Bennati un mese dopo, bilancio e sassolini nelle scarpe

28.10.2022
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«Devo essere sincero – dice Bennati dopo una breve pausa – non per sminuire l’europeo, però quello che ho provato quando sono salito sull’ammiraglia al campionato del mondo, quando ho passato il chilometro zero, è stato veramente tutta un’altra cosa. A livello di emozioni, l’ho sentito molto di più. E’ stata una sensazione strana, che rivivo anche adesso nel raccontarla. In quel momento lì, ho detto: “Cavoli, sto veramente guidando la nazionale italiana!”. Mi sono sentito orgoglioso».

E’ passato un mese dai mondiali di Wollongong e quasi un anno dalla nomina di Bennati a guida dell’ammiraglia azzurra (in apertura, il toscano segue i passaggi fra uno schermo e la transenna, non potendo comunicare con i corridori via radio). Ieri sera Daniele ha parlato per quasi un’ora in videoconferenza con l’Università di Medellin, in Colombia, nell’ambito di un incontro chiamato “L’esperienza italiana nel ciclismo”. I colombiani si sono rivolti al CONI e da qui la palla è passata alla Federazione che ha chiesto al tecnico azzurro se fosse disponibile. E Bennati, forte degli anni alla Movistar, ha raccontato la sua esperienza in un ottimo spagnolo.

Ieri pomeriggio, Bennati è rimasto a lungo in una videoconferenza: inizio alle 9, ora di Medellin
Ieri pomeriggio, Bennati è rimasto a lungo in una videoconferenza: inizio alle 9, ora di Medellin

Tempo di bilanci

La stagione è finita. Ieri è stato presentato il Tour de France, per una volta in ritardo rispetto al Giro. E mentre i corridori recuperano dalle fatiche della stagione, fare il punto con Bennati è un buon modo per mettere i puntini sulle i e semmai togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Come quando hanno scritto che fosse sull’orlo delle dimissioni oppure hanno sottolineato la sua assenza al record dell’Ora di Ganna, per quel gusto di inventare scoop che poi come boomerang ti arrivano giustamente in faccia.

E’ il momento dei bilanci: che anno è stato per te?

E’ stato un anno intenso, perché comunque era la prima esperienza. Alla fine, se faccio rewind, non manca niente. Fondamentalmente sono contento. Insomma, si lavora un anno per andare a fare il campionato del mondo, che era l’appuntamento più importante. Diciamo che sono passato dall’antipasto dell’europeo, che però purtroppo aveva un disegno e un percorso che con noi non c’entrava molto.

Hai parlato delle sensazioni al chilometro zero…

Il mondiale è il mondiale, è proprio l’emblema, l’essenza di questo mestiere. Chiaro, c’è anche l’Olimpiade, ci mancherebbe altro. C’è anche l’europeo, però il mondiale, io l’ho sentito in quel modo. Dal punto di vista personale, è una cosa che mi porterò sempre dentro

Una stagione iniziata facendo correre in azzurro i ragazzi della Gazprom.

Indipendentemente dai motivi che hanno portato a fare quel tipo di calendario, dal punto di vista personale e tecnico mi è servito veramente tanto. Ho potuto guidare i ragazzi con la radio. Ti alleni e lavori tutto l’anno usandole, poi al mondiale non le hai più. Sono stati passaggi importanti, perché un conto è arrivare direttamente al mondiale o all’europeo senza mai aver fatto prima una riunione o una tattica, un altro è aver potuto fare esperienza in queste corse. Mettere a punto quello che poi ho attuato in Australia, cercando di sbagliare il meno possibile.

L’esperienza di corridore ai mondiali ha qualcosa in comune con quella del tecnico?

Ti metti completamente dall’altra parte e i ragazzi devono avvertire l’autorevolezza da parte di chi sta sopra di loro. Non è stato subito facile, per il fatto che la maggior parte dei corridori mi vedono ancora come uno di loro. Dalla mia parte, per certi versi mi sento anch’io vicino a loro come età, anche se con alcuni ci sono 20 anni di differenza, per questo non è stato facile creare questo tipo di distacco. Diciamo che ho trovato tutti ragazzi molto intelligenti.

Comunicare a Sobrero e Zana che non avrebbero corso è stato una prima volta impegnativa
Comunicare a Sobrero e Zana che non avrebbero corso è stato una prima volta impegnativa
I tuoi predecessori hanno sempre parlato della difficoltà di fare le scelte…

E’ chiaro che quando è arrivato quel momento, non è stato facile andare da Sobrero e Zana e dirgli che non avrebbero corso. Personalmente mi dispiace, perché so cosa significa. Ma loro almeno in Australia c’erano, difficile definirli esclusi. Mentre quando ho fatto la telefonata per dire a Pasqualon, Oldani o Albanese che non rientravano nei miei programmi, sapevo esattamente cosa provavano. Sentirsi dire quelle parole, ma anche dirle. Quello scalino è forse il lato più difficile del mio mestiere. Mi ricordo il mio rapporto con Franco (Ballerini, ndr) era di amicizia, era stato mio testimone di nozze. Ricordo quando mi chiamò alla Vuelta del 2007 e mi disse: «Guarda Daniele, preferirei togliermi il fegato, piuttosto che dirti che non ti posso portare». Diciamo che ho avuto esperienze nel bene e nel male che mi hanno fatto capire come ci si debba comportare o quale approccio si debba avere

Hai scelto in base agli ordini di arrivo?

Se fai la squadra in questo modo, non avrai mai un gruppo che abbia un senso. Devi avere un’idea di squadra. Poi è chiaro che gli ordini di arrivo contano, perché comunque sono il termometro per capire in che condizione sono i corridori. Sicuramente ho valutato tanti altri aspetti, non solo quelli tecnici o fisici, ma soprattutto il lato umano di ognuno di loro.

Rota a un passo dalla medaglia nel mondiale del debutto: sarebbe stata la ciliegina sulla torta
Rota a un passo dalla medaglia nel mondiale del debutto: sarebbe stata la ciliegina sulla torta
Poco fa hai parlato del non poter usare le radio in corsa.

L’avevo detto subito, poi qualcuno se n’è accorto e qualcun altro no. Già dall’anno scorso avvisai che l’unica nota negativa di questo mestiere è il fatto di prepararsi per un anno, poi andare a fare il campionato del mondo e sparire nel momento in cui abbassano la bandierina. Il mio lavoro finisce quando parte la corsa, perché comunque puoi dare le indicazioni in gara, fai le lavagnette e cerchi di di tappezzare il percorso con più uomini possibili, però non è mai facile comunicare, mentre i corridori passano a 50 all’ora. Avendo la radio, sarebbe cambiata la nostra corsa.

In cosa?

Sono convintissimo che Remco non avrebbe staccato Rota, per le gambe che aveva. Quando è nata l’azione di Evenepoel, ho cercato di far scrivere su tutte le lavagne e su tutti i muri che Rota non doveva mollare la sua ruota, invece quando Remco è andato via, lui era da un’altra parte. Con la radiolina gli avrei rotto talmente le scatole, che non avrebbe perso la posizione. E anche nel finale, assieme agli altri tecnici gli avrei detto alla radio di collaborare fino ai 300 metri e poi di fare la volata. C’erano due medaglie a disposizione e una poteva essere nostra. 

Dopo la corsa, il primo chiarimento con Trentin, punto di riferimento azzurro
Dopo la corsa, il primo chiarimento con Trentin, punto di riferimento azzurro
Rimpianti?

