Gli europei della pista alla lente di Villa, fra progetti e tradimenti

22.08.2022
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Il medagliere azzurro degli europei di Monaco su pista parla di 11 medaglie: 3 ori, 6 argenti e 3 bronzi. Si tratta di un bilancio certamente positivo, nella cui lettura tuttavia è possibile fare dei distinguo, su cui Marco Villa ha ragionato a lungo. In altri anni, avremmo preso il fagotto e saremmo scappati dandoci alla pazza gioia, oggi il tecnico azzurro è alle prese con altre considerazioni. Si va a braccio, cercando il varco da cui srotolare la matassa.

Un bel bilancio, anche per il ritorno della velocità e malgrado qualche infortunio di troppo. Ti è piaciuto tutto?

Mi è piaciuto tanto. Bello l’omnium di Consonni, ma se la bilancia la fa il quartetto, allora c’è da fare qualche distinguo. A livello prestazionale, a Montichiari avevamo fatto 3’52” e può capitare che nel giorno della gara non stai bene. Quello che contesto è che potevano dirmi di non avere una grande giornata, avrei sostituito gli elementi meno brillanti. Si dava la possibilità ad altri, non è che mi mancassero i giovani da inserire. Certi quartetti si finiscono in quattro.

Qualcosa che avevamo già visto?

Era già successo a Grenchen, agli europei 2021, ma lì almeno eravamo in finale per il primo e secondo posto. Quello che non mi piace è vedere che il quartetto si è sfaldato. Fare due tirate e poi spostarsi è servito a Tokyo e c’era un motivo tecnico ben preciso, non può diventare una moda. Qua dovevano arrivare in quattro. Chi non se la sentiva doveva chiamarsi fuori, perché se restiamo in due, qualcosa non va. Non mi è piaciuto.

Ne avete parlato?

Certo, immediatamente. Ho parlato subito con Lamon e Bertazzo, ma il risultato è che adesso sulla fiducia non riesco più ad andare avanti, perché mi sono scottato. Bertazzo è uno che in allenamento non dà mai tutto e dice che poi in gara non delude. Stavolta invece è successo. Il fatto che a Montichiari sia stato un po’ al di sotto poteva essere un campanello, ma d’ora in avanti dovranno farmi vedere di andare forte la settimana prima. Ci sono giovani che sono rimasti fuori perché hanno davanti campioni del mondo e campioni olimpici, non è detto che sarà così per sempre.

Hai parlato di Consonni e il suo omnium…

Ha fatto un’ottima prova, persa solo all’ultimo sprint, battuto ancora una volta da un francese. Di fatto Simone si è allenato a Montichiari solo due giorni, mentre noi eravamo già a Monaco. E’ arrivato tardi l’okay della squadra, perché dopo il Giro d’Italia e i campionati italiani si è fermato per una settimana che poi si è prolungata perché non stava tanto bene. A quel punto hanno voluto che facesse il Polonia. Ha sofferto, ma è venuto ugualmente. E spero che questo risultato gli dia fiducia per i prossimi mesi. Non ha vissuto momenti facili quest’anno su strada.

Argento per Consonni nell’omnium degli europei, preceduto dal francese Grondin
Argento per Consonni nell’omnium degli europei, preceduto dal francese Grondin
E intanto cresce la velocità.

Predomo aveva già fatto secondo ai mondiali juniores e ha proseguito nella crescita ad Anadia. Ora va ad aggiungersi a Bianchi, Napolitano e Tugnolo e magari possiamo giocarci un posto a Parigi per la velocità olimpica. Le qualifiche iniziano l’anno prossimo. Siamo lontani da alcune Nazioni, ma possiamo avvicinarci ad altre più alla nostra portata.

E’ un obiettivo raggiungibile?

Ci proviamo. E ci proviamo anche con le donne, dove Miriam Vece non è più da sola. Quaranta ci sta mettendo tanta passione e mi toglie una bella fetta di lavoro. Ora l’impegno deve essere cercare talenti come Tugnolo.

Ecco, parlando di te, riesci a gestire tutto ora che ci sono anche la velocità e le donne?

Direi di sì. C’è comunque una bella struttura con Quaranta, Bragato e Masotti. Il sistema di lavoro è collaudato, si tratta di insegnarlo a tutti. Lo stiamo facendo anche con le ragazze.

Agli europei di Monaco, per Matteo Bianchi l’argento nel chilometro e il record italianio nel keirin
Matteo Bianchi ha preso l’argento nel chilometro e ha fatto il record italianio nel keirin
Cosa state insegnando?

Che non servono tante giornate di lavoro in pista, ma è importante che vengano sistematicamente. Quando qualcuna ha fatto lunghe assenze per la stagione su strada, ci siamo accorti che ha avuto bisogno di più tempo per fare i richiami necessari. Spero che questo modo di lavorare lo apprendano presto.

Che cosa significa venire con regolarità?

Almeno ogni 10 giorni e paga tanto, soprattutto quando prepari gli eventi, sapendo che alla fine farai dei ritiri in cui si finalizzerà il lavoro delle settimane precedenti.

Barbieri e Zanardi hanno raccontato di aver vinto la madison senza essersi mai allenate insieme.

Rachele aveva vinto la corsa a punti in Coppa del mondo, Zanardi aveva vinto l’americana con Vitillo ad Anadia. Faccio le coppie miste anche con gli uomini, perché siano tutti intercambiabili e competitivi, lo faccio anche con le donne. E poi devono perdere l’abitudine che qualcuno prima del via gli dica cosa dovranno fare. Se succede qualcosa di inatteso, sono loro a dover decidere e trovare la soluzione. Come ha fatto bene la Barbieri nell’omnium a 8 giri dalla fine, quando ha osato. Io ero dall’altra parte della pista, non potevo dirle niente.

Il metodo di lavoro da insegnare alle ragazze prevede la capacità di improvvisare, avendo nelle gambe il lavoro giusto
Il metodo di lavoro da insegnare alle ragazze prevede la capacità di improvvisare, avendo nelle gambe il lavoro giusto
Rachele ha raccontato anche del cambio di rapporto suggerito da Consonni, che sarebbe stato decisivo…

Ne avevamo parlato anche prima, ma era stanca. Prima di scendere in pista ha chiesto due gel, doveva recuperare. Poi c’è stata l’interruzione per la caduta in cui è rimasta coinvolta anche Letizia Paternoster e a quel punto c’è stato il cambio di rapporto che è servito per fare quel bell’attacco deciso. Rachele ha corso tanto, ma ha una bella condizione che l’anno scorso non aveva mai raggiunto (ieri l’emiliana ha centrato il bronzo nella prova su strada, ndr).

Uno che ha corso tanto è stato anche Ganna, non pensi che varrebbe la pena di dosarne l’impiego?

Non credo che abbia sofferto troppo a fare la strada e poi la crono. Mentre tornavamo sull’ammiraglia, si è sentito al telefono con Lombardi (Giovanni Lombardi, suo agente, ndr) ed era contento. Se non avesse fatto la crono, avrebbe dovuto riprendere ad allenarsi a casa. Quando giovedì siamo arrivati a Montichiari, si è allenato dalle 10 alle 14,30, lavorando sulla forza come nel primo secondo di carico. Aver fatto la crono il mercoledì, ha sostituito il primo giorno di lavoro.

