Fabbro prende le misure, con grinta e un po’ d’astuzia

22.04.2021
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Se vi capita di parlare di Fabbro con Roberto Bressan, team manager del Cycling Team Friuli in cui Matteo si è fatto grande, parlando del suo ex pupillo userà parole che è meglio non ripetere, ma descrivono con precisione il cocktail di grinta, cattiveria e lucidità che albergano in quel metro e 67 di nervi e muscoli. Così quando l’anno scorso sull’Etna anche i meno attenti si accorsero delle trenate del biondino della Bora-Hansgrohe, in Friuli bastò uno scambio di occhiate per avere la conferma che il ragazzo aveva imboccato finalmente la strada giusta.

Grandi miglioramenti anche nella cronometro
Grandi miglioramenti anche nella cronometro individuale

Svolta a fine anno?

Il 2021 è una stagione cruciale. Tutto il buono lasciato vedere nel 2020 è da confermare e questo avrà la doppia utilità di far crescere Matteo di un altro step e allo stesso tempo gli permetterà di guardarsi intorno. Il contratto con la Bora-Hansgrohe è in scadenza, una bella schiera di squadre WorldTour è alla sua porta e forse nella sua testolina bionda si sta facendo largo il pensiero che a 26 anni potrebbe essere arrivato il momento di giocare le proprie carte e non essere impiegato ogni volta come gregario di capitani ancora sulla porta di grandi vittorie. Eppure parlandone con il diretto interessato, non una parola viene fuori al riguardo. E al contrario, il Fabbro con cui parliamo al Tour of the Alps, è molto ligio ai compiti che gli vengono ogni volta assegnati.

«L’anno scorso – dice – si è visto un nuovo Matteo Fabbro e sono molto contento di questo. Al prossimo Giro ci arrivo quest’anno con la consapevolezza che posso fare delle belle cose e, perché no, anche puntare a qualcosa in più. Aver messo in mostra delle belle qualità mi ha dato tanto morale e questo conta tanto, conta per tutti».

Una nuova sicurezza e la solita grinta in corsa dopo gli ottimi exploit del 2020
Sicurezza e la solita grinta in corsa dopo gli ottimi exploit del 2020

Uomo squadra

Nel ciclismo italiano che va alla spasmodica ricerca di uno scalatore capace di restare coi migliori, il suo nome potrebbe essere spendibile, ma l’impressione è che nella squadra tedesca sia ormai difficile che possa togliersi di dosso l’etichetta del gregario. Importante, ma pur sempre al servizio degli altri.

«Sul Giro ho certamente le mie fantasie – sorride – ma so bene che sarò lì per Buchmann e non mi farò pregare quando lui avrà bisogno. Se però devo indicare delle tappe che mi piacciono, dico quelle friulane, che mi stuzzicano. Non ho mai fatto lo Zoncolan dal versante di Ovaro e quando ci passò il Giro avevo 8 anni. Sarà diverso, perché è una salita più pedalabile, ma l’ultimo pezzo è tremendo».

Sul traguardo di Prati di Tivo alla Tirreno, con la gamba ancora imballata per l’altura
Sul traguardo di Prati di Tivo, imballato per l’altura

Altri attacchi

Per fare questo, per farsi cioè trovare pronto alla partenza del Giro, il suo percorso di avvicinamento è stato metodico e redditizio, fatto di lavoro, grinta e convinzione, almeno a vederne le prove sin dai primi giorni di corsa al Tour of the Alps.

«Sono stato tre settimane in altura prima della Tirreno – dice – e sono tornato ugualmente dall’alta quota alla vigilia del Tour of the Alps. Vediamo come sarà la condizione e come alla fine avrò reagito all’altura, ma penso che per il Giro stia filando tutto liscio. Considerato che l’ultima corsa l’ho fatta alla Tirreno, nei primi giorni mi è mancato un po’ il famoso ritmo gara. Quando vieni giù da certe quote, si ha la sensazione di essere un po’ fiacchi, ma alla fine siamo qua per correre. L’ho presa così, come test e per ritrovare il ritmo. E per vedere come sarà la condizione, senza troppo stress: Per questo ho provato più volte la gamba e più volte ancora ci riproveremo».

La rincorsa di Domenico passa anche sull’Etna

22.04.2021
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Ogni giorno per Domenico è una scalata. Lo è sempre stato, sin da quando era piccolino, ma a partire dall’ultimo incidente non c’è un solo gesto nella sua quotidianità che non gli ricordi la sfortuna e la necessità di stringere i denti, per il dolore e per non perdere terreno. Al Tour of the Alps, la rincorsa di Pozzovivo è un quotidiano fare i conti con i postumi dell’intervento di marzo e la necessità di recuperare terreno sui rivali, dopo che la squadra lo ha confermato leader per il Giro d’Italia, convogliando Fabio Aru sul Tour de France. Per cui nella sua testa razionale (sino al rischio di farsi del male), l’occasione e il momento difficile in cui arriva sono un altro tormento con cui convivere. Ma Domenico è sempre stato uno tosto e preferisce guardare al bicchiere mezzo pieno senza lasciarsi frenare dal rimpianto.

«Per me è abbastanza dura – conferma – perché un mese fa ho subito un altro intervento al gomito. Sapevo di non essere al meglio, però sono abbastanza fiducioso. Nelle ultime settimane ho visto le mie condizioni migliorare, per cui da qui al Giro spero di fare ancora qualche step».

A quattro anni dalla scomparsa di Michele Scarponi, un ricordo della Tirreno 2016
A quattro anni dalla scomparsa di Michele Scarponi, un ricordo della Tirreno 2016
A cosa serviva quest’ultimo intervento?

