dalla Colombia torna Piccolo pronto per vincere

12.02.2024
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Il Tour Colombia finisce in archivio con la vittoria finale di Rodrigo Contreras e la sensazione di una macchina appena rimessa in moto, per questo bisognosa di rodaggio e sintesi. Non c’erano i corridori delle precedenti edizioni, eppure fra i nomi venuti alla luce negli ordini di arrivo, quello di Andrea Piccolo fa particolarmente piacere. Il milanese ha lavorato per il suo leader Carapaz scortandolo fino all’approdo sul podio di Bogotà e sta lanciando da qualche tempo degli ottimi segnali. La sensazione che sia prossimo alla svolta si fa largo in chi meglio lo conosce, nella squadra che ci crede e ovviamente nei tifosi che non hanno mai spesso di aspettarlo.

La trasferta colombiana, con tutti gli interrogativi di una corsa costantemente sul filo dei 2.500 metri, lo ha segnalato con un settimo e un secondo posto. E’ difficile presentarsi laggiù e portare a casa qualcosa di particolarmente pesante: sono troppe le differenze di adattamento rispetto ai corridori che a quelle quote sono nati e risiedono. Eppure nella seconda tappa, con l’arrivo a Santa Rosa de Viterbo, Piccolo si è arreso soltanto al maggior spunto e forse anche alla voglia di vincere di un colombiano come Tejada. Chi l’ha visto pedalare dice che il ragazzo spinge già forte e non ha perso l’estro di immaginare l’impossibile: buon viatico per quello che troverà in Europa.

Piccolo contro Tejada, 2ª tappa del Tour Colombia: vince di un soffio il colombiano dell’Astana
Piccolo contro Tejada, 2ª tappa del Tour Colombia: vince di un soffio il colombiano dell’Astana
Ti si vede correre davanti, bel segno. Hai fatto un bell’inverno? Come è andata la preparazione?

Sicuramente ho fatto un inverno differente da tutti gli altri anni. Il clima ci ha aiutato e nel momento in cui ha incominciato a far freddo in Europa, sono venuto in Colombia a fare un ritiro in altura per adattarmi già alla corsa. Per questo la preparazione è andata tutta secondo i piani prestabiliti da me, dalla squadra e dall’allenatore

Quanto è importante per il morale e la voglia di lavorare andare alle corse e stare davanti?

Molto! Vedere di essere davanti ti dà la forza di fare sempre una pedalata in più per non staccarti, perché sai che anche gli altri sono allo stesso limite.

Il Tour Colombia ha accolto i corridori di casa e gli ospiti internazionali con il solito calore di pubblico
Il Tour Colombia ha accolto i corridori di casa e gli ospiti internazionali con il solito calore di pubblico
Come è stato il primo anno nel WorldTour e a cosa è servito?

Lo scorso anno sicuramente non è stato semplice per me. Ho cercato sempre delle sensazioni in allenamento e in corsa che non ho mai trovato. Però ho lavorato molto per la squadra e questo mi è servito da esperienza.

Si è sempre detto che hai un grande motore, stai lavorando anche sull’aspetto mentale, magari cominciando a puntare a obiettivi definiti?

Sì, sto lavorando molto a livello mentale. Mi sto facendo seguire da un mental coach e questa cosa è molto importante. Ho notato davvero la differenza. Ho capito che per poter vincere contro gli altri, devi prima vincere te stesso. E’ stato un passaggio decisivo, che consiglierei a tutti. Si acquista una sicurezza molto superiore in se stessi.

Oltre alla soddisfazione personale, la EF Pro Cycling ha lavorato per Carapaz
Oltre alla soddisfazione personale, la EF Pro Cycling ha lavorato per Carapaz
Buttiamo via la scaramanzia: qual è l’obiettivo dei sogni?

Come ho imparato, preferisco puntare a traguardi reali e non troppo distanti. Quindi l’obiettivo sarà quello di far bene alla Liegi e provare a vincere una tappa al Giro d’Italia.

Come ti trovi alla EF?

Alla EF mi sento sereno e supportato in tutto. Ci danno tutto quello che serve per essere ai livelli top, abbiamo la possibilità per allenarci e rendere al meglio. E ho capito che essere tranquilli e sereni a livello mentale è la cosa più importante.

Dopo le varie vicissitudini delle ultime stagioni, dalla Gazprom alla Drone Hopper, ti senti più solido di quando sei passato?

Sicuramente sì. Sento di aver costruito e di avere comunque una base sotto, che prima non avevo sicuramente. Gli anni di esperienza nel WorldTour servono a questo: a creare una base solida per poi poter lavorare bene.