Quali sono ora i programmi del tuo gruppo?

Fino ai primi di settembre li lascio tranquilli, poi andremo a fare un po’ di altura e di lì andremo a Montichiari cominciando a pensare ai mondiali. Non sarebbe male partecipare a qualche classe 1 e spero che riescano a correre su strada. Ci sarebbe la Tre Sere di Aigle dal 29 agosto al primo settembre, che sarà utile soprattutto per le prove di gruppo. Consonni ad esempio ha bisogno di fare punti per la qualifica ai mondiali. Ha preso 200 punti agli europei, ma ne servono 250. Quindi può farli a Aigle, oppure ai campionati italiani che si fanno a San Vincenzo al Campo. Quelli darebbero 200 punti, ma bisogna farli e soprattutto vincerli.

Dopo il bronzo della crono agli europei, Ganna ha ripreso a lavorare sulla forza a Montichiari
Dopo il bronzo della crono agli europei, Ganna ha ripreso a lavorare sulla forza a Montichiari
Siamo andati via da Monaco con l’infermeria al gran completo…

E questo mi dispiace. Ecco perché facciamo il nostro in bocca al lupo a Paternoster e Consonni, che purtroppo si sono rotte la clavicola e la spalla cadendo. E anche a Martina Alzini, che si è fatta male in ritiro, e a Martina Fidanza, che non è stata tanto bene. Insomma, il gruppo c’è e speriamo che torni presto al completo. Ci sono altre ragazze che si sono fatte vedere, cui vorrei dare spazio. E poi per i mondiali torna la Balsamo. C’è tanto su cui lavorare…

Barbieri, l’oro nell’omnium nato da un’intuizione ai box

18.08.2022
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«Dovrò offrire da bere a Consonni per il consiglio che mi ha dato durante la pausa della corsa a punti. Ma per la medaglia d’oro dell’omnium lo faccio volentieri». Rachele Barbieri è una centrifuga di emozioni dopo i mille giri compiuti sulla pista di Monaco che le hanno consegnato anche l’argento nel quartetto e il titolo europeo nella madison in coppia con Silvia Zanardi due giorni fa.

Per la 25enne modenese non sono ancora finite le fatiche di Euro2022. Domenica 21 agosto sarà una delle punte azzurre della nazionale di Sangalli nella prova su strada, in un percorso che strizza l’occhio alle sprinter. Con lei però siamo ritornati sull’incredibile vittoria in rimonta nell’omnium nel giorno di Ferragosto davanti alla francese Copponi e la polacca Pikulik.

L’esultanza di Rachele Barbieri. La modenese non credeva di aver vinto e ha chiesto conferma al cittì Villa
L’esultanza di Rachele Barbieri. La modenese non credeva di aver vinto e ha chiesto conferma al cittì Villa
Rachele riviviamo prima le ultime ore di Monaco. Come sono state?

Martedì sera Silvia ed io abbiamo ricevuto una grande accoglienza a Casa Italia (situata al primo piano del BMW Welt, il centro espositivo della casa automobilistica di fronte all’Olympiapark, ndr). E’ stato come essere tornati di nuovo a Tokyo, ma stavolta per meriti nostri. Lì abbiamo visto la vittoria di Jacobs nei cento metri. Sono momenti sempre stimolanti per fare del nostro meglio. Abbiamo fatto un po’ tardi ma ne è valsa la pena.

Eravate fresche dell’oro nella madison.

Sì, è stato un bel pomeriggio. Non avevo mai corso in coppia con Silvia e per me era praticamente la mia prima corsa in questa specialità. Silvia era tesa ma parlando le ho detto che non avevamo nulla da perdere. Non eravamo noi le favorite. Però poi è diventato tutto più semplice perché a bordo pista abbiamo un cittì come Marco Villa. Sa vedere tutto con grande lucidità e non potrebbe essere altrimenti per uno come lui che ha vinto mondiali e medaglie olimpiche. Nel finale abbiamo visto che francesi e danesi non hanno guadagnato il giro, ma non ci siamo rese conto subito che avevamo vinto. E’ stato bellissimo.

Silvia Zanardi e Rachele Barbieri hanno conquistato l’oro europeo nella madison senza mai aver corso assieme prima
Silvia Zanardi e Rachele Barbieri hanno conquistato l’oro europeo nella madison senza mai aver corso assieme prima
Qualcosa che avevi già vissuto il giorno prima nell’omnium. Ci racconti quella gara?

Anche in quel caso non ho capito subito di aver vinto. Onestamente in questo caso ero partita per fare bene. Avevo fatto una buona prova nello scratch e non orribile come quella fatta in Nations Cup ad aprile. Nella tempo race e nella eliminazione ho un po’ sofferto, ma mi sono difesa bene. Infine nella corsa a punti sapevo che avrei potuto sfruttare la buona condizione. Giro, Tour e una settimana di europei mi avevano dato una forma mai avuto prima. Sentivo di poter osare. Credevo in me stessa. E avvertivo tanta fiducia intorno a me.

Quest’ultima prova è stata tutt’altro che semplice dal punto di vista emotivo.

Esattamente. Quando c’è stata la sospensione per la caduta (circa 40 minuti, ndr) pensavo sarebbe stato tutto più difficile, perché mi sarebbe passata l’adrenalina. Invece è stato meglio così perché ho recuperato energie nervose e fisiche. Ma nel frattempo al box c’era stata la svolta decisiva…

Spiegaci pure…

Appena sono arrivata nel parterre nella nostra postazione, mi è venuto incontro Simone Consonni, che avrebbe disputato l’omnium poco dopo. Mi aveva osservata fino a quel momento e mi ha consigliato di mettere un rapporto più duro. Mi ha detto che avrei potuto fare la differenza se avessi voluto guadagnare il giro. Ne abbiamo parlato con Villa e così abbiamo fatto. E’ stata la scelta vincente. Devo pagare più di una birra a Simone (ride, ndr).

L’omnium è stata una gara concitata. Rachele Barbieri realizza di aver vinto l’oro qualche istante dopo la fine
L’omnium è stata una gara concitata. Rachele Barbieri realizza di aver vinto l’oro qualche istante dopo la fine
E quando sei rientrata com’è andata?

A dire il vero pensavo solo a tenere la medaglia di bronzo. Al rientro sono stata calma e concentrata. Ho curato Kopecky che non volevo mi tornasse sotto. Ma soprattutto Copponi e Pikulik che erano ai primi due posti fino a quel momento. Alla fine ho approfittato delle loro indecisioni e mi sono detta: «Ora o mai più!». Sono partita, ho tirato dritto, ho dato tutta me stessa. Mi sono accorta di aver preso il giro quando praticamente mi sono ritrovata a fianco delle mie dirette avversarie. Poi la volata finale è stato un vero caos. E per realizzare che avevo vinto l’oro ho chiesto conferma a Marco.

Una vittoria di squadra possiamo dire.