Il problema che abbiamo cercato di risolvere è la mancanza di sensibilità all’esterno della mano, al quarto e quinto dito. Non è una cosa che si risolve appena dopo l’intervento, sicuramente ci vorranno dei mesi, però a livello di dolore non ho qualcosa di peggio di quello che avevo prima. Per cui ci arrangiamo. Il guaio è che se non sono al 100 per cento e devo spingere in modo più forzato, ho problemi alla schiena. Per stare bene e non avere troppi dolori, devo essere al top e non è sempre facile arrivarci e restarci.

Avevi fatto un avvicinamento perfetto…

Se non fosse stato per l’intervento in anestesia generale il 18 di marzo, sarebbe stato un avvicinamento ideale al Giro. Sicuramente era un intervento che doveva essere un po’ più leggero, ma alla fine si è rivelato abbastanza pesante. Cercare di aspettare e farlo dopo il Giro sarebbe stato rischioso, perché si poteva perdere completamente il nervo. Era molto danneggiato e già in sofferenza.

L’intervento al gomito ha rallentato la sua primavera, ma era necessario per il resto della vita
L’intervento al gomito ha rallentato la sua primavera
Che cosa ti manca ancora?

Mi manca ancora qualcosa da limare a livello del peso, perché io comunque le anestesie le sento tanto e dopo l’intervento ho il metabolismo molto rallentato. E ho bisogno anche di lavorare su ritmi altissimi. Prima di venire al Tour of the Alps, proprio nell’ultima settimana, avevamo inserito dei lavori di intensità che paradossalmente potrebbero essere stati anche controproducenti per questa gara. Di sicuro ci sono arrivato anche più stanco del solito.

In che modo si colma il gap?

Farò un altro ritiro un po’ più breve in altura sull’Etna e poi il Giro, ma prima farò la Liegi. Ho ragionato su altre opzioni, ma tendo a fidarmi delle soluzioni che ho già adottato. Fare il Romandia sarebbe stato troppo, ho preferito optare per il blocco di lavoro che ho sempre fatto prima del Giro. Tour of the Alps, Liegi e altura. Starò otto giorni sull’Etna, da lunedì al martedì.

Per Domenico Pozzovivo, interviste a distanza al Tour of the Alps
Interviste a distanza al Tour of the Alps
Cosa pensi, Domenico, vedendo Froome spesso sofferente nelle retrovie?

Lo capisco, posso immaginare ancora di più la fatica che faccia a non essere in testa a dare il ritmo. Già io ad averne una ventina lì davanti, ho le mie belle difficoltà a tenere duro, immagino lui. Quando sei davanti a lottare, riesci a dare il 110 per cento. Quando sei indietro, sicuramente la testa non aiuta al massimo le gambe.

Bis di Moscon, Fabbro cresce e la Doyenne strizza l’occhio

21.04.2021
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Sivakov entra zoppicando attraverso la porta di ferro oltre la quale tutta la carovana del Tour of the Alps sta facendo il tampone. Sono passati praticamente tutti, rimanevano soltanto lui e Moscon. Gianni è appena uscito con il sorriso del vincitore e si è fermato subito fuori per fare due parole sulla Doyenne, la Liegi-Bastogne-Liegi. Il russo ha fatto appena in tempo a congratularsi, poi vedendolo scendere dalla bici si è capito il dolore. La caduta nella discesa di Frinig lo ha colpito duramente, anche se sarebbe potuta andare peggio. C’è ora da chiedersi se un buon massaggio e una notte di sonno lo rimetteranno nelle condizioni per giocarsi domani la tappa più impegnativa. Quando entra nel locale, ci concentriamo sul vincitore.

In fuga insieme, De Marchi e Fabbro: friulani entrambi di scuola CT Friuli
In fuga insieme, De Marchi e Fabbro: entrambi della scuola CT Friuli

«A Innsbruck ho ritrovato il feeling con la vittoria – dice Gianni – sarebbe sembrato impossibile fino a qualche mese fa. E’ bello accorgersi di come tutto giri bene quando si innesca il meccanismo vincente. E’ il momento di cogliere il massimo, restando con i piedi per terra. A forza di rincorrere il salto di qualità si è visto come è andato a finire negli ultimi anni. Se hai qualità, vengono fuori da sole. Basta assecondarle».

Un fatto di istinto

Anche questa volta sul traguardo si è fermato ad aspettare i compagni, al termine di una tappa che ha scavato solchi profondi nella classifica e nelle gambe.

«Era una tappa che si prestava alle fughe da lontano – dice – con la certezza che soltanto dei buoni corridori avrebbero potuto prendere il largo. La salita dura in partenza non permetteva altre soluzioni. Si poteva attaccare subito o restare coperti e provarci in finale. Poi è chiaro che in gara segui l’istinto. Abbiamo fatto la prima salita a ritmo molto alto, mi sono inserito nella fuga ed è andata bene. Quando poi ho sentito che il gruppo rinveniva, ho visto sull’ultima salita l’occasione per fare la differenza e ho iniziato il forcing».

Freddezza Fabbro

Alla sua ruota si è portato Fabbro e la sensazione è stata che avendo carta bianca, il friulano avrebbe potuto tentare l’allungo o di dargli il cambio. Quando lo abbiamo raggiunto dopo il traguardo, sorridente e di ottimo umore, Matteo ha spiegato che in quel momento la tentazione era proprio quella di andare via.

«Esatto – ha sorriso – mi è venuto in mente di partire secco, poi ho pensato che da dietro stava risalendo Grosschartner, che mancavano tanti chilometri e che comunque Moscon era più veloce. Per cui siamo contenti di come sia andata e c’è mancato poco che Felix riuscisse a passare Gianni. La condizione è in crescita e abbiamo davanti giorni per riprovarci».

