Bettiol, un grande sogno durato troppo poco

16.07.2022
6 min
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Si gioca tutto in pochi secondi ed è paradossale, a capo di una tappa di 192 chilometri e di una fuga partita da lontano. La salita dell’aeroporto di Mende è il teatro perfetto perché Bettiol torni alla vittoria. Matthews ha il destino segnato.

La grande illusione

C’è andato in qualche modo vicino a Megeve e adesso Alberto ha la bici che gli scappa di sotto. La gente ai lati è folle, accaldata, colorata e rumorosa. I corridori ne percepiscono la presenza attraverso i suoni e gli odori. La strada è un budello, la loro presenza in qualche modo li opprime. E ora finalmente Alberto aggancia Matthews. Povero australiano, dovrà nuovamente accontentarsi del secondo posto, come già a Longwy e Losanna.

Bettiol ha tirato tutto il giorno e in finale ha corso per sé: abbiamo davvero creduto che stesse vincendo
Bettiol ha tirato tutto il giorno e in finale ha corso per sé: abbiamo davvero creduto che stesse vincendo

Il tempo perché prenda fiato, adesso lo lascia lì. Tre. Due. Uno. Bettiol si alza sui pedali e scatta col rapporto più lungo. Come l’anno scorso a Stradella, come al Fiandre, come il gatto che mangia il topo. Neanche si volta, copione già scritto. E Matthews si siede. Bettiol vincitore a Mende sul traguardo di Jalabert, finalmente un italiano al Tour dopo Nibali nel 2019.

«Si era messo tutto male come l’anno scorso a Stradella – racconta – credevo che arrivassero i quattro che si erano avvantaggiati. Poi mi sono sbloccato, in questa fase di Tour con le sensazioni che vanno e vengono. Un continuo up and down. E così sono scattato secco, anche per dargli una botta morale…».

Matthews non molla

Ma la botta non arriva. Si gioca tutto in pochi secondi ed è paradossale, a capo di una tappa di 192 chilometri e il rodimento interiore per l’occasione sfumata ieri a Saint Etienne, quando la sua sola Bike Exchange-Jayco si è messa a tirare, quasi per espiare l’erroraccio di aver lasciato andar via la fuga.

La salita di Mende con lui non c’entra niente, pensa Matthews mentre la addenta, dopo essere stato il primo a evadere dalla grande fuga. La fatica si fa sentire, ma il baccano della gente copre anche il mal di gambe e questo tutto sommato è un bene. Fanno così tanto rumore che quasi non ha sentito arrivare Bettiol. E quando l’italiano gli è dietro, Matthews ha giusto il tempo di guardarlo in faccia e intuirne la fame. Ma sarà profonda quanto la sua? Bettiol attacca. Le gambe sono dure e quel senso di crampo rende Matthews fragile. Però amico, pensa stringendo i denti, oggi non vai da nessuna parte…

«Questa tappa è la storia della mia carriera – racconta – ho avuto così tante montagne russe, su e giù. Mia moglie e mia figlia hanno sempre creduto in me. Ma ogni volta sono stato buttato giù. Ogni volta la stessa storia. E mi hanno detto: alzati. E anche io questa volta mi sono detto: alzati!».

All’ultimo round

Si gioca tutto in pochi secondi, che durano una vita e tutto sommato la raccontano. Bettiol è davanti, come Trentin al mondiale del 2019, serbando in cuore quel senso di vittoria tanto a lungo rincorsa che invece ti tradisce, perché in qualche modo ti fa abbassare la guardia. Oppure per staccarlo ha fatto un fuori giri di troppo, mentre Matthews non è mai affondato del tutto. Si è gestito e appena la strada si fa meno cattiva, cambia ritmo e si fa nuovamente sotto.

Sfinito al traguardo, Matthews ha dimostrato di non essere un velocista e ha dedicato parole toccanti alla famiglia
Matthews ha dimostrato di non essere un velocista e ha dedicato parole toccanti alla famiglia

E poi, come Evenepoel che se ne è andato col rapporto nella parte più morbida della Redoute, Matthews passa al contrattacco. E questa volta la botta morale si abbatte sul toscano. La gente intorno è quella ai piedi del ring, che percepisce il riscatto del pugile che finora le ha solo prese e tifa perché lo spettacolo duri a lungo. Non tengono per uno in particolare, vorrebbero solo che non finisse mai.

«In pianura – ammette Bettiol – ha avuto uno scatto in più che a me è mancato. Ho avuto via libera dai compagni e mi dispiace non aver ripagato la loro fiducia. Avevo una grande gamba, ma quando non si vince girano le scatole. Sto bene. Ho la fiducia dei compagni e dei direttori di questa squadra meravigliosa. E spero nei prossimi giorni di ripagarli».

Per le sue donne

Matthews si volta, Bettiol è sparito. Le mani sul casco. Sugli occhi. Le braccia larghe ad abbracciare il pubblico e riempirsi il petto di ogni scheggia dispersa di emozione. Difficile dire dove abbia pescato la forza per non andare a fondo, forse semplicemente ha avuto il coraggio di farsi più male di quanto gliene stesse facendo il suo avversario.

Così Matthews sul traguardo, assorbendo la luce di questo sole torrido e stupendo
Così Matthews sul traguardo, assorbendo la luce di questo sole torrido e stupendo

«Questo è per mia figlia – dice e trattiene le lacrime – ha quattro anni e volevo solo mostrarle che tutto il tempo in cui sono via e ogni cosa la faccio per lei. E oggi era quel giorno e sono riuscito a dimostraglielo. Ieri è stata una grande occasione persa. La squadra ha tirato per portare allo sprint me o Dylan (Groenewegen, ndr), ma ci siamo svegliati troppo tardi. Era davvero una tappa buona per me in questo blocco di tre giorni cui il nostro team mirava nella seconda settimana. Dovevo fare qualcosa.

«Per me erano finite le occasioni. Allora ho deciso di mostrare a tutti che non sono solo un velocista. Posso anche correre come ho fatto oggi. E l’ho fatto pensando a mia figlia su quell’ultima salita fino al traguardo. A mia moglie e a quanti sacrifici faccia per realizzare i miei sogni. Spero che questa volta ho mostrato loro il motivo per cui abbiamo rinunciato a così tante cose».

Pogacar ha attaccato poi ha fatto la volata, ma alle sue spalle Vingegaard è stato una presenza molto lucida
Pogacar ha attaccato poi ha fatto la volata, ma alle sue spalle Vingegaard è stato una presenza molto lucida

Cercasi dèja vu

Alle loro spalle sostanzialmente il nulla. Un paio di attacchi di Pogacar su una salita per lui breve e la difesa d’ufficio di Vingegaard, con il finale allo sprint già visto anche negli ultimi giorni. Gli altri sbriciolati o quasi, a dimostrare che il Tour è una partita a due. Ci saranno occasioni migliori, forse già domani verso Carcassonne o più probabilmente nei tre giorni sui Pirenei.

Se anche non riuscirà a riprendersi la maglia gialla in salita, l’obiettivo per Pogacar potrebbe essere arrivare alla crono con meno di un minuto di ritardo, per ripetere se possibile il miracolo del 2020. Quando vestiva la maglia bianca. E aveva davanti di 57 secondi un corridore della Jumbo Visma ugualmente vestito di giallo.