Andrea Piccolo è nato a Magenta il 23 marzo 2001. E’ pro’ dal 2022. E’ alto 1,81 e pesa 64 chili
Andrea Piccolo è nato a Magenta il 23 marzo 2001. E’ pro’ dal 2022. E’ alto 1,81 e pesa 64 chili
Cosa speravi di portare a casa da questo viaggio?

Da questa trasferta ho già portato a casa più di quanto sperassi. Adesso non resta che tornare a casa. Mi sono goduto l’ultima tappa, cercando il miglior risultato possibile per la squadra. Sono soddisfatto perché non mi aspettavo che il mio fisico rispondesse così bene all’altura. Per questo non vedo l’ora di tornare in Europa per scoprire le nuove sensazioni.

Pinarello sbarca nel WorldTour femminile con il Team Roland

11.02.2024
5 min
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Non solo Ineos, Pinarello entra ufficialmente anche nel WorldTour femminile al fianco del Team Roland. Si rafforza la presenza nel ciclismo delle quote rosa, perché l’azienda trevigiana resta partner anche del Team Top Girls Fassa Bortolo di matrice Continental.

Le ragazze del Team Roland avranno in dotazione la Dogma F con un montaggio dedicato che vede diversi players di altissima caratura. Per avere un quadro più completo abbiamo chiesto qualche dettaglio in più a Elena Pirrone, già parte della Israel-Premier Tech Roland, che è passata da una Factor ad una Pinarello, ma anche a Fausto Pinarello. Entriamo nel dettaglio.

Fausto Pinarello è da sempre accanto ai team sponsorizzati dall’azienda creata da suo padre Giovanni, detto “Nane”
Fausto Pinarello è da sempre accanto ai team sponsorizzati dall’azienda creata da suo padre Giovanni, detto “Nane”

Il ciclismo è costante ascesa ed è giusto esserci

«La fornitura delle bici al team svizzero – racconta Fausto Pinarello – è stata una cosa dell’ultimo minuto, ma non si poteva dire di no e si può quindi affermare che Pinarello è a tutti gli effetti nel WorldTour femminile. Non si poteva rifiutare perché oltre ad un discorso di sponsorizzazione e visibilità, la squadra femminile in questione è molto legata a Ivan Glasenberg, coinvolto anche nel progetto Q36.5 (il magnate sudafricano, che aveva già investito nella squadra maschile di Douglas Ryder, lo scorso anno ha acquisito l’80 per cento delle azioni Pinarello, ndr). Con questo, il supporto alla Top Girls Fassa Bortolo è confermato.

«Tornando alle ragazze del Team Roland, mi piace molto questo progetto anche nell’ottica futura, non è il più vincente del panorama, ma è sempre bene in vista. Dovevamo esserci e questo è il primo passo – prosegue Pinarello – anche se è da tenere ben presente che l’idea di un team femminile di matrice Ineos non è del tutto abortito, anche se per ora non si sa nulla di preciso. Si valuterà nell’anno post olimpico. Con le ragazze del Team Roland abbiamo un contratto che potrebbe rinnovarsi anno dopo anno».

La Dogma F della squadra svizzera è montata con Shimano Dura Ace con guarnitura FSA e ruote Vision (foto Team Roland)
La Dogma F della squadra svizzera è montata con Shimano Dura Ace con guarnitura FSA e ruote Vision (foto Team Roland)

La Dogma F di Pirrone

Una taglia 50 che monta il manubrio integrato Most Talon full carbon. La trasmissione è Shimano Dura Ace, con la variabile della guarnitura FSA (serie K-Force con pedivelle in carbonio) e power meter integrato PowerBox. Le ruote a disposizione delle atlete del Team Roland sono le Vision Metron di differenti altezze. La prima fornitura ha previsto i cerchi con predisposizione agli pneumatici tubolari, ma ci sarà una traslazione verso i tubeless. I pedali sono Wahoo su base SpeedPlay mentre la sella è di Selle Italia. Pirrone racconta così la sua nuova bici.

Factor e Pinarello, due bici molto diverse tra loro?

Tanto, tanto differenti. Dal punto di vista del peso la Factor era un pelo più leggera, ma è pure complicato fare un confronto, perché sono montate in modo diverso. Quello che mi ha impressionato della Dogma sono la rigidità e la reattività e proprio per questo è con tutta probabilità più adatta alle mie caratteristiche. La Pinarello è facile da rilanciare.

Tutta questa rigidità che percepisci la senti in discesa e nel tecnico?

Si sente eccome, infatti a mio parere nei contesti dove è necessario guidare tanto la bici, bisogna darsi del tempo per prendere la giusta confidenza. Nota molto positiva è la stabilità, tanto è briosa, quanto è stabile.