Sull’ultima salita l’affondo decisivo di Moscon, Fabbro a ruota
Sull’ultima salita l’affondo decisivo di Moscon, Fabbro a ruota

Professor Pozzovivo

Questo posto è una miniera di incontri, passano tutti i corridori. Tra Pozzovivo e Puccio si svolge un simpatico siparietto, parlando di tamponi, in cui il puntiglioso lucano mette gustamente a posto le cose. «Non esistono falsi positivi – sta dicendo – se il tampone è stato positivo, anche se per poco, vuol dire che il virus c’è. Semmai ci può essere un falso negativo. Si sentono sempre queste cose, ogni tanto ho l’esigenza di fare qualche precisazione».

Domenico è di quelli che sabato voleranno in Belgio. E proprio al riguardo, osservando Moscon e la sua gamba stellare, viene il pensiero che potrebbe essere lui l’italiano per la Doyenne.

Seconda vittoria in tre giorni per Moscon: feeling ritrovato. Domenica la Doyenne, la Liegi
Seconda vittoria in tre giorni per Moscon: feeling ritrovato

Suggestione Liegi

«Sicuramente la Liegi è una corsa bellissima – dice Gianni – ma si è visto all’Amstel che la Ineos Grenadiers avrà uno squadrone. Quindi per ora penso a finire questo blocco di lavoro, poi andrò alla Doyenne come minimo per essere di aiuto alla squadra. In corse come quella, partono in 180 e tutti vorrebbero vincere, ma solo uno ci riesce. Adesso pensiamo a domani. Avremo salite lunghe con pendenze importanti. Tanti vorranno andare in fuga e si andrà subito a tutta. E noi dovremo capire come sta Pavel, prima di poter impostare qualsiasi tattica».

E Sivakov infatti passa proprio in questo momento. Solleva a stento la gamba, sale sulla bici e conferma con le parole le smorfie del volto. Stasera il brindisi sarà più sobrio di quello di Innsbruck. La montagna invita alla discrezione e la caduta di un compagno così importante porta sempre un velo di incertezza. La Doyenne in fondo alla settimana strizza però l’occhio…

De Marchi, la squadra, il Giro e un bimbo in arrivo

21.04.2021
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Alessandro De Marchi in fuga, sulla bici e nei pensieri. Ha cominciato il Tour of the Alps prendendosi la sua bella dose di vento in faccia, pedalando verso la condizione migliore, un posto per il Giro e per metabolizzare la fatica di due settimane sul Teide assieme a Chris Froome, che ha imparato a conoscere meglio. Tutto intorno la nuova squadra con cui prendere le misure e abitudini da resettare dopo anni importanti nel gruppo Bmc. E poi alla fine della stagione, che potrebbe portarlo al Tour e alle Olimpiadi, già si intravede un raggio di felicità che già scalda il cuore e le parole.

Ultime regolazioni alla sua Factor e poi si può partire
Ultime regolazioni alla sua Factor e poi si può partire

In 4 sul Teide

«Froome… – inizia e fa subito una pausa – prima non lo conoscevo tanto, non era facile avvicinarlo oltre il limite del corrergli ogni tanto accanto. In queste due settimane sul Teide abbiamo diviso la stanza e ci siamo conosciuti meglio. D’altra parte eravamo in quattro, noi due e due ragazzi israeliani: il tempo per conoscerci non è mancato. Gli ho visto fare cose dure, lavorare sul corpo prima ancora che sulla bici, sull’equilibrio. Si vede che ancora ha dolore e nonostante tutto sta affrontando tanti sacrifici. E’ sicuro di quello che sta facendo, determinato da morire, pronto a prendersi quello che sarà senza troppa paura».

Che Froome soffra, si è visto bene nelle prime tappe e lo ha confermato Claudio Cozzi, direttore sportivo del team. Parte sempre con il bendaggio al ginocchio e a volte, come nella prima tappa a Innsbruck, ha dei momenti di disagio e altri in cui le cose si mettono a girare per il meglio. Proprio quel giorno, mentre Chris stentava nelle retrovie e si avviava a tagliare il traguardo con 5 minuti di ritardo, Alessandro concludeva la sua tappa in fuga a 3’27” da Moscon, cercando di recuperare e trasformare la fatica in condizione.

Il Tour of the Alps iniziato con una lunga fuga nel giorno di Innsbruck
Il Tour of the Alps iniziato con una lunga fuga nel giorno di Innsbruck

«Non si poteva fare di più – dice – eravamo a tutta. Anche avendo più collaborazione, il risultato sarebbe stato quello. Siamo qui per provarci e per farci vedere. Il posto va guadagnato».

Verso il Giro

La stagione, si diceva, è complessa e l’esclusione dal Giro lo scorso anno fu il chiaro segnale che il gruppo in cui aveva trascorso gli ultimi sei anni si stava sfaldando.

«Quella scelta è stata una grossa delusione – disse – contavo molto sulla corsa rosa, tutto era in sua funzione, mi ispirava. Al Tour andavo avanti sapendo che poi avrei corso in Italia. Avrei puntato alle tappe. Già nella prima settimana ce n’era più di qualcuna adatta alle fughe. Senza contare quelle due in Friuli, ci tenevo molto. C’erano giornate lunghe, adatte alle fughe… insomma l’ideale per me».

Averlo dato per scontato fu ciò che rese l’esclusione più difficile da digerire, per cui non c’è da stupirsi, conoscendolo, che ora parli con cautela.

Si parte presto, la temperatura è rigida: meglio coprirsi: Spicca il braccialetto per Giulio Regeni
Si parte presto, la temperatura è rigida. Il braccialetto per Regeni e lì…

«Lo so bene – dice – che ho uno dei due numeri già cuciti sulla schiena, ma è giusto anche dare qualche segnale. La squadra è nuova, ci sono equilibri da cercare e da creare. Una cosa però posso dirla: fra corridori c’è davvero uno splendido clima, anche lo staff si sta impegnando tantissimo per non farci mancare nulla».

