Vamos in Spagna! Sabato comincia la Vuelta, scopriamola

09.08.2021
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E’ la numero 76 della sua storia: la Vuelta a Espana si appresta a scattare. Lo farà sabato prossimo da Burgos, 21 tappe fino al 5 settembre, da Nord a Sud del Paese iberico e poi ancora verso Nord, per un totale di 3.417,7 chilometri. Una Vuelta un po’ diversa dagli ultimi anni, che “balla” tra elementi classici e altri innovativi. Un bel mix… che cerchiamo di scoprire.

Enric Mas, Alto de Angliru, Vuelta 2020
L’anno scorso la Vuelta chiuse la stagione a novembre inoltrato, quest’anno torna a fine agosto (e addirittura anticipa un po’)
Enric Mas, Alto de Angliru, Vuelta 2020
L’anno scorso la Vuelta chiuse la stagione a novembre inoltrato, quest’anno torna a fine agosto (e addirittura anticipa un po’)

Tappe brevi ma non troppo

Partiamo dalle conferme. La prima cosa sono le tappe più brevi, che poi anche questo è “un mezzo” mito da sfatare. Se infatti andiamo a guardare bene, il Tour de France quest’anno è stato più corto di tre chilometri (3.414,4 chilometri) e il Giro d’Italia, complice l’accorciamento della tappa di Cortina, ancora di più (3.410,9). Alla fine la lunghezza media delle tappe è per tutti e tre i Giri di circa 162 chilometri, metro più, metro meno.

La differenza però la fanno le crono. Giro e Vuelta praticamente ne propongono due in fotocopia: una breve iniziale e una più lunga finale. Per il Giro: 8,6 chilometri la prima e 30,8 la seconda. Per la Vuelta: 7,1 chilometri la prima e 33,8 la seconda. In Francia invece le crono sono state due e più lunghe, entrambe sui 30 chilometri. E questo di fatto ha allungato di poco la lunghezza media reale delle frazioni, ma parliamo davvero di una manciata di chilometri.

In Spagna le tappe al di sopra dei 200 chilometri sono solo tre e tra l’altro li superano di pochissimo: 202, 203 e ancora 202 chilometri. Di contro non c’è mai una “mini” frazione come si è visto al Tour per esempio. La tappa più breve di questa Vuelta è l’11ª, la Antequera-Valdepenas de Jaén di 133 chilometri, tra l’altro con un finale durissimo: uno strappo al 20%.

Altro classico è l’arrivo ai Lagos de Covandonga, che è l’unico “super must”. Quest’anno infatti niente Angliru o Covatilla.

Le novità

Il tracciato spagnolo è davvero ben ponderato e variegato. Basterebbero le prime tre frazioni per sintetizzare questa Vuelta: una crono, una tappa ondulata, un arrivo in quota.

Stavolta i velocisti hanno, su carta, nove arrivi adatti alle loro caratteristiche. Ma ce ne sono almeno tre che si dovranno sudare. Quel che è interessante sono alcune tappe intermedie. Frazioni insidiose: o con arrivo su uno strappo, o con delle colline nel finale. Come il traguardo sul Balcone de Alicante (tappa 7) che è anche un inedito per la corsa spagnola.

Ed è insolita anche la disposizione di queste tappe ondulate. Una disposizione molto più da Tour. Un esempio sono le frazioni 19 e 20. Soprattutto quest’ultima, la Sanxenxo-Castro de Herville (202 chilometri), che non propone come ci si poteva attendere un super tappone di montagna in vista delle crono finale, ma un arrivo su una collina dopo una scalata di seconda categoria e dopo aver superato tante altre colline in precedenza. Pensate che Fernando Escartin l’ha definita una Liegi-Bastogne-Liegi di Galizia.

E a proposito di tapponi e di novità. C’è grande attesa per l’ultimo di questi: la Salas-Altu d’El Gamoniteiru (tappa 18) di 162 chilometri e 4.957 metri di dislivello. Tante salite ed un inedito arrivo ai 1.770 metri di questa vetta asturiana. Si tratta di una scalata molto lunga, oltre 14 chilometri, con pendenze costantemente tra il 10% e il 12%. Senza dimenticare che si viene da un altro tappone (181 chilometri e 4.749 metri di dislivello) con arrivo in quota ai Lagos de Covadonga. Sarà questa doppietta a definire con grande probabilità la classifica.

La crono finale della Vuelta 2021
La crono finale della Vuelta 2021

Crono finale tortuosa

Tuttavia queste due tappe di montagna potrebbero non decretare il vincitore, per quello bisognerà attendere la crono finale. Ed anche questa appartiene in qualche modo alle novità. Niente più la classica passerella finale, ma una vera crono (quasi 34 chilometri) per chiudere la Vuelta. Chiusura che tra l’altro non avverrà a Madrid, ma a Santiago de Compostela.

Se la prima breve prova contro il tempo, a parte quale strappo iniziale, è veloce questa seconda crono è molto impegnativa. Tanti strappi nella prima parte e saliscendi più brevi nella seconda. Non solo, ma sembra bisognerà essere molto abili nella guida, visto che si parla di strade tortuose e anche strette. In poche parole i super specialisti non dovrebbero essere avvantaggiati.

Primoz Roglic, La Covatilla, Vuelta Espana 2020
Roglic re della Vuelta 2020. Vinse davanti a Carapaz (a 24″) e a Carthy (a 1’15”). Le tappe furono 18 e non le consuete 21
Primoz Roglic, La Covatilla, Vuelta Espana 2020
Roglic re della Vuelta 2020. Vinse davanti a Carapaz (a 24″) e a Carthy (a 1’15”). Le tappe furono 18 e non le consuete 21

Roglic favorito, suggestione Pidcock

Chiudiamo con uno sguardo ai favoriti. A noi, visto il disegno del percorso, viste le tante “Liegi” proposte, verrebbe in mente un nome secco: Alejandro Valverde, ma certo anagrafe e impegni recenti (Tour e Olimpiadi) pongono un grosso punto interrogativo su di lui. Sarebbe stata la Vuelta ideale per Purito Rodriguez. Su un percorso del genere, con tanti punti per attaccare e finali che richiedono esplosività, ci sta che un finisseur resistente possa accumulare anche un minuto tra abbuoni e piccoli secondi di vantaggio.

Il favorito principale pertanto non può che essere Primoz Roglic (campione uscente): è sereno per l’oro olimpico nella crono, al Tour non si è stancato troppo (si è ritirato dopo otto tappe), senza contare che ha una squadra molto forte. Ma visto quanto detto sopra lasciateci lanciare un nome: Tom Pidcock. L’inglese tiene in salita, è uno scattista e anche lui ha vinto un oro (nella Mtb): ha tutto per poter stupire e correre nella massima serenità. In una situazione molto simile è il suo compagno di squadra, Richard Carapaz, anche lui è forte di un oro al collo che potrebbe sgravarlo di tante pressioni. Sempre in casa Ineos c’è Bernal, re del Giro, che al rientro post corsa rosa non ha brillato, ma da lui c’è da attendersi di tutto. Solita attesa per Mikel Landa: indiscutibilmente forte, ma poco finalizzatore. E di Damiano Caruso, forte della piazza d’onore al Giro.