E invece per quanto riguarda le misure e la biomeccanica?

Sono riuscita a mantenere le stesse quote che avevo in precedenza, nonostante le differenti geometrie delle due bici. Un grande vantaggio per me che sono abbastanza delicata e sensibile, fattore che mi ha aiutato a trovare un buon feeling in tempi brevi. Solo in questi giorni dedicherò una giornata al controllo della posizione per valutare piccoli aggiustamenti.

Per le ragazze del Team Roland, un allestimento tutto diverso rispetto alle bici Ineos (foto Team Roland)
Per le ragazze del Team Roland, un allestimento tutto diverso rispetto alle bici Ineos (foto Team Roland)
Hai dovuto cambiare sella?

Per fortuna no. Abbiamo ancora Selle Italia e ho mantenuto lo stesso modello, la SLR con il canale di scarico centrale.

Per quanto riguarda le ruote?

Siamo passati da Black Inc. a Vision e per ora abbiamo la versione con i tubolari. Nel prosieguo della stagione ci verrà fornito il modello con i tubeless.

Una delle prime uscite delle ragazze sulle Pinarello (foto Team Roland)
Una delle prime uscite delle ragazze sulle Pinarello (foto Team Roland)
Meglio alte o basse?

Per estetica dico ruote alte, mi piace molto l’impatto estetico di una bici con un bel vestito e le ruote sono un po’ come un abito. Ma con tutta probabilità sceglierei una ruota con il profilo medio, più versatile su percorsi differenti.

Sempre con il power meter?

Ormai è uno standard, in gara ed in allenamento.

Da Nibali e Pellizotti a Caruso e Tiberi. Quali analogie?

11.02.2024
6 min
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L’esperto e il giovane: è un leit motiv del ciclismo. Vincenzo Nibali ci ha raccontato di quando da neopro’ si ispirava a Franco Pellizotti o Ivan Basso. Di come in allenamento fosse in perenne battaglia con Danilo Di Luca… Oggi anche questo aspetto si è evoluto e la famosa chioccia si fa in altro modo. Tuttavia certe basi sono le stesse e permettono ai giovani che crescono accanto a grandi campioni di imparare più in fretta e di acquisire in breve sicurezze che per gli altri arrivano col contagocce.

Proprio Franco Pellizotti è l’anello di congiunzione del tema che stiamo per affrontare. Il friulano fu, come detto, un riferimento per Nibali e oggi alla Bahrain-Victorious si ritrova a dirigere la coppia italiana più rappresentativa in fatto di chioccia e allievo, vale a dire Damiano Caruso e Antonio Tiberi.

Franco, partiamo da quel Nibali di un tempo. Com’era?

Vincenzo era molto giovane. Ricordo quei primi ritiri sul Teide in cui per esempio a tavola mangiava esattamente come era abituato da ragazzino a casa. La pasta, il secondo, il dolce… Poi mi guardava e mi chiedeva perché magari non avessi mangiato il dolce. Faceva di testa sua, ma guardava. Rubava con gli occhi.

E in allenamento?

Tante volte quando facevamo la salita per ritornare in quota, lui andava via a tutta. Mentre noi salivamo del nostro passo o facevamo i lavori specifici. Allora gli dicevamo: «Vince, siamo qui per costruire, non per fare le gare. Siamo qui per fare una base». Col tempo anche lui ha capito. Ha seguito quest’onda e ha messo tutto in pratica.

Ma con i suoi tempi…

Esatto. Con quel pizzico di orgoglio… da vero siciliano! Capiva che magari non aveva ragione, ma non voleva ammetterlo sul momento. Però poi ci rifletteva su, si vedeva.

Chioccia e allievo oggi. Pochi giorni fa Covi, che vecchio non è, raccontava di come i giovani passino e già sappiano tutto su alimentazione e allenamenti…

In effetti è cambiato molto. I giovani, che spesso sono degli juniores, sono già mentalizzati e impostati con la vita del ciclista moderno. E anche per questo riescono subito a mostrare il loro valore. Tutto ciò li agevola in qualche modo. Io ricordo gli ultimi anni da professionista quando arrivò il nutrizionista. Okay, io ero sempre sul pezzo e mi piaceva ascoltare nuovi parerei, ma cambiare certi abitudini mi risultava difficile. Sembrava di rompere equilibri che davano certezze.

Caruso e Tiberi in ritiro in Spagna. Rispetto al passato in allenamento il giovane è meno esuberante e più ligio alle tabelle che in passato (foto @charlylopez)
Caruso e Tiberi in ritiro in Spagna. Rispetto al passato in allenamento il giovane è meno esuberante e più ligio alle tabelle che in passato (foto @charlylopez)
Era come se ci fosse un barriera?

