La storia di Jai Hindley, ragazzino all’antica

19.02.2021
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Il ragazzino Jai Hindley, che al Giro ha picchiato come un fabbro, ha concluso presto la sua permanenza in Australia e si è trasferito in Europa rinunciando al ritorno a casa per Natale. Debutto previsto alla Parigi-Nizza. Inutile dire che questa volta non si tratta del ritorno di un giovane promettente, ma del giovane promettente che ha perso il Giro d’Italia nella crono di Milano, cedendo per appena 39 secondi. Le attese saranno superiori e con le attese aumenterà anche la pressione. A ben vedere il gioco comincia adesso e si capirà se le meraviglie dello scorso anno poggiavano su solide fondamenta o se si sia trattato di exploit dovuti a vari fattori ambientali.

Al ritiro di dicembre del Team DSM, nato sulla base del Team Sunweb
Al ritiro di dicembre del Team DSM, nato sulla base del Team Sunweb

Zero pressione

La sua fortuna è che certe pressioni inizieranno semmai qui da noi, dato che a Perth dove vive, la risonanza del Giro è stata abbastanza esigua.

«L’unico segnale per pensare che qualcuno nei media australiani fosse interessato al Giro – ha raccontato suo padre Gordon a Ride Media – c’è stato quando abbiamo ricevuto una telefonata dalla Abc appena prima dell’ultima tappa. Hanno chiesto se potevano fare un servizio e una chiacchierata su Jai, su quali fossero i suoi risultati e da dove venisse. Invece il giornale di qui, il West Australian, non ci ha nemmeno contattato per chiedere qualcosa su di lui. Poi, quando mi hanno effettivamente chiamato, il loro giornalista mi ha chiesto se potevo aiutarlo perché lui non sapeva davvero niente di ciclismo».

L’anno del rugby

Gordon Hindley non è australiano, ma arrivò laggiù da Manchester nel 1989. A dirla tutta, il vero appassionato di ciclismo è sempre stato lui, con un passato da corridore. Fu lui a mettere in bici il piccolo Jai portandolo in pista e fu lui a rischiare l’infarto quando per un anno suo figlio mise via la bici e decise di dedicarsi al rugby. Non ne aveva la stazza, ma fu giusta l’intuizione di sua madre Robyn di lasciargli provare qualcosa di diverso per mettere alla prova la passione per il ciclismo. Infatti, dopo aver apprezzato il cameratismo fra rugbisti, il piccolo Hindley riprese la bici.

Rosa effimera

Jai Hindley ha indossato la maglia rosa per appena 15,7 chilometri: quelli dell’ultima crono. Infatti l’ha conquistata a Sestriere, nel giorno in cui l’ha persa il compagno Kelderman. Sulla gestione del Giro da parte del Team Sunweb si potrebbe parlare a lungo. Probabilmente l’australiano avrebbe potuto prendere vantaggio sin dal giorno ai Laghi di Cancano, magari provando anche a staccare Tao Geoghegan Hart.

Sul divano

«Fisicamente – ha raccontato a Cyclingnews – mi sentivo ancora abbastanza bene nell’ultima settimana, fino a Sestriere. Penso che a travolgermi sia stato più che altro più il lato mentale. E’ qualcosa che non avevo mai passato, davvero. Mi ha colpito come una tonnellata di mattoni in quell’ultima settimana. E quando sono tornato a casa a Girona, è stato semplicemente bello sedermi sul divano e sprofondare senza dover fare nulla. Ma ora penso che sia importante fare un passo indietro, non lasciarsi risucchiare troppo e godersi davvero il momento. Sembra un cliché, ma non capita tutti i giorni di indossare la maglia rosa, anche se solo per 15 chilometri. E’ stato un momento che mi ha cambiato la vita».

A Sestriere Kelderman perde la maglia e Hindley, che lo consola, la conquista
Prende la rosa a Sestriere dalle spalle di Kelderman

Pista a 7 anni

Crescendo con un padre come il suo, è inevitabile che per tutta la vita abbia inseguito quello che il Giro d’Italia del 2020 gli ha messo nel piatto. Essere al centro delle operazioni. Lottare con i migliori sulle salite. Fronteggiare le interviste. E anche sostenere gli sguardi di chi non lo conosceva, se lo è ritrovato fra i piedi e poi lo ha visto vincere ai Laghi di Cancano, pensandolo uscito dal nulla. Senza immaginare che la sua strada fosse iniziata davvero da tanto lontano.

«Lo abbiamo portato al velodromo di Midland quando aveva sette anni – racconta ancora suo padre – dove avevano costruito un programma per lo sviluppo dei bambini in pista, che all’epoca era gestito da un allenatore chiamato Rick Lee. Quando poi lui è partito per andare a lavorare in America, io sono diventato un allenatore accreditato, passando per il sistema di coaching australiano. In cuor mio sapevo che avrebbe perso il Giro nella crono, ma concedere solo 39 secondi a Geoghegan Hart, che è più grande e potente di lui, è stato un bel risultato. Sono anche sicuro che con il tempo Jai migliorerà nelle crono, ha cominciato a farlo ogni anno da quando è arrivato in questa squadra».

Maglia rosa presa a Sestriere e indossata da Hindley soltanto nei 15,7 chilometri dell’ultima crono
I ragazzino in rosa sul podio di Sestriere

All’antica

Sarà questo miscuglio di vecchio stile inglese e gli insegnamenti appresi in Italia con Umbertone che hanno dato a Hindley un approccio con le corse forse all’antica, che però gli ha permesso di giocarsi il Giro a testa alta.

«Non è vero che sono uscito dagli U23 e ho iniziato a vincere immediatamente – dice – sono cresciuto di qualche passo ogni anno. Nel 2018 ho lavorato sodo e senza riflettori. Nel 2019 sono venuti i primi piazzamenti. Penso che la nostra squadra sia davvero brava a far maturare anche i ragazzi che non vincono tutto al loro primo anno da professionisti. Quando corro non voglio conoscere la potenza o il battito cardiaco. Se guardi in basso e vedi che stai già facendo numeri altissimi, quando qualcuno attacca pensi di non avere margine per seguirlo. Personalmente, preferisco correre vecchio stile e andare avanti con le sensazioni».