Siamo stati una nazionale che si si è mossa bene. Ci siamo sempre inseriti nelle azioni che contavano e avevamo sempre due-tre uomini in ogni tentativo. Sono stati bravissimi, in tutte le situazioni che avevamo preventivato loro c’erano. Mi dispiace per la medaglia che è sfuggita. Secondo me non avremmo rubato niente a nessuno. Se avessimo fatto medaglia con Rota, sarebbe stato veramente bingo. Avremmo tirato fuori veramente il meglio da questa nazionale.

Anche perché eravate partiti fra le critiche…

Ci davano per dispersi, sarebbe stato veramente bello, ma questo non cambia il buono che abbiamo fatto. Personalmente per me, per tutto quello che è stato fatto per questo mondiale, essere riuscito a costruire un gruppo e avere dei ragazzi che hanno veramente corso uniti e soprattutto hanno dimostrato di avere un attaccamento molto forte alla maglia azzurra, è la cosa più importante. Certe critiche a oltranza sono state un fastidio, però allo stesso tempo diventano una grande motivazione. Perché alla fine quello che viene è veramente tutto di guadagnato. 

Rota, Ballerini, Bagioli: quella di Bennati è stata una delle nazionali azzurre più giovani
Rota, Ballerini, Bagioli: quella di Bennati è stata una delle nazionali azzurre più giovani
La sera dopo la corsa vi siete riuniti. Al di là delle cose dette, che sono affar vostro, che clima c’era?

E’ stata una riunione molto serena e tra l’altro per me la soddisfazione più grande, si può anche scrivere, è stata quando ha preso la parola Matteo (Trentin, ndr), che comunque è il punto di riferimento per i ragazzi e per la nazionale in generale. E lui davanti a tutti, Scirea e Velo fra gli altri, mi ha fatto i complimenti, perché ho gestito molto bene questo gruppo. Tra l’altro era un gruppo molto giovane, se non il più giovane di sempre, sicuramente era una delle nazionali più giovani in assoluto. E lui ha detto che non era facile assolutamente creare un gruppo così coeso. Mi ha fatto i complimenti davanti agli altri e per me, insomma, questa per me era già una medaglia.

Ci sono stati giorni di tensione per alcune critiche uscite sui media, soprattutto su Ganna…

Viviamo in un’epoca in cui le critiche sono un po’ più gratuite che in passato. Arrivano da destra e manca. Ci sono degli atleti che ne risentono di più, altri che ne risentono di meno. Nel caso specifico di Ganna, è chiaro che quando vieni da due campionati del mondo vinti, tutti si aspettano il terzo. Ho avuto anche io la percezione che sia rimasto male per qualcosa che ha letto, ma questo credo che sia normale. Però Pippo è un tipo di atleta, un uomo che non si fa scoraggiare per una critica in più. Anzi, ha saputo prendere le critiche e le ha messe da parte con i fatti.

Le critiche dai media hanno colpito Ganna, dato per morto alla vigilia della grande Ora e dell’iride di Parigi
Le critiche dai media hanno colpito Ganna, dato per morto alla vigilia della grande Ora e dell’iride di Parigi
Ma tu a Grenchen non ci sei andato…

Fa una risata. Ne avevamo parlato poche ora dopo l’uscita della bufala. Quando scherzando disse che la prossima volta avrebbe mostrato il certificato medico per l’influenza che lo aveva costretto in casa. Come pure per le dimissioni presunte e mai neppure ipotizzate, venute fuori da qualche parte mentre era a casa di Bettiol ragionando sul mondiale. A fare la storia secondo certe fonti, in che mondo contorto vivremmo? Ma adesso è tempo di andare. L’appuntamento è a una generica prossima volta. Anche Benna si concederà qualche giorno di vacanza con Chiara e Francesco, forse durante le vacanze di Natale quando le scuole saranno chiuse. E poi si tratterà di ricominciare. La nazionale, come pure la prossima stagione, si costruisce d’inverno.

La pazza idea di un’altra Ora? Non sarebbe così pazza

22.10.2022
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Il mondiale andato di traverso. Il record dell’Ora. L’argento nel quartetto con un gran tempo. E poi l’inseguimento col record del mondo. Volendo rileggere il finale di Pippo Ganna, prima di chiudere il file e passare oltre, abbiamo interpellato nuovamente Dario Cioni, il coach che sta sempre un passo indietro, avendocene spiegato anche il perché.

Il ritiro di Nizza, l’ultimo della vecchia stagione e insieme il primo della prossima, ha chiuso l’interminabile 2022 della Ineos Grenadiers. Ieri sera è stato dato il “rompete le righe” e da oggi i corridori e i tecnici potranno tirare un po’ il fiato. Il prossimo appuntamento sarà il ritiro di dicembre a Mallorca e per allora si comincerà a parlare anche di programmi e dei percorso per raggiungerli.

Il finale di stagione di Ganna è stato orchestrato e gestito da Villa e Cioni: un ottimo lavoro
Il finale di stagione di Ganna è stato orchestrato e gestito da Villa e Cioni: un ottimo lavoro
Dario buongiorno, ripartiamo dall’Australia. Ci sono state due giornate irresistibili e due un po’ meno.

Il mondiale è andato di traverso. Alla fine i fatti hanno confermato che si è trattato di una giornata storta. Il quartetto invece l’hanno perso con un bel tempo, quello non è stato una giornataccia. Hanno trovato una Gran Bretagna tosta e anche la Danimarca. Ed è servito per capire che in vista delle Olimpiadi ci sarà da lavorare.

Credi che il recupero fra l’Ora e i quartetti sia stato sufficiente?

Era il tempo che c’era, non si poteva spostare il mondiale. Di fatto, il giorno dopo Grenchen hanno viaggiato sui furgoni, quindi magari un giorno in più avrebbe fatto comodo. Però bisogna anche guardare il cronometro.

Cioè?

Se il quartetto avesse fatto 3’50” allora si sarebbe potuto parlare di delusione, ma hanno fatto 3’46″033 che resta una delle migliori prestazioni di sempre. Gli altri hanno fatto 3’45″829, parliamo di 20 centesimi.

Dopo le prove di fine stagione, è evidente che nella crono australiana, Ganna pagò un giorno storto
Dopo le prove di fine stagione, è evidente che nella crono australiana, Ganna pagò un giorno storto
E’ possibile che il quartetto sia stato un utile passaggio dopo l’Ora, verso l’inseguimento individuale?

Pippo teneva a fare bene il quartetto, l’individuale nemmeno sapeva se lo avrebbe fatto. Però rispetto al quartetto, quello individuale l’ha fatto con un rapporto più lungo con cui magari s’è trovato meglio. Sono scelte però che si fanno anche per le velocità che aumentano.

In effetti ci sarebbe stato da aspettarsi che anche Bigham dopo il quartetto facesse un bell’inseguimento…

Invece non ha tenuto, mentre Pippo e anche Milan sono cresciuti di prova in prova e quella è la differenza fra chi ha il fondo della strada e il pistard. Pippo è uno dei pochi che in finale fa il tempo migliore che in qualifica. Ai campionati britannici, Bigham aveva fatto 4’06, comunque un bel tempo. Solo che per farlo a ripetizione c’è bisogno di un’altra base. E alla fine ha preso il bronzo con 4’09”.

Si può dire che abbiate avuto tempi un po’ stretti?