Sì. Mi ricordo di Caruso al primo anno in cui anche lui ebbe a che fare col nutrizionista. Diceva: «No, io ho le mie modalità. So che la pasta in questo preciso momento mi fa bene…». Poi però, facendo delle prove, vedeva che in effetti c’erano dei miglioramenti. Si faceva delle domande e si dava delle risposte. Per un giovane questo scalino non c’è. Però magari peccano in altro, ma per quanto riguarda regole di vita da atleti e aspetti scientifici sono avvantaggiati.

Da Nibali e Pellizotti a Caruso e Tiberi: quali analogie ci sono?

Appena Tiberi è arrivato in Bahrain, lo abbiamo affiancato a Caruso, perché il ciclista non è solo mangiare e allenarsi bene. Ci sono tante altre cose. Magari prima di addormentarsi è meglio usare meno il cellulare e stare un po’ più su un libro. Saper recuperare meglio dopo una corsa. O il modo di stare in gruppo… 

Insomma quando prima dicevi che magari sbagliano altre cose…

Esatto. Magari in gruppo sprecano più energie perché sono nella posizione sbagliata, perché risalgono nel momento meno opportuno o non sfruttano gli altri corridori. Sono meno conservativi. E oggi questo serve ancora di più visto che, come detto, i ragazzi vengono direttamente dagli juniores o hanno un solo anno di under 23 sulle spalle, categorie dove comunque il modo di correre e di fare il ciclista è diverso.

Cosa intendi?

Che in quelle categorie corri due, tre, volte a settimana. Tra i pro’, specie per uno come Tiberi che predilige le corse a tappe, la cosa è differente. Va alla Ruta del Sol, poi sta a casa tre settimane e va alla Tirreno. E’ in quei periodi che deve imparare a gestirsi. Il recupero dopo la gara. La fase di allenamento, quella di avvicinamento alla corsa successiva. E anche se oggi sono seguiti a stretto giro dai coach, gli può mancare qualcosa in questo intermezzo. Ecco dunque che il vecchio in camera è fondamentale. Per un Tiberi avere un Caruso o un Poels come riferimento vuol dire molto, anche in allenamento. Ti fanno alzare l’asticella.

Damiano Caruso oggi può aiutare Tiberi, mostrando la sua esperienza e il modo di vivere con calma anche i momenti di maggior stress
Damiano Caruso oggi può aiutare Tiberi, mostrando la sua esperienza e il modo di vivere con calma anche i momenti di maggior stress
Asticella. A anche di questo abbiamo parlato. Nella pista italiana si crea un circolo virtuoso per esempio. Ganna fa da punto di riferimento a Milan. Milan a Moro… Che poi è Nibali che si confronta con Pellizotti. Serve dunque l’asticella in allenamento?

Serve l’asticella alta. Serve nella vita normale anche per chi va in ufficio. Se tu vuoi diventare il migliore o vuoi restare il migliore, quando qualcuno ti arriva vicino cerchi di fare di più e questo ti porta a crescere. Poi se sei in un ambiente il cui livello è medio, sarai un leader medio. Il confronto con i più forti ce l’hai, ma alle corse e a quel punto la frittata è fatta. Per questo è importante avere gente forte intorno, gente che tiene l’asticella alta. Il bello delle corse e dell’agonismo è questo: non è tanto la corsa in sé, ma prepararla giorno dopo giorno.

Però, Franco, è anche vero che per le chiocce non è facile tenere l’asticella alta. Oggi, e lo abbiamo detto, i ragazzini vanno forte come e più degli esperti. Tu all’inizio andavi più forte di Nibali, oggi Caruso come fa a mettere Tiberi alle corde?

Vero, età e recupero sono dalla parte di Antonio che magari su una salita secca è anche più forte di Damiano, ma poi c’è tutta la gestione dell’insieme e della corsa, specie se è a tappe. E capita spesso che il giovane non ottenga i risultati che potrebbe. Questo perché corre in modo più esuberante, risale il gruppo quando non dovrebbe, è più teso… Col passare dei giorni spreca energie, anche nervose, che poi magari non ha nel finale, mentre l’esperto sì.

Insomma, il ruolo di chioccia diventa ancora più “mistico”, più prezioso. E’ quasi un sapere nascosto?

E’ lo sporco lavoro che non si vede: sì, in qualche modo è così. Ma serve. E’ fondamentale. Pensiamo a Remco che spesso s’innervosisce, spreca energie e anche se è il più forte non vince.