Tutti gli altri partono davvero con un ruolo di outsider. Qualche nome? Romain Bardet, il nostro Giulio Ciccone, Guillame Martin, Miguel Angel Lopez, Enric Mas (nella prima foto), Hug Carthy. E perché no: Fabio Aru che è sempre un piacere poter inserire in certe liste e che questa corsa l’ha vinta nel 2015.

Malori, che cosa insegna la crono di Tokyo?

29.07.2021
5 min
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Il giorno dopo, rileggendo le immagini della crono olimpica e degli ordini di arrivo, ancora con Malori tiriamo le somme e cerchiamo fra i dettagli. L’ultima giornata olimpica su strada ci insegna qualcosa? Iniziamo immancabilmente da quella macchina da guerra slovena di nome Primoz Roglic.

«Mi piace da matti – dice Malo – perché cade, si rimbocca le maniche, torna e vince. Lo aveva fatto l’anno scorso dopo la batosta del Tour e lo ha rifatto quest’anno. Gli sloveni hanno un carattere diverso da tutti gli altri, ricordo anche quelli con cui ho corso alla Lampre. Se una corsa va male, loro pensano subito alla successiva. Se mi fosse successo come lui al Tour del 2020, sarei stato per un mese a prendermela col mondo, invece lui è ripartito, ha fatto un gran mondiale, ha vinto la Liegi e poi la Vuelta. Lo stesso Pogacar, che ha vinto il primo Tour al penultimo giorno, non ve lo sareste immaginato esultare come un matto? Invece zitto e buono. Anche quest’anno: secondo Tour e giusto qualche sorriso. Roglic uguale. Gli hanno fatto quella bella… torta alla Parigi-Nizza (il riferimento è al fatto che il gruppo gli avrebbe fatto pagare la vittoria non concessa a Mader, lasciando che perdesse la corsa nella tappa del giorno dopo, ndr). Lui zitto è ripartito e ha vinto i Paesi Baschi. Poi è caduto al Tour. Zitto e ha vinto le Olimpiadi a cronometro. Lo ripeto, mi piace da matti…».

Kung 4° con il tempo di Dennis, ma per 40 centesimi non ha preso il bronzo: il primo fra i reduci del Tour
Kung 4° con il tempo di Dennis, ma per 40 centesimi non ha preso il bronzo: il primo fra i reduci del Tour
La crono, appunto…

Pensavo risultasse più facile. Come a Rio, che sembrava dura, ma alla fine vinse comunque uno specialista come Cancellara. La regia ha lavorato malissimo facendoci vedere solo la salita dell’intertempo, ma i punti duri erano dovunque. Sennò non veniva fuori solo una media di 48. E qui secondo me va fatta notare una cosa interessante.

Quale?

Ricordate il discorso già fatto per Van Aert sul tempo giusto per arrivare in Giappone? Dicemmo che le soluzioni erano due. Arrivare due settimane prima per acclimatarsi sul serio, oppure andare all’ultimo momento e correre, come hanno fatto quelli del Tour, senza che il corpo percepisse lo stravolgimento del nuovo ambiente. Non è stato per caso che nella prova su strada i primi 8 venivano tutti dalla Francia, tre giorni prima. Ieri invece dei primi 5 solo Kung ha fatto il Tour.

Malori aveva previsto che Dumoulin potesse fare un grande risultato. Argento e carriera che riparte
Malori aveva previsto che Dumoulin potesse fare un grande risultato. Argento e carriera che riparte
Che cosa significa?

E’ successo quello che dicevamo. Sono arrivati dal Tour facendo il viaggio la sera stessa e senza recuperare. Hanno corso, andando forte. Poi hanno iniziato a risentire del cambio di ambiente e la corsa in linea ha fatto traboccare il vaso. La conferma è Van Aert. Come è possibile che volasse su strada e ieri non andasse avanti? Roglic invece non correva dalla prima settimana del Tour. Dennis e Dumoulin dal Giro di Svizzera. Si sono allenati bene ed ecco il risultato.

Però hanno corso anche loro su strada…

Senza i fuorigiri degli altri, di Van Aert ad esempio. Il confronto insegna. Roglic dopo il Tour avrà preso la bici da crono e pensato solo a questo giorno. Ha usato la corsa in linea, come dicono gli spagnoli, per togliere il catrame dal motore. Ed è arrivato perfetto alla crono.

Ganna 5° a meno di 2″ dal podio: ora porterà la sua rabbia su pista
Ganna 5° a meno di 2″ dal podio: ora porterà la sua rabbia su pista
A noi sembra, visto il percorso, che Ganna abbia fatto una buonissima crono.

Sono d’accordo. Viste le strade è arrivato a due secondi dalla medaglia dietro gente che in salita è molto più forte di lui. Non dimentichiamo che Pippo pesa più di 80 chili e Tokyo non era Imola. Se la crono fosse stata veloce, allora accostare la preparazione su pista sarebbe stato possibile. Perciò credo che Ganna abbia una grandissima condizione e in pista se la squadra sarà all’altezza, potrebbe guidarci a un oro storico nel quartetto.

Ti sei accorto però che rispetto al solito continuava a scivolare sulla sella?

Molto strano, stavo per dirlo io. L’ho visto tanto scomposto, mentre di solito è da manuale del cronoman ed è lui che insegna agli altri. Non trovava il ritmo, era irregolare. Il fatto di spostarti sulla sella, se la posizione che hai è perfetta come la sua, è la spia del fatto che non ti senti al top. Ti sposti cercando gli angoli migliori, ti scomponi. Quando stai bene invece, trovi rapporto e posizione. Secondo me Pippo ha capito subito di non avere le gambe per vincere. E a maggior ragione ha fatto una super crono. C’erano giorni in cui non ero in condizione e mi sembrava di avere la sella troppo bassa, ma nessuno ovviamente l’aveva toccata.

Uran ha chiuso all’8° posto: uno dei 3 corridori fra il 4° e il 10° posto ad aver finito il Tour
Uran ha chiuso all’8° posto: uno dei 3 corridori fra il 4° e il 10° posto ad aver finito il Tour
A questo punto in pista avrà condizione e… rabbia?

Con un Ganna così, per quanto gli gireranno le scatole, l’oro nell’inseguimento potrebbe essere a portata di mano. Al tricolore di Faenza (quarto a 12 secondi dal podio, ndr) non si è arrabbiato più di tanto, perché sapeva di aver lavorato per questi giorni. Ma qui, da campione del mondo in carica, aver mancato la medaglia per meno di due secondi ti fa arrabbiare, eccome. Posso dire un’altra cosa?

Prego.

Hanno stufato con queste crono, che sono cronoscalate. Posso capire durante un Tour, con Pogacar contro Roglic, ma nelle gare titolate, almeno una crono veloce vorranno metterla?

Cosa dici dei crampi di Izagirre?

