Markel Beloki, voglia di imparare e nessuna pressione

23.04.2024
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LAIVES – Guardando la starting list della EF Education-Easy Post al Tour of the Alps c’era un corridore classe 2005 il cui nome destava interesse e curiosità. Markel Beloki, figlio di Joseba, ha completato i suoi primi quattro mesi da neoprofessionista.

Venticinque giorni di gara spalmati su dieci corse – di cui due WorldTour e tre a tappe – sono una bella base di partenza per chi dovrebbe essere al primo anno tra gli U23. Abbiamo avvicinato il giovane Beloki prima di una tappa del TotA e a giudicare dalla nostra chiacchierata, il suo approccio nel mondo dei grandi è quasi di reverenza per ogni cosa. Come un ospite che entra in casa d’altri ed osserva tutte le migliori maniere per non disturbare. In realtà Markel sta assorbendo tutto quello che vede e gli succede attorno.

Markel Beloki in questi prima quattro mesi da neopro’ ha disputato gare di alto livello
Markel Beloki in questi prima quattro mesi da neopro’ ha disputato gare di alto livello

Chiacchiere e caffè

Il bus della EF Education-Easy Post, come tanti altri, è attrezzato di una macchinetta del caffè che esce da un vano laterale. E’ il bar dei corridori dove fanno le ultime chiacchiere fra di loro, con i meccanici, i tifosi e i giornalisti. Passa di lì anche il diesse Tejay Van Garderen che sorride all’indirizzo di Beloki, che ricambia, come a dire “oggi tocca a te con le interviste”. Ne prendiamo spunto.

«Il rapporto con Tejay è ottimo – ci dice Markel – e sono molto felice di questo. Ricordo che guardavo le sue gare e le sue prestazioni con attenzione. Potrei dire che ho caratteristiche simili a lui, ma non so se sono più scalatore. Sicuramente lui è stato un grande corridore che andava forte in salita e a cronometro. Anche a me piacciono le crono. Infatti lui mi insegna tanto su entrambi i terreni. Mi piacerebbe molto arrivare al suo livello, ma so che è molto difficile da raggiungere».

Coffee-break. Prima di ogni tappa, Markel si confronta con compagni e staff guardando dettagli sulla bici
Coffee-break. Prima di ogni tappa, Markel si confronta con compagni e staff guardando dettagli sulla bici

Parola d’ordine: imparare

Beloki è cordiale con tutti. Ma per correre nel ciclismo attuale bisogna saper sfoderare una bella grinta appena sali in bici. Come è stato quindi questo inizio di stagione?

«Sento che mi sto migliorando – risponde sicuro – indubbiamente ho fatto un bel salto, da juniores ad un team WorldTour. Adesso penso che devo prendermi il tempo necessario per imparare molte cose su questa nuova categoria. Voglio continuare così passo dopo passo senza troppa fretta.

«Ho tanti insegnanti per la verità – prosegue – a cominciare naturalmente dai direttori sportivi. Ogni giorno sto imparando molto dai miei compagni di squadra, che mi aiutano sempre tanto. Loro sono tutti speciali, sanno tante cose e hanno molta esperienza. Non ho un vero punto di riferimento perché in squadra lo sono tutti. Certo avere grandi campioni come Rui Costa, Chaves o Carthy da cui apprendere è bello. Per me questa è la base di partenza migliore».

Beloki ha vissuto la condivisione della vittoria di un compagno grazie a Carr, prima a Maiorca poi al TotA
Beloki ha vissuto la condivisione della vittoria di un compagno grazie a Carr, prima a Maiorca poi al TotA

«Finora ho imparato anche in tutte le gare che ho disputato – ci dice Beloki con un pizzico di soddisfazione – per esempio il Giro dei Paesi Baschi è stato davvero bellissimo. Per me è la corsa di casa. Una corsa molto dura però. Ogni tappa era impegnativa, stressante, dall’inizio alla fine. Sono uno scalatore, ma sia in Spagna che al Tour of the Alps c’erano tante salite e tanti scalatori molto più forti di me. In queste corse il mio compito era di aiutare la squadra, lavorando a fondo per i compagni. Sono molto contento di come sono andate le cose».

Poche pressioni, tanti dettagli

Dicevamo che Markel ha un cognome importante che crea, come tanti altri come lui, un inevitabile confronto. Lui però resta fedele al suo basso profilo e non ci pensa.

«Mio padre Joseba – spiega Beloki junior – ha avuto una bella carriera, però siamo in due periodi così differenti che non si possono fare paragoni. E’ per questo che il mio cognome non mi pesa. Al momento non sento nessuna pressione. Penso solo a fare al meglio il mio percorso da professionista ogni giorno che passa».

Markel Beloki malgrado il cognome importante, ammette di non sentirne la pressione
Markel Beloki malgrado il cognome importante, ammette di non sentirne la pressione

«Il mio obiettivo è imparare – conclude Markel – come avrete capito. Ne ho tantissime di cose da imparare, soprattutto quelle piccole. Ad esempio andare all’ammiraglia per prendere bene le borracce sia per me che per i compagni. Per tutti sembra una cosa facile, invece è molto difficile, oltre che importante. Ecco, anche da questo ho già capito che per provare ad essere un buon corridore in futuro bisogna curare questi dettagli. Non si può fare altrimenti».