Domani a Jaen le strade bianche di Spagna. E Calzoni racconta

11.02.2024
5 min
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Walter Calzoni ha iniziato, al Tour of Antalya, la sua seconda stagione tra i professionisti con la Q36.5. Un primo banco di prova per controllare lo stato di salute delle sue gambe e l’avanzamento della condizione. Su di lui si è acceso più di qualche faro dopo un bel 2023, anche se non è arrivata la vittoria. Brambilla, suo esperto compagno di squadra e mentore, crede molto in lui, così abbiamo voluto sentirlo per vedere con quale spirito affronterà questo 2024

«Per il momento sto bene – ci racconta il bresciano alla fine della seconda tappa – le gambe ci sono e girano. Anche se il vero punto sulla condizione lo faremo nelle prossime gare. Quest’anno proverò a correre al Nord: farò Brabante, Amstel e Freccia. In quel periodo avrò il primo picco di condizione. Mi piacerebbe stare bene già alla Strade Bianche, che si corre a inizio marzo, vorrei provare a mettermi in mostra».

Le strade bianche in Spagna

Nel 2023 Calzoni ha corso La Clasica Jaén, che si correrà giusto domani: quella che si può definire la “strade bianche di Spagna”,  giunta quest’anno alla sua terza edizione. Una corsa che si snoda nella regione dell’Andalusia, e nell’omonima provincia, dalla quale la corsa prende il nome. Il territorio è arido, polveroso e dal colorito giallastro, tipico della regione andalusa. Per fare della corsa un veicolo turistico, l’amministrazione locale e gli organizzatori hanno attaccato al nome Clasica Jaen quello di Paraiso Interior, per richiamare i silenzi e il fascino della zona, che non ha il richiamo mare e punta sul verde, sulla storia e i grandi silenzi.

La corsa si arrampica sulle strade che circondano Baeza, sede di partenza, e Ubeda, dove è situato l’arrivo. Un insieme di sali e scendi, circondati dal verde della macchia mediterranea. Arbusti bassi e ulivi a fare da cornice alla corsa, che in solo due edizioni ha raccolto già tanto successo. Nel 2022 l’ha vinta Lutsenko, mentre lo scorso anno a trionfare è stato Tadej Pogacar. Il corridore della Q36.5, alla sua prima stagione da professionista, aveva ottenuto, su quelle strade, un ottimo undicesimo posto. Insieme a lui ripercorriamo e scopriamo quella seconda edizione.

«E’ stata una gara abbastanza dura – ricorda Calzoni – con tanto sterrato e strappi davvero ripidi. Il giorno prima della gara avevamo fatto una ricognizione del percorso ed ero rimasto piacevolmente colpito dal contesto. Alla fine di uno strappo in sterrato si entrava nella città di Obeda, per iniziare il circuito finale, la cosa particolare era che lo sterrato finiva praticamente all’interno del paesino».

L’arrivo 2023 di Calzoni, nel centro abitato di Obeda, 11″ a 1’33” da Pogacar
L’arrivo 2023 di Calzoni, nel centro abitato di Obeda, 11″ a 1’33” da Pogacar

Corta ma esplosiva

I chilometri della Clasica Jaén sono contenuti, nel 2023 erano poco meno di 180, mentre nel 2024 sono stati ridotti a 162. Ma non fatevi ingannare, i valori vengono fuori, tanto che nell’edizione passata i corridori sono arrivati alla spicciolata. La differenza di chilometraggio, fino al 2023, non era così grande rispetto alla Strade Bianche. Quest’anno, invece, la corsa tra gli sterrati toscani supera i 200 chilometri. 

«La più grande differenza – racconta Calzoni – rispetto alla Strade Bianche, che ho corso poco più di un mese dopo rispetto alla Clasica Jaén, è negli sterrati. In Toscana le strade bianche sono varie e si trovano tanti tratti anche in discesa, dove serve saper guidare molto bene la bici. Mentre in Spagna gli sterrati sono prevalentemente in salita, con strappi duri. A livello tecnico risulta meno impegnativa, ma la pedalata deve comunque essere efficace. E’ uno sterrato più grosso, quindi il rischio di forature è maggiore. La cosa che ricordo del percorso, che mi ha colpito, è il dislivello totale. In poco meno di 180 chilometri abbiamo fatto 3.000 metri di dislivello. Tutti senza mai affrontare una grande salita, ma con continui su e giù».

