LESCHERET (Belgio) – Nella visita a casa di Arnaud De Lie si è parlato anche di allenamenti e argomenti tecnici. Uno su tutti, il fatto che lui non è e non si sente (questo è molto importante) un velocista puro. Anzi…
Dietro a questa sua definizione ci sono determinate caratteristiche fisiche e anche un certo ambiente che le favorisce, vale a dire le sue strade di allenamento quotidiane. E questo ambiente sono le cotes delle Ardenne, che ben conosciamo per la Liegi, per la Freccia… Affrontarle non “di rimessa” come farebbe uno sprinter e con una certa predisposizione mentale, può incidere molto proprio sull’identikit del corridore.
Chiaro che Greipel, per esempio, non sarebbe mai stato uno scalatore anche se fosse vissuto quassù, ma magari avrebbe avuto un altro feeling con le salite. A tal proposito ci viene in mente una vecchia frase di Paolo Bettini che parlando delle colline vicino alla sua Cecina, disse che la Liegi non poteva che venirgli naturale.
Esplosività e resistenza
Lescheret sorge a circa 450 metri di quota. Collina dunque, ma De Lie afferma che ha anche un po’ di pianura non troppo lontano ideale per certi lavori o per sciogliere la gamba.
Arnaud è velocissimo, ma tiene bene nelle salite non troppo lunghe. Alto 182 centimetri per 78 chili, è chiaro che può andare bene per gare non troppo dure. Anche se lui ha dimostrato il contrario, quindi sopperisce ai chili con una grande potenza.
E proprio sul discorso della forza abbiamo parlato con Arnaud: «In questo momento della stagione – dice il corridore della Lotto-Dstny – vale a dire la ripresa, sono molto importanti entrambi: sia l’esplosività che gli allenamenti più lunghi e tranquilli. Che poi è quello che ho già fatto l’anno scorso. Abbiamo visto che ha funzionato bene, anche per le corse più lunghe di 200 chilometri e persino di 260. In questo caso penso alla Gand. In quella corsa credo di aver avuto uno dei miei giorni migliori in bici, ma ho avuto tre forature nel momento sbagliato».
«Ora che ho in mente anche le classiche, devo saper combinare bene la tenuta con l’esplosività. Ci stiamo lavorando con il mio allenatore. Sappiamo che le classiche arrivano fino a sei ore e che devi essere esplosivo nel finale, ma devi anche spendere poco per le prime quattro. Quindi in quelle due ore restanti devi sapere come aprire il gas».
«Ma per essere esplosivo nel finale devi anche essere resistente. Quest’anno si è visto che sono migliorato sotto questo aspetto, ma credo anche che la resistenza sia qualcosa che vada a migliorare naturalmente di anno in anno alla mia età».
Palestra? Il giusto
Oggi molti sprinter, ma non solo (ricordiamo che De Lie si è definito finisseur), fanno dei richiami di palestra anche nel corso della stagione. Per alcune squadre il lavoro coi pesi o a secco è una filosofia.
«Direi che non conta molto per la squadra – spiega De Lie – semmai è più a livello personale. La palestra la faccio, ma preferisco lavorare di più sull’esplosività in bici. I richiami di forza durante la stagione qualche volta li faccio».
«Ho lavorato in palestra parecchio quest’anno dopo la caduta a Dunkerque e la conseguente frattura della clavicola. Ci ho lavorato con un fisioterapista e penso ci sia stato ancora un cambiamento nel mio fisico. Vediamo se sono diventato più forte grazie a questo. E’ un piccolo bonus alla fine, ma saranno i risultati a dirlo».
«Essendo un finisseur per vincere una gara devi avere una grande velocità di punta. Ma non basta. Stiamo lavorando super forte sugli sforzi di 5-6 minuti e anche sugli sforzi più brevi e intensi di 10-15-20-30 secondi».
Freddo e testa
E poi c’è un altro aspetto che ci ha colpito di De Lie, quello del freddo. L’altro giorno a casa sua il vento si faceva sentire. Non era certo un clima mediterraneo. Arnaud senza giacca era a suo agio.
Suo papà Philippe ci raccontava tuttavia che anche da quelle parti il clima è cambiato. Che una volta d’inverno la neve restava a terra a lungo, adesso non nevica quasi più. E quelle giornate con temperature anche a -15 gradi sono ormai rarissime. In questo contesto, anche se fa meno freddo, allenarsi in bici non è proprio il massimo.
«Freddo? Io non sento mai freddo – ci ha detto con la sua solita naturalezza De Lie – a me piace questo clima. Mi trovo bene. Certo, se però ci sono dieci gradi sotto zero, come è accaduto una volta, preferisco andare in Spagna al caldo!».
Anche questo può sembrare un aspetto banale, ma l’approccio mentale al freddo è indicativo. Si dice che quando piove la metà dei corridori al via siano spacciati. Avere una certa predisposizione mentale verso certe avversità vuol dire molto, così come il non sentirsi “solo” uno sprinter.