Voglia di crescere

La squadra è il nodo, perché non è facile ritrovarsi nel WorldTour e dover colmare in poco tempo il gap da altri team organizzati da tempo. La scelta di puntare su corridori di esperienza come il friulano nasce proprio da questo.

«Percepisci la voglia di crescere – conferma Alessandro – e ti rendi anche conto di quanto sia difficile farlo avendo poco tempo a disposizione. Per questo siamo tutti contenti di dare i nostri feedback. Ci sono delle riunioni in cui partecipiamo anche noi più esperti. Ci viene chiesto di condividere il nostro punto di vista e devo dire che stiamo fornendo un bel numero di indicazioni, che vengono raccolte e spero che gradualmente siano messe in atto. Solo mi rendo conto che non è per niente facile a stagione iniziata. E mi rendo anche conto che il confine fra dare il proprio contributo e passare per rompiscatole è sottile, soprattutto per uno come me abituato ad avere tutto organizzato al dettaglio. In questo, la squadra in cui ero prima ci aveva abituato troppo bene, altrove non ce ne sono poi troppe che lavorano a quel modo».

Nel primo arrivo in salita, tutti attorno a Froome: con il Rosso di Buja, anche Daniel Martin
Nel primo arrivo in salita, tutti attorno a Froome: con il Rosso di Buja, anche Daniel Martin

Un raggio di sole

Con la tappa che si accinge a ripartire per fare rientro in Italia e ciascuno che si tiene stretto in tasca l’esito dell’ennesimo tampone, l’ultimo sguardo è alla stagione che sta per entrare nel vivo, con l’eventuale convocazione olimpica come discriminante per le scelte.

«Diciamo che adesso si pensa a Giro – spiega De Marchi – e poi per il seguito dell’estate andremo avanti un passo per volta. Ci sarebbe il discorso Tour, che per la squadra è importante. Non nascondo che con un buon recupero dopo il Giro d’Italia si potrebbe ragionare di andarci, ma bisogna anche vedere in quali condizioni arriverò a Milano. Il discorso olimpico sarebbe un tassello che, se collocato nel tempo giusto, permetterebbe di accelerare anche altri discorsi. Prima di Rio non feci il Tour, la Bmc non mi convocò e andai a prendermi la condizione al Giro di Polonia. E comunque sia, quando sarà ottobre e sarò sfinito come ogni anno al termine della stagione, la casa si rallegrerà per l’arrivo di un altro bimbo. Dopo un periodo nervoso e duro come quello che abbiamo vissuto e che ancora stiamo vivendo, questa notizia ci ha portato tanta felicità e tanta energia. Ci voleva proprio».

Alessandro De Marchi, Andrea, Anna, Artegna, dicembre 2020
Alessandro con Andrea e Anna, ad Artegna, durante la nostra visita dello scorso dicembre
Alessandro De Marchi, Andrea, Anna, Artegna, dicembre 2020
Alessandro con Andrea e Anna, durante la nostra visita di dicembre

Il tempo di pensare agli auguri per Anna e Alessandro e a quanto si divertirà con un fratellino o una sorellina il piccolo Andrea ed è già tempo di ripartire. Il via da Imst stamattina sarà dato alle 9,50. Da Imst a Naturno ci sono 162 chilometri e quattro salite. Sarebbe, a dire il vero, un altro perfetto giorno da fughe…

Tour of the Alps, primo arrivo in salita e spunta Simon Yates

20.04.2021
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A Simon Yates era rimasto strozzato in gola l’attacco a Prati di Tivo, quando lo stratosferico Pogacar di marzo era andato a riprenderlo gettando le basi della sua vittoria alla Tirreno-Adriatico. A lui erano andati 6 piccoli secondi e uno zaino di malumore. Ma il ragazzo è orgoglioso e, come ci ha ben spiegato Vittorio Algeri, non ci sta a lasciare vantaggio a suo fratello Adam, vincitore del Catalunya. Così è tornato a casa dalla corsa spagnola con il nono posto sul groppone e si è allenato per bene. Avendo certo in testa il Giro d’Italia, ma anche quel sassolino nella scarpa: pareggiare i conti col fratello. Adesso è certamente presto per dire che Yates abbia ipotecato la vittoria del Tour of the Alps, ma ha offerto una bella dimostrazione di superiorità.

Si sale verso vette innevate, ma la temperatura è mite
Si sale verso vette innevate, ma la temperatura è mite

Testa e gambe

Ha attaccato nel tratto più duro del Kaunergrat-Piller Sattel, ha guidato da grande nella discesa e poi ha scalato con sicurezza l’arrivo di Feichten im Kaunertal. Tutto fa pensare a grandi gambe e grande determinazione.

«Ogni giorno qui è dura – dice – ma non potevo scegliere paesaggio più bello per la prima vittoria di stagione. Ci ho provato più volte, è stata una salita molto impegnativa. Non è stato facile sbarazzarsi di quei ragazzi, ma mi piacciono queste tappe più brevi. Sono combattute sin dall’inizio piuttosto che fare 150 chilometri a spasso e correre solo nel finale. E’ stata una buona giornata, sono molto contento. Fin qui tutto bene, ma ci sono ancora molte tappe molto difficili da affrontare, la quarta ad esempio, quindi vedremo cosa possiamo fare nei prossimi giorni».

Moscon in crisi per le pendenze, frenato anche da una foratura: buon compleanno
Moscon in crisi per le pendenze, frenato anche da una foratura: buon compleanno

Finale in apnea

Simon, come suo fratello Adam, come Landa e pochi altri, quando attacca tira il lungo rapporto. Per questo, quando scatta fa subito il vuoto e costringe gli altri a inseguire su ritmi spesso asfissianti. Così Sivakov ha provato a tenere duro e in un paio di occasioni è riuscito ad acciuffarlo. Ma all’ennesima accelerazione del piccolo britannico, il russo si è arreso alla sua stazza superiore, mostrando il fianco a uno dei rivali del prossimo Giro d’Italia.