Strettissimi, tanto che rispetto a prima del mondiale, il programma è stato cambiato. Nell’ultima settimana, siamo andati dritti. Avessimo seguito i piani, saremmo dovuti andare altre due volte a Grenchen e fare una prova sull’ora, che ci avrebbe fatto capire la distanza cui potevamo arrivare nel vero tentativo. Invece abbiamo fatto una sola prova di 35 minuti il lunedì prima.

Nelle varie fasi del quartetto, Ganna è sempre andato in crescendo. Qui nel 1° round contro la Francia
Nelle varie fasi del quartetto, Ganna è sempre andato in crescendo. Qui nel 1° round contro la Francia
Il test sull’ora avrebbe permesso di gestire diversamente il tentativo vero e proprio?

Lo avremmo gestito meglio. Avremmo fatto la prova sulla distanza di Boardman, capendo se e come puntare ai 57 chilometri. L’idea di partenza è sempre stata il record assoluto. Con Pippo sapevamo di poter battere i 56,375 di Boardman, ma non gli abbiamo mai creato pressione. Sappiamo che si conosce alla perfezione. Con Bigham la parte mentale era secondaria, perché aveva tutti i riferimenti. Invece per Pippo, anche se non in maniera… artistica, la testa è il vero punto di forza.

Quindi avere una tabella troppo rigida sarebbe stato controproducente?

Esatto. A Ganna non vanno messi limiti, l’ho capito nelle crono del Giro che ha vinto. Non bisogna limitare il suo orizzonte e per questo a Grenchen aveva le famose tre tabelle, i tre scenari che avrebbe scelto lui. Una situazione in cui si sentisse padrone.

A Grenchen un’Ora stellare, forse limitata dal poco tempo per la preparazione
A Grenchen un’Ora stellare, forse limitata dal poco tempo per la preparazione
E allora quel voler accelerare prima del tempo è stata la mente che ha provato a stupire oltre ogni limite?

Credo che abbia dato quella brusca accelerazione per far capire che andava per i 57. Il calo degli ultimi 10 minuti è stato più per un fatto di poco comfort sulla sella, che si è riflesso sulla prestazione.

Puoi anche non rispondere, ma questi problemi possono essere dipesi da un fondello non adeguato?

I fattori possono essere multipli. Su strada ad ogni curva fai un rilancio, ti alzi, ti muovi. Su pista sei… inchiodato alla sella. Per cui abbiamo provato nei giorni precedenti a fare un paio di manovre per rendere la situazione più confortevole, ma non è bastato. Avessimo fatto quel test sui 60 minuti, magari ce ne saremmo accorti prima.

Alla luce di tutto questo, verrebbe da dire: riprovateci presto…

Sapevamo che da questo tentativo di Pippo avremmo tutti imparato qualcosa. Rifarlo? O vai subito, perché sfrutti il materiale e quindi si parla di qualche mese. Oppure aspetti che ci provi qualcun altro, ricordando anche che fra un anno e mezzo ci sono le Olimpiadi.

Il richiamo di entusiasmo attorno a Ganna di questo ultimo mese è stato travolgente
Il richiamo di entusiasmo attorno a Ganna di questo ultimo mese è stato travolgente
Pensi che lo batteranno?

Prima o poi arriverà qualcuno, lo sviluppo tecnologico è continuo e di nuovi fenomeni in gruppo se ne vedono tanti. E’ un’utopia pensare di aver fatto il record eterno, la curiosità sarà vedere se qualcuno proverà presto convinto di poterlo battere o se passerà del tempo, perché hanno capito che sarà dura.

I 57 mancati di poco sono un rammarico?

No, siamo convinti di aver fatto un’impresa enorme, come conseguenza di un lavoro iniziato da lontano. Si è parlato tanto di Bigham, ma lui è arrivato solo alla fine. E la posizione in sella di Pippo è sempre rimasta la stessa. E’ stato il record di Ganna. Un record gigantesco.

Le vacanze in Kenya, poi per Zana inizia la nuova vita

15.10.2022
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Il tricolore da far splendere nel WorldTour. La vittoria nel campionato italiano di fine giugno in Puglia ha spalancato le porte della Bike Exchange-Jayco a Filippo Zana, che con gli australiani ha firmato un contratto triennale. C’è tanta voglia di crescere nel ventitreenne vicentino sbocciato nella Bardiani Csf-Faizanè che, oltre a vestirsi con il simbolo del primato nazionale, ha sfiorato l’azzurro ai mondiali in Australia.

Sobrero e Zana sono stati i messaggeri di Bennati al mondiale: nel 2023 correranno insieme alla Bike Exchange
Sobrero e Zana sono stati i messaggeri di Bennati al mondiale: nel 2023 correranno insieme alla Bike Exchange
Ti avevamo lasciato su quel ponticello 4 chilometri dal traguardo della prova iridata: ce lo racconti?

Eravamo io e Sobrero. Sicuramente sarebbe stato bello correre, però è stata una gran bella esperienza: tutto serve nella vita.

C’è un punto in comune tra il campionato italiano che hai vinto e il mondiale, ovvero l’assenza di radioline: ci sveli qualche retroscena?

Al campionato italiano andavamo dietro alla macchina, anche perché la prima parte era in linea e non avevamo molte informazioni. Anch’io andavo dietro per chiedere come eravamo messi e che cosa dovevamo fare: per fortuna è andata per il meglio per me.

Per il tuo modo di correre è stato un vantaggio non avere riferimenti?

Diciamo che alla fine servono sempre le gambe. Poi, le radioline danno qualche vantaggio, ma se hai le gambe stai davanti, altrimenti ti stacchi

La vittoria del tricolore in Puglia, venuta dopo la Adriatica Ionica Race, ha segnato per Zana la svolta
La vittoria del tricolore in Puglia, venuta dopo la Adriatica Ionica Race, ha segnato per Zana la svolta
E al mondiale?

Cercavamo di dare più riferimenti e informazioni possibili ai nostri compagni. Probabilmente con le radio sarebbe potuto cambiare qualcosa e, magari, il gruppo di Rota non sarebbe stato ripreso. Comunque, Evenepoel ha fatto vedere di essere il più forte e il nome del vincitore non sarebbe cambiato. Non trovo tanto il senso che si corra sempre con le radioline e poi manchino nelle due o tre volte l’anno in cui ti giochi qualcosa di molto importante. Le regole stanno così, perciò mi adeguo e cerco di fare del mio meglio.

Il 2022 è stato un anno incredibile per te: te l’aspettavi?

Diciamo che quest’anno ci sono stati tanti alti e bassi. Al Giro d’Italia non ero molto felice, poi per fortuna è arrivata la condizione, per cui c’è stato un mese e mezzo che mi sono fatto vedere, dopodiché è arrivata anche la maglia.

La maglia tricolore di Zana sul San Luca, accanto a Izagirre, all’ultimo Giro dell’Emilia
La maglia tricolore di Zana sul San Luca, accanto a Izagirre, all’ultimo Giro dell’Emilia
Cos’è cambiato da quando hai indossato il tricolore?

La maglia pesa un po’, cerco di onorarla sempre al meglio. E’ dura, ma mi auguro di partire col piede giusto anche l’anno prossimo, in cui avrò tante motivazioni. Il passaggio di squadra mi stuzzica, fa bene al morale, speriamo di fare bene.

Che cosa ti aspetti da questa avventura alla Bike Exchange?

Penso che entrare nel WorldTour sia il sogno di tutti i ragazzi che cominciano a correre in bici. Sono riuscito a realizzare quello che da bambino sembrava così lontano e ora corro al fianco di grandi campioni

Siamo in anni di grandi cambiamenti, con l’avvento di tanti giovanissimi talenti come Pogacar, Van Aert, Evenepoel: che ne pensi?