Che il corpo a un certo punto non ce la fa più. Spingi il muscolo troppo in là e lui ti presenta il conto. L’esperienza insegna. Come Bettiol. Non a caso, due come Carapaz e Uran, abituati a gestirsi nei viaggi intercontinentali, se la sono cavata decisamente bene. Roglic ha fatto una grande crono, ma pensando alla strada, anche se da italiano non dovrei dirlo, ha vinto quello che se la meritava di più.

Da Roglic a Pogacar, il momento d’oro del ciclismo sloveno

28.07.2021
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Brillano gli occhi di Andrej Hauptman e sotto la mascherina si può immaginare un sorriso a trentadue denti. E’ l’età dell’oro per il ciclismo sloveno che, non contento di dominare in lungo e in largo i grandi Giri (2 Vuelta di Spagna con Roglic e 2 Tour de France con Pogacar) dall’autunno 2019 ad oggi, ora fa incetta anche di prove di un giorno. Oltre alle due Liegi-Bastogne-Liegi conquistate uno dopo l’altro (prima Roglic a ottobre 2020, poi Pogacar ad aprile 2021), i due funamboli sloveni ora vantano una medaglia olimpica a testa: al bronzo in volata di Tadej nella prova in linea di sabato scorso ha fatto seguito la cavalcata d’oro di Primoz nella cronometro odierna. Nessun’altra nazione è riuscita ad andare a bersaglio in entrambe le prove maschili: e pensare che annoverano soltanto due milioni di abitanti.

Lo sloveno è stato sempre in testa e ha marcato la differenza in salita
Lo sloveno è stato sempre in testa e ha marcato la differenza in salita
Dopo la caduta al Tour de France, ti aspettavi di vedere Primoz sul gradino più alto del podio all’Olimpiade?

Perché no? Quando si è ritirato dal Tour, gli ho lasciato qualche giorno perché aveva bisogno di sbollire la rabbia, visto che era andato lì per vincerlo e aveva dovuto rinunciare alle sue ambizioni per una caduta. Era deluso, poi quando ci siamo sentiti mi ha detto: «Vediamo come sto». Poi, se un corridore come lui dice che fa l’Olimpiade, vuol dire che è a posto.

Perché non schierare Pogacar nella crono?

La decisione finale l’abbiamo presa perché avevamo solo un posto e non abbiamo cambiato idea.

Dove Primoz ha fatto la differenza?

Difficile dirlo, è andato forte in tutta la crono. Lui è stato regolare per tutta la gara, mentre altri hanno avuto più alti e bassi.

E’ l’epoca d’oro della Slovenia?

Viviamo un sogno ciclistico. Godiamocelo finché dura così.

Il momento d’oro sloveno continua. A Tokyo anche il bronzo di Pogacar
Il momento d’oro sloveno continua. A Tokyo anche il bronzo di Pogacar
Un momento che è cominciato con te…

No, ben prima. Dai primi pro’ che c’erano in Italia: Cerin, Paulic, Bonca. Ognuno di loro ha messo un sassolino nel mosaico, anche io nel mio piccolo. Voglio ringraziare anche la Federazione italiana perché con i nostri ragazzi delle categorie esordienti, allievi, juniores e under 23 possiamo correre gare nazionali in Italia. Da quell’accordo, il ciclismo sloveno è cresciuto e adesso siamo qua.

Avete lavorato tanto con le scuole?

Molto, ma c’è ancora tanto da fare perché non abbiamo tanti ciclisti. Ci sono regioni in Slovenia, come Capo d’Istria, in cui non abbiamo un movimento al top, però adesso si sono trovati questi Mohoric, Tratnik, Polanc che veramente vanno forte.

Il Tour di Pogacar: motore, fame e testa da campione

19.07.2021
6 min
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Ieri Tadej Pogacar ha vinto il Tour de France. Ovviamente doveva essere una notizia importante, eppure quasi non lo è sembrata, dando più l’idea dell’ufficialità formale di un qualcosa che era già assodato per tutti. Già, perché il Tour è stato veramente in mano a Pogacar fin dalle Alpi, anzi, da prima ancora, dalla crono vinta nella quinta tappa, ormai 20 giorni fa, praticamente da quando si è iniziato a fare sul serio per la generale. Tutto sotto controllo, tutto liscio. In fondo il grande campione fa sembrare semplici delle vere e proprie imprese, ma vincere la Grande Boucle in realtà non è mai scontato. E una vittoria così, con questa supremazia, merita sicuramente un approfondimento per tentare di analizzarne le radici, i meriti e le colpe, se ce ne sono, dei rivali. Per farlo ci avvaliamo di un campione olimpico che al Tour ha partecipato per ben 4 volte, Silvio Martinello, con il quale abbiamo condiviso… il viaggio francese ogni giorno su Facebook.

Dopo la caduta del terzo giorno, il Tour di Roglic ha preso una china discendente, fino all’inevitabile ritiro
Dopo la caduta del terzo giorno, il Tour di Roglic ha preso una china discendente, fino all’inevitabile ritiro

Nessuna sorpresa, tanti meriti

Andiamo dritti al punto: Martinello come ce lo spieghi questo dominio dello sloveno al Tour?

Innanzitutto era il favorito principale avendo vinto il Tour dell’anno scorso e arrivando a questo con una stagione strepitosa. Poi stiamo parlando di un corridore che ha i connotati del fuoriclasse con molte stagioni di grandi soddisfazioni davanti a sé, quindi non si può certamente considerare un vincitore a sorpresa.

Quindi solo merito suo?

Principalmente sì, ci tengo a sottolinearlo. C’è da dire che è rimasto avvantaggiato dal fatto che il suo principale rivale, ovvero il connazionale Roglic sia stato tagliato fuori da una caduta. Avevano entrambi iniziato molto bene il Tour. Ripensando alle prime due frazioni, quelle vinte da Alaphilippe e VdP, i due sloveni arrivarono uno secondo e l’altro terzo insieme. Si pensava che una volta iniziate le grandi montagne, la situazione sarebbe stata Roglic-Pogacar davanti e il terzo in classifica a 7′. Poi c’è stato il ritiro di Primoz e quindi Pogacar è rimasto solo. Per cui certo l’assenza del più grande rivale ha aiutato Tadej, ma non sapremo mai quanto. Anche perché sotto un certo punto di vista il forfait del connazionale gli ha creato pure delle difficoltà.

In che senso?

La Jumbo-Visma si sarebbe presa le sue responsabilità nel controllo della corsa, condividendole con la squadra rivale. Responsabilità che invece così nelle ultime due settimane sono state quasi esclusivamente sulle spalle del UAE Team Emirates, tranne che per il grande lavoro fatto in alcune frazioni dalla Ineos per cercare di mettere in difficoltà Pogacar.

La Ineos secondo Martinello ha fatto bene a mettere Pogacar sotto pressione. Tadej ha poi risposto da campione
La Ineos ha fatto bene a mettere Pogacar sotto pressione. Tadej ha poi risposto da campione

Avversari impeccabili…

Ecco parliamo anche delle altre squadre, c’è stato qualche errore degli avversari che ha spianato ulteriormente la strada al vincitore?