«Ma Sivakov è andato forte – dice Yates – e come lui Quintana. Il livello di partecipazione a questa corsa è molto alto e se devo essere onesto, fare il vuoto mi è costato parecchio. Negli ultimi chilometri ho un po’ sofferto».

Visto un Sivakov brillante sulla rotta del Giro, in attesa di Bernal
Visto un Sivakov brillante sulla rotta del Giro, in attesa di Bernal

Brutti ricordi

Nell’attesa delle premiazioni Yates era di ottimo umore, nella conferenza stampa successiva lo ha confermato. Il medico della squadra intanto ragionava ad alta voce sul Giro abbandonato lo scorso anno per la positività al Covid. E si augurava che le misure saranno più stringenti, quantomeno nella scelta degli hotel che lo scorso anno al Giro hanno visto corridori e turisti condividere gli stessi spazi.

Sul traguardo di Feichten im Kaunertal, l’arrivo solitario di Simon Yates
Sul traguardo di Feichten im Kaunertal, l’arrivo solitario di Simon Yates

White all’attacco

Poco più avanti, il diesse del Team Bike Exchange, Matthew White, tracciava un bilancio positivo della giornata.

«Oggi è stata una corsa impressionante per Simon – diceva – molto dura. Doveva essere una tappa dedicata alla sua preparazione come tutta questa gara, che serve a costruire la forma migliore per il Giro d’Italia. E’ la prima vittoria dell’anno per lui e sono certo che ce ne saranno altre. Adesso cercheremo di difendere il suo vantaggio sino alla fine. Sarà pure una corsa in preparazione, ma è una corsa importante e 45” sono un margine su cui ragionare».

Quintana ha provato un paio di scatti, poi ha ceduto 1’42”
Quintana ha provato un paio di scatti, poi ha ceduto 1’42”

Un buon vino rosso

Sembra che Simon lo abbia sentito, sembra che non abbia fatto altro che pensare a questo su quell’ultima salita.

«Il Tour of the Alps – dice – non è paragonabile al Giro d’Italia, perché qui si corre in modo molto più aggressivo. Però prendiamo il buono e andiamo avanti. Non credo che dedicherò questa corsa a qualcuno in particolare perché so il duro lavoro che ho dovuto fare per tornare a questo livello. Perciò stasera apriremo una buona bottiglia di vino rosso con i miei compagni, la berremo e poi penseremo alla tappa di domani».

Tiberi, tre giorni al Tour of the Alps poi il Romandia

20.04.2021
3 min
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Lavori in corso e Tiberi fa un sorriso. La seconda tappa del Tour of the Alps riparte da Innsbruck con Moscon in maglia verde, ma per il giovane della Trek-Segafredo la giornata avrà un altro sapore. Il piano con la squadra è di ritirarsi al terzo giorno, domani, per fare poi rotta sul Giro di Romandia (27 aprile-2 maggio) e qui puntare a fare classifica. Lavori in corso, appunto, per la condizione e per costruire l’atleta.

Il motivo è presto detto: nella corsa svizzera ci saranno due tappe a cronometro e per il laziale l’occasione è ghiotta. La prima è una sorta di prologo di 4 chilometri ma con l’arrivo in salita, in cui Antonio dovrà vedersela fra gli altri con Ganna, Porte e Kung. La seconda, che si corre l’ultimo giorno, misura 16,9 chilometri e ha scarsi tratti di pianura dopo una corsa che presenta tappe durissime. Una sfida decisamente importante per Tiberi che ha ancora 19 anni.

Quando torna dalla presentazione delle squadre, porta con sé un elenco dei partenti che consegna ad Adriano Baffi, che lo ringrazia. Mentre Antonio Nibali molla ridendo la battuta all’indirizzo del tecnico cremasco: «Oggi è stato bravo il giovane». TIberi sorride sotto la mascherina e si avvicina.

Ti senti giovane davvero qua in mezzo?

Parecchio giovane, in mezzo a questi grandi, perché c’è un po’ di differenza sia come età e soprattutto come esperienza. Però piano piano inizio a sentirmi a mio agio. La gara è dura, ma ho sensazioni abbastanza buone. La gamba c’è e quando aprono il gas, sento che riesco a starci.

La sola crono individuale del 2021 quella al Uae Tour, chiusa con il 10° posto e la caduta
La sola crono del 2021 al Uae Tour: 10° posto e caduta
Quanto tempo c’è voluto per riprendersi dalla caduta del Uae Tour?

Da quando sono caduto, ho avuto quasi un mesetto per riprendermi completamente, anche se sono tornato in corsa a Larciano due settimane dopo e le sensazioni sono state subito buone.

Con quale obiettivo si vive il Tour of the Alps a 19 anni?

Sono venuto qui con l’obiettivo di fare solamente 3 tappe come preparazione al Romandia. Ma vedo che la gamba è buona e anche oggi proverò a prendere qualche risultato. E se non oggi, sarà certamente domani.

Si può dire che continua la costruzione di Tiberi per le gare a tappe?

Sicuramente sì, è l’obiettivo con cui siamo partiti e che prosegue di tappa in tappa. Dopo Larciano la Per Sempre Alfredo, quindi la Coppi e Bartali, ma al Romandia ci sarà un altro livello.

I compagni lo chiamano, c’è da tornare nel centro della cittadina tirolese per la partenza che viene data sullo stesso arrivo che ieri ha premiato Moscon e che nel 2018 fece piangere Valverde, ma nulla a che vedere con la strada su cui Michele Scarponi alzò per l’ultima volta le braccia al cielo. Il cielo sembra riaprirsi, le previsioni viste ieri annunciavano la neve, ma per ora sembra che reggerà.