Sono dei fenomeni contro cui dobbiamo correre. Spero di farmi valere e di farmi valere ogni tanto. 

Anche Zana, come qui Simon Yates, ha sostenuto le visite mediche a Torino nei giorni scorsi (foto BEX Media)
Anche Zana, come qui Simon Yates, ha sostenuto le visite mediche a Torino nei giorni scorsi (foto BEX Media)
Ti piacerebbe più fare un grande Giro o hai messo nel mirino qualche classica?

Vorrei fare un grande Giro in supporto di qualche mio compagno poi, se ce ne sarà occasione e la condizione mi assisterà, magari avere qualche giorno di libertà se si è lì davanti con un po’ di gamba. Le classiche sono bellissime, forse un po’ meno adatte a me, ma se ci fosse qualche possibilità… La più adatta a me potrebbe essere la Liegi, poi mi piacerebbe fare la Roubaix almeno una volta nella vita ed entrare nell’inferno del pavé. Tutte le gare a cui si va, sono buone per vincere.

Col tuo tricolore rappresenti il movimento italiano, che sta brillando su pista trascinato da Ganna, ma che sta ricevendo anche troppe critiche su strada…

Tanti hanno criticato il nostro movimento e parlato di crisi, ma non credo sia così in difficoltà, visto che anche al mondiale eravamo là davanti e siamo stati tutto il giorno in corsa. Certo, adesso non abbiamo un fenomeno che possa vincere le classiche o grandi Giri alla Pogacar o Evenepoel. Magari ci manca quella stella poliedrica, però mi sembra eccessivo dire che siamo messi malissimo. Col passare degli anni possiamo crescere ancora molto. Abbiamo tanti giovani che stanno crescendo, per cui speriamo di trovare anche noi un fenomeno italiano.

Il mondiale, sia pure da riserva, ha permesso a Zana (qui con Trentin) di mettere un piede nel ciclismo dei grandi
Il mondiale, sia pure da riserva, ha permesso a Zana (qui con Trentin) di mettere un piede nel ciclismo dei grandi
Ti concederai un po’ di relax?

Sento il bisogno di una bella vacanza. Era da tanto che volevo andare in Kenya e ci andrò con la mia ragazza.

Il tuo tipico allenamento autunnale?

Cerco di uscire sempre, dopo la quarantena i rulli hanno preso solo polvere. La mia salita personale è il Costo che va ad Asiago, perché penso sia la più calda del Veneto in inverno. E poi è il ritrovo dei ciclisti dell’Alto Vicentino.

Da solo o in compagnia?

Ci sono un po’ di professionisti che abitano in zona, per cui ci troviamo per strada. C’è Brambilla, poi Battistella e Richeze, che abita a Bassano. In allenamento ci si incrocia e ci si trova, per cui è bello anche così.

Paladin, com’è stato il tuo mondiale a bordo strada?

14.10.2022
5 min
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Il mondiale in Australia avrebbe preferito correrlo, è un’ovvietà. In un qualche maniera però Soraya Paladin è stata in gara in modo attivo sul circuito di Wollongong. Al termine dello strappo mozzafiato di Mount Pleasant c’era proprio la 29enne di Cimadolmo a dare indicazioni alle sue compagne azzurre, seguendo le direttive del cittì Sangalli con cui era in contatto.

La mancanza delle radioline nelle competizioni per nazionali è una assurdità – se si pensa che durante il resto della stagione non è così – ma obbliga sempre i vari staff ad organizzarsi nel migliore dei modi nei punti più delicati. E per chi resta fuori dalle titolari è l’occasione di dare il proprio contributo. Paladin che aveva disputato le prove iridate di Imola, Yorkshire e Innsbruck (quelle con percorsi duri, per intenderci), come ha vissuto questa esperienza a bordo strada? Glielo abbiamo chiesto al rientro dal Tour de Romandie, la sua ultima fatica stagionale nella quale ha vinto la classifica a punti. E naturalmente la chiacchierata non si è limitata solo a quello…

Soraya ha chiuso la stagione al Romandia vincendo la classifica a punti
Soraya ha chiuso la stagione al Romandia vincendo la classifica a punti
Soraya togliamoci subito il dente. Sei rimasta molto delusa di non aver corso?

E’ scontato dire che avrei voluto partecipare anche perché il tracciato mi piaceva, adatto alle mie caratteristiche. C’è un po’ di amarezza e mi ha fatto male vedere le mie compagne da fuori però non è stata una decisione a sorpresa. Sapevo che ero in dubbio, lo avevo capito e ne avevo parlato con Paolo (il cittì Sangalli, ndr). Ero in ballottaggio con Vittoria (Guazzini, ndr), ma forse era giusto che corresse lei visto che aveva una grande condizione.

Se fossi rimasta in Italia avresti avvertito meno la delusione?

Non lo so, forse avrei detto di sì subito. Essere in Australia, provare il percorso con le mie compagne e poi restare fuori… la vivi molto più intensamente. Però se ci penso a mente più fredda, sono contenta di aver fatto questa trasferta. Intanto mi sono guadagnata la convocazione, che è sempre una bella soddisfazione e un grande onore. Poi sono comunque stata d’aiuto alla squadra, come mi era stato chiesto: una cosa che da casa non avrei potuto fare.

Nel 2022 Paladin ha disputato 8 corse a tappe, compresi Giro Donne e Tour Femmes.
Nel 2022 Paladin ha disputato 8 corse a tappe, compresi Giro Donne e Tour Femmes.
Che sensazione è stata essere a bordo strada?

Sono riuscita subito a metabolizzare l’esclusione e concentrarmi immediatamente sul mio compito. Con lo staff azzurro si era deciso che in cima alla salita più dura del circuito dovesse andarci un’atleta, perché conoscendo e correndo sempre insieme non solo alle compagne, ma anche alle nostre avversarie, avrebbe potuto avere un occhio più attento su chi poteva avere più difficoltà od essere più in palla. Alla base di questa scelta e di conseguenza del mio ruolo, c’è il fatto che in nazionale ognuna di noi sa sempre cosa fare. In corsa o fuori, il dialogo da noi è importante, un vantaggio. Mi sono accorta una volta di più che essere dentro alla nazionale dà sempre tanti stimoli. Il primo? Tornarci per essere in gara.

Nel punto in cui eri tu chi ti ha colpito di più? Erano impressioni veritiere o meno?

Ero in cima al tratto con pendenze attorno al 20 per cento. Non si poteva fingere. Durante i primi giri vedevo pedalare molto bene la Vos. Pensavo diventasse il solito brutto cliente, ma alla fine credo che abbia pagato la mancanza del ritmo gara visto che non correva da un po’. Al contrario vedevo passare sofferente la Van Vleuten. Non era quella di sempre perché negli ultimi due giri sarebbe stata con quelle di testa e probabilmente avrebbe attaccato. E forse, per assurdo, magari non avrebbe vinto perché l’avrebbero inseguita tutti dato che non era facilissimo fare il vuoto. Credo che Annemiek stavolta abbia vinto davvero di classe. Ha corso in modo intelligente e nel finale ha piazzato un’azione che ha preso davvero tutte in contropiede. D’altronde non aveva nulla da perdere e ha tentato.

Paladin qui all’europeo 2021. E’ stata una pedina importante anche in tre mondiali consecutivi: Innsbruck, Yorkshire e Imola
Paladin qui all’europeo 2021. E’ stata una pedina importante anche in tre mondiali consecutivi: Innsbruck, Yorkshire e Imola
Delle nostre invece cosa avevi percepito?