Quel suggerimento di Consonni è un esempio che certifica l’unione del nostro gruppo. E’ ciò che ci contraddistingue. In questi giorni abbiamo respirato una bellissima atmosfera. Unire maschi e femmine in un unico gruppo ci fa crescere tutti assieme. Ci confrontiamo e noi ragazze ci teniamo a far vedere i nostri miglioramenti.

Com’è stato correre in una pista di soli 200 metri?

Non semplice, non avevo molti riferimenti. Ci voleva molta attenzione, non potevi perdere l’attimo, non potevi mai rifiatare. In gara in pratica tutte le atlete potevano rientrare in gioco in un attimo. Ammetto che non ero molto contenta di questo anello perché lo ritenevo pericoloso. Poi la caduta di Letizia (Paternoster, ndr) mi ha spaventata perché temevo di poter cadere e compromettere la partecipazione alla prova su strada, a cui tengo moltissimo. Però ne ho parlato subito con Elisabetta Borgia (la psicologa sportiva della nazionale, ndr) e lei mi ha detto di non pensarci. D’altronde, se fossi rimasta a casa poteva cadermi un ramo in testa e mettermi fuori gioco (ride, ndr). Bisogna essere fatalisti in certe situazioni…

Rachele Barbieri ha chiuso gli europei su pista con due ori e un argento
Rachele Barbieri ha chiuso gli europei su pista con due ori e un argento
Ecco, la gara elite su strada. Il cittì ci ha detto che sarai una delle punte. Come ci arriverai?

Sono orgogliosa di me stessa. Ho dimostrato che dopo due anni difficili posso ottenere grandi risultati. Paolo (Sangalli, ndr) me lo ha sempre detto. Ed è per quello che sono contenta di correre il mio primo europeo elite su strada. E’ un onore per me. Ci arrivo serena, ma non appagata. Farò tutto quello che mi verrà chiesto da tecnico e compagne. Spero di fare tutto bene. La Wiebes appare imbattibile, ma la nostra unione è una grande risorsa. Non fa miracoli, ma credetemi che aiuta tanto. Può sviluppare qualcosa di incredibile.

Prossimi programmi?

Farò il Simac Tour in Olanda. Lì spero di poter vincere la mia prima gara WorldTour. Poi penserò ai mondiali in pista, dove vorrei confermare questi ultimi risultati. In tutto questo mi sento di ringraziare il mio preparatore atletico Stefano Nicoletti, la mia squadra (Liv Racing Xstra, ndr) che mi ha rinnovato fino al 2024, Giorgia Bronzini che mi ha voluta praticamente a scatola chiusa. Ed infine le Fiamme Oro che sono state il mio primo sostegno nei miei momenti più duri.

Cofidis e la “lotta salvezza”: Damiani tira le somme

04.08.2022
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Il Tour de Pologne è una corsa che ha tanti volti al suo interno, una gara poliedrica, potremmo definirla. Ogni corridore ed ogni squadra passa da qui con obiettivi ed ambizioni diversi. Uno dei team che affronta la corsa con particolare attenzione a quello che è successo e a quello che succederà è la Cofidis. Nella quale militano Consonni, Cimolai e Villella.

La squadra francese si trova nelle ultime zone della classifica delle squadre WolrdTour, è una di quelle che si sta giocando la “lotta salvezza” se volessimo esprimere il tutto in termini calcistici. 

«E lo è ancora – dice subito Roberto Damiani, diesse del team (nella foto di apertura a sinistra, ndr) – La situazione è chiara. Ci sono più squadre che stanno lottando in questa classifica che si è stilata nel corso delle ultime tre stagioni». 

Un buon inizio

La Cofidis aveva iniziato la stagione molto bene, con qualche vittoria e qualche certezza in più, soprattutto grazie alle volate di Thomas e Coquard. Poi però nel corso della stagione si è un po’ persa, ed ora cerca di ritrovare il bandolo della matassa.

«Come detto – prosegue Damiani – abbiamo iniziato bene, con qualche vittoria e dei bei piazzamenti. Poi siamo stati meno presenti a livello punti sui grandi Giri, fino ad ora. Questo la dice lunga su quanto sia importante il tipo di distribuzione dei punti che viene fatta nelle varie corse. C’è una seconda parte di stagione estremamente importante, abbiamo recuperato tantissimo. Ad inizio anno eravamo diciannovesimi, ora siamo sedicesimi a 5 punti dalla EF Easy Post. E’ veramente una lotta punto a punto, come in un campionato di calcio».

Consonni con Cimolai (di spalle) al Tour de Pologne, corsa di rientro per entrambi dopo un periodo di recupero
Consonni con Cimolai (di spalle) al Tour de Pologne, corsa di rientro per entrambi

Velocisti = punti

Sono i velocisti coloro che hanno maggiori possibilità di raccogliere punti. Da questo punto di vista i francesi (Thomas e Coquard) hanno dato qualcosa in più dei nostri Consonni e Cimolai. 

«Se parliamo di “Cimo” non ha raccolto in termini di quantità – riprende con voce profonda Roberto – però gli è stato chiesto di fare un certo lavoro come ultimo uomo. Di conseguenza o porti punti o fai un certo tipo di lavoro. Per quanto riguarda Consonni, in effetti, è mancata la vittoria, perché il miglior piazzamento è un secondo posto. Da questo punto di vista ne risente un po’ moralmente. Lui è arrivato da noi come “pesce pilota” di Viviani ed ora si è preso delle responsabilità e questo gli fa onore. Quando uno fa questo lavoro per passione e voglia di fare bene, sente anche una pressione interna, che da un lato dobbiamo smorzare e dall’altro incentivare nel senso positivo del termine».

Simon Geschke ha corso un buon Tour. Lottando per la maglia a pois è stato spesso in fuga: molta visibilità, ma pochi punti UCI
Simon Geschke ha corso un buon Tour. Lottando per la maglia a pois è stato spesso in fuga: molta visibilità, ma pochi punti UCI

I Grandi Giri

Nelle grandi corse a tappe la Cofidis ha avuto un po’ di luci e ombre. A volte anche la sfortuna si è messa di mezzo, e quando lotti punto a punto anche il caso gioca la sua parte.

«Nei grandi Giri abbiamo avuto due facce della stessa medaglia. Al Giro siamo anche andati bene, Consonni si è mosso bene per quel che doveva fare. Da un’altra parte Guillaume Martin ha avuto un Giro tra luci e ombre, sicuramente non è stata un’edizione facile.

«Al Tour direi che il Covid ci ha fortemente penalizzato, prima la positività di Coquard e poi quella di Martin ci hanno azzoppato. C’è stata una bellissima situazione di Geschke che ha preso la maglia a pois e ha cercato di difenderla in tutti i modi. Però in termine di punti non abbiamo raccolto molto. Ecco che però mi sento di fare un appunto, le maglie intermedie sono importanti, anche per lo spettacolo, allora si dovrebbero dare punti anche per queste cose. C’è da fare un ragionamento fondamentale sulle classifiche, per esempio: vincere una tappa al Giro ti fa prendere meno punti di una corsa 1.1 (argomento di discussione che abbiamo già trattato, ndr)».