Innsbruck ci riporta un grande Moscon

19.04.2021
5 min
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Tre anni dopo, lo stesso arrivo. Moscon è passato sul traguardo soffiando via la fatica e sorridendo. Quando si è fermato oltre le transenne, i compagni che arrivavano di volta in volta, si sono avvicinati salutandolo come un amico che finalmente ha ritrovato la strada. Mentre Innsbruck lasciava filtrare raggi di sole, dopo la neve sul Brennero. Inizio migliore per il Tour of the Alps era difficile disegnarlo.

Nel 2018, sullo stesso arrivo, un quinto posto con qualche rimpianto
Nel 2018, sullo stesso arrivo, un quinto posto con qualche rimpianto

Un quinto amaro

Nel 2018 era arrivato al mondiale sullo slancio della rabbia per l’espulsione dal Tour e grazie al lavoro sottile di Cassani. Nella Innsbruck che chiamava Nibali, ci pensò Gianni a tenere davanti la maglia azzurra. Lo Squalo mostrò il fianco dopo la caduta del Tour, l’intervento alla schiena e la ripresa miracolosa. Moscon provò a resistere al forcing di Valverde, ma alla fine non riuscì a tenere i primi. Anche oggi era al rientro, ma dalla caduta di Kuurne e la frattura dello scafoide, venuta all’indomani di quel bello scatto sul Grammont. Con lui stava lavorando da un paio di mesi Tosatto e le parole del tecnico trevigiano in una gelida serata a casa sua erano suonate profetiche.

Neve sul Brennero, poi finalmente il sole a Innsbruck
Neve sul Brennero, poi finalmente il sole a Innsbruck

La Liegi e il Giro

Anche stamattina, il Toso e Cioni raccontavano ai piedi del pullman. «Gianni sta bene – dicevano – ma certo questa è la prima corsa. E’ stato per due settimane sul Pordoi, si è allenato davvero bene. Da solo, c’era la sua ragazza. L’obiettivo è arrivare bene al Giro e la Liegi che correrà dopo questo Tour of the Alps sarà un bel passaggio verso Torino. Difficile possa pensare di vincere, ma anche lavorare per la squadra può essere un bel crescere».

Difficile capire se stessero bluffando o non si rendessero conto della motivazione del ragazzo, in ogni caso la fiducia era tanta.

Alessandro De Marchi e una fuga per guadagnarsi il posto al Giro
Alessandro De Marchi e una fuga per guadagnarsi il posto al Giro

Adesso Gianni è qua davanti, il baccano del podio rende difficile ascoltarsi. E’ sorridente ed ha finalmente addosso la voglia di raccontare.

Con questo rettilineo avevi un conto in sospeso…

Sono già passati tre anni. E’ bello vincere qui, abito a 200 metri. Conoscere le strade è stato importante, ma puoi avere in testa tutti gli attacchi del mondo, è la gara che decide.

Nel finale hai parlato con i compagni, l’attacco era previsto?

Sapevamo che fosse una tappa per attaccare e io sapevo di avere la mia chance. L’abbiamo interpretata bene e mi sono fatto in anticipo il regalo di compleanno. Ho seguito l’istinto, ho visto che eravamo al limite. Tutti vogliono vincere e stavolta è andata nel verso giusto per me. A volte provi e va male, a volte provi e funziona. Non vincevo dal 21 ottobre del 2018, al Tour of Guanxi. Era importante farlo ancora.

Savini e Umba nella fuga dei quattro ripresa in finale
Savini e Umba nella fuga dei quattro ripresa in finale
Quanto è stato duro doversi fermare per lo scafoide rotto?

Molto duro. Era una brutta frattura e c’è voluto tanto perché guarisse. Però non ho perso la voglia di lottare.

Tosatto ha dovuto insistere perché gli permettessero di portarti qui.

Toso ha sempre creduto in me, anche nei momenti peggiori. Quando parti sapendo che in squadra c’è chi crede in te, il morale è già un’altra cosa.

Tosatto crede in te e Cioni ti allena, sembra tutto perfetto ora…

Con Dario mi sono allenato i primi anni, ottenendo anche dei risultati inaspettati. Poi la voglia di strafare ti fa superare il sottile limite tra andare forte e non andare più. Io credo che mi sia successo questo. Tornare ad allenarmi con Dario è stato come tornare a casa. Ho ritrovato la leggerezza, la voglia di divertirmi sulla bicicletta. Perché il ciclismo è certamente fatica e sofferenza, ma in allenamento devi anche divertirti, sennò non vai avanti. Per cui dico grazie a chi ha creduto in me.

La svolta è stata davvero radicale: alimentazione e allenamento…

Al Team Ineos non c’è mai stato un vero regime alimentare, siamo abbastanza liberi di seguire la nostra dieta. Ma quando si vuole portare l’asticella più in alto, si pensa che limare quel mezzo chilo per far crescere il rapporto potenza/peso sia una cosa che funziona. Allo stesso modo fai una ripetuta di più in salita, ma arrivi al punto che tanto lavoro non dà più frutti e diventa controproducente. A me è successo questo. Pesavo poco, ma non spingevo.

Mentre adesso?

Ora mi alleno meglio e mangio meglio. Sono sempre stato un atleta potente, non ho bisogno di essere anoressico per andare forte in salita. E così ho ritrovato il mio spunto.

Dopo l’arrivo, aspettando i compagni più contenti di lui
Dopo l’arrivo, aspettando i compagni più contenti di lui
Ultimo pensiero per Nibali, anche lui con il polso malmesso…

Le fratture sono diverse, ma il Giro è vicino. Se possa tornare dipende dalla sua voglia di rischiare che cadendo la frattura possa riaprirsi. Ma è un grande campione, anche al 90 per cento può dire la sua e trovare la condizione durante il Giro. Sarà un avversario, ma gli auguro di guarire bene e di rivederci presto.

Domani è il tuo compleanno.