Balsamo è una che corre sempre piuttosto davanti quando sta bene. Inizialmente quando la vedevo passare un po’ indietro credevo che stesse salvando la gamba, ma giro dopo giro ho capito che non aveva una grande giornata. Qualcuno dice che potrebbe aver sentito la pressione, ma anche lei non aveva nulla da dimostrare. Ci sta assolutamente vivere una giornata del genere e nessuno gliene può fare una colpa. Longo Borghini è stata la solita attaccante che si è mossa nel punto più duro e nei momenti decisivi. Silvia (Persico, ndr) ha colto una medaglia incredibile al suo esordio in azzurro. Vittoria è andata forte. Però Cecchini e Bertizzolo per me hanno fatto un garone! Tutto il giorno sempre davanti a lavorare per le nostre punte. Abbiamo gestito la corsa in modo ottimale e non abbiamo nulla da recriminare.

Mentre passavano davanti a te cosa vi dicevate?

Principalmente ero io che parlavo perché loro ero a tutta (sorride, ndr). Gli davo gli aggiornamenti su chi era davanti e dietro, sui distacchi, su chi c’era da fare attenzione. Gli trasmettevo gli ordini di squadra. A volte bastavano solo degli sguardi o dei cenni. Alla fine, quando la gara è entrata nel vivo, erano più incitamenti che altro. Le caricavo a non mollare per aiutarle a scollinare perché quando sei in acido lattico, passi via una salita più di testa che di gambe. E’ stato bello vederle da questo punto di vista, si soffre e ci si esalta. Però vi ripeto che è meglio correre (sorride nuovamente, ndr).

Paladin qui al Tour Femmes. La sua Canyon Sram ha vinto la classifica a squadre
Paladin qui al Tour Femmes. La sua Canyon Sram ha vinto la classifica a squadre
A questo punto, cosa cerchi dal 2023?

Vi confesso che ancora non ci ho pensato. Voglio prima godermi una mini-vacanza a Lisbona dove vado a fare il tifo per mia sorella Asja (che è stata elite fino al 2020, ndr) che nel weekend correrà un ironman. Però per dare una risposta dico che vorrei fare bene alle classiche di primavera perché un risultato lì è un buon modo per guadagnare morale per le gare successive. Quest’anno ero partita forte con due podi (in una tappa della Valenciana e a Cittiglio, ndr) poi mi aspettavo qualcosa di più da Giro e Tour. Ho chiuso bene la stagione tra Olanda e Svizzera ma l’anno prossimo vorrei avere più continuità.

Rota si confessa e prenota un inverno di volate

07.10.2022
4 min
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Lorenzo Rota sarà al via del Giro di Lombardia, ma a completo supporto di Domenico Pozzovivo. Il corridore bergamasco avrebbe dovuto correre con i gradi di capitano, ma si è beccato una brutta influenza che gli ha impedito di mantenere alta la condizione. I primi sintomi al Giro dell’Emilia, poi il ritiro alla Tre Valli Varesine. Un paio di giorni per effettuare i tamponi ed escludere l’infezione da Covid, quattro chiacchiere con la squadra, la consapevolezza di avere in “Pozzo” la solita certezza, quindi la decisione.

Lorenzo Rota ha 27 anni ed è pro’ dal 2016. Prima dell’Intermarché, è stato con Bardiani e Vini Zabù
Lorenzo Rota ha 27 anni ed è pro’ dal 2016. Prima dell’Intermarché, è stato con Bardiani e Vini Zabù

Quasi otto

Meglio così, altrimenti la sua stagione rischiava di finire a Wollongong, sul camper della nazionale. Lì, con la testa piena di rimorsi, incassata tra il palmo delle mani e il volto disperato per l’occasione persa, aveva solo una spia luminosa che ronzava nella mente: il Lombardia. Del resto quest’anno si parte dalla sua (per motivi di origini) Bergamo e arriva nella “sua” (perché quell’arrivo gli piace assai) Como.

«Mi dispiace  – ha detto il corridore della Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux – perché con la partenza nella mia città ci tenevo particolarmente ad essere protagonista, soprattutto dopo il mondiale. Quella è la mia distanza ideale, le salite del finale come Civiglio e San Fermo, si adattano alle mie caratteristiche. La mia annata è stata comunque positiva. Se dovessi darmi un voto? Tra il sette e mezzo e l’otto».

Fra Pozzovivo e Petilli, nel 2022 Rota ha conquistato il Sazka Tour
Fra Pozzovivo e Petilli, nel 2022 Rota ha conquistato il Sazka Tour

Lezioni da imparare

Una stagione in cui Rota ha seminato moltissimo e ha raccolto poco, se non il successo finale al Sazka Tour in Repubblica Ceca e un successo di tappa nella stessa corsa. Le occasioni, quelle ghiotte, se le era create mica in corse di secondo livello. Secondo nella tappa del Giro con arrivo a Genova. Secondo al campionato italiano. Fuori dalle medaglie mondiali quando a qualche centinaio di metri dal traguardo assaporava il dolce sapore che può avere un metallo. Secondo al Giro di Toscana. Oldani, Zana, il gruppo dei big, Hirschi gli avversari che lo hanno beffato. E da cui, forse, c’è qualcosa da imparare per il futuro. Lorenzo lo sa e con la voce ancora rauca si sforza di guardare all’inverno e alla prossima stagione. 

«Non ho mai corso per stare davanti a giocarmi le vittorie – ammette – quindi non mi sono mai dedicato molto alle volate. Primo mea culpa. Detto questo, viste le performance di quest’anno lavorerò duro su questo fondamentale. Ci sarà da curare sia l’aspetto tecnico e atletico, sia quello strategico. Confido anche che da queste occasioni il bagaglio della mia esperienza possa essere più ricco».

Il mea culpa più grosso del mondiale è per Rota non aver ascoltato Bennati e aver lasciato la ruota di Evenepoel
Il mea culpa più grosso del mondiale è per Rota non aver ascoltato Bennati e aver lasciato la ruota di Evenepoel

La ruota di Remco 

A questo punto, il bergamasco riavvolge il rullino dei ricordi e prosegue con le “penitenze” sportive, tornando alle consegne ricevute in Australia e parzialmente disattese.

«Al mondiale – confessa – ho commesso due errori: non rimanere appiccicato ad Evenepoel quando è scattato (era un tratto interlocutorio, che ho sottovalutato) e non attaccare ai piedi della salita in vista dell’arrivo per non dovermela giocare in volata. Ho aspettato lo scollinamento, ma era tardi ed una volta giunti sul rettilineo finale, ho visto i fantasmi del Giro di Toscana, quando Hirschi mi ha fatto passare avanti e mi ha messo in una condizione di svantaggio. Non volevo commettere lo stesso errore, ho aspettato, ma tutti sappiamo come è andata a finire. Sulle altre occasioni penso che siano dinamiche di corsa da rispettare, che fanno parte del gioco. Un conto è parlare seduti sul divano, un altro farlo in sella alla bicicletta dopo 6-7 ore di corsa. E poi ci sono gli avversari. Oldani, ad esempio, è più veloce di me, la sconfitta va accettata».

Secondo al Toscana, costretto da Hirschi a una volata scomoda
Secondo al Toscana, costretto da Hirschi a una volata scomoda

Mas e Pogacar

E se partire da Bergamo a fari spenti contribuisse a morigerare il suo correre così spadaccino, che potrebbe essere una delle cause di questi successi mancati proprio sul più bello? 