Calzoni ha incontrato lo sterrato anche alla Coppi e Bartali, nella terza tappa
Calzoni ha incontrato lo sterrato anche alla Coppi e Bartali, nella terza tappa

Lo sterrato come amico

Calzoni poi ci ha preso gusto nel pedalare sullo sterrato. Questa “passione” si può dire che sia nata sulle strade della Clasica Jaén. E’ arrivata così la partecipazione alla Strade Bianche e anche alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali. Nella terza tappa, nella polvere di Monte Cavallo, il giovane bresciano si era messo in mostra. 

«Vero che sullo sterrato mi trovo bene – conferma Calzoni – soprattutto se questi sono accoppiati a percorsi duri, con continui strappi. Ne ho avuto la conferma alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali. Nella terza tappa, nel velodromo di Forlì sono arrivato sesto, dopo essermi messo in mostra proprio sullo sterrato di Pian del Cavallo. Quest’anno è uno dei primi obiettivi di stagione, tornerò lì perché voglio migliorarmi rispetto al 2023. Prima tornerò anche alla Strade Bianche, prima di lanciarmi verso le corse del Nord».

Podio tutto italiano, ad Antalya arriva la prima di Piganzoli

11.02.2024
4 min
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Giovani e italiani. Al Tour of Antalya, la generazione Z ha dettato legge sull’arrivo della terza tappa a Tahtali in Turchia. Davide Piganzoli classe 2002 si è imposto su Alessandro Pinarello classe 2003 e Edoardo Zambanini 2001. Un podio tricolore che vede sul gradino più alto il valtellinese che alla sua seconda stagione tra i pro’ ha vinto la prima gara tra i grandi. Un successo inaspettato, ma figlio di un ottimo inverno e della dedizione che ha sempre contraddistinto il ventunenne fin da quando è entrato in gruppo. Una scommessa vinta anche dal Team Polti-Kometa che conquista il primo successo stagionale con il più giovane del roster. 

Per Piganzoli è il primo successo tra i pro’
Per Piganzoli è il primo successo tra i pro’
Davide complimenti! Ti aspettavi questa vittoria?

No, non me l’aspettavo. Sapevo di star bene però direi proprio di no. Ho cercato di dare tutto me stesso quando ho attaccato e alla fine è andata bene.

Cosa hai provato alla tua prima vittoria da pro’?

Sicuramente è un’emozione grandissima, quando non te l’aspetti poi è ancora più bello. Sono contento per me, perché alla fine penso di meritarmela dopo i tanti sacrifici che ho fatto. Ma sono altrettanto felice per la squadra perché è un periodo in cui credono tanto in me e sono veramente contento di averli ripagati.

Come sei arrivato a questa corsa, avevi comunque buone sensazioni?

Ho fatto un bell’inverno. Ho iniziato la stagione con il Gran Premio Castellon dove già sentivo di star bene. Poi ho fatto la Volta a la Comunitat Valenciana dove anche se c’era un gran livello, io ero lì a battagliare. Alla fine sono venuto qua, confidavo un po’ in me stesso e sono riuscito a conquistare questa vittoria.

Quella di ieri è stata anche la prima vittoria stagionale per il Team Polti-Kometa
Quella di ieri è stata anche la prima vittoria stagionale per il Team Polti-Kometa
Raccontaci un po’ di dietro le quinte. Cosa ti hanno detto i tuoi compagni?

Prima della della tappa si voleva già fare la gara dura per me e per Paul Double che sta andando molto forte. Dopo l’arrivo i miei compagni erano tutti molto felici. Domani è l’ultima tappa e proveremo a tenere la maglia del leader. 

E’ anche la prima vittoria stagionale della Polti-Kometa…

E’ una vittoria molto importante. Ci ha dato a tutti una bella carica e non vedevamo l’ora di conquistarla. 

Raccontaci brevemente il finale?

Abbiamo preso la salita che eravamo già da una cinquantina di corridori, nei tratti precedenti si era fatto un buon ritmo. Abbiamo imboccato la salita a tutta, c’è stato l’attacco di un mio compagno dopodiché l’hanno ripreso e ha provato ad attaccare un atleta della Q36.5 su cui ho recuperato. Infine a tre chilometri ho provato io ed è andata bene. 

Podio tutto italiano, anche questo ha reso tutto più speciale?

Sì, perché alla fine si sente tanto parlare che non c’è più il ciclismo in Italia e tutte le polemiche annesse. Invece sia io che Pinarello che Zambanini abbiamo fatto vedere che l’Italia c’è ancora e siamo lì.

Piganzoli e Lonardi oggi difenderanno le maglie di leader della generale e dei punti
Piganzoli e Lonardi oggi difenderanno le maglie da leader della generale e dei punti
Vincere così a inizio stagione è una bella iniezione di fiducia per per le prossime gare. Cosa ci dobbiamo aspettare da Davide Piganzoli?