Secondo me no. La Ineos ha fatto bene a provare a mettere lo sloveno alle corde e infatti l’unico momento difficile che ha attraversato è emerso dopo l’atteggiamento che aveva assunto la Ineos Grenadiers, isolandolo ed esponendolo all’attacco di Vingegaard sul Mont Ventoux. Poi lo abbiamo detto da subito che le due squadre con la struttura per condizionare la corsa erano la Jumbo-Visma e la Ineos ed è evidente che quanto sia accaduto abbia dimezzato la loro potenza di fuoco.

Potenza di fuoco?

Soprattutto la Ineos era partita con 2/3 capitani e senza la caduta di un campione come Thomas poteva muoversi diversamente. Errori comunque non ne ho colti e ribadisco che non sono d’accordo con chi pensa che la Ineos abbia sbagliato ad essere aggressiva. Non potevano rinunciare a provarci e allo stesso tempo con la classifica corta tra i primi 10, attaccare aiutava anche a staccare gli altri pretendenti per il podio. Ogni formazione, quindi, ha fatto il suo dovere.

Mont Ventoux: Vingegaard attacca e si volta, Pogacar è con lui, ma sta per cedere. Unico suo giorno di crisi
Mont Ventoux: Vingegaard attacca e si volta, Pogacar sta per cedere. Unico giorno di crisi

…ma Tadej di più!

Tornando su Tadej, perché ha trasmesso a tutti questa sensazione di dominio assoluto?

Perché ha avuto solo il passo falso del Ventoux, poi ha fatto praticamente ciò che voleva, dominando sulle Alpi oltre ogni pronostico e vincendo sui Pirenei entrambe le tappe con una gestione perfetta degli avversari. Ha vinto meritatamente il suo secondo Tour consecutivo, correndolo senza sbavature. Veramente non riesco a trovarne neanche una. Anche sul Mont Ventoux ha gestito la situazione delicata con intelligenza da campione, dimostrando di avere quella maturità mentale ed esperienza che serve in quei momenti, nonostante la giovane età. Poi certo uscire dalle Alpi con quel vantaggio lo ha aiutato a non andare nel panico.

Che cosa dici della gestione delle energie? C’è stato un calo?

E’ stato molto bravo anche in questo. Era prevedibile un calo e in effetti sui Pirenei non ha staccato Vingegaard e Carapaz, ma non sapremo mai se sia dipeso solo da una loro crescita o anche da un suo cedere un po’. Anche queste tappe sono state terreno di conquista per lui, ma non ha fatto il vuoto come sulle Alpi. Forse è più corretto dire che è rimasto sempre costante, regolare.

Quindi anche l’avvicinamento è inattaccabile?

Certo, cosa vuoi dire ad uno che ha vinto ovunque abbia corso tranne praticamente al campionato nazionale? La preparazione e l’assalto alla vittoria del secondo Tour consecutivo sono stati straordinari, i risultati sono lì a testimoniarlo.

Sorriso e tutto sotto controllo, una vittoria parsa facile, che facile non è stata. Una vittoria da campione
Sorriso e tutto sotto controllo, una vittoria parsa facile, che facile non è stata
Si poteva pensare che andando già forte prima potesse arrivare un po’ corto al grande impegno…

Evidentemente siamo di fronte ad un ragazzo con un motore di altissima cilindrata e con una capacità mentale decisamente non comune. Ha 23 anni! Non è ancora sazio e mi auguro che con le soddisfazioni economiche non gli passi questa fame. Tanti fanno fatica a gestire fama e gloria e nel ciclismo ti aspettano al varco. Se fa un passaggio a vuoto alle Olimpiadi o al Tour dell’anno prossimo, qualcuno già inizia a pensar male.

Cosa deve fare ora?

Deve farsi passare velocemente la sbornia e mettersi a testa bassa a lavorare, anche se finora ha dimostrato di avere consapevolezza di ciò che vuole e di dove vuole arrivare. Auguriamoci che questo appetito gli rimanga a lungo perché ci farà divertire. Anche se non è dei “nostri”, chi è appassionato di ciclismo non può far altro che applaudire.

Sui Pirenei ha dimostrato di essere abbastanza…famelico?

Decisamente. Era chiaro che lui avesse il Tour in tasca dopo la prima settimana, al di là dei vari imprevisti che potevano capitargli, quindi li avrebbe potuto gestire. Invece è andato a cercare quei successi per vincere in maglia gialla, onorando così la grande corsa francese e anche gli avversari.

Forse troppo?

Certo il ciclismo è pieno di casi di “a te la tappa, a me la maglia”, ma questa occasione non si è mai presentata, perché sono sempre arrivati in 3 e a Luz Ardinen se non fosse partito lui, avrebbe vinto Enric Mas. Non ha umiliato gli avversari, anzi l’esatto opposto perché hanno perso contro il più forte. Ha mostrato la giusta fame! Se questo significa essere “cannibale” come lo ha etichettato qualcuno in senso dispregiativo, allora chiamatelo pure cannibale.

Tour show: Nibali rinasce, Mohoric vince, Pogacar fa il furbo

02.07.2021
6 min
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Giornate così ti riconciliano con il ciclismo, ma c’è da dire che sin dall’inizio tutto questo Tour è stato un tributo al bello dello sport. Così quando si è capito che la tappa più lunga si stava trasformando in un grande show, composto da storie più piccole incastrate fra loro, seguirla è diventato sorprendentemente bello.

Da dove cominciare è davvero difficile. Da Mohoric, forse, e le sue lacrime negli ultimi metri? Oppure da Nibali che s’è desto e s’è portato a spasso in salita la passione italiana? Oppure da Pogacar, messo in mezzo da ceffi più grossi e incapace di reagire? O forse da Van der Poel e Van Aert, che per qualche minuto è parso di vederli sfidarsi in una prova di Superprestige? Oppure da Roglic, sprofondato in quel fastidio che non passa e gli ha impedito di spingere? O ancora da Carapaz che ha tagliato il cordone ombelicale ed è andato a prendersi il ruolo di leader al Team Ineos?

E’ successo tutto nello stesso giorno e davvero non basterebbe tutta la notte per raccontare ciò che una tappa del genere ti lascia addosso.

In lacrime dopo la caduta del Giro: è un Tour di emozioni fortissime
In lacrime dopo la caduta del Giro: è un Tour di emozioni fortissime

Festa Mohoric

Mohoric ha vinto tappe al Giro e anche alla Vuelta. E il carico di emozioni che si è addensato nel suo petto durante quegli ultimi metri è stato più forte di lui. Avrà pensato alla paura dopo la caduta del Giro. Alla lenta risalita. E poi non ha capito più niente, crollando sotto il peso di un’emozione irrefrenabile.