«Se ho gambe – spiega – mi piace ravvivare la corsa, non subirla. Anche al Lombardia avrei magari potuto pensare ad un attacco da lontano fossi stato al top. Tutto però dipende dalla condizione e dai ritmi di corsa».

Forse lui a Como avrà già tirato i remi in barca, godendosi il lungolago come si fa al termine di un duro allenamento e sperando di vedere Pozzovivo tra i big. Se così non fosse, chi sono i suoi reali favoriti? «Mas – risponde secco – e poi Pogacar». 

Venturelli archivia la strada e passa in modalità cross

05.10.2022
5 min
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Il ciclismo italiano ha voglia e bisogno di Federica Venturelli. Probabilmente è il prezzo del talento e della capacità di andare forte su qualsiasi bici le diano. La cremonese è già in modalità ciclocross (in apertura un’immagine della scorsa stagione), dove Pontoni non fa mistero di aspettarla. Ha concluso la stagione su strada con la maledetta caduta prima del mondiale e in precedenza aveva vinto l’oro nello scratch agli europei juniores e l’oro nell’inseguimento ai mondiali. A 17 anni le energie sono relativamente inesauribili, mentre la maturità della ragazza nel raccontarsi fa capire quale grande scuola di vita sia il ciclismo.

L’ultima immagine che abbiamo negli occhi di Federica è la sua camminata lungo il corridoio dell’hotel, ancora zoppicando dopo la gara su strada.

Wollongong, giorno della crono. Dolore sul volto di Venturelli che prova sui rulli
Wollongong, giorno della crono. Dolore sul volto di Venturelli che prova sui rulli
Com’è stato il ritorno dal mondiale?

Ma sì, abbastanza tranquillo. Il viaggio è stato lungo e ho avuto un po’ di fastidio ancora alle ferite, che non erano ancora del tutto a posto. Però, tutto sommato è stato ricompensato dall’esperienza che ho fatto nelle due settimane precedenti.

Hai fatto pace con quello che è successo, te ne sei fatta una ragione?

Si, certo, sono cose che possono capitare nello sport e non si può sempre avere fortuna. E’ una cosa che bisogna accettare.

Era la prima volta che ti capitava una prova del genere?

Diciamo che una caduta appena prima di una gara importante, in particolare di un mondiale, non mi era mai capitata. Però comunque è già capitato di arrivare a gare abbastanza importanti non nella condizione migliore, quello sì. Comunque ho sempre cercato di dare il meglio e portare a casa un’esperienza.

Dopo la crono, Venturelli ha partecipato anche alla prova in linea, chiudendo così la stagione della strada
Dopo la crono, Venturelli ha partecipato anche alla prova in linea, chiudendo così la stagione della strada
Pontoni ti aspetta con grandi speranze.

Ho iniziato nel weekend ad ambientarmi sulla bici da ciclocross, che mi era appena arrivata. Da questa settimana inizierò le gare, già il prossimo weekend in Spagna. Quindi non staccherò dopo il mondiale su strada, anche se avevo già fatto un periodo di riposo ad agosto. E poi a questo erano seguiti anche tre stop per malattia e quindi altro riposo, sia non forzato che forzato. Diciamo che ne ho già fatto abbastanza (sorride, ndr). Poi, dato che c’è un periodo abbastanza tranquillo dopo gli europei di cross, avrò un po’ di tempo per staccare ancora.

Come si vive il fatto che tutti aspettino la Venturelli?

Bè, alla fine io la vivo abbastanza bene, senza pressioni. Anche perché comunque nella nazionale sia di strada che di ciclocross, si tiene al risultato, però non ci mettono alcuna pressione. Questo mi fa vivere bene le esperienze che faccio. E anche se so che magari posso fare bene, comunque rimango rilassata e cerco di rendere al meglio.

Lunedì mattina, con la Ciabocco prima dell’allenamento in cui Venturelli cadrà
Lunedì mattina, con la Ciabocco prima dell’allenamento in cui Venturelli cadrà
Le pressioni te le metti anche da sola?

In realtà dal mio punto di vista, penso che le pressioni più grandi me le metta da sola. Soprattutto nelle gare nazionali, dove so che posso fare bene e tutti si aspettano qualcosa da me. Invece nelle gare internazionali, comunque con avversarie più forti, forse mi sento meno sotto osservazione, perché so che ci sono più possibilità che le cose non vadano bene.

Strada, pista, cross, cosa c’è in ciascuna che ti piace?

Di base mi piace la bici. Ogni disciplina ha qualcosa di speciale e che mi rende desiderosa di praticarla. La strada mi piace molto, soprattutto per le salite. Le gare piatte sono quelle che meno mi piace, perché sono parecchio noiose e nervose. Il gruppo mi mette anche un po’ di paura. Invece le salite rendono la gara più movimentata e fanno emergere davvero chi è più forte. La cronometro mi piace perché è una gara dentro se stessi, non si corre tanto contro gli altri, quanto appunto contro la propria voglia di migliorare e le pressioni psicologiche che ci si mette da soli.

Ai mondiali di Tel Aviv, oro nell’inseguimento e argento nel quartetto (foto Gilad Kavalerchik)
Ai mondiali di Tel Aviv, oro nell’inseguimento e argento nel quartetto (foto Gilad Kavalerchik)
E il cross?

Secondo me è la disciplina più divertente, perché comunque il fango, le varie condizioni atmosferiche, i percorsi sempre diversi la rendono quella più variabile. Invece la pista mi piace molto da vedere, perché guardando una gara di strada ci si perde tanto, mentre in pista si può sempre vedere tutto. E’ forse la disciplina che mi trasmette più sentimenti perché c’è una maggiore carica di adrenalina che si fa sentire.

Si comincia ad andare all’estero anche fra ragazze, vedi Barale e poi Ciabocco. E’ qualcosa che per il futuro potresti valutare?

Sicuramente non per il prossimo anno, perché avrò ancora la scuola e punto a fare la maturità al meglio. Preferisco concentrarmi ancora sullo studio, soprattutto per il prossimo anno, mentre per il futuro non so ancora niente, vedremo come evolverà la situazione.

Bettiol è un campione, ma bisogna conoscerlo bene

05.10.2022
5 min
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Si torna rapidamente a parlare del mondiale, questa volta con Leonardo Piepoli. Il pretesto è rallegrarsi con lui per la vittoria del “suo” Enric Mas al Giro dell’Emilia, con la conferma che il corridore spagnolo ha grandi mezzi fisici e solo da poco sta iniziando a crederci. E per una rapida associazione di idee, siamo stati noi a portare il discorso su Bettiol. Il toscano è arrivato in Australia con una condizione eccellente, avendo dimostrato di essere il solo a reggere le accelerazioni di Van Aert. E siccome Piepoli è il suo allenatore e a volte gli fa anche da motivatore, abbiamo cercato di capire come l’abbia visto nella corsa australiana.

Ai mondiali, Bettiol ha risposto facilmente a ogni allungo di Van Aert: aveva una grande condizione
Ai mondiali, Bettiol ha risposto facilmente a ogni allungo di Van Aert: aveva una grande condizione

La testa del velocista

Partiamo da un’osservazione fatta da Bennati nei giorni prima del mondiale, sulle rare occasioni che i nostri corridori hanno di fare la corsa e il fatto che siano spesso a disposizione di altri leader. Il cittì azzurro aveva portato l’esempio della tappa di Mende al Tour de France, in cui Bettiol stesso fu battuto da Matthews, dopo che nella fuga aveva tirato e anche tanto per Uran.

