Stando a quello che ha detto Damiani venerdì scorso, oggi dovrebbe toccare a Cimolai. La tappa di Reggio Emilia, piatta e lunga come una traversata del deserto, strizza l’occhio ai velocisti e alle loro squadre. Pertanto alla Cofidis potrebbe essere arrivato il turno del friulano, mentre Consonni tirerà la volata.
Settimana decisiva
Il trasferimento da Jesi a Rimini ha richiesto un’ora e mezza sul pullman. Poi c’è stato il tempo dei massaggi ed è arrivato il momento di andare a cena.
«Ho letto anche io l’intervista di Damiani – dice Cimolai – ma non abbiamo ancora fatto la riunione. Quello che mi ha frenato sinora è che sono arrivato al Giro senza la preparazione che volevo. Dopo la Tirreno mi sono preso come tanti una brutta bronchite e me la sono trascinata a lungo. Poi ho dovuto fare una serie di corse fuori programma. Per fortuna nelle ultime due volate ho sentito di aver fatto un bel lavoro e voglio assolutamente tirare insieme qualcosa in questa settimana. Perché la prossima è piena di salite che non fanno proprio per me».
Velocisti da capire
Le strade fino a Jesi sono state una sorta di Liegi e pochi forse se lo aspettavano. Fra i motivi di sorpresa per Cimolai c’è anche la condotta degli altri velocisti, alla vigilia della tappa più adatta per loro.
«Onestamente – dice con una punta di stupore – ho visto che quasi tutti hanno provato a tenere duro. Io non ho avuto una grande giornata, complice forse anche il caldo. Ho visto che sudavo e avevo i battiti alti, per cui mi sono staccato e ho fatto gruppetto per non sprecare energie in vista di domani (oggi per chi legge, ndr). Mentre non riesco a capire Caleb Ewan. Domenica verso il Blockhaus non ha fatto gruppetto ed è andato su da solo. Verso Jesi è stato il primo a staccarsi ed è rimasto da solo per tutto il giorno. A Napoli era con quelli davanti. Verrebbe da pensare che si stia preparando per il ritorno a casa, ma rispetto agli altri anni, non ha ancora vinto. La squadra più forte ce l’ha Demare. Cavendish invece ha perso l’uomo più forte, Morkov, che non è partito nella tappa di Potenza».
Scambio di ruoli
In tutto questo, c’è da fare i conti con le proprie sensazioni e gli equilibri in squadra, perché il momento potrebbe essere delicato.
«Alla Tirreno – dice Cimolai – avevo già lavorato per Consonni e abbiamo portato a casa un 5° e un 8° posto. Poi lui si è fermato e io ho avuto la mia chance, con il quarto posto nell’ultima tappa. Sono un professionista e capisco che la squadra voglia provarlo dopo i due anni a lavorare per Viviani. Con Simone c’è rispetto reciproco. Ho fiducia in lui. L’anno scorso ho visto il gran lavoro che faceva per Viviani. Tanto che nelle volate in cui ho fatto i piazzamenti migliori, mi muovevo guardando lui e lo tenevo come riferimento».
Quale condizione?
Resta da capire se la condizione sia la stessa che lo scorso anno portò Cimolai a due secondi, un terzo e un quarto posto. E qui anche lui alza gli occhi al cielo.
«Difficile fare un confronto – dice – non sto male, i numeri sono buoni e i numeri non sbagliano. L’anno scorso furono proprio i piazzamenti a darmi morale e il quarto posto alla Tirreno è stato un bel segnale, poi però sono passato dalle stelle alle stalle. Ho accusato tanto quella bronchite e adesso invece sconto altro. Girmay va forte, soprattutto in salita e proprio per questo ci sarebbero cose da dire per noi italiani. Trovo assurdo che siamo gli unici al mondo a non poter fare l’altura a casa…».
Qualcosa di cui parlare
Il riferimento è chiaro. Van der Poel prima, in un hotel spagnolo. Poi Girmay nell’altura eritrea. Parecchi atleti come loro sono arrivati al Giro d’Italia dopo periodi di altura o camera iperbarica. Ci sono hotel specializzati in Spagna e anche in Slovenia, ma per i corridori italiani si tratta di strutture vietate dal Coni. Ne aveva già parlato Oldani raccontando la preparazione della sua squadra e il suo essersi dovuto escludere. Le differenze su strada, in questo ciclismo di vantaggi marginali, rischiano di diventare troppo incisive per non parlarne.