«E’ incredibile – dice Mohoric – negli ultimi 20 chilometri, le mie gambe urlavano, ma non le ho ascoltate. Questa è stata la mia vittoria più bella. Prima di tutto perché siamo al Tour de France, la corsa più grande del mondo. In secondo luogo, sono arrivato in fondo alla fuga e ho battuto alcuni fra i corridori più forti del mondo. L’idea era di lottare per la maglia a pois infatti  ho preso i cinque punti, poi speravo che si sarebbero guardati l’un l’altro, permettendomi di vincere la tappa. E farlo indossando la mia maglia da campione nazionale è ancora più speciale».

Il Uae Team Emirates ha inseguito, ma lo sforzo non è servito a molto. Qui Formolo
Il Uae Team Emirates ha inseguito, ma lo sforzo non è servito a molto. Qui Formolo

Bentornato Squalo

Nibali, santo Nibali, da quanto ti aspettavamo così? E chissà da quanto anche tu aspettavi di poter giocare in corsa come quando gli altri annaspavano e a te riusciva tutto facile. L’ultima volta che hai vinto qui, ti lasciarono quasi andare, poi fosti bravo a resistere al ritorno del gruppo. Oggi invece sei partito da cattivo con quelli forti. Oggi è stata una vera azione da Squalo, bentornato!

«C’erano degli uomini importanti – dice – non si poteva guardare dall’altra parte. Le gambe nel finale erano buone. Van Aert e Van der Poel sono andati e io li ho seguiti. Domani ci sarà un’altra giornata dura e sono curioso di vedere come andrà. Per noi è arrivato il secondo posto. Sapevamo che non sarebbe stato semplice, ma comunque abbiamo provato a vincere».

Resta il dubbio del perché Skuijns non sia rimasto con lui a tirare perché potesse guadagnare ancora più terreno su Pogacar. Fra quelli davanti, tolti gli uomini delle classiche, il primo della classifica è ancora Pogacar, secondo è Nibali a 29 secondi.

Fra le belle notizie di giornata, la presenza di Nibali nel gruppo in fuga. Lo Squalo c’è ed è show anche questo
Fra le belle notizie di giornata, la presenza di Nibali nel gruppo in fuga. Lo Squalo c’è ed è show anche questo

Vdp oltre il limite

Già, Van der Poel è di quelli con le ore contate. Suo padre dice che ci ha abituati alle sorprese e forse non è nemmeno fuori luogo immaginare che possa superare la tappa di domani. Sognando parecchio, s’intende. Ma oltre sarebbe troppo anche per l’amore di suo padre Adrie.

«Non ricordo di aver vissuto altri giorni così duri – dice – sono andato al massimo per tutto il giorno. E’ stato chiaro stamattina che tanti corridori volessero andare all’attacco. Andavamo forte e siamo partiti in tanti.  Oggi Van Aert è stato davvero forte, ma io sono riuscito a battermi ugualmente per la maglia gialla. A questa maglia voglio dedicare tutto perché è la più bella. Sono andato al limite, vediamo come andrà la corsa domani. Proverò a tenerla, voglio divertirmi».

Van der Poel e Van Aert in caccia insieme, come nel cross, come al Nord
Van der Poel e Van Aert in caccia insieme, come nel cross, come al Nord

Van Aert rideva

Nella Jumbo-Visma s’è consumato il dramma. Con Roglic colato a picco e Van Aert secondo in classifica, si fa fatica a capire dove voglia andare lo squadrone olandese. A un tratto è parso che ciascuno facesse per sé e davanti a tutti, grande e grosso come un toro, Van Aert è parso divertirsi un mondo.

«Se non ci fosse stato quel pubblico e tanto caldo – ha detto – sarebbe sembrato davvero di essere al Superprestige di Ruddervoorde. Con Mathieu siamo rivali di lunga data e penso che sarà così per sempre, ma oggi ci siamo fatti qualche risata durante la tappa. Mi è piaciuto uscire dalla solita routine del Tour e andare in fuga. Il piano era quello, per puntare alla tappa e semmai alla classifica. Ero sicuro che anche Mathieu sarebbe stato pronto, è bellissimo vederlo correre così. Avremmo potuto farci la guerra, ma ci siamo detti che sarebbe stato meglio collaborare. Non avevamo fatto i conti con Mohoric, purtroppo. Ma adesso tengo duro. Sono curioso di vedere come recupererò domani dopo una tappa così dura. Ma di una cosa sono certo. Se domani Pogacar sarà forte e aggressivo, noi potremo fare ben poco».

Dal gruppo Pogacar, Carapaz è uscito come una fucilata: uno show nello show
Dal gruppo Pogacar, Carapaz è uscito come una fucilata: uno show nello show

Pogacar fa il furbo?

Già, ma Pogacar cosa fa? Come può essere che il campione che ha strapazzato tutti nella crono di colpo perda interesse nell’inseguimento e arrivi a più di 5 minuti da Mohoric? Che sulla sua ammiraglia possano aver davvero pensato che quelli davanti in prospettiva non fanno così paura e sarà meglio spendere meglio e bene nella prima vera tappa alpina?

«Abbiamo cercato di chiudere – dice – ma forse abbiamo commesso un errore e abbiamo dovuto lavorare tanto. Conosco la mia squadra, so che sono forti e che dopo un bel recupero saranno pronti per la tappa di domani. Si va avanti giorno per giorno, ma cercheremo di superare questo momento. Sono contentissimo per Mohoric, non so cosa sia successo a Roglic. Ma se guardo la classifica dico che non è successo poi niente di così grave da dover essere per forza preoccupati».

Il mondo addosso. Roglic arriva a 9’03” e in classifica scende al 33° posto
Il mondo addosso. Roglic arriva a 9’03” e in classifica scende al 33° posto

Come stia Primoz lo spiegano con una nota i medici del team: dopo la caduta Roglic non può sedersi bene sulla sella e di conseguenza non riesce a pedalare. Pare sia presto per valutare di lasciare la corsa, ma che malinconia quando si punta tutto su un traguardo e per uno stupido incidente di corsa si vede tutto sfumare nel nulla.

Altro giorno di cadute. Vince Merlier, Roglic finisce all’ospedale

28.06.2021
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Se un arrivo è per velocisti quando a vincere è un velocista, allora quello di oggi a Pontivy lo è stato alla grande. La terza tappa del Tour è andata infatti a Tim Merlier, il velocista belga della Alpecin-Fenix che aveva lasciato il Giro con una scusa e appena cinque giorni dopo era andato a vincere la Ronde Van Limburg. Se però ripensiamo al pandemonio di proteste del Giro nel giorno di Cattolica, quando uno spartitraffico mandò a casa Landa e Dombrowski e si disse che non fosse possibile mettere una volata dopo tutte quelle difficoltà, allora bisogna dire – a fronte delle cadute di Roglic, Haig e Thomas poi finiti all’ospedale – che quello di oggi non solo non era un arrivo per velocisti, ma era un arrivo troppo pericoloso a prescindere da chi lo abbia vinto.