Axel Zingle, classe 1998, è uno dei giovani che Cofidis sta facendo crescere (foto Cofidis)
Axel Zingle, classe 1998, è uno dei giovani che Cofidis sta facendo crescere (foto Cofidis)

Una gestione difficile

Conciliare le esigenze del team e quelle dei corridori è difficile ma è anche l’arduo compito del diesse. Certo che, quando si ha a che fare con i punti, la matematica purtroppo la fa da padrona. 

«I corridori fanno i corridori e noi facciamo i direttori sportivi ed è giusto che sia così – dice Damiani – però capiscono quel che sta succedendo. Tante volte vedi delle squadre che fanno risultati molto buoni con corridori che non sono nei dieci e quindi questi punti vengono persi. Io continuerò a dire che è molto meglio correre per vincere, in questo modo si fanno anche i punti.

«D’altra parte mi rendo conto che a volte è meglio fare un secondo o un terzo posto con corridori che hanno punti e non vincere con un ragazzo che non ne ha: è pazzesco dirlo ma è così. Non che i corridori non riescano ad emergere, noi abbiamo un neo professionista come Zingle che ha fatto bene, ha vinto qualche corsa ed è entrato trai i primi dieci».

Giro, Tour, Vuelta: come cambia il gruppetto? Ce lo dice Consonni

13.07.2022
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Lo abbiamo visto al Giro d’Italia. Lo vediamo in questi giorni al Tour de France e lo rivedremo alla Vuelta Espana: parliamo del gruppetto. Il mitico… salvagente dei velocisti. Ma è possibile metterli a confronto? O alla fine sono tutti uguali? Nei giorni scorsi una prima distinzione l’aveva fatta Dainese. Sprinter, apripista, passistoni, gente che non punta alla classifica che arranca (o si risparmia in salita) e spinge pancia a terra in discesa e nei fondovalle….

Simone Consonni, velocista, ha preso parte a tutti e tre i grandi Giri e tutte le volte ha avuto a che fare con il gruppetto. Indirettamente ne parlammo con lui proprio nelle tappe di montagna al Giro d’Italia e nello specifico la sera di Aprica, dopo il Mortirolo.

Simone Consonni nel Tour 2020 ha aiutato Viviani. Entrambi rischiarono di finire fuori tempo massimo in alcune tappe di salita
Simone Consonni nel Tour 2020 con Viviani, rischiando a volte di finire fuori tempo massimo
Simone, è possibile mettere a confronto il gruppetto dei tre grandi Giri?

Tutto dipende da come ci si arriva, fisicamente e mentalmente, soprattutto nella terza settimana, che solitamente è quella con più salite e ha poco da dire al velocista. Forse la terza settimana ha un po’ più di valore al Tour perché c’è l’arrivo dei Campi Elisi che tiene alta la tensione per noi uomini veloci. Quindi la soffri di più, ma con la volata finale di Parigi sei più motivato.

E ci sono delle differenze quindi?

Un po’ sì. Credo che il gruppetto del Tour sia il più duro, quello che richiede più gambe. I motivi principali sono due: tempi massimi, che sono un po’ più stretti, e perché si va più forte. Al Tour chi attacca, anche nelle tappe di salita, è gente come Van Aert, Alaphilippe… Corridori, campioni che vincono le classiche. E quando si muovono loro si sente. Come watt medi necessari per restarci, il gruppetto del Tour è il più difficile.

Quello del Giro?

E’ il gruppetto che conosco meglio, visto che ho disputato quattro volte la corsa rosa. Per un velocista è il più duro mentalmente. Tanto per tornare al Crocedomini di cui parlavamo la sera dell’Aprica: parti e ti trovi di fronte tante salite lunghe, sai che ti aspettano 6-7 ore di processione da solo con la tua bici. Anche se vicino ci sono gli altri. E peggio ancora se resti da solo davvero, se ti stacchi subito. Questo anche perché le salite tendenzialmente sono un po’ più dure. Alla fine infatti il gruppetto del Tour è un po’ più veloce. Su salite più pedalabili riesci a farti compagnia. Il gruppetto del Giro lo definirei di sfinimento.

Il problema maggiore per gli sprinter sono le lunghe salite in avvio. Soprattutto se la tappa è corta
Il problema maggiore per gli sprinter sono le lunghe salite in avvio. Soprattutto se la tappa è corta
Bella questa: gruppetto di sfinimento…

Eh sì. Pensate ai “trittici” del Giro con tappe di 4-5.000 metri ognuna in successione. A livello mentale fai fatica anche a colazione. In quel momento pensi che mangiare 30-40 grammi in meno ti possa aiutare in salita.

E quello della Vuelta? Alcuni tuoi colleghi ci hanno detto che per certi aspetti sia il peggio di tutti visti i percorsi con tante salite sin dal via…

Premesso che la Vuelta è stato il mio primo grande Giro, con poca esperienza e poche gambe, non vorrei dire falsità! Vero, in parte è così: è il peggiore. Il gruppetto della Vuelta è più altalenante. Spesso ci sono salite sin dall’inizio, ma il problema più grande è che con tante salite, in Spagna ci sono meno velocisti. Ed è un gruppetto più risicato. Quando l’ho fatta io per fortuna c’era anche Elia (Viviani, ndr) che aveva i suoi due o tre uomini di fiducia e così mi sono appoggiato a lui. Ed è stato un bel riferimento. Il gruppetto della Vuelta è più difficile da prendere. 

Cosa intendi?

In tanti, anche i corridori veloci, usano la Vuelta per preparare il mondiale, specie se è un mondiale veloce. Così succede che anziché staccarsi nelle tappe dure, provano a tenere sulle prime salite proprio per allenarsi. Quindi nel gruppetto restano in pochi e non si forma subito.

Vuelta 2021, Lagos de Covadonga: in partenza subito grande bagarre. Gli ultimi (i QuickStep di Jakobsen) hanno incassato oltre 45′
Vuelta 2021, Lagos de Covadonga: in partenza subito grande bagarre. Gli ultimi (i QuickStep di Jakobsen) hanno incassato oltre 45′
Insomma, nel gruppetto non si va a spasso…

No, no… In generale il gruppetto più duro è quando non stai bene. Se invece ci sei, se hai la gamba lo tieni benone.

E sta cambiando? Una volta si andava piano in salita e si tirava in pianura…

In linea di massima questo è ancora così. Semmai ho notato che negli ultimi anni i tre grandi Giri si stanno livellando come tipologia di percorsi. La distinzione resta, ma è sempre meno marcata. E anche i corridori sono tutti super preparati. La differenza alla fine la fanno la tua condizione e l’approccio mentale. E in tal senso il Giro è il più duro. Alla Vuelta anche se non c’è la tappa finale in volata, ma c’è la crono, pensi al mondiale. Al Tour c’è lo sprint di Parigi, ma al Giro? Tutta fatica per cosa? L’anno del Covid, che feci Tour e Giro in successione, l’ultima settimana fu devastante, tanto più sapendo che poi sarei andato in vacanza e che la tappa finale era a crono.

Prima hai detto che ti appoggiavi a Viviani. Ci si aiuta?