Sicuramente ti mette morale, ti mette fiducia, ti fa lavorare ancora più convinto e vedremo un po’ per i prossimi appuntamenti. Rimango concentrato e non mi monto la testa, siamo solo all’inizio.

Quali sono i tuoi prossimi impegni?

Adesso farò il Gran Camino, il Trofeo Laigueglia, la Tirreno-Adriatico e poi andrò sul Teide per preparare il Giro d’Italia. 

Come avete festeggiato? 

Abbiamo aperto lo spumante qui in hotel, però c’è da stare concentrati perché alla fine domani (oggi, ndr) si può fare ancora bene e bisogna finalizzare il tutto e stare attenti alla VF Group-Bardiani visto che Pinarello è a 18 secondi. In più dobbiamo dare tutto per fare bene con Lonardi in volata che nella seconda tappa ha fatto vedere di essere in condizione facendo quarto. 

BePink rivoluzionata. Tanti cambiamenti e stessa filosofia

10.02.2024
7 min
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Nuova maglia, nuove bici, nuovo organico. Ha cambiato molto, quasi tutto, la BePink-Bongioanni, ma la filosofia è rimasta la medesima di sempre. Nelle prime gare di inizio stagione le ragazze dirette da Walter Zini si sono subito buttate nella mischia macinando tanti chilometri di fuga.

Della rivoluzione messa in atto dal team manager milanese avevamo accennato parlando prima delle stagiste poi degli addii annunciati di Zanardi e Vitillo. La situazione bolliva in pentola dalla scorsa estate e Zini era ormai ragionevolmente preparato a dover perdere i pezzi migliori e tante altre atlete. La rinnovata BePink riparte da sole quattro conferme e dalla voglia di portare avanti il solito spirito. Dopo la Pro Costa de Almeria e la Vuelta CV Feminas ne abbiamo approfittato per scoprire che ruolo vuole ritagliarsi la continental italiana.

Andrea Casagranda è una delle quattro confermate della BePink. Zini si aspetta da lei un ulteriore salto in avanti
Casagranda è una delle quattro confermate. Zini si aspetta un ulteriore salto in avanti
Walter come sono andate queste prime due gare?

Sono soddisfatto del buon approccio che hanno avuto le ragazze, considerando che abbiamo tante giovani. Avevamo lavorato sodo sia nel ritiro in Toscana, sia in quello in Spagna, quindi non mi aspettavo grandi cose in termini di risultati. Tuttavia ho visto un gruppo motivato ed entusiasta e questo è un bel segnale. Siamo ancora nella zona di Calpe, dove abbiamo preso degli appartamenti per prepararci alla Volta Valenciana (dal 15 al 18 febbraio, ndr).

E’ una BePink che ha cambiato totalmente pelle. Che squadra hai allestito?

Abbiamo cambiato dieci ragazze su quattordici. Sono arrivate Cagnazzo, Grassi e Testa, tre juniores tra le migliori del 2023. Poi ci sono le giovani Oro, Pozzobon e Valtulini che hanno già accumulato una discreta esperienza nelle passate stagioni. C’è la brasiliana Magalhaes, una ragazza che ha tanta voglia di imparare, che abita a Girona e che è già certa di partecipare alle Olimpiadi di Parigi. Non avremo Tommasi, che aveva deciso di non continuare a correre e fare il medico per cui aveva studiato. Poi purtroppo è stata investita in allenamento a fine anno. Le faccio un grande in bocca al lupo per il recupero. Infine abbiamo inserito anche atlete che arrivano da contesti diversi.

Parlacene pure.

Il ciclismo attuale offre possibilità per tutti. Sono le cosiddette scommesse, che stimolano a lavorarci sopra. Arnaudo è tornata con noi dopo l’esperienza del 2020 e dopo aver corso nel mondo delle granfondo. Anche Trinca torna alla strada. Aveva smesso da esordiente poi aveva ripreso correndo a piedi, facendo sci di fondo, Mtb e granfondo. La svizzera Schneider viene dal triathlon, dopo che aveva giocato a volley. Insomma, tutte ragazze che hanno un ampio margine di miglioramento. E nel frattempo sono in trattativa con altre due ragazze da mettere in squadra.

Saranno tutte guidate dalle quattro confermate. Ti aspetti qualcosa in particolare da loro?