La tappa di Pontivy va a Tim Merlier della Alpecin-Fenix
La tappa di Pontivy va a Tim Merlier della Alpecin-Fenix

Gesink e Thomas

Terzo giorno di cadute al Tour, senza che una sola squadra abbia potuto prendere in mano la corsa, data l’impossibilità di restare in fila abbastanza a lungo. Tra i caduti di giornata, il primo ad andare a casa è stato Robert Gesink, caduto nel mucchio dopo 37 chilometri assieme a Geraint Thomas, cui è uscita la spalla destra. Più avanti è toccato invece a Primoz Roglic, che è arrivato al traguardo con 1’21” di ritardo e l’aspetto malconcio.

Ewan trascina a terra Sagan, Colbrelli li schiva entrambi
Ewan trascina a terra Sagan, Colbrelli li schiva entrambi

«Lo hanno fatto volare – ha detto Plugge, team manager della Jumbo Visma – è contuso e dolorante al coccige, lo stanno portando in ospedale. Gli altri ragazzi dicono che un altro corridore lo ha urtato e lo ha fatto volare. Con gli ultimi 18 chilometri di discesa, prima di un arrivo in volata. Le strade giuste…».

Ewan e Sagan

L’ultima caduta in ordine di tempo è arrivata ai pochi metri dall’arrivo, quando a cadere ma per sua responsabilità è stato Caleb Ewan. Lanciato nella volata, il tasmaniano ha trascinato con sé Peter Sagan. Nella loro scia, Sonny Colbrelli ha evitato la caduta ed ha tagliato il traguardo al quinto posto, alle spalle di Ballerini. Mentre smaltita l’impresa di ieri, Mathieu Van der Poel si è piazzato al settimo posto, dopo aver tirato la volata al compagno. Eppure nel tono di voce di Sonny c’è qualcosa di strano. Prima dice di non voler parlare, poi comincia a raccontare.

Roglic a terra

«Mi dispiace per Roglic – dice – si è agganciato a me. Mi è venuto contro. Mi ero messo a ruota degli Alpecin per farmi portare davanti. Anche lui evidentemente aveva scelto quelle ruote, ma era indietro quando mi sono infilato. E forse non guardava o non lo so, ma mi ha preso in pieno. Per quello ho alzato il braccio. E per fortuna poi sono rimasto lucido nel finale, ai 300 metri, e sono riuscito a frenare. Altrimenti a Caleb Ewan e Sagan gli finivo addosso anche io…».

Rivediamo le immagini, l’inquadratura non riprende completamente la scena. Si vede Roglic che cade e Colbrelli che si volta e alza il braccio, come nel suo racconto, come se lo sloveno lo avesse tamponato.

Percorsi pericolosi

Il punto sono i percorsi, troppo stretti e contorti. Pericolosi, come può esserlo un tracciato di gara di continui su e giù e con una discesa tortuosa, di curve strette e a 90 gradi, andando verso l’arrivo. Non era più pericoloso il traguardo di oggi a Pontivy di quello di Cattolica?

«I percorsi sono brutti – conferma Colbrelli – e il gruppo è nervosissimo. Di questo passo il Tour lo vince un velocista. Io sto anche bene, sono arrivato quinto e la volata non l’ho quasi fatta. Mi butto dentro, ma ho paura. Succede quando vedi cadere un compagno. Noi oggi abbiamo perso Jack Haig che avrebbe fatto classifica. L’ha portato via l’ambulanza e adesso è in ospedale. Stavo cadendo ancora anche nell’ultimo chilometro, ma non sono tappe in cui un treno possa dare una mano. Sono tappe in cui al massimo puoi sperare di salvarti».

Reverberi, cosa pensi di Zoccarato? «E’ una forza della natura»

25.06.2021
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Quando la gara è dura, i duri iniziano a correre e Zoccarato è uno di questi. Il terzo posto ottenuto dal 23enne padovano della Bardiani-Csf Faizanè al campionato italiano ha confermato sia le sue doti di corridore di grande forza su cui contare, sia la scelta della sua squadra di prenderlo dalla Colpack-Ballan a fine 2020.

Dopo la gara di Imola – durante la sua intervista – abbiamo ricordato come Zoccarato fosse il primo neopro’ da Formolo (secondo nel 2014) e il primo atleta della scuderia della formazione reggiana da Podenzana (vincitore nel 1994) a salire sul podio tricolore. Così abbiamo chiesto a Roberto Reverberi, il suo general manager, di descrivercelo un po’ meglio.

Il terzo posto di Imola parla di grande forza ed è una spinta morale pazzesca
Il terzo posto di Imola parla di grande forza ed è una spinta morale pazzesca
Roberto, torniamo un attimo sulla corsa e sul risultato di domenica. Grande soddisfazione per voi ma anche tu sei un po’ rammaricato per il finale?

Siamo contenti per ciò che abbiamo fatto. Volevamo portare via una fuga numerosa con almeno tre dei nostri e ce l’abbiamo fatta. Volevamo far faticare i capitani dei team WorldTour e ce l’abbiamo quasi fatta, se non fosse stato per la Eolo-Kometa che si è messa a tirare quando la fuga aveva già un buon vantaggio e loro non potevano più portare dentro nessuno. Peccato perché sarebbe stato bello vedere come andava a finire, ma va bene così col nostro terzo posto, ci avrei messo la firma al mattino.

Dei tuoi tre ragazzi in fuga poi hai battezzato Zoccarato per fare la corsa.

Esatto, davanti avevamo dei bei menatori. Non avevamo la radio e così con l’ammiraglia ho deciso di portarmi davanti e sentire le loro sensazioni. Maestri e Tonelli, che hanno fatto un lavoro pazzesco e sono stati davvero bravi, mi hanno detto che Samuele stava molto bene, che aveva ancora forza. A quel punto ho ordinato loro di aiutarlo, anche a male parole se fosse stato necessario. Perché so che lui è un po’ testone ed esuberante. E mancava ancora tanto al traguardo.

Ripreso da Colbrelli e Masnada, Zoccarato ha continuato a collaborare
Ripreso da Colbrelli e Masnada, Zoccarato ha continuato a collaborare
Che carattere però che ha il ragazzo…

Sì sì, è un corridore generoso, che non disdegna tirare per tanti chilometri e dà sempre il cambio, anche quando non dovrebbe o potrebbe risparmiarsi. Come ad esempio nel finale, quando Colbrelli e Masnada sono piombati su di lui. Se non avesse tirato, e glielo avrei urlato dalla radio se ce le avessimo avute, loro due non gli avrebbero potuto dire nulla visto che era fuori da 200 chilometri. Invece no, ha voluto dare il suo contributo, le energie rimaste e si è staccato sull’ultima salita.

Poteva andare diversamente quindi?

Non lo so, magari lui fa terzo e Colbrelli vince ugualmente, però se fosse rimasto a ruota nel finale risparmiando un po’ di forza, anche Masnada avrebbe potuto approfittare della sua partenza per rilanciare in contropiede e anticipare lo sprint. Non si può mai dire, ma è andata così, è tutta esperienza per lui e per noi.

Come lo avete preso Zoccarato? 

