Roma in bicicletta e il GRAB: ne parliamo con Conti

31.03.2021
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Cosa ci fa Valerio Conti con la sua Colnago nel Parco degli Acquedotti, poi sull’Appia Antica, lungo la ciclabile del Tevere e sul Ponte della Musica di Roma? Per un giorno il corridore del Uae Team Emirates si è messo a nostra disposizione, andando a scoprire le rotte del Grab, il Grande Raccordo Anulare della Bicicletta.

Cos’è il GRAB

L’hanno definito “la più bella ciclovia virtuale del mondo”. Un anello di 45 chilometri dedicato alla mobilità ciclopedonale di Roma, che per ora resta solo sulla carta. Collegherebbe centro storico, quartieri periferici, parchi naturali, urbani e rurali, i due fiumi della città, piste ciclabili esistenti e future. Via Appia Antica, Terme di Caracalla, Ghetto, Lungotevere, Villa Borghese, Villa Ada, riserva naturale dell’Aniene, parco degli Acquedotti, museo Maxxi, Auditorium. Sono solo alcuni tra i siti più noti uniti dal raccordo delle bici. Il progetto, costruito da associazioni locali e nazionali (VeloLove, Legambiente e altre), in collaborazione con cittadini e studi professionali (tutti volontari), ha l’ambizione di riqualificare spazi urbani degradati, riconquistando aree di vivibilità per milioni di cittadini e turisti.

L’acqua da uno dei tanti “nasoni”, tipiche fontane della Capitale
L’acqua da uno dei tanti “nasoni”, tipiche fontane della Capitale

Roma e le bici

Non è per niente facile il rapporto tra la Capitale e il mondo delle due ruote, ma qualcosa si muove. Tra 2019 e 2020 il boom di richieste per il bonus bici ha fatto letteralmente sparire le biciclette dai negozi di Roma. In un anno le vendite sono aumentate del 200%. Per quanto riguarda le infrastrutture, però, è tutta un’altra storia. Un anello che in altre metropoli europee si realizzerebbe in pochi mesi, nella Capitale stenta a decollare.

«Eppure non si tratta di un semplice girotondo – ricorda Alberto Fiorillo, ideatore del Grab – ma di un volano per riqualificare il territorio con risvolti economici considerevoli, capace di attirare, secondo uno studio di Confindustria, fino a 600mila turisti l’anno».

Tradotto in euro: 14 milioni di euro il primo anno che si triplicherebbero nell’arco dei quattro successivi.

Il tratto di ciclabile lungo il Tevere è uno dei più battuti
Il tratto di ciclabile lungo il Tevere è uno dei più battuti

L’esperienza dei pro’

Con Valerio Conti, 28enne ciclista professionista romano, abbiamo percorso alcuni tratti della ciclovia. Ci ha svelato i luoghi dei suoi allenamenti e ci ha raccontato le sue impressioni sulle piste ciclabili capitoline. Valerio corre dal 2017 per il UAE Team Emirates e quando torna nella sua città, nel suo quartiere di Colle Prenestino, per allenarsi preferisce le salite delle colline tra Tivoli e San Polo dei Cavalieri, non entra mai in centro.

«Purtroppo a Roma non ci sono buone piste ciclabili – dice – mentre in Belgio e in Olanda le percorro spesso per allenarmi. Sono realizzate bene, sono pulite. Lì si respira una cultura diversa, che favorisce la ciclo-mobilità. Anche in Liguria, a Sanremo, esiste la ciclovia della Riviera dei Fiori: è fatta talmente bene che ci si può anche correre. La frequento spesso». 

Pulite e sicure

Sulle caratteristiche che dovrebbero avere le piste ciclabili per essere appetibili anche da un professionista come lui, magari solo per una passeggiata sulle due ruote, Valerio ha le idee chiare.

«La sicurezza in primo luogo – dice – gli automobilisti non possono parcheggiare sulla pista e molto spesso a Roma è la prassi. Devono essere abbastanza larghe, in modo tale che due ciclisti riescano a incrociarsi comodamente».

Corsa a ostacoli

Una storia lunga e segnata da ostacoli, quella del Grab. Ma la vicenda non era partita male: il progetto nel 2016 era stato finanziato, assieme ad altre nove ciclabili di importanza nazionale, dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il ministro di allora era Graziano Delrio, quello che inforcava tutti i giorni la sua bicicletta e che s’innamorò a prima vista del Grab. La palla è finita al Comune e sono passati ormai cinque anni. 

I tempi della politica e della burocrazia in Italia, purtroppo, non sono gli stessi immaginati da chi auspicherebbe una rivoluzione della mobilità e un cambio di passo rapido verso una drastica riduzione delle auto in città.