Onestamente mi aspetto che facciano tutte un salto in più rispetto a quello che hanno fatto finora. Tutte durante i test hanno mostrato valori più alti. Una di queste è Casagranda, che deve ancora crescere, ma può andare forte in certe corse. Savi è al quarto anno con noi e quest’anno l’ho vista finalmente cambiata nell’atteggiamento. La vedo cresciuta e spero possa confermare questa mia impressione. Karasiewicz è la più grande (classe ’92, ndr) che è stata campionessa polacca diverse volte. Pure Jencusova è alla quarta stagione ed anche lei sarà a Parigi per rappresentare la Slovacchia. Per noi è un grande orgoglio avere delle atlete alla gara olimpica.

In vista del 2024, la BePink-Bongioanni ha lavorato a fondo nei ritiri in Toscana e in Spagna (foto Penni Martelli)
In vista del 2024, la BePink-Bongioanni ha lavorato a fondo nei ritiri in Toscana e in Spagna (foto Penni Martelli)
La BePink andrà alle gare con altri obiettivi rispetto al passato?

Di base vi direi di sì, perché non abbiamo delle vere e proprie punte come prima. Tutte devono fornire quelle garanzie che finora non sono riuscite a dare. In realtà invece vi dico di no, perché l’anno scorso siamo andati ad alcune corse senza il nostro classico spirito. Ecco, quest’anno la nostra filosofia non è mutata. In questo inizio di stagione ci siamo fatte vedere andando in fuga da lontano o restando piuttosto davanti in tante fasi della corsa.

A fine 2023 si è chiuso un ciclo, prima o poi doveva succedere. Lo avevi metabolizzato?

Sì, perché eravamo tutti pronti. Nella prima parte di stagione siamo state ampiamente sottotono. Mi aspettavo di più e solo nella seconda metà ci siamo parzialmente risollevati. Nello sport capita che non ci si trovi più d’accordo. Ormai molte di loro non erano più adatte al nostro team. Così a fine giugno ho lasciato libere tutte le ragazze di valutare altre eventuali proposte. Era giusto che avessero le proprie possibilità da altre parti. Ovvio che se avessimo avuto la possibilità di entrare nel WorldTour, avremmo fatto altre considerazioni, ma alla fine penso che sia stato un bene da entrambe le parti separare le strade.

Voi eravate una buona “bottega” in cui fare la spesa. E’ un motivo di soddisfazione anche questo?

Certamente, infatti tutte le ragazze che sono andate via non hanno avuto difficoltà a trovare una nuova sistemazione. Zanardi e Vettorello sono nel WorldTour (rispettivamente in Human Powered Health e Roland, ndr), Vitillo nel devo team dalla Liv Alula Jayco e Basilico in Spagna alla Eneicat, giusto per fare gli esempi più lampanti. Le loro squadre sanno da dove arrivano e come sono state formate. Secondo me tutti hanno scelto giusto. Ho sempre fatto il bene delle ragazze e spero che loro stesse facciano quello step psicofisico più che da noi si era inceppato.

La rivoluzione non si è fermata solo alla rosa della squadra.

Giusto, è come se avessimo iniziato un nuovo progetto della BePink. Visto che abbiamo cambiato tanto, abbiamo deciso di fare totalmente una nuova maglia, pur tenendo fede ai tradizionali colori nero e ciclamino. Il nuovo sponsor Bongioanni, dopo le esperienze nei dilettanti con la Brunero, rientra nel ciclismo per merito del suo appassionato titolare Flavio Borgna. Abbiamo bici nuove fornite da Officine Mattio, gestite da Giovanni Monge Roffarello. Ringrazio entrambi i marchi, con cui abbiamo fatto un contratto di un anno con opzione per quelli successivi. Vogliamo conoscerci bene, ma sia noi che loro abbiamo in mente di crescere tutti assieme, cercando di fare qualcosa di bello.

Tra le tante novità della BePink-Bongioanni, ci sono anche le bici. Qui Zini con Giovanni Monge Roffarello, a.d. delle Officine Mattio (foto Penni Martelli)
Tra le tante novità, ci sono anche le bici. Qui Zini con Giovanni Monge Roffarello, a.d. delle Officine Mattio (foto Penni Martelli)
In definitiva cosa si aspetta Walter Zini dalla nuova BePink-Bongioanni?

Una crescita generale e la volontà di farsi notare come sempre. Magari raccogliendo qualche gradita sorpresa. Pur non avendo più in squadra i grandi nomi di prima, abbiamo già ricevuto tantissimi inviti alle gare, alcune di esse WorldTour, quasi più dell’anno scorso. Faremo una bella campagna al Nord correndo la Omloop Het Nieuwsblad, la Hagenland, Le Samyn e Freccia Vallone. Quando l’ho comunicato alle ragazze, gli si sono illuminati gli occhi dalla contetezza. Questo fa davvero piacere ed è particolarmente stimolante.