Ce ne aveva parlato a inizio 2020 Antonio Bevilacqua (team manager della Colpack-Ballan, ndr) dicendoci che era un ragazzo con tanta forza, che non aveva paura del vento in faccia. Poi al Giro dell’Emilia dell’anno scorso, dopo 170 chilometri di gara, c’era questo under 23 in fuga insieme a tanti pro’, compresi alcuni nostri. Non si staccava, dava i cambi, menava… Ed io incuriosito da questa prova, chiedo subito chi fosse. Era lui e lì mi sono tornate in mente quelle parole, quella segnalazione così abbiamo approfondito e lo abbiamo messo sotto contratto.

Ha preparato il campionato italiano mangiando vento e fatica al Baloise Belgium Tour
Ha preparato il campionato italiano mangiando vento e fatica al Baloise Belgium Tour
E che tipo di corridore è?

Negli U23 ha vinto poco (due gare nel 2018 in maglia General Store, ndr), va sgrezzato fisicamente e tatticamente, ma ha un motore incredibile. Al Giro d’Italia lo ha dimostrato in tante tappe come a Canale dove il suo ex compagno di fuga Van der Hoorn ha vinto beffando la rimonta del gruppo. E quella un pochino mi brucia ancora, perché Samuele ha sprecato troppo. Poi ha fatto una gran corsa anche in fuga a Sestola in supporto a Fiorelli. Le corse del Nord sarebbero adatte a lui, ma direi in generale tutte le corse dure, come a Imola che lo è diventata anche per il gran caldo.

Chi ti ricorda dei tuoi corridori del passato?

Il primo che mi viene in mente è Dario Pieri (alla corte dei Reverberi in maglia Scrigno dal ’97 al ’99 e che in carriera fece due secondi posti al Fiandre e alla Roubaix, ndr) anche se lui era più veloce. Samuele in realtà deve allenare lo sprint, perché finora non lo ha mai fatto.

Quindi sarà ancora protagonista Zoccarato nel resto della stagione e nel futuro?

Farà Lugano poi avrà tutto luglio per recuperare poi vedremo i programmi. Di sicuro il terzo posto ha accresciuto la sua autostima e spero che sarà ancora là davanti a breve. Se continua così potrebbe essere uno dei tanti nostri ragazzi cercati e presi dalle formazioni World Tour.

Roglic, qualche sassolino e una primavera diversa

24.06.2021
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Manca poco per rivedere all’opera Primoz Roglic, sparito dai radar in primavera dopo la Liegi. Di lui si sa che è stato a Sierra Nevada e poi a Tignes con la Jumbo Visma, quindi che si è dedicato ad alcuni sopralluoghi sui percorsi del Tour, infine che ha trascorso dei giorni a casa. Quello che si sente dire in giro è che lo sloveno non voglia cadere nel problema dello scorso anno e così, per non rimanere a corto di gambe a fine Tour e arrivare in forze ancora alle Olimpiadi, abbia spostato tutto in avanti. Di fatto, i suoi giorni di gara nel 2021 sono stati 17 e concentrati fra il 7 marzo e il 25 aprile.

La resa alla Planche des Belles Filles al Tour 2020
La resa alla Planche des Belles Filles al Tour 2020

«E’ vero – ha confermato nella conferenza stampa della vigilia – è stato un approccio un po’ diverso, correndo poco in primavera, ma ho già fatto alcune cose del genere al Giro e alla Vuelta ed è andata bene. Normalmente vengo dall’altitudine e sono pronto. Lo scorso anno, il coronavirus ha cambiato tutto, quest’anno sono fiducioso. La squadra è super forte, cercheremo di fare del nostro meglio e vedremo come andrà».

Crono decisive

I sopralluoghi hanno riguardato le salite, ma soprattutto le crono, dato che come ci ha spiegato molto bene anche Marco Pinotti, le prove contro il tempo avranno il loro bel peso nell’assegnare la maglia gialla.

Dopo la Liegi, prima fase di altura a Sierra Nevada, poi a Tignes
Dopo la Liegi, prima fase di altura a Sierra Nevada, poi a Tignes

«Le abbiamo provate entrambe – ha detto – per vedere se e quanto saranno decisive. L’anno scorso abbiamo capito che la crono resta un momento cruciale e può produrre grandi differenze. Tenendolo a mente, ci siamo allenati con più impegno sulla bici da crono. Vedremo. Quando ti alleni da solo, non vedi quanto siano forti gli altri».

Si vince e si perde insieme

Il passato torna, impossibile il contrario. Va bene aver vinto subito la Liegi e poi la Vuelta, ma perdere il Tour al penultimo giorno è un’esperienza che ti segna.

Roglic sul muro d’Huy con la nuova Cervélo R5. E’ la Freccia 2021: penultima corsa di primavera
Roglic sul muro d’Huy con la nuova Cervélo R5. E’ la Freccia 2021: penultima corsa di primavera

«Sono arrivato secondo – ha detto – ma se penso a quelle tre settimane di gara, ricordo anche momenti di grande intensità. I miei compagni hanno lavorato come matti, ero così orgoglioso di essere il loro leader e nessuno potrà negare che siamo stati la squadra migliore. Penso che da allora alcuni giovani sognino di correre in un gruppo del genere. Al contempo, sono consapevole che essere i più forti non basta. Per vincere serve mettere in atto la strategia migliore e forse su questo non siamo stati impeccabili. La sconfitta è stata dura da digerire, non ho molte parole per descrivere quello che provavo. Ma non è stato un discorso limitato a Roglic e al Tour – ha detto togliendosi qualche sassolino dalle scarpe – c’erano tante persone coinvolte, siamo una squadra e abbiamo fallito all’ultimo momento. Quando si vince, la vittoria è di tutti. Quando si perde, la sconfitta è solo mia?».

Nulla è per caso

L’attenuante dell’esperienza tutto sommato breve rispetto agli avversari può contare e non c’è modo migliore dello scottarsi le mani per accelerare l’apprendistato. 

Da Tignes ha colto l’occasione per provare le tappe alpine del Tour
Da Tignes ha colto l’occasione per provare le tappe alpine del Tour

«Se guardo da dove vengo e dove sono ora – dice – non sapevo assolutamente nulla di ciclismo, non sapevo fin dove potevo arrivare, quello che potevo ottenere. Era tutto nuovo, anche la sofferenza sulla bici. Ho imparato che qualunque cosa mi passi per la testa, la sola cosa da fare è restare davanti. Ho imparato che per correre ai massimi livelli bisogna saper soffrire, ridursi se serve allo stremo delle forze. Ho imparato molto sulle dinamiche di squadra e sul lavoro dei compagni. Credetemi, la sconfitta dello scorso anno a caldo bruciava, ma in prospettiva è diventata una nuova strategia. Per cui è vero, è stato un approccio un po’ diverso, ma non è stato affatto per caso».

Pogacar, Roglic, la Ineos e la Movistar: il Tour secondo Garzelli

21.06.2021
6 min
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Ed eccola la settimana del Tour de France. Sabato prossimo scatterà la Grande Boucle. Già si parla del derby sloveno tra Pogacar e Roglic, di Thomas come terzo incomodo, la Movistar come quarto. Ma davvero il Tour de France è tutto qui? Ci potranno essere altri protagonisti? Altri corridori che scompagineranno gli equilibri di una gara che sulla carta è molto incerta? Ci potranno essere sorprese?

