«Se puoi – dice Ciccone – riportala alle stesse misure del Giro d’Italia. Alla fine sono le migliori, mi trovavo bene. E anche le selle… Se riusciamo a fare tutta la stagione con quella nera, io sono contento».
Mauro Adobati prende nota. Il primo ritiro serve proprio per mettere a posto i materiali e il lavorìo dei meccanici della Trek-Segafredo va avanti instancabile dal mattino e sarà così fino a domenica, quando torneranno a casa. Tra bici tirate a lucido e altre con il divieto di fare foto perché probabilmente esordiranno durante la stagione, il parcheggio dell’hotel è come la piazza di un paese brulicante di attività. Le strade di Altea, nella Comunità Valenciana, hanno accolto i corridori con il consueto calore di sole e di gente. E com’era prima del Covid, anche se il Covid c’è ancora, si può vivere qualche ora con loro per capire, conoscersi meglio, raccontare.
Nuova maglia da allenamento
Ciccone indossa la nuova tenuta da allenamento. Non più il giallo fluo degli scorsi anni, ma un rosa salmone, ugualmente fluo, cui dovremo fare gli occhi e che avevamo intravisto passando nel laboratorio Santini quando si trattò di annunciare la maglia gialla del Tour. Il 2021 dell’abruzzese ha avuto luci e ombre, ma se si vuole leggere completamente la stagione di un corridore, non ci si deve limitare ai soli piazzamenti, che pure resteranno negli albi. Eppure questa semplice annotazione lo mette di buon umore.
«Un conto è se nel bilancio di fine anno – conferma – devi mettere dei pessimi risultati e delle prestazioni non all’altezza. Un altro se i risultati sono al di sotto, ma le prestazioni finché sei stato… in piedi erano delle migliori. Sono caduto troppe volte e sempre nei momenti importanti. Così ora passa in secondo piano che alla fine della seconda settimana del Giro fossi a ridosso dei primi cinque e che a lungo il solo che abbia lottato con i migliori sia stato io. Eppure nei commenti continuano a dire che non sono più quello del 2019. E dopo un po’ che li leggi, diventa pesante…».
Due anni con lo Squalo
Non c’è più Nibali e la sensazione, più sulla pelle che suffragata da fatti, è che per lui sia come aver perso un condizionamento. Positivo o negativo che fosse. Ma siamo qui per capire e così, partendo da Vincenzo, andiamo indietro provando a guardare in avanti.
Come è andata con lo Squalo?
Adesso che posso guardarla da fuori, sono stati due anni difficili. La coppia per vari motivi non ha funzionato. Lui ha vissuto i due anni più difficili della carriera, io ho avuto qualche sfortuna e qualche tensione di troppo. La sintesi c’è stata al campionato italiano.
Che cosa è successo?
E’ venuto fuori il nervosismo classico delle corse, che quando hai due leader può diventare brutto da vedere. Vincenzo doveva dimostrare di essere all’altezza della convocazione olimpica, io stavo vivendo un momento di forma molto buono dopo il Giro e alla fine ci siamo inseguiti fra noi. I rapporti fra noi sono buoni. Mi ha trasmesso la tranquillità nell’affrontare e vivere le corse. Lui in questo è un freddo. Ma tecnicamente non posso dire di aver imparato qualcosa, perché non c’è stato proprio modo di lavorare insieme.
Come va il cantiere Ciccone, continui a crescere?
Siamo ancora in fase di costruzione, anche se qualcosa ci è un po’ sfuggito. A livello di crescita fisica e mentale, vedo un grosso cambiamento, i risultati non ci sono ancora.
Perché dicono che vai meno che nel 2019?
Si parla del Giro. Partivo da leader e secondo me è stato un Giro importante. Nel 2019 correvo all’arrembaggio, ho vinto una tappa e conquistato la maglia dei Gpm, ma nelle altre tappe prendevo venti minuti e nessuno diceva niente. Io non voglio essere così, voglio tenere duro e quest’anno non ho mai preso quei distacchi e ugualmente ero lì a giocarmi le tappe.
La fase di costruzione prevede la cura di quali dettagli?
Negli ultimi anni è cambiato parecchio, tutti curano i dettagli. Quel che fa più la differenza è la tensione con cui vengono vissute le gare, senza mai un momento di tranquillità. Il ritmo è sempre alto per questi giovani che non perdono un solo colpo. Una volta ai miei 27 anni sarei stato considerato sulla porta del periodo migliore, ora è diverso. Un aspetto su cui ho capito di dover migliorare è la crono, per la quale abbiamo già fatto dei lavori specifici prima della Vuelta, anche se al Giro non ce ne saranno…
Farai il Giro?
Il Giro e il Tour, come nel 2019. Prima un bel programma con la Valenciana, la Tirreno, il Catalunya, finalmente la Freccia e la Liegi, che non vedevo l’ora di rifare. L’ho corsa solo nel 2019, una delle edizioni più dure, e mi è piaciuta molto.
Perché quelle osservazioni sulla sella con Adobati?
Sono un maniaco dei dettagli e quando trovo un’imbottitura che mi va bene, non la mollo più. Con gli ingegneri Trek stiamo facendo selle personalizzate. Lo stesso ho fatto delle scelte per quanto riguarda il manubrio. Abbiamo provato quello integrato per scendere un po’ di peso, ma alla fine ho scelto di tornare a uno tradizionale. Attacco e curva.
Hai parlato delle critiche: dite spesso di infischiarvene, ma alla fine siete sempre lì a leggere…
Solo un tipo solare, mi piace tenere i contatti con i tifosi. Le critiche le sento e a volte fanno male. Del confronto con il 2019 abbiamo detto, mentre quelle durante la Vuelta in cui arrivavo a un minuto da Roglic… Ero deluso anche io, ma Roglic è il numero uno al mondo e quei distacchi li abbiamo presi in tanti.
Al tuo fianco ci sarà Cataldo.
E’ una grande novità per la squadra, l’uomo giusto per creare un progetto. Ha grande esperienza in corsa e gli riconosco il fatto di avere potere su di me, perché lo conosco e lo stimo da quando ero bambino. Ciclisticamente sono cresciuto con i consigli di suo padre. Quel che mi dice è per il mio bene, come Brambilla.
Cosa chiedi al 2022?
Un po’ di fortuna. Negli ultimi due anni, tra cadute e Covid, è girato tutto storto. Dopo la caduta della Vuelta ho avuto problemi al ginocchio e sono restato senza bici per 50 giorni: un’eternità. Ma andrà bene partire calmo, dovendo fare Giro e Tour. Ecco, vorrei non cadere e le stesse prestazioni del 2021, poi ne riparliamo. E poi vivere gli ultimi due anni a Monaco non è stato il massimo. Ora mi sono trasferito a San Marino, più vicino a casa e con spazi che mi si adattano meglio. Spero di avere la tranquillità che serve. Perché è vero che il 2019 può essere un bel metro di paragone, ma è anche vero che dal 2020 è cominciata la pandemia e niente è più stato come prima. Nemmeno io.