Al via di un grande Giro, la prima cosa che fa uno sprinter è guardare le squadre degli altri velocisti. E quando, per esempio, al Giro vede una Groupama-Fdj schierata tutta per Demare, da una parte dice: porca miseria, saranno fortissimi! Dall’altra però sa bene che per le tappe di montagna può stare a ruota.

Un velocista sul Mortirolo. La lunga giornata di Consonni

25.05.2022
8 min
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«Una delle mie peggiori giornate di sempre». Si è fatta sera e Simone Consonni dopo la Salò-Aprica è ancora “sotto shock”. Il corridore della Cofidis ha l’aria di chi ha dato tutto su queste montagne e tra queste valli.

Con Simone viviamo la giornata di un velocista sul Mortirolo e non solo… Una giornata lunga, intensa, durissima, ma anche con dei tratti di ironia e divertimento.

Consonni al via da Salò. Sempre sorridente, ma anche un filo di preoccupazione sul sul volto
Consonni al via da Salò. Sempre sorridente, ma anche un filo di preoccupazione sul sul volto

Da Salò…

Tutto era nato alla partenza di Salò, quando gli avevamo chiesto di raccontarci l’approccio a questi 5.000 e passa metri di dislivello.

Simone come si prepara, anche mentalmente, un velocista ad una frazione tanto dura?

Non si prepara – ride Consonni – né atleticamente, né mentalmente. E’ una tappa che deve vivere chilometro per chilometro. Sarà durissima, spero di solo di aver recuperato e di aver superato bene il giorno di riposo. Questo vale per me, ma anche per il gruppo, perché c’è stanchezza. Abbiamo corso per due settimane a ritmi alti. 

Che corsa ti aspetti?

Sarà una lenta e dura processione. Ho montato il 36×32 che non penso servirà, però è lì. Speriamo si formi presto il gruppetto e via. È importante non restare solo in partenza. In tappe così, quando ci troviamo alla partenza tutti noi velocisti ci guardiamo e ci diciamo: gruppetto? E iniziamo a vendere i biglietti per il treno!

Verso il Goletto di Cadino (più noto come Crocedomini) subito gruppo allungato. Si andava forte
Verso il Goletto di Cadino (più noto come Crocedomini) subito gruppo allungato. Si andava forte

All’Aprica

Passa la giornata. Dal caldo e l’afa della pianura, alla pioggia della montagna. Consonni si è lasciato alle spalle Goletto di Cadino, Mortirolo, Teglio e Santa Cristina. Per arrivare all’Aprica ci ha messo oltre 6 ore e mezza, vale a dire 53’11” più di Hirt e ha tagliato il traguardo in ultima posizione. 

Il suo racconto della sera, seduto su una poltrona dell’hotel all’Aprica, è a dir poco coinvolgente.

Simone, ci eravamo lasciati che vendevano i biglietti del treno…

Sì, sono salito su un treno con pochi passeggeri perché è partito al volo. Ho perso la coincidenza. Ho perso il primo treno dei velocisti. La verità è che ho faticato tanto e la prima salita, il Crocedomini, l’ho scollinata spendendo tantissimo. Sono riuscito ad agganciare il gruppetto dei velocisti proprio in cima.

Come mai?

Siamo rimasti in quattro praticamente da subito e quindi è stata una bella agonia. In quella situazione poteva finire molto male. Può sembrare una cosa stranissima, però sono contento di essere ancora in corsa e di ripartire domani (oggi, ndr).

Marc Cavendish era riuscito ad inserirsi nella fuga del mattino e aveva attaccato davanti il Crocedomini
Marc Cavendish era riuscito ad inserirsi nella fuga del mattino e aveva attaccato davanti il Crocedomini
Come hai vissuto dunque la tua giornata con salite così dure?

E’ stata veramente una giornata incredibile: 5.000 metri di dislivello, anzi di più se ci si mette il trasferimento, e quasi sette ore di bici per tenere il gruppetto. Non ci siamo mai fermati perché anche nelle valli abbiamo girato sempre in doppia fila. Poi nel finale ho perso ancora un po’ di tempo, ma sapevo che ormai sarei stato nel tempo massimo. 

Come mai tanta fatica in avvio? Eppure non c’era subito una salita…

No, però siamo andati subito fortissimo. E’ una costante di questo Giro. Passano le ore prima che la fuga vada via. E’ impressionante come il livello del gruppo sia alto. Quindi escono queste partenze incredibilmente veloci. Ho parlato anche con con gli altri del team e anche loro hanno detto che è stata una giornata dove c’è stato poco da rifiatare. 

Non era quindi questione di scaldarsi o meno…

No, e poi il gioco è semplice: le salite mettono ognuno al proprio posto. Quando possiamo tener duro teniamo. Possiamo scaldarci, possiamo fare quello che vuoi, ma il nostro posto è quello.

Prima hai detto: una delle giornate più brutte. Perché?

Perché comunque non sono mai il primo a staccarmi dal gruppo in salita. Invece è stato così. Non so se a causa del giorno di riposo molto blando, ma sicuramente la settimana scorsa ho speso tanto. E anche prima nella tappa di Napoli ho tenuto duro un po’ troppo a lungo. Ho provato ad andare in fuga anche verso Genova.

Cosa hai fatto nel giorno di riposo?

Uscita super tranquilla. Venti chilometri, caffè al bar con i compagni e altri 20 chilometri per tornare in hotel. Ne ho parlato anche con Guarnieri e gli avevo chiesto cosa avessero fatto loro. Jacopo mi ha detto due ore e anche con dei momenti intensi. Io sono rimasto un po’ così – fa una pausa Consonni – ma col senno del poi forse aveva ragione lui. Tutte queste cose messe insieme e il fatto che ci sono queste partenze a tutta, hanno fatto sì che oggi il mio fisico e la mia testa fossero un po’ stanchi. La cosa più rischiosa, e strana, è stato ritrovarsi in quattro. In più una volta ripreso il gruppetto, nel fondovalle dopo il Mortirolo ho anche forato e ho dovuto inseguire a tutta.

Il tempo massimo però era abbastanza ampio (un’ora e un minuto, ndr)…

E infatti sull’ultima salita mi sono staccato dal gruppetto. Anche se non l’ho fatto apposta. Nel senso che il mio limite era quello.

Anche ieri il bergamasco ci ha messo una grinta infinita (foto Getty)
Anche ieri il bergamasco ci ha messo una grinta infinita (foto Getty)
Chi erano gli altri tre che erano con te sul Crocedomini?

Van den Berg, Tagliani e Sinkeldam. Ci siamo fatti compagnia in questa “via crucis” per la prima salita.

E in questi casi come vi gestite? Vi aiutate con i computerini, spingete a tutta…

Ci aiutiamo un po’ tutti con con i potenziometri. Valutiamo i distacchi. E’ un mix di numeri e sensazioni. Nel caso del Crocedomini una volta entrati nel chilometro finale abbiamo visto che c’erano le ammiraglie del gruppo poco davanti a noi. Abbiamo anche ripreso morale e abbiamo fatto una “fiammata” per riprenderli. Se non lo avessimo fatto, nel fondovalle verso il Mortirolo saremmo rimasti soli e saremmo andati a casa. Abbiamo evitato un disastro.