Ventisei anni. Stasera festeggerò con la squadra e poi vivrò alla giornata. Sono sceso dal Pordoi mercoledì e ho in programma la Liegi. Questi saranno giorni chiave, un bel blocco di lavoro per arrivare bene al via da Torino.

Hindley ci spiazza: Giro 2020 perso sull’Etna

18.04.2021
4 min
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Lo ritroveremo domattina con il numero attaccato sulla schiena a solcare le strade delle Alpi e riconoscere alcuni dei passaggi che all’ultimo Giro lo videro in rosa. Jai Hindley sembra sereno, con i capelli più lunghi e la risata divertita quando per qualche istante ci troviamo a parlare di Umbertone Di Giuseppe che lo accolse in Abruzzo al suo sbarco in Europa.

«Si lavora per quel Giro d’Italia che mi ha fatto conoscere – ammette – ma qualcuno mi conosceva già. Forse non avrei mai immaginato di arrivare alla partenza dell’ultima crono con la maglia rosa, ma il fatto di essere andato bene in montagna è il risultato di tanti anni di duro lavoro. Per cui, se mi volete chiedere se mi sia stupito di essere venuto fuori a quel livello, vi dico di no!».

Il Giro del 2020 perso nell’ultima crono: un colpo molto duro
Il Giro del 2020 perso nell’ultima crono: un colpo molto duro

Decisivo l’Etna

A dispetto del suo essere esile, il timbro di voce è quasi baritonale e ti rendi conto che tanti ragionamenti li abbia fatti e poi raccontati più e più volte. Piancavallo. Lo Stelvio. Campiglio. Sestriere. Sarà mai possibile che tutto si riduca alle tappe di cui s’è già tanto parlato e non ci sia da qualche parte il rammarico per un giorno che non è andato come se l’aspettava?

«Il giorno dell’Etna – dice e ci spiazza – quando ho perso quasi un minuto rispetto al mio compagno Kelderman. Magari se fossimo arrivati insieme, sarebbe stato un altro Giro. Ma non ho rimpianti, l’ho giocato al meglio che pensavo e facendo quel che mi è stato chiesto».

Jay Hindley, 2015, Aran Cucine
Jay Hindley nel 2015, quando correva in Abruzzo con la Aran Cucine
Jay Hindley, 2015, Aran Cucine
Hindley nel 2015, quando correva con la Aran Cucine

Inverno in Europa

L’inverno non è passato come al solito e anche in questo il Covid ci ha messo lo zampino. Niente caldo australiano a gennaio, bensì un inverno europeo come quello dei compagni.

«Non sono tornato in Australia a gennaio – ammette – dove di solito posso allenarmi a tutto gas. Sono restato in Olanda e quando faceva troppo freddo siamo andati in Spagna. Lo stacco invernale comunque è stato più lungo, perché di fatto ho finito di correre alla fine di ottobre. E poi quando ho ripreso, è stato subito chiaro che avrei dovuto lavorare per il Giro. Detto questo, non so dire se sarò uno dei favoriti, ma l’esperienza del 2020 sarà una buona base di partenza. Avremo una buona squadra, con Bardet che sarà un bel riferimento. E semmai mi scoccia aver dovuto abbandonare il Catalunya perché sono stato male. Il Tour of the Alps servirà a mettere nelle gambe i chilometri che mancano. Proverò a testare la mia forma, si andrà forte. Andiamo a divertirci. Il risultato non conta, la testa è sul Giro».

La terza settimana

L’Italia gli piace, Hindley ammette di avere un vero debole. Correre qui gli ha dato la sua vera dimensione di corridore, sin da quando si ritrovò a lottare per la maglia rosa al Giro d’Italia U23 del 2017, cercando con il compagno Lucas Hamilton, con lui al prossimo Giro, di sconfiggere l’imbattibile Sivakov di quegli anni.

«L’Italia – dice – mi ha aperto gli occhi su me stesso, non tanto per i risultati quanto per il coraggio di spingermi oltre il limite. Magari il Giro del 2020 non fa testo, è stato strano per tutti. Nessuno si sarebbe aspettato quel podio, nessuno avrebbe pensato a una corsa così selvaggia. Deve essere stato molto bello da vedere, molto duro però da correre. Quest’anno potrebbe essere lo stesso, ma mi auguro che si possa avere una gestione diversa delle tre settimane. L’anno scorso si è deciso tutto nella seconda, ma di regola il Giro si decide nella terza, sulle grandi montagne. E se penso che anche quest’anno ci sarà una cronometro come ultima tappa… ».

Prove di crono alla Parigi-Nizza: il Giro si concluderà ancora con una crono
Prove di crono alla Parigi-Nizza: il Giro si concluderà ancora con una crono

E Remco come sta?

Non lo ammette, ma aver perso la maglia rosa in quell’ultimo giorno a Milano gli fa abbassare lo sguardo e cambiare il discorso.

«Secondo voi – mettendosi nei panni dell’intervistatore – cosa ci dobbiamo aspettare da Evenepoel? Io non avrei mai scelto di debuttare in un grande Giro, anche se il suo incidente è stato davvero brutto. Gli auguro tutto il meglio, perché è un grande atleta».

Il bello del ciclismo è che ogni anno si riazzera la memoria e si ricreano nuove storie. La sua riprenderà da domani sulle montagne fra l’Austria e l’Italia, in attesa di riprendere in mano quel filo rosa strappato nel 2020 all’ultimo tiro.

Le strade e gli iscritti del Tour of the Alps 2021

18.04.2021
5 min
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Se è vero che per anni si è raccontata la Tirreno-Adriatico come la corsa d’Italia con il parterre più importante dopo il Giro, questa volta il Tour of the Alps non è davvero da meno e vanta un elenco iscritti di assoluto prestigio alla vigilia del Giro d’Italia con qualche sguardo il direzione del Tour. Come quando si chiamava Giro del Trentino e i big venivano a fare le prove di squadra e gambe.

