Ci sentiamo alle 10 e mezza, un’ora in meno sul Teide. Vlasov è già in altura dopo l’inizio scoppiettante, preparandosi per la Parigi-Nizza in cui per la prima volta correrà accanto a Roglic. Tre podi a Mallorca e il terzo finale alla Valenciana riportano la memoria al 2022, quando proprio in avvio vinse la corsa a tappe spagnola battendo Evenepoel. La traiettoria del russo della Bora-Hansgrohe continua nel segno della crescita, con un gradino all’anno e grande costanza. Quel che c’è da capire è se l’arrivo di Roglic sarà in qualche modo di ostacolo o disegnerà per lui un uovo ruolo. I due finora non si sono mai incrociati se non in ritiro, ma li hanno tenuti in due gruppi separati, quindi in bici non c’è ancora stato grande contatto.
«Ho fatto un bell’inverno – spiega – non mi sono mai ammalato, non ho mai saltato un allenamento e questo me lo ritrovo come un vantaggio. Ho lavorato bene e mi avvicino agli obiettivi. Fra un mese c’è la Parigi-Nizza, poi il Catalunya, che da soli sono molto interessanti. E poi arriverò fino alla Freccia e la Liegi. E a quel punto si guarderà verso il Tour, con un’altra altura. Nel programma in teoria avrei anche il Romandia, ma non credo sia funzionale alla preparazione del Tour. Lo vedremo più avanti».
Tutto sul Tour e niente Giro, dunque?
Così è stato deciso. A me sta bene, proseguo nel mio cammino di crescita guardando ai miei obiettivi, che non mancano. Cresco per gradi e credo che vada bene così, meglio che sfoderare un anno sensazionale e poi sparire. In realtà non conosco ancora i miei limiti e correre accanto a Roglic sarà un vantaggio. Vedere come si allena e come corre un atleta del genere sarà un’ispirazione, il Tour sarà un’ottima scuola. Nel frattempo potrò seguire i miei obiettivi. Il prossimo è la Parigi-Nizza. Il morale è cresciuto e gli obiettivi sono più alti, si ragiona da squadra top.
Volendo continuare a crescere, hai cambiato qualcosa nella preparazione?
No, più o meno ho fatto lo stesso. Mi sono concentrato sul migliorare in salita, perché alla Vuelta alla fine mi staccavo dai migliori e quando sei lì, rassegnarsi è difficile. Nella mia testa non ci sto a cedere. Dico: «Dove cavolo volete andare?». Non ti va di lasciarli andare, però succede e devo crescere. Invece a crono credo di essere migliorato tanto.
Negli ultimi tre anni hai fatto quarto al Giro, quinto al Tour e settimo alla Vuelta: che differenze vedi?
Quando ho fatto quarto al Giro del 2021, era la seconda volta in una gara di tre settimane e forse mi è mancata un po di esperienza. Ho fatto un paio di grossi errori e ho perso tanto. Al Tour 2022 invece sono caduto e non so neanche io come abbia fatto a tenere duro e arrivare quinto. Infine all’ultima Vuelta, c’erano corritori fortissimi. Ho provato a stare con loro, ma l’ultima non è stata la mia stagione migliore. Non stavo benissimo e anche se le salite lunghe mi piacciono, ho pagato qualcosa.
Alla Parigi-Nizza non sarai leader unico, ci sarà anche Roglic che l’ha già vinta: come vi gestirete?
Vedremo chi sarà messo meglio e ci regoleremo di conseguenza.
L’arrivo di un leader così forte potrebbe causare scontento in qualcuno?
In qualche caso potrebbe succedere. Lui stesso è andato via da dove era prima, perché non trovava spazio per il Tour e voleva essere capitano unico. Anche noi quest’anno andremo al Tour con tutti i migliori, come la Jumbo e la UAE che addirittura porterà cinque capitani. Ma non è detto che inizierò a tirare per Roglic dal primo chilometro e che lasci subito la classifica. Prima dobbiamo vedere come si mette la corsa.
Alla Bora ci sono tre italiani, è vero che sei spesso in camera con loro?
Sì è vero, forse perché parlo la lingua. Ci sono Benedetti, Sobrero, che è appena arrivato e Aleotti. Giovanni è un ragazzo motivato. Un consiglio? Gli direi di credere un po’ di più in se stesso, nella sua capacità di vincere e non limitarsi solo a tirare.