Un mix di numeri e sensazioni…

Sulla prima salita non erano i miei numeri. Il mio fisico era stanco. Capivo che quando ero ad un certo ritmo non potevo andare di più. Cercavo di tenere quel ritmo, pur sapendo che non era altissimo. Ma al tempo stesso non potevo perdere troppo contatto dal gruppetto di velocisti. Le telecamere non lo fanno vedere, però ci sono queste corse nella corsa quotidianamente. Perché alla fine ognuno di noi ha l’obiettivo di giornata e quasi certamente è un obiettivo faticoso, dispendioso ma anche bello da raggiungere. Quando sono arrivato ero contento e soddisfatto di me stesso pur non avendo vinto nulla.

Però come dici te, hai vinto la tua corsa nella corsa: stare nel tempo massimo in una giornata no…

Esatto, pur avendo avuto una bruttissima giornata fisica, come sensazioni, sono riuscito a completare una tappa di 200 chilometri e 5.000 di livello, che per un velocista non è facile.

Un velocista come affronta salite ripide quali Mortirolo e Santa Cristina?

Quando stai bene, chiacchieri e ti godi anche il panorama. Oggi (ieri, ndr) è stato uno sguardo fisso sulla ruota davanti mentre ero immerso nel mio tunnel, nei miei pensieri, nel mio “ma chi me lo fa fare”, nel mio  “ma quando cavolo la finisce la salita”… 

Mentre la maglia rosa stava per scollinare il Mortirolo, il gruppetto dei velocisti con Consonni aveva appena lasciato Monno
Mentre la maglia rosa stava per scollinare il Mortirolo, il gruppetto dei velocisti con Consonni aveva appena lasciato Monno
Il gruppetto spinge forte nei fondovalle, ma anche in discesa?

Sì, sì… tutti nemici! Per fortuna che scendendo dal Mortirolo non è piovuto perché era abbastanza pericolosa, tecnica e veloce. In pianura invece si spingeva. Nel fondovalle verso il Mortirolo ho tirato anche io, mentre verso Teglio no, perché avevo forato.

E tirano tutti, o i capitani i Demare, i Gaviria che hanno i compagni, stanno a ruota?

Tirano tutti, anzi i capitani spesso tirano anche di più.

Eri nelle retrovie e da solo: avevi l’ammiraglia dietro?

No, ma in questi casi si cerca un aiuto. La nostra ammiraglia si è appoggiata a quella Groupama-Fdj. Gli hanno lasciato borracce e anche delle ruote. E infatti anche quando ho avuto il problema meccanico ho avuto l’assistenza da loro.

Quante borracce e quanto cibo hai consumato in una tappa del genere?

Ho mangiato poco a dire il vero. A livello solido solo due rice cake. E poi tanti gel, una decina credo. Quando va così hai poco tempo per mangiare, si parte a tutta, in salita… Che poi a me piace mangiare solido, ma non era possibile. Il gel è più pratico. Di borracce invece credo di averne bevute 15-18.

E il “rampichino”, il 36×32, poi lo hai usato?

Sempre! Solo sulla prima salita non l’ho messo. Anche sul Teglio. A proposito, quando siamo arrivati all’imbocco del Teglio, sulla mappa abbiamo visto il “giro dell’oca” con l’imbocco del Santa Cristina dall’altro lato. Ho pensato: ma non possiamo tagliare!

Verso l’Aprica Simone ha consumato oltre 15 borracce (foto Instagram)
Verso l’Aprica Simone ha consumato oltre 15 borracce (foto Instagram)
Senti, ma Cavendish che è andato in fuga?

Incredibile come va. Lo abbiamo preso sull’ultima salita.

E dopo l’arrivo come ti sei gestito? Cosa hai fatto?

Ho visto alcune persone che conoscevo, che volevano parlare, però è stato un ciao veloce. Infatti quando mi sono ripreso qualcuno l’ho richiamato per scusarmi. Li ho richiamati dopo che mi sono fatto una doccia di un quarto d’ora, passato a fissare il vuoto. Una doccia calda. Mi sono sdraiato mezz’ora. Dopo ho fatto quasi un’ora di massaggio e quindi sono andato a cena.

Cosa hai mangiato?

Pasta al ragù, un assaggino di pizzoccheri… dopo aver speso 6.600 calorie ci sta, coniglio con un po’ di patate e una fetta di torta di mele. E prima di andare a letto, una borraccina di proteine per la notte. Adesso ci si riposa in vista di domani (oggi, ndr).

E anche oggi non sarà facile per Consonni. Tanta salita e soprattutto il Tonale in avvio. «Per la prima volta domani farò i rulli prima del via di una gara su strada. Sarà che devo farne tanti in pista, che quando posso evito. Ma se non faccio così…».

Cofidis Italia festeggia al Giro i 25 anni del suo team

14.05.2022
4 min
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L’edizione 105 del Giro d’Italia, in pieno svolgimento in questi giorni, coincide con un momento davvero speciale nella storia sportiva del Team Cofidis. Sono infatti 25 gli anni di attività svolti ai massimi livelli da parte della formazione transalpina, una delle squadre storiche del ciclismo mondiale. 

Per festeggiare questa importante ricorrenza Cofidis Italia è presente in questi giorni al Giro con il ruolo di Official Sponsor della Corsa Rosa, ma soprattutto con tante iniziative per farsi conoscere dal grande pubblico. Rientra infatti nella filosofia aziendale l’essere vicini, in qualità di partner ufficiale, ai principali eventi ciclistici che si disputano nei Paesi dove il Gruppo è presente. Ne avevamo fatto già accenno in un nostro articolo dello scorso anno in merito al Tour de Pologne con la sponsorizzazione della gara da parte della filiale polacca.

Ricordiamo che il Gruppo Cofidis nasce nel 1982 come società finanziaria a distanza. Oggi è presente in 9 Nazioni con 30 milioni di clienti in Europa. Da oltre vent’anni è presente anche in Italia, offrendo soluzioni di credito studiate per permettere a chiunque di realizzare i propri progetti. Si tratta di soluzioni semplici, innovative e sempre disponibili anche online.

Cofidis ha festeggiato al Giro d’Italia i suoi 25 anni nel professionismo, questo lo stand montato oggi in Piazza del Plebiscito a Napoli
Cofidis festeggia al Giro d’Italia i suoi 25 anni nel professionismo, questo lo stand montato oggi in Piazza del Plebiscito a Napoli

L’importanza della fiducia

Cofidis ha lanciato di recente il payoff “La fiducia in un istante” e proprio il tema della fiducia è alla base del rapporto che instaura quotidianamente con i propri clienti. In Cofidis sono oltretutto convinti che la fiducia sia il collante che tiene unite fra loro le varie componenti di un team ciclistico: atleti, direttori sportivi, meccanici e preparatori. Si spiega anche così il forte legame con il team e più in generale con il ciclismo.

A raccontare qualcosa di più sulla presenza al Giro di Cofidis è Giulia Garlando, Responsabile P.R. e Sponsorship di Cofidis.