«Ma lui ha tirato – dice Piepoli – perché gli è stato chiesto alla radio come stesse e ha detto di non stare bene. E in parte è lo stesso discorso del mondiale, nel senso che se parti per vincere, parti per vincere come i velocisti. Il velocista fa 30 volate l’anno e anche il peggiore ha un compagno di squadra che gli dà una mano. Quindi ha 30 occasioni in un anno: molti non ne vincono neanche una, eppure ogni volta sono lì a pretendere “il sacrificio” del compagno di squadra e poi perdono o vincono. Alberto invece non ragiona così. Per lui deve essere tutto perfetto, quindi senza mal di gambe e nessun altro problema».

La Coppa Agostoni è stata la corsa del rientro dopo il mondiale in Australia
La Coppa Agostoni è stata la corsa del rientro dopo il mondiale in Australia

Gestire il campione

Nei suoi momenti lucidi e autoironici, Bettiol è il primo a scherzare sulle sue doti e sul fatto che comunque vinca poche corse. Però probabilmente in alcuni casi il pallino della corsa dovrebbe averlo in mano la squadra.

«Conoscendo quello che hai in mano – conferma Piepoli – devi agire di conseguenza, anche se queste cose è facile dirle a posteriori. Quindi se io oggi ho Bettiol in mano, gli direi: «Stai male? Non mi interessa, tu tiri a vincere!». Oppure, opzione B, faccio finta e gli dico: «Okay, non preoccuparti, cerca di stare tranquillo, poi vediamo se ti riprendi in finale». La metterei giù così, cercherei il modo di non eliminarlo, perché so già che lui non mi dirà mai che sta bene. O meglio, se sta bene dice di volare. Ma nella sua testa, non concepisce che in una corsa di sei ore, si possa avere un momento di difficoltà o si senta di essere meno brillanti. Però sai com’è fatto e sai che devi “gestire” il cavallo che hai. Quindi, fra molte virgolette, devi cercare di manipolarlo».

Ieri al via della Tre Valli Varesine assieme a Battistella, altro reduce da Wollongong
Ieri al via della Tre Valli Varesine assieme a Battistella, altro reduce da Wollongong

Mancavano le radio

Il guaio è che in una corsa come il mondiale, il margine di intervento è ridotto all’osso e alle parole che al corridore possono dire gli uomini della nazionale appostati ai box e lungo il percorso. Del tema delle radio da vietare in due occasioni all’anno si è già detto.

«Con le radio – annuisce Piepoli – le corse cambiano, quello a priori. Poi in questo caso qua, non so se a favore o a sfavore, però le cose cambiano. E’ evidente. Se parte Remco e tu lo sai che Remco parte fra i 70 e gli 80 chilometri dall’arrivo, se anche nessuno gli risponde, dici alla squadra di chiudere. Qualcosa fai. Impedisci che si apra subito quella distanza e la chiudi subito. La chiudi un attimo».

L’obiettivo finale di Bettiol è il Lombardia. La Tre Valli è stata un test sulla condizione
L’obiettivo finale di Bettiol è il Lombardia. La Tre Valli è stata un test sulla condizione

L’uomo dei miracoli

Bettiol è tornato in Europa con il fastidio di essersi sentito additato come il colpevole, in una corsa in cui tuttavia l’Italia ha corso bene e nessuno ha sentito la necessità di rintracciare il responsabile di una mancata vittoria. Soprattutto in una spedizione tacciata dai più di non avere la giusta consistenza e invece super attrezzata e battagliera. Ci sarebbe da aspettarsi la vendetta al Lombardia, sarebbe davvero un grande segnale.

«Il fatto però – dice Piepoli – è che adesso non sta tanto bene. E’ tornato in Italia con una forte tosse e questa è la cosa peggiore, perché il Lombardia voleva farlo bene. Era anche mentalmente predisposto. Però sinceramente, per quanto lo stia spronando a tenere duro, non ha la condizione del mondiale. Però lui è l’uomo dei miracoli, quindi magari alla fine un bel Lombardia lo farà pure».

Buratti chiude oggi a San Daniele un super 2022. E poi?

04.10.2022
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La Coppa Città di San Daniele, che prenderà il via oggi alle 13,10 e che domenica ha visto la prima edizione dell’edizione Rosa, dovrebbe essere l’ultima corsa 2022 di Nicolò Buratti (apertura photors.it). Per la rivelazione della seconda parte di stagione, da Poggiana al campionato italiano cronsoquadre, passando per il mondiale australiano, se coda può esserci, al massimo riguarderà il Trofeo Del Rosso.

Sul traguardo del mondiale, aveva l’espressione sfatta e contrariata di chi ha visto passare il treno e non è riuscito a saltarci sopra: avremmo saputo infatti di lì a poco della foratura, del cambio della ruota e dei problemi successivi che l’hanno costretto a cambiare bici. Per questo alla fine anche Amadori rivedendo il film della corsa, si è reso conto di quale grande occasione abbia perduto l’Italia.

«C’è stata un po’ di sfortuna – dice – ma sono soddisfatto della mia gara. C’è mancato poco che rimanessi nel gruppetto dei migliori per giocarmi poi il podio allo sprint. Ma essere lì significa che sono in grado di lottare con i migliori».

Lavori in corso

Quando Amadori si è ritrovato a fare la squadra senza Germani, Frigo e Garofoli, appiedati da vari problemi di salute, ha prima guardato alla volta di Parisini. Poi si è reso presto conto che il percorso fosse troppo duro e ha strizzato l’occhio a Milesi e Buratti, che non si sono fatti pregare.

«Lo abbiamo preparato bene – dice – la condizione c’era. Anche all’europeo mi ero mosso bene, dimostrando che c’ero. E’ venuto il settimo posto, ma ero lì per dire la mia. In realtà mi sto scoprendo piano piano anche io. Magari avevo certe idee su me stesso, ma mi sto ricredendo. Pensavo di essere un passista che tiene su percorsi duri e poi dotato di un buono spunto veloce, adesso invece non so esattamente cosa sono. Ho vinto gare tutte diverse fra loro…».

Ultimo acuto

Uno così non te lo lasci scappare. Il Cycling Team Friuli è vivaio della Bahrain Victorious, ma al momento non si hanno notizie di accordi già firmati, come conferma anche il suo procuratore Raimondo Scimone, mentre è certo che sul ragazzo ci sia l’interesse anche di altre squadre..

«Lo confermo – sorride Buratti – non ho contratti firmati con nessuno, spero però che nei prossimi giorni verrà fuori qualcosa di ufficiale. Non sono state previste corse tipo stage con i pro’, per cui San Daniele diventa l’ultimo grande obiettivo di stagione. Poi, con la possibile variabile del Del Rosso, penso che avrò diritto a un po’ di riposo, sempre vedendo anche i piani della squadra. Cercherò di fare le cose che la bici tiene lontane, passerò un po’ di tempo con gli amici, cercherò di godermi la vita per quel che si può».

Sabato il Cycling Team Friuli ha vinto il tricolore cronosquadre, con Buratti, Olivo, Debiasi e Milan
Sabato il Cycling Team Friuli ha vinto il tricolore cronosquadre, con Buratti, Olivo, Debiasi e Milan

Mondiale U23

Ma la lingua torna a battere dove il dente duole, se non altro perché nei giorni scorsi i ragionamenti di Germani, Guercilena e Tiberi hanno aperto la porta sulla partecipazione dei corridori WorldTour ai mondiali U23. E se già aveva colpito il fatto che Fedorov abbia preparato la gara iridata correndo la Vuelta, vederlo al via del Piccolo Lombardia è parso ancora più strano.

