La Boucle sul tetto d’Europa. Cassani ci racconta la sua Bonette

09.06.2024
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Quest’anno il Tour de France scalerà Cime de la Bonette, la strada carreggiabile più alta d’Europa. Un valico infinito, lungo, assolato, a cavallo fra le Alpi Marittime e quelle della Savoia, che svetta a 2.802 metri di quota. Lassù l’aria è davvero fina.

Cime spoglie, se vogliamo anche “calde” tanto si è in alto. Il luogo è meraviglioso, suggestivo. Aquile e ciclisti, servono coraggio e polmoni d’acciaio. Il valico “naturale” è a quota 2.715 metri, con l’anello aggiuntivo si arriva a 2.802.

Quarto ed ultimo transito del Tour sulla Bonette nel 2008: primo fu il sudafricano John-Lee Augustyn
Quarto ed ultimo transito del Tour sulla Bonette nel 2008: primo fu il sudafricano John-Lee Augustyn

Quattro passaggi

Il Tour de France solo quattro volte sulla Bonette. Lo fece per la prima volta nel 1962. E il primo a transitarvi fu uno scalatore mitico, Federico Bahamontes. Lo spagnolo si ripetè due anni dopo. Poi si dovette attendere 29 anni perché la Grande Boucle vi ritornasse. Quella volta il primo a transitare sulla cima fu Robert Millar, ma i protagonisti di quel giorno furono due: Davide Cassani e Laurent Fignon. E non lo furono per vittorie altisonanti o scatti memorabili. No, la Bonette in qualche modo li mise all corde. E di brutto.

Prima di immergerci in questa storia però, ci sembra doveroso fare una piccola e interessante precisazione. Si fa la Bonette, ma nonostante la sua quota – chiaramente il punto più elevato del Tour – non sarà il Souvenir Henri Desgrange, in memoria dell’ideatore della Grande Boucle. Perché? Perché se c’è il Galibier, il Souvenir Desgrange si assegna lassù. Quella era infatti la scalata più amata dallo stesso Desgrange e il Tour lo affronterà nella quarta tappa, al rientro in Francia dopo la Grande Depart italiana.

Il Gpm della Cime de la Bonette a 2.802 metri di quota
Il Gpm della Cime de la Bonette a 2.802 metri di quota

La resa di Fignon

E’ il 15 luglio 1993 e un solleone spacca le pietre sulle strade del Tour. La corsa affronta la sua undicesima tappa, da Serre Chevalier ad Isola 2000: 179 chilometri e 5.339 metri di dislivello. Tra l’altro gli ultimi 120 chilometri sono identici a quelli che si faranno il prossimo 19 luglio.

«Fu una tappa importante – inizia a raccontare Cassani con la sua innata passione – perché quel giorno praticamente si è conclusa la carriera di un grande come Laurent Fignon. Proprio lassù, in cima alla Bonette, Laurent mise piede a terra e smise di correre. Quello fu il suo ultimo giorno di gara da professionista. Si ritirò da ultimo». 

Fignon era soprannominato il “Professore” per i suoi occhialini tondi, per i suoi pensieri profondi. Pensieri che non mancarono neanche quel giorno: «Volevo vivere un momento di tristezza e di grazia senza dividerlo con nessuno», disse Fignon.

Davide Cassani in maglia a pois durante quel Tour del 1993
Davide Cassani in maglia a pois durante quel Tour del 1993

Cassani a pois

«Io invece – riprende Cassani – indossavo indegnamente la maglia pois! E proprio per quel motivo andai in fuga. Il giorno prima avevamo fatto il Galibier ed ero arrivato con la mia normale mezz’ora di ritardo. Il giorno dopo c’erano da fare l’Izoard, il Vars, la Bonette e la scalata finale ad Isola 2000. Era una delle tappe più dure del Tour. Ed era, mi sembra, la prima o la seconda volta che la tappa veniva trasmessa in diretta totale, era una novità.

«In quegli anni si partiva ancora abbastanza piano, quindi la prima salita la facemmo a velocità cicloturistica ed è per quel motivo che riuscii ad andare a fare la volata per prendere qualche punto per la maglia a pois. Al primo Gpm arrivai terzo e poi ebbi la malsana idea di continuare. Staccai tutti nella discesa successiva. Se in salita soffrivo, in discesa ero abbastanza bravo».

Cassani quindi tira dritto e va in fuga. In fuga da solo in maglia a pois e in mondovisione. Spinge, va avanti, ma chiaramente non è la sua tappa. Davide aveva altre qualità, ma non certo quella di essere uno scalatore.

«Ho sempre sofferto le tappe con queste salite e infatti quando ero sul Var è arrivato Ferretti (il suo direttore sportivo, ndr). Appena è arrivato “Ferron” mi disse: “Davide ma cosa stai facendo?”. E io: “Sono in fuga”».

Il Gpm si trova dietro questo monte. Il colle naturale (2.715 m) è nella parte bassa della foto. Con questa appendice supera lo Stelvio (2.758 m)
Il Gpm si trova dietro questo monte. Il colle naturale (2.715 m) è nella parte bassa della foto. Con questa appendice supera lo Stelvio (2.758 m)

Via Crucis

Ferretti gli dice senza troppi giri di parole che è matto. Gli ricorda delle sue difficoltà in certe tappe. La trattativa tra i due va avanti. «Ferretti alla fine mi convince e mi dice: “Mi raccomando Davide vai piano che è lunga”». E lui lo prende in parola. Ma di pari passo le energie per chi come Cassani non è uno scalatore, iniziano a scemare.

«E infatti – va avanti Davide – comincia la Bonette… lunghissima, infinita. I francesi hanno fatto anche questa appendice di un paio di chilometri per rendere il passo più alto rispetto allo Stelvio. Non finisce mai. Vado su col mio passo. Mi raggiungono i primi, i secondi, i terzi… mi raggiungono tutti. Arrivo in cima già stremato con 20 minuti di ritardo.

«A quel punto però riesco comunque a restare con un gruppo abbastanza numeroso. Mi butto giù in discesa, cerco di mangiare, di recuperare, ma quando comincia l’ultima salita è come se andassi contro un muro. Non vado più avanti. Mi ritrovo da solo con Domenico Cavallo, che era sulla seconda ammiraglia, il quale mi tiene informato sul tempo massimo».

Sulla Cima una targa commemorativa della strada della Bonette, nata per collegare Nizza a Briancon
Sulla Cima una targa commemorativa della strada della Bonette, nata per collegare Nizza a Briancon

La volata con Abdu

La situazione si fa complicata. Le energie non ci sono più. La Bonette si fa sentire anche dopo. Isola 2000 è lunga e anche gli altri del gruppo con cui scendeva dalla Bonette sono scappati in avanti. Poi bisogna sapere che una volta il tempo massimo era molto meno “gentile” rispetto ad oggi.

«Cavallo mi fa: “Dai Davide, perché rischiamo”. Io gli dico di farmi attaccare alla macchina, ma lui replica secco di no: “Siamo soli, ci beccano sicuro e ci mandano a casa. Prova ad attaccarti alla macchina di un’altra squadra”. Solo che non c’erano altre macchine! Eravamo soli».

«Cavallo era collegