Matteo Bianchi, l’italiano che ha infranto il muro del minuto

21.08.2022
8 min
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L’italiano più veloce di sempre nel chilometro da fermo. Matteo Bianchi non ha ancora 21 anni (li compirà il 21 ottobre) ed è già diventato un riferimento nella velocità italiana. Ad un passo dal trasferirsi in Svizzera al centro UCI di Aigle per dedicarsi a pieno alla velocità in pista, a gennaio è stato arruolato da Ivan Quaranta che gli ha dato fiducia e da li è partito tutto. 

59”661. Un tempo stratosferico del bolzanino di Laives che ha abbattuto il muro del minuto come mai nessun azzurro aveva fatto prima. Un argento europeo tra i “grandi”, conquistato a Monaco che ha dato molte conferme e rilanciato il velocista dopo le due medaglie d’oro conquistate negli europei U23 ad Anadia nel Keirin e nel chilometro da fermo. Bianchi atleta dell’Esercito, è all’inizio di un percorso, viene seguito passo a passo dalla sua squadra, la Campana Imballaggi Geo&Tex e dal suo diesse Alessandro Coden che lo ha capito e rimesso in sella tra le curve pendenti del velodromo. Riviviamo insieme a Matteo curva dopo curva il suo chilometro e le emozioni che lo hanno portato ad essere il primatista italiano e vice campione europeo.

Bianchi in finale ha conquistato la medaglia d’argento con un tempo di 1.00.089
Bianchi in finale ha conquistato la medaglia d’argento con un tempo di 1.00.089

Dove tutto è partito

Ventun anni ancora da compiere, quando però Bianchi ci risponde alle domande sembra di parlare con un ragazzo che dimostra esperienza, educato e con la testa sulle spalle. Non sono solo frasi fatte e lo si capisce dalle risposte misurate e ponderate. Dietro ognuna di queste infatti si percepiscono la passione e la dedizione ad un lavoro così stressante come quello delle discipline veloci in pista. 

Matteo raccontaci un po’ di te, dei tuoi inizi…

Ho iniziato da G5 nel gruppo sportivo Mendelspeck. Da esordiente e allievo, le società dell’Alto Adige avvicinavano i ragazzi alla pista spingendoli a fare qualche gara e allenamento. Ho iniziato a girare nei velodromi di Mori e a Pescantina. Sono sempre andato volentieri. All’inizio facevo tutte le discipline come si fa normalmente. Poi ho continuato fino ad allievo, dove ho raccolto il primo risultato, un bronzo ai campionati italiani. Poi da juniores ho iniziato a partecipare all’europeo, al mondiale e al secondo anno ho portato a casa due medaglie entrambe sul chilometro da fermo. Da li poi mi sono concentrato sulla velocità.

E’ stato amore a prima vista la velocità in pista

Mi ci sono avvicinato per caratteristiche, era abbastanza congeniale per quelle discipline che richiedevano potenza ed esplosività. Fino a juniores ho corso in strada poi ho dovuto fare una scelta. Era troppo difficile preparare due cose così differenti. Io faccio sempre il paragone con le persone con cui parlo. E’ come chiedere a Bolt di fare la maratona. 

Ti alleni su strada?

La mia squadra la Campana Imballaggi Geo&Tex mi dà una mano con gli allenamenti, ovviamente mi alleno su strada faccio alcuni allenamenti specifici. Ma non corro con loro la domenica. 

A gennaio hai fatto una scelta importante, allenarti in Italia e rinunciare ad andare a Aigle in Svizzera…

A gennaio c’erano solo voci sul movimento velocità che si è poi venuto a creare. A dicembre ero deciso ad andare in Svizzera e dedicarmi al cento per cento alla velocità. Poi fortunatamente è nato questo movimento. Rimanere in Italia è sempre meglio perché si sta casa con i propri compagni e affetti. Ci alleniamo a Montichiari, è stato chiuso quando ero juniores. Poi ha riaperto e adesso andiamo là. Come ben si sa la situazione è complicata ed è aperto solo per noi della federazione con limiti di non più di 60 persone alla volta. 

Negli europei under 23 Bianchi ha conquistato due medaglie d’oro, nel Keirin e nel chilometro da fermo
Negli europei under 23 Bianchi ha conquistato due medaglie d’oro, nel Keirin e nel chilometro da fermo

Il record

Abbiamo tutti negli occhi i record che hanno segnato le epoche in tutte le discipline. Questi europei che hanno visto concentrarsi molti sport ci hanno fatto ricordare che questi atleti passano una carriera a combattere contro il cronometro e contro se stessi. La velocità è una specialità che richiede concentrazione e calma. All’esterno invece vengono trasmesse adrenalina e frenesia. E’ per questo forse che Bianchi sembra quasi misurare ogni parola come se quello che avesse fatto sia qualcosa di naturale. Nonostante lui non se lo aspettasse sa che non è un risultato frutto del caso ma una combinazione di fattori. 

Come sei arrivato a questo europeo di Monaco?

Sapevo di essere in una buona condizione dopo l’europeo U23 dove ho vinto due medaglie d’oro. Sicuramente non pensavo di riuscire a strappare un tempo del genere. Anche perché poi essendo una pista così, non avevo idea se potesse essere veloce o meno. E’ una pista che è stata montata appositamente per l’evento. Quando gareggiamo conosciamo le piste più o meno veloci, a seconda del luogo dove si trova, temperature, umidità, materiali. Questa si è rivelata veloce.

Veniamo al giorno del record, come lo hai vissuto?

Le gare dei giorni prima mi hanno fatto bene, il team sprint infatti è sempre un termometro per la condizione. Correndo insieme agli atri frazionisti capisci se sei in forma o meno. Due giorni prima avevo il lancio della velocità, il giorno prima avevo riposo e la mattina avevo le qualifiche all’una. La mattina mi sono svegliato alle 8, ho fatto la colazione solita, circa due ore prima sono andato in pista e ho fatto la mia attivazione e il riscaldamento. In bici abbiamo delle posizioni abbastanza estreme quindi è importante anche tenersi elastici con tutto il corpo. Poi ho fatto tutti gli esercizi per arrivare con il fiato rotto e le gambe pronte. Tutto in regola nella norma per poter dare il massimo. Niente di nuovo, non ho cambiato niente. 

Sentivi di poter fare qualcosa di grande?

Io non soffro la competizione. Ormai gareggio da talmente tanti anni che non ho ansie. Soprattutto per una gara del genere dove arrivavo senza aspettative. Nessuno si aspettava che l’italiano, per giunta under 23, potesse insidiare le posizioni sul podio, con delle grandi Nazioni e grandi movimenti come Francia, Germania e Inghilterra. Quindi ero senza pressioni e con la testa sgombra. Probabilmente anche quello ha fatto la differenza. Quando parti così senza aspettative cercando di dare il massimo alla fine sei molto libero da pensieri e preoccupazioni.

Cosa ti passa nella testa al blocco di partenza?

Niente. Arrivi lì con il manubrio ben stretto tra le mani, ruota bloccata nei pistoni messi in pozione dai giudici, pronto a dare il massimo per la maglia che stai portando

In partenza nella qualificazione sente il bolzanino sente di aver lasciato qualche centesimo
In partenza nella qualificazione sente il bolzanino sente di aver lasciato qualche centesimo
Raccontaci il record dalla tua prospettiva?

In qualifica ho sbagliato la partenza. Per cercare di partire bene e limare ogni decimo può darsi che ne abbia lasciato li qualcuno. Però a vedere dai tempi non era una partenza lenta. Anche se quell’errorino magari avrebbe abbassato un po’ il tempo. Una volta partito ero solo concentrato a spingere bene il 59×14,  stare composto in bicicletta e curare le traiettorie, anche perché se le sbagli si fa più strada e vanno a incidere sul tempo. 

Che cosa provavi durante i giri?

In qualifica ero a tutta, in quei secondi ero come in una bolla e non riuscivo ad ascoltare niente. Non avevo idea di che tempo stessi facendo, me ne sono accorto solo dopo quando ho alzato la testa guardato verso il tabellone e ho visto quel tempo. In finale a differenza del solito, sentivo Ivan Quaranta che mi urlava «Sei primo!». Mi dava coraggio e fiducia. 

59”661, il muro del minuto abbattuto, mai un italiano ci era riuscito…

Ero incredulo. Una senzazione strana. Alla fine è stato un percorso. Quando ero junior e vedevo 1.02, dicevo di aver fatto un gran bel tempo. Poi ho avuto due anni sfortunati perché il primo anno under 23 non ho corso il chilometro all’europeo e da nessun’altra parte. Il secondo anno l’ho fatto poche volte e quando sono andato all’europeo a metà prova ho bucato. Ho avuto due anni un po’ vuoti dopo quel secondo anno da juniores che mi aveva lanciato. Poi ho ripreso il mio percorso e sono arrivato a questo europeo facendo tutto secondo i miei piani con un’ottima condizione e sono riuscito a fare questo tempo e conquistare la medaglia.

La dedichi a qualcuno questo medaglia?

Credo sia frutto del lavoro e dell’impegno. La dedico alla mia famiglia che mi supporta sempre. Alla mia squadra e Alessandro Coden che mi sta sempre dietro, io lo definisco come un secondo papà. Mi aiuta sempre ma mi da anche le bastonate quando faccio delle cavolate. Poi però quando porti a casa i risultati lo vedi che è li con gli occhi lucidi ed è felice come se fossimo figli suoi. Un ringraziamento va anche a Matteo Tugnolo e Daniele Napolitano, i miei compagni del team sprint. Infine Ivan Quaranta che ci allena al migliore dei modi in nazionale

Prossimi obiettivi?

Al momento abbiamo in calendario, il mondiale a ottobre. Andiamo a partecipare e per farci vedere. Sicuramente non andremo con l’ambizione del risultato perché è un po’ presto. Poi a febbraio si inizierà con la qualificazione olimpica per Parigi. Anche se questa è solo un’ambizione che dà ancora più motivazione, non una pretesa. 

Il campione europeo Melvin Landerneau ha chiuso in 59.975 davanti a Bianchi e il tedesco terzo Maximilian Dörnbach
Il campione europeo Melvin Landerneau ha chiuso in 59.975 davanti a Bianchi e il tedesco terzo Maximilian Dörnbach

Un movimento in crescita

L’italia nelle discipline veloci sembra aver trovato un entusiasmo nuovo, puro e genuino. I tecnici della nazionale con Quaranta in prima linea nelle discipline veloci sono riusciti a trasmettere obiettivi e nuova linfa per il futuro.

«Siamo un gruppo molto giovane – prosegue Bianchi – abbiamo tanta strada per crescere. Nelle categorie juniores ci sono ragazzi promettenti che stanno arrivando su molto bene. Il lavoro di Ivan sta pagando. Si sta impegnando anche tra gli allievi per vedere se c’è qualche atleta veloce da portare in questo mondo. Sta prendendo un bel piede questo progetto, poi nei prossimi anni magari si potrà creare qualcosa di interessante. Spero che con un po’ di visibilità, vedendo queste medaglie in pista qualche ragazzo prenda interesse e veda uno sbocco, una strada da intraprendere con sogni da inseguire. Fino a qualche anno fa era difficile immaginarsi una carriera nella velocità».