«Penso che con i se e con i ma non si va da nessuna parte – ragiona Buratti – ma correre fra i pro’ facendo un determinato calendario come Fedorov e Kooij dia davvero una marcia in più, rispetto a corridori che come me non hanno accesso a quelle gare. Io ho preparato il mondiale facendo il Giro del Friuli e tre tappe in Puglia, diciamo al livello degli altri devo team, ma comunque avvicinamenti diversi. Perciò da una parte va bene che comandi l’età e non lo status professionale, però sarebbe più utile che comandasse il buon senso di non andare a correre in mezzo a chi ancora deve passare. L’anno prossimo sarò all’ultimo anno da U23, ma non so cosa farei se andassi in una WorldTour e mi convocassero per il mondiale…».

Così il 16 agosto, Buratti ha vinto il Gran Premio Capodarco
Così il 16 agosto, Buratti ha vinto il Gran Premio Capodarco

Sorpresa Capodarco

E se prima di salutarci, gli chiedi quale sia stato il giorno di questa stagione, in cui si sia sentito davvero il miglior Buratti di sempre, Nicolò strizza gli occhi e allarga le braccia.

«A Capodarco – dice – sono rimasto davvero senza parole. Proprio non me l’aspettavo. Venivo dalla vittoria di Poggiana di due giorni prima e la doppietta su quel muro così ripido è stata davvero qualcosa di importante».

Ecco la Rayer, talento francese dal carattere molto particolare

04.10.2022
5 min
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A Wollongong la gara femminile junior si è chiusa da poco tempo. Eglantine Rayer, arrivata seconda, è già in sala stampa, almeno in questo ha preceduto (e non di poco) la dominatrice Zoe Backstedt. Le chiedono di accomodarsi al tavolo delle intervistate e di anticipare la sua porzione di domande/risposte, ma lei non ne vuole sapere. Anzi si stizzisce anche un po’ per la richiesta che non segue il canone formale. Tra i giornalisti il suo fare un po’ sopra le righe stupisce. Evidentemente non sanno con chi hanno a che fare. Ma di certo lo avranno…

Da junior la Rayer ha vinto un argento mondiale, 1 oro e 2 podi europei e 3 titoli francesi (foto EglantinePhotoSport)
Da junior la Rayer ha vinto un argento mondiale, 1 oro e 2 podi europei e 3 titoli francesi (foto EglantinePhotoSport)

La rabbia contro i giudici Uec

La francesina è uno di quei classici casi dello sport dove il talento è direttamente proporzionale a un carattere che definire fumantino è un eufemismo. Nei suoi due anni da junior ha vinto tanto, praticamente il responso della gara australiana è l’esatta fotocopia dei valori in campo. Il Team DSM non se l’è fatta sfuggire e l’ha inserita già nel roster del prossimo anno, ma avranno certamente il loro bel daffare per imbrigliarla.

Una prova? Basta tornare indietro con la memoria solo di tre mesi, agli europei di Anadia. La transalpina di La Ferté-Macé arriva seconda nella crono, battuta per 45” dalla tedesca Justyna Czapla, ma quella che si presenta davanti ai giornalisti non è certo una ragazzina sorridente per la medaglia.

«Hanno controllato la mia bici tre volte – dice – me l’hanno data appena prima del via, neanche il tempo di assestarmi sulla sella. Sono partita che avevo le lacrime agli occhi per tanta rabbia, neanche ho acceso il misuratore di potenza. Devo dire grazie ai miei tecnici che hanno capito il mio stato d’animo e non mi hanno dato riferimenti sulle avversarie, sapere che ero dietro per colpa dei giudici mi avrebbe dato la mazzata finale…».

Fortissima a cronometro, ma il percorso in Australia l’ha penalizzata, anche a causa del jet-lag
Fortissima a cronometro, ma il percorso in Australia l’ha penalizzata, anche a causa del jet-lag

La beffa di Wollongong

Nel racconto abbiamo omesso tutte le colorite espressioni che infarcivano le sue parole. Eglantine è così, prendere o lasciare, ma questo si traduce anche in una malizia che porta risultati, perché legge la corsa in una maniera tutta sua. Magari non proprio ortodossa, ma i risultati le danno ragione e a conti fatti una squadra a quello guarda. Molto di questo lo si desume dal suo racconto in prima persona della gara mondiale.

La Backstedt come noto è andata via praticamente appena iniziata la gara. Si è capito presto che si lottava per l’argento e la Rayer non si è persa d’animo.

«Quando dopo il tratto di pianura mi hanno detto il vantaggio della britannica – ha spiegato – quasi mi mettevo a ridere… La Vinke è partita con altre due, ma ho rimediato, poi ci siamo trovate da sole io e lei, tra l’altro dal prossimo anno saremo compagne di squadra. Io avevo dato tutto, Niemke mi ha chiesto di darle il cambio ma io non ne avevo. Una vocina da dentro però mi diceva di partire da dietro, di onorare le compagne di nazionale che avevano lavorato per me. Ho fatto lo sprint e non me ne pento…». L’olandese non ha recriminato, ma certo è un comportamento che fa pensare.

Vinke beffata, la francese è argento a Wollongong. Nata il 12 giugno 2004, nel 2023 correrà nel Team Dsm
Vinke beffata, la francese è argento a Wollongong. Nata il 12 giugno 2004, nel 2023 correrà nel Team Dsm

Il trucchetto di Anadia

Un comportamento al quale la 18enne transalpina non è nuova e le nostre Ciabocco e Venturelli lo sanno bene. Torniamo allora ad Anadia, per la gara continentale in linea: la corsa si è messa bene per i nostri colori con le due azzurre in fuga insieme alla transalpina, due contro uno.

«Sapevo che le italiane sono fortissime – ha raccontato – e pensavo che si sarebbero giocate la carta dello sprint, ma poi hanno cominciato a chiedermi dei cambi e ho iniziato a riflettere. Un paio ne ho dati, poi ho detto loro che non collaboravo perché aspettavo il ritorno della Ménage che era la nostra velocista, così non ho tirato più. Tutte energie che mi sono venute utili alla fine».

La vittoria di Anadia, con Ciabocco e Venturelli in fila alle sue spalle (foto Uec)
La vittoria di Anadia, con Ciabocco e Venturelli in fila alle sue spalle (foto Uec)

Sarà la nuova Longo?

In Francia parlano di lei come della nuova Longo e c’è un fattore che potrebbe anche ricordare l’anziana e mai doma campionessa (ancora oggi capace di vincere il titolo mondiale Master nella sua categoria): il fatto che pratica più discipline, tra strada, ciclocross e pista. Ha iniziato a 11 anni, seguendo le orme del fratello.

«Inizialmente neanche mi interessava tanto – ha raccontato – ma più che altro avevo paura a farmi avanti perché avrebbero pensato che volevo copiarlo… Un giorno però il presidente del suo club ha detto che aveva bisogno di una ragazza per completare la squadra, così mi sono fatta avanti. Devo dire grazie a mio fratello se sono arrivata qui».

Il suo sogno è primeggiare nella gara di casa, il Tour de France appena nato, proprio come faceva la mitica Jeannie. E considerando il suo caratterino, è probabile che ci arriverà.