Da Pinot a Vlasov, passando per Fabbro e Simon Yates, Pozzovivo e Ardila, Bardet e Hindley, Froome e Quintana, De Marchi e Conti, le sole assenze di peso ma dettate da motivi inoppugnabili sono quelle di Vincenzo Nibali ed Egan Bernal, entrambi alle prese con ben noti problemi fisici che si spera possano consentirgli di arrivare in forma alla grande partenza di Torino.
E allora, in attesa di raccontarvi le storie della corsa, ecco il suo percorso che si annuncia severo e spettacolare.

Prima tappa: Innsbruck

Si inizia subito in salita. Pendenze lievi disegnate per incoraggiare la fuga, almeno fino a quando la strada raggiunge Vipiteno. A quel punto, dopo aver risalito dolcemente le vallate dell’Isarco, l’ascesa si fa leggermente più impegnativa lungo i tornanti del Brennero. Dal confine, una discesa tutta da pedalare condurrà alle porte di Innsbruck, dove i corridori affronteranno un circuito di due giri con la salita di Axams, la stessa affrontata durante la cronosquadre dei mondiali 2018. L’ultimo scollinamento, a 18 chilometri dal traguardo, potrebbe rilevarsi un ottimo trampolino. Distanza di 142,8 chilometri, dislivello 1.950 metri.

Prima tappa, Bressanone-Innsbruck: 140,6 km, dislivello 1.950 metri
Prima tappa, Bressanone-Innsbruck: 140,6 km, dislivello 1.950 metri

Seconda tappa : Feichten

Dislivello superiore ai 2.500 metri tutti concentrati nella seconda parte di una frazione che si apre con circa 50 chilometri pianeggianti. Prima salita fino ad Arzl im Pitztal, il paese del fuoriclasse dello sci Benni Raich. Successivamente, dopo una breve discesa, si sale ancora verso Piller Sattel. Discesa e stessa cima, ma da un versante più duro. Si attacca da Fliess, con lo scollinamento a circa 21 chilometri dall’arrivo. Gli ultimi 11 condurranno al traguardo in salita di Feichten, che dai meno 6 ai meno 3 ha pendenze superiori al 12 per cento. Distanza di 121,5 chilometri, dislivello 2.640 metri.

Seconda tappa, Innsbruck-Feichten im Kaunertal: 121,5 km, dislivello 2.640 metri
Seconda tappa, Innsbruck-Feichten im Kaunertal: 121,5 km, dislivello 2.640 metri

Terza tappa: Naturno

Si parte da Imst con un breve circuito che porta alla prima salita di giornata fino ai 1.559 metri del Piller Sattel. Veloce discesa e si inizia a salire verso il Passo Resia: strada larga, qualche galleria e lunghi rettilinei. Più impegnativi saranno semmai i 10 chilometri di stradine che risalgono la Val Venosta per portare il gruppo nella zona di Frinig. Discesa molto tecnica, poi resterà l’asperità di Tarres. Salita breve ed esigente a 18 chilometri dal traguardo di Naturno, ideale per colpi di mano. Distanza di 162 chilometri, dislivello 2.290 metri.

Terza tappa: Imst-Naturno, 162 km, dislivello 2.950 metri
Terza tappa, Imst-Naturno: 162 km, dislivello 2.950 metri

Quarta tappa: Valle del Chiese

La tappa più lunga è anche la più dura, in cui secondo Thibaut Pinot si farà la classifica. Il circuito che porta fuori da Naturno è subito in salita e propone il primo Gpm di giornata ai 1.706 metri del tunnel di Passo Castrin, tetto del Tour of the Alps. La lunga discesa porta in Val di Non in direzione Dimaro, per poi risalire verso Passo Campo Carlo Magno: 1.000 metri di dislivello in quasi 14 chilometri. Salita successiva nella zona di Tione ed è lo strappo di Selle Giudicarie. Finale col botto sull’inedita salita di Castel Condino verso Boniprati: 10 chilometri di strada… verticale che si concludono a 7 chilometri dal traguardo di Pieve di Bono. Distanza di 168,6 chilometri, dislivello 3.880 metri.

Quarta tappa, Naturno-Valle del Chiese/Pieve di Bono, 168,6 km, dislivello 3.880 metri
Quarta tappa, Naturno-Valle del Chiese/Pieve di Bono: 168,6 km, dislivello 3.880 metri

Quinta tappa: Riva del Garda

Pochi chilometri, ma terreno per attacchi. Se si escludono i primi 20 completamente pianeggianti, infatti, il resto è fatto di salite e strappi. La prima asperità sarà l’ascesa panoramica di Selle Giudicarie. Seguono la salita di Passo Duron (6,4 chilometri al 7,9%) e il Valico del Ballino. Raggiunto il traguardo di Riva per la prima volta, mancheranno gli ultimi 40 chilometri del Tour of the Alps. Un circuito di due giri con la salita di Pranzo (8,5 chilometri al 6%). Dall’ultimo scollinamento mancheranno solamente 12 chilometri al traguardo di Piazza Garibaldi, la maggior parte dei quali in discesa. Distanza di 120,9 chilometri, dislivello 2.230 metri.

Quinta tappa: Valle del Chiese-Riva del Garda, 120,9 chilometri, dislivello 2.330 metri
Quinta tappa, Valle del Chiese-Riva del Garda: 120,9 chilometri, dislivello 2.330 metri

La carovana si sta già radunando a Bressanone. Fra oggi e domattina tutti saremo sottoposti a tampone in un apposito triage e solo dopo aver superato il Covid test si potrà ritirare l’accredito, qualsiasi sia il proprio ruolo in corsa. Manca davvero poco. Nei prossimi giorni vi racconteremo le storie del Tour of the Alps 2021 e i suoi approfondimenti, cercando di andare a fondo nelle cose stando alla larga dalla sola apparenza.