A queste domande cerchiamo di rispondere con Stefano Garzelli, grande ex e oggi commentatore tecnico per la Rai. Tra l’altro lui stesso sarà uno degli inviati in Francia della tv di Stato.

Garzelli (con Alessandra De Stefano) ai microfoni Rai al Tour de France
Garzelli (con Alessandra De Stefano) ai microfoni Rai al Tour de France

Slovenia favorita

«Roglic e Pogacar anche nel 2021 hanno dimostrato il livello dell’anno scorso – spiega Garzelli – Stanno andando fortissimo. Pogacar viene dalla vittoria al Tour e Roglic da quella della Vuelta. Entrambi sono molto motivati. Sono i più forti. Oltre a loro due vedo dei blocchi, a cominciare da quello della Ineos Grenadiers e dalla Movistar

«Gli Ineos nella passata stagione hanno avuto delle difficoltà legate secondo me anche al cambio di data, però hanno dimostrato con Porte, Thomas, Geoghegan Hart e Carapaz che vanno davvero forte. Però non sono i più forti nel duello diretto con i due sloveni e per questo dovranno inventarsi qualcosa, dovranno cambiare la loro tattica che li vede imporre alti ritmi nei momenti delicati. Ma con quella squadra ce la potranno fare. Da loro mi aspetto pertanto una corsa diversa rispetto al solito».

Al Giro di Svizzera Richard Carapaz ha vinto mostrando una grande condizione
Al Giro di Svizzera Richard Carapaz ha vinto mostrando una grande condizione

Carapaz e i due leader

Matteo Tosatto, diesse della corazzata inglese, ci aveva detto che Carapaz è leader designato per il Tour in casa Ineos. E non Thomas come tutti si aspettano. Però ci sono dei però: che garanzie dà l’ecuadoriano? Come se la vedrà con i 57 e passa chilometri a crono?

«Non sapevo di questa soluzione in casa Ineos – riprende Garzelli – e dico che ne sono convinto. Il Thomas visto al Delfinato mi è piaciuto molto. Ha corso e ha mostrato la condizione di  chi vuol vincere il Tour. Carapaz rispetto a lui ha l’handicap delle due crono, si difende, ma lui già sa che dovrà attaccare. Io lo vedo al pari di Thomas, poi sarà la strada a decidere chi sarà il vero leader. So per certo che si è preparato molto bene, che ha fatto tantissima altura a casa sua. Non credo che sacrificheranno uno dei due finché entrambi saranno nel pieno della lotta».

«E poi – continua Garzelli – avere due leader è buona cosa da una parte, ma meno buona dall’altra. E nei grandi Giri si è visto che il leader deve essere uno. Innanzitutto si corre in otto e non più in nove e avere due leader significa che hai solo sei gregari. Se c’è da lavorare, se ci sono ventagli… non è poco alla fine il lavoro in più nell’arco delle tre settimane».

Al Delfinato Valverde ha aiutato Lopez, sarà così anche al Tour…
Al Delfinato Valverde ha aiutato Lopez, sarà così anche al Tour…

I dubbi Movistar al Tour

E poi si va in Spagna. Anche Unzue presenta una gran bella corazzata. Miguel Angel Lopez sarà il leader, al suo fianco Soler, Mas, Valverde, Verona.

«Lopez lo ha preparato benissimo questo Tour. Ha avuto molti problemi con il Covid ma alla fine ha puntato solo su questo, anzi a quel punto lo hanno dirottato anche con la preparazione solo sulla Grande Boucle. Ha fatto un buon Delfinato e poi ha vinto sul Mont Ventoux. E’ vero che quel giorno il livello non era alto, ma infatti a me più che per la vittoria ha stupito per come andava. Pedalava con molta facilità. Sembrava si stesse allenando.

«Semmai della Movistar mi convince meno la tattica. Loro al Tour hanno sempre corso malino. Ricordo l’anno in cui avevano Quintana, Valverde e Landa. Una volta mandavano avanti uno, poi fermavano l’altro… hanno fatto dei “casini” pazzeschi. Una cosa è certa: con tutta quella crono Lopez e la Movistar dovranno attaccare».

Anche lo scorso anno Alaphilippe ha indossato la maglia gialla
Anche lo scorso anno Alaphilippe ha indossato la maglia gialla

L’errore di Alaphilippe

Se Argentin vede bene il campione del mondo al Tour, Garzelli non la pensa così. Dopo i blocchi della Slovenia, della Movistar e della Ineos, si passa agli outsider di lusso… ma sempre outsider, corridori che Garzo vede più lontani per la lotta al podio e tra i quali mette anche Julian.

«Secondo me Alaphilippe ha sbagliato a puntare sul Tour e a lasciare le Olimpiadi. Da quel che mi diceva Cassani quello di Tokyo era un tracciato perfetto per lui. E se ci rinunci è perché vuoi fare il Tour a tutta fino in fondo. Okay anche il percorso è disegnato per lui perché non ci sono tappe impossibili. Le Alpi non sono durissime. C’è il Ventoux ma l’arrivo non è in cima. Due anni fa si ritrovò a fare classifica, non ci era partito, il che è cosa ben diversa. Non sempre ti vengono bene le tre settimane se sei un uomo da corse di un giorno. E per me lui è un uomo da corse di un giorno.

«Poi può fare bene, per carità. Allo Svizzera è andato bene, anche a crono si è mostrato all’altezza e come ripeto il Tour è stato disegnato per lui. Già al secondo giorno c’è l’arrivo sul Mur de Bretagne. Quindi sarà una via nervoso. Le prime tappe di un grande Giro sono sempre nervose, ma quando non c’è il prologo lo sono ancora di più perché in tanti possono aspirare a prendere la maglia».

Gaudu ha vinto la maglia bianca di miglior giovane all’ultimo Delfinato
Gaudu ha vinto la maglia bianca di miglior giovane all’ultimo Delfinato

Sorprese? Anche no

Altri nomi il “Garzo” non ne vede, almeno non per il podio o per i primi cinque. E allora un nome glielo gettiamo noi sul piatto: David Gaudu.

«Un bel corridore, che sta crescendo. A crono è migliorato. E’ giovane, gli manca l’esperienza sulle tre settimane e poi ha il peso di essere francese. Lui rischia molto. I francesi aspettano un vincitore da anni ed hanno aspettative enormi. Lo vedo nei dieci, magari in lotta per vincere una tappa o con la magia a pois».

E poi?

«Poi – conclude Garzelli – non so… Mi viene in mente Uran. C’è Fuglsang. Avrei detto Hirschi, ma è passato alla Uae e dovrà aiutare Pogacar… e comunque parliamo di gente che al massimo può arrivare tra il quinto e il decimo posto. No, grosse sorprese non ne vedo. Nel ciclismo moderno i favoriti difficilmente sbagliano».