«Siamo orgogliosi ed emozionati – dice – di aver siglato la sponsorizzazione di un evento sportivo così importante come il Giro d’Italia. Un’occasione speciale che ci permette per la prima volta di portare il brand Cofidis in giro per l’Italia e raccontarlo dal vivo ai nostri clienti, rafforzando il legame con loro direttamente sul territorio. Un’opportunità per supportare da vicino il nostro Team e far sentire la nostra fiducia nei loro confronti».

Il team francese è presente nel ciclismo maschile quanto in quello femminile
Il team francese è presente nel ciclismo maschile quanto in quello femminile

Ecco il Giro

In questi giorni di pieno svolgimento del Giro è possibile incontrare lo staff Cofidis al villaggio di partenza e arrivo della corsa rosa dove è presente uno stand personalizzato. Qui per i più piccoli, ma non solo per loro, sono stati pensati dei giochi di animazione e la possibilità di incontrare la mascotte Raggio. Per tutti ci sono dei gadget eco-sostenibili in linea con #LikeMyPlanet, il progetto attraverso il quale il Gruppo Cofidis invita le proprie filiali e i propri collaboratori a mettere in atto iniziative finalizzate alla salvaguardia dell’ambiente.

Il tema dell’ambiente e quindi della sostenibilità è molto importante per Cofidis Italia. L’azienda è parte attiva di “Ride Green”, il progetto di sostenibilità promosso dal Giro d’Italia volto alla salvaguardia delle aree toccate dalla corsa. Nato nel 2016, “Ride Green” ha come obiettivo quello di ridurre, attraverso la raccolta differenziata, gli effetti del passaggio della Corsa Rosa sul territorio, tramite una corretta gestione dei flussi dei rifiuti prodotti, ricorrendo a un sistema di tracciabilità. Nelle cosiddette “Green Zone” del Giro è possibile vedere la presenza di Cofidis grazie a una mongolfiera brandizzata.

Simone Consonni è andato a caccia di risultati nelle prime volate di questo Giro d’Italia
Simone Consonni, Cofidis

Non solo Giro

Il Team Cofidis si è presentato al Giro con una formazione di tutto rispetto che ha in Guillaume Martin il proprio uomo di punta. A supporto del francese troviamo i nostri italiani Davide Cimolai, Simone Consonni e Davide Vilella.

Il marchio Cofidis da quest’anno è presente anche nel mondo del ciclismo femminile con un nuovo team nel quale milita la nostra Martina Alzini. Prosegue invece l’attività nel paraciclismo, un settore nel quale il Gruppo Cofidis crede molto fornendo da diverso tempo il suo sostegno concreto.

Cofidis

Cimolai-Consonni, cambio di strategia in casa Cofidis?

13.05.2022
5 min
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Consonni ottavo a Scalea dopo il decimo posto di Messina non fa che risvegliare il quesito della vigilia, quando fu chiaro che Simone sarebbe stato il velocista della Cofidis e Cimolai il suo ultimo uomo. Consonni non è un velocista da volate di gruppo, non lo è mai stato. Ha pilotato Viviani, questo sì. Ed è anche vero che quando Elia non andava, l’opinione pubblica chiedeva di lasciare a lui gli sprint. Ma da quando i ruoli in squadra li decidono i tifosi?

La tappa di Potenza si è appena avviata da Diamante. Per Roberto Damiani sarà una delle più dure del Giro e sarebbe questo uno dei motivi per cui ieri il gruppo si è trascinato lentamente fino all’arrivo di Scalea.

«Il rischio è che stasera in gruppo ci saranno meno velocisti – dice accennando al tempo massimo – e spero anche che abbiano sistemato le strade. Quando sono venuto a vederla il mese scorso, c’erano almeno 100 chilometri messi piuttosto male».

Consonni non è un velocista puro, ma è molto veloce e tiene in salita: appuntamento domani a Napoli?
Consonni non è un velocista puro, ma è molto veloce e tiene in salita: appuntamento domani a Napoli?

Il gruppo va, ma prima che partisse abbiamo ragionato con il tecnico della Cofidis sugli equilibri fra i suoi velocisti. Anche per capire come mai si sia puntato su Consonni per le volate e non su Cimolai che lo scorso anno tornò a casa dal Giro con dei bei piazzamenti negli sprint, a fronte del secondo posto di Consonni nella tappa di Stradella vissuta completamente in fuga.

Perché Consonni velocista?

Abbiamo provato a farlo uscire dalla bolla di aiutante in cui ha vissuto con Viviani e nel frattempo anche lui ha capito che fare il capitano non è facile. So anche io che Cimolai vorrebbe fare le sue volate, ma almeno per queste prime tappe siamo stati chiari, lui è molto onesto e ha accettato di aiutare. Fra loro c’è accordo, in corsa e fuori corsa.

Consonni di base non è mai stato un velocista…

Si è fatto un discorso anche con lui. Ha manifestato la volontà di mettersi in gioco, anche se è vero che non ha le caratteristiche del velocista e che in gruppo ce ne sono 4-5 più esplosivi. Simone ha bisogno di tappe più dure, come quella di Messina in cui si sono staccati Cavendish e Ewan. Invece purtroppo per troppa foga, l’ha sbagliata completamente. Quando l’ho visto in seconda posizione ai 700 metri, ho capito che ormai era andata.

Non sarebbe più giusto nei suoi confronti infatti puntare su di lui in tappe come quella di Napoli, domani?

Decisamente sì, anche perché tutti ci ricordano quella di Stradella, vinta da Bettiol, in cui lui arrivò secondo e che aveva una serie simile di strappi. Oppure la tappa di Jesi, dove i velocisti si staccheranno e il finale è perfido, come in certi giorni alla Tirreno-Adriatico. Simone ci ha chiesto fiducia per la tappa di ieri, ma forse adesso converrà cambiare strategia.

Purché non la viva come una bocciatura…

Non ce n’è motivo. Abbiamo provato e con tutta serenità si può cambiare. Come spunto e attitudine, Cimolai è più velocista, Mentre Simone ha già pilotato Viviani e può farlo anche con il compagno. C’è anche da dire che la volata di ieri è stata abbastanza banditesca, con Ewan e Gaviria che non sono stati due gioiellini e anche Nizzolo che ha fatto la sua parte. Ma le volate sono così e soprattutto quando un velocista vuole vincere a tutti i costi, fa la sua linea.

Oggi tappa dura, domani giornata sulla carta adatta a Consonni: cosa gli hai consigliato?

Sia lui sia Cimolai dovranno stare vicini a Guillaume Martin (uomo di classifica della Cofidis, per ora 27° a 4’06”, ndr) per i primi 50-60 chilometri. Poi gruppetto.

Esiste un modo tecnicamente giusto di vivere il gruppetto, volendo puntare alla tappa dell’indomani?

La vecchia teoria prevede di non andare in rosso, di mangiare bene e portare la bici all’arrivo entro il tempo massimo. Inutile andare a cercare teorie su internet, che li condizionano fin troppo. Piuttosto meglio andare sul sicuro. E se ti rendi conto che per arrivare 10 minuti prima sei costretto a spendere troppo, tanto vale prendersi il tempo che serve, arrivare sul pullman, tornare in hotel, fare il massaggio e recuperare bene. Come la Quick Step e la Lotto a Messina. Quando hanno visto che non rientravano più, si sono rialzati e hanno recuperato per la tappa di ieri.

