Il ritorno di Geoghegan Hart, corridore e pensatore

29.03.2023
5 min
Salva

Per Tao Geoghegan Hart il momento più bello di ogni corsa in giro per il mondo coincide con il ritorno a casa. Tao è di Hackney, quartiere popoloso a sud di Londra. Quando arriva neanche perde tempo a disfare le valigie: salta su sulla sua bici e si dirige verso il Tower Bridge: «Quando comincia a fare sera, il ponte si spopola e assume colori unici. Quella tranquillità mi consente di pensare, di riavvolgere il nastro. Quando le cose vanno bene, è lì che mi godo davvero il momento».

Il britannico della Ineos, vincitore del Giro d’Italia del 2020, è un personaggio atipico. Un pensatore, anche se meno conosciuto da questo punto di vista del “filosofo” Guillaume Martin. Non ha scritto libri, ma entrandoci in contatto si comprende come viva il ciclismo da una dimensione diversa da quella di quasi tutti i suoi colleghi.

Geoghegan Hart nella sua casa di Hackney. Un rifugio irrinunciabile (foto Timo Spurr)
Geoghegan Hart nella sua casa di Hackney. Un rifugio irrinunciabile (foto Timo Spurr)

Che sere al Crystal Palace…

Tao ad esempio è sempre rimasto molto legato alle sue radici. Ai ricordi delle sue corse serali attraverso Londra, all’apprendistato vissuto al Velodromo Herne Hill nella zona del Crystal Palace. Perché Tao è un londinese doc, non lascerebbe mai la sua città. Anche se ama sfruttare il ciclismo per la possibilità di conoscere il mondo.

«Il momento più bello di questa stagione? A Maiorca – ha raccontato a Edward Pickering di Rouleur – Ebbi la possibilità di fare una camminata a piedi nel centro, di visitare le gallerie del posto. Vedendo qualcosa di profondamente diverso da quello che vedo continuamente in sella. Un quarto d’ora, non di più. Ma valeva un tesoro».

Di Geoghegan Hart si erano un po’ perse le tracce. Dimenticando che dopo la vittoria in quel Giro atipico, vissuto d’autunno, la sorte gli ha fatto pagare un prezzo alto, tra covid e ricadute, infezioni varie determinate proprio dal coronavirus.

«Un anno di opportunità perse, tanto che ero entrato in un loop anche psicologico, appena mi riprendevo sapevo che qualcosa andava storto. Ma è servito, ho imparato che la cosa più importante in questo mestiere è stare in salute e in piedi, il resto viene di conseguenza».

La gioia in casa Ineos per la vittoria alla Vuelta Valenciana. Tao l’aspettava da 3 anni
La gioia in casa Ineos per la vittoria alla Vuelta Valenciana. Tao l’aspettava da 3 anni

Ritorno al successo

Per questo, quando ha vinto alla Vuelta Valenciana riassaporando quel gusto del successo che era andato svanito nel corso di anni, non ha neanche festeggiato in maniera particolare: «Non è stato un sollievo, ho provato solo onore e piacere. Il nostro è un mestiere particolare, nel quale entri a contatto con la gente in modi insoliti. Guardate Pinot: è molto più amato adesso che si avvicina al suo crepuscolo di quando vinceva e questo lo trovo affascinante».

E’ chiaro che quel Giro gli è rimasto impresso nella memoria come un marchio a fuoco. Per certi versi lo ha rivissuto, assaporato, capito solo dopo quei giorni caldi: «E passerò il resto della vita per cercare di riviverlo in modo diverso. Per me la cosa principale è come l’ho vissuto intimamente, prendendolo come una concatenazione di eventi fortunati. Non è stato tutto perfetto, ma alla fine ha funzionato, è come se fossi passato attraverso delle “sliding doors” prendendo sempre la direzione giusta fino alla conclusione. Come ad esempio nella tappa di Agrigento».

Tao Geoghegan Hart, Milano, podio, Giro d'Italia 2020
Il momento più bello, il podio di Milano. Il Giro d’Italia è nelle sue mani
Tao Geoghegan Hart, Milano, podio, Giro d'Italia 2020
Il momento più bello, il podio di Milano. Il Giro d’Italia è nelle sue mani

La tappa di Agrigento

Allora il capitano era ancora Geraint Thomas. Tappa difficile quella siciliana, che stava facendo vittime: «A un certo punto mi accorsi che con Geraint era rimasto solo Narvaez. Pensai a che cosa sarebbe successo in caso di caduta: l’argentino è su una bici 48 o 50, il gallese ha una 56, come avrebbe fatto? Era mio dovere rimanere con lui, nel caso avrei potuto dargli io la bici per non fargli perdere minuti e quindi il Giro.

«Sulla salita Geraint mi disse di andare e cominciai a recuperare posizioni. Alla fine la tappa che stava per farmi perdere minuti preziosi non era costata così tanto. All’arrivo mi si avvicinò Jon Dibben, della Lotto Soudal: “Tao, quando mi hai passato eri impressionante, volavi”. Neanche me ne ero reso conto, ma forse il mio Giro era iniziato lì».

Quella vittoria ha certamente influito, ma anche quei giorni hanno influito sul suo modo di essere tanto che quando ne parla, il britannico ha un’aria per certi disincantata: «Non credo che quella vittoria mi abbia cambiato, in fin dei conti io la vedo come una corsa come le altre: parti, finisci, riparti, sei a casa, due giorni dopo torni in sella e ti alleni. Solo che è un po’ più lungo…».

Molti hanno visto quella vittoria come un episodio quasi trascurabile, casuale, dimenticando ad esempio che in carovana di vincitori del Giro ormai ce ne sono solamente 6 e se sommiamo tutti quelli che hanno vinto uno dei tre grandi giri, ce ne sono appena 12…

Il britannico insieme a Roglic: saranno avversari al Giro d’Italia, dove Tao vuole rivivere i fasti del 2020
Il britannico insieme a Roglic: saranno avversari al Giro d’Italia, dove Tao vuole rivivere i fasti del 2020

Spigoloso ma creativo

Dopo di allora, tante delusioni e poche gioie ma forse proprio quella vittoria gli ha consentito di viverle nella maniera giusta: «La delusione fa parte del nostro mondo. Credo che chi si avvicina al ciclismo debba comprendere che non è uno sport che ti dà continue occasioni di vittoria, devi provarci e cogliere le opportunità. Forse è per questo che l’epica dello sconfitto ha così tanto fascino fra gli appassionati».

Di Tao dicono che sia spigoloso e creativo un po’ come tutti coloro che vengono da Hackney, ma anche estremamente pignolo, in gara come in allenamento, attento a ogni minimo particolare. E’ chiaro che questa è una stagione delicata, il contratto è in scadenza e senza risultati bisogna anche considerare l’ipotesi di cambiare. Lui però non se ne preoccupa.

«Per me i risultati non sono il fine, ma il mezzo, per vivere questo mestiere e far sì che continui a farmi crescere culturalmente. Tanto è vero che quando giro voglio sapere dove sono, in che contesto e se posso voglio immergermi in quella realtà, assaporarla. Non si vive di soli rapporti e manubri…».