Petacchi aveva un chilo in più? Il velocista moderno no

29.03.2022
6 min
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«Per la Sanremo ero più magro, per il resto della stagione invece avevo un chilo e mezzo, due in più. Alla fine io non avevo questa esigenza di essere super tirato. E se scollinavo con un minuto di ritardo in più non mi cambiava molto. La volata della Sanremo è di gambe, non è una di quelle esplosive a 70 all’ora». Abbiamo “girato” questa frase di Alessandro Petacchi, ad un velocista attuale, e che velocista, Simone Consonni.

Consonni (Cofidis) fu terzo a Clermont Ferrand, nel Tour 2020, tappa di 194 chilometri e 2.646 metri di dislivello
Consonni (Cofidis) fu terzo a Clermont Ferrand, nel Tour 2020, tappa di 194 chilometri e 2.646 metri di dislivello

Velocisti più magri

E’ bastato ripetergli questa frase dello spezzino che il campione della Cofidis ha capito al volo l’argomento: oggi è ancora possibile per un velocista potarsi dietro una “zavorra”, benché minima come quella di AleJet?

«Credo – dice Consonni – che negli ultimi anni siano cambiate un bel po’ di cose. Io non ho mai corso con Petacchi e i velocisti della sua generazione e faccio fatica a fare un confronto. Negli ultimi anni non esistono i velocisti super puri di una volta. Oggi per vincere in volata devi andare forte in salita e l’ultima Sanremo ne è stata la dimostrazione. Ha certificato quanto sia importante andare forte in salita.

«I velocisti che sono arrivati davanti sono andati fortissimo sulla Cipressa e sul Poggio».

In effetti sono arrivati all’attacco del Poggio in 24-25 e, tolti due o tre gregari, erano tutti leader. Dentro c’era gente veloce come Demare, Nizzolo, Pedersen, Girmay, Matthews

«In più le corse sono sempre più dure per i velocisti perché gli organizzatori inseriscono sempre più salite. Ormai di veri piattoni ce ne sono uno o due nei grandi Giri. Senza contare che in corsa ci sono corridori fortissimi che fanno “casino” anche quando non te lo aspetti o da lontano. Quindi più che curare lo sprint puro, cerchi di stare attento al rapporto peso/potenza per scollinare nel miglior modo possibile, per risparmiare energie per la volata».

Lo scorso anno a Tignes Demare finì fuori tempo massimo. Essere magri è fondamentale anche per il velocista
Lo scorso anno a Tignes Demare finì fuori tempo massimo. Essere magri è fondamentale anche per il velocista

Coperta corta

«Ed è molto difficile trovare questo compromesso. Tu, velocista, puoi anche essere più magro ma non devi perdere potenza. E’ il “vaso di pandora” del ciclismo moderno… se trovi la soluzione! E non è facile. La coperta è corta: se migliori nel breve, perdi in salita.

«Io per esempio quest’anno ho lavorato di più sulla palestra per migliorare lo sprint. E alla fine nel breve, nella volata, i watt sono gli stessi, ma mi sento meglio in salita. E peso due chili in più!».

Questo a dire il vero, nel caso di Consonni un po’ ci stupisce. Una metamorfosi del genere ce la saremmo aspettata di più lo scorso anno in vista delle Olimpiadi su pista (ricordiamo che Simone fa parte del quartetto d’oro), dove serve più potenza.

«Chiaramente sono due chili di forza e in effetti questo cambiamento è iniziato dallo scorso anno proprio per la pista e poiché ho visto che pagava ho continuato. Come detto i valori sul corto sono più o meno gli stessi, ma mi esprimo meglio sui 10’».

Simone Consonni nelle ultime stagioni ha lavorato molto in palestra per cercare di rialzare lo spunto veloce
Simone Consonni nelle ultime stagioni ha lavorato molto in palestra per cercare di rialzare lo spunto veloce

Questioni tattiche 

Tornando a Petacchi e in parte anche al discorso di Consonni, quel chiletto o due in più portavano ad avere il “vecchio” velocista ad avere un certo spunto. Ma a quanto pare oggi non è possibile. La volata te la devi guadagnare.

«Esatto, te la devi guadagnare – riprende Simone mentre sta facendo i massaggi durante la campagna del Nord – oggi quasi sempre le tappe sono uguali o superiori ai 2.000 metri di dislivello. Lo scorso anno al Giro l’unico piattone fu la frazione di Verona. E questo, insieme alla mania di attaccare di questi fortissimi corridori, cambia le cose per noi. Sarà bello per lo spettacolo, ma meno per noi sprinter!

«Faccio un esempio. Alla Tirreno in una tappa per velocisti Alaphilippe e Pogacar hanno attaccato a 40 chilometri all’arrivo e per noi è stata una sofferenza. Da uno strappo insignificante ne è nata un’azione che è stata quasi da tappa di salita».

Il treno della Saeco, emblema delle volate e dei velocisti degli anni ’90-2000
Il treno della Saeco, emblema delle volate e dei velocisti degli anni ’90-2000

I chilometri finali

E poi – rilancia appassionato Consonni – c’è anche un’altro aspetto che secondo me conta: l’approccio alle volate. Si dice che oggi c’è anarchia nel preparare una volata. Non è più come una volta che i migliori 4-5 velocisti avevano il loro treno e ai meno dieci dall’arrivo tutti si mettevano in fila. Si andava forte, ma regolari (e coperti, ndr). 

«Adesso gli ultimi dieci chilometri sono molto più intensi. Passi da una ruota all’altra. Risali, prendi vento… sono dei salti, degli sprint che richiedono potenza. Sono 10′ molto dispendiosi e se spendi quei watt lì, non ne hai dopo per la volata».

Jakobsen o Cipollini?

Al netto dei percorsi più duri, della mancanza dei treni e di velocisti più magri ci si chiede se gli sprinter di un tempo fossero più forti. O meglio se avessero un picco più alto.

«Rispetto ad altri bambini – conclude Consonni – io seguivo poco il ciclismo, quindi faccio un po’ più di fatica a dare un giudizio, tuttavia da quello che mi dicono gli esperti la nostra spinta media nel corso delle ore di gara è più alta rispetto al passato. E questo toglie lucidità e potenza. Da quello che ho sentito dire una volta le corse erano più controllate e alla fine i velocisti di un tempo credo avessero più potenza nel corto».

Non è mai facile e forse neanche giusto mettere a confronto corridori di epoche diverse. Tuttavia poiché non parliamo di secoli ma di due o tre lustri azzardiamo un “paragone”. Se si mettesse su un rettilineo un Fabio Jakobsen e un Mario Cipollini di allora, quasi certamente Re Leone lo batterebbe allo sprint, ma bisogna vedere se lo stesso Cipollini di un tempo oggi sarebbe in grado di restare in gruppo. Probabilmente i Petacchi e i Cipollini di allora, oggi sarebbero più magri. E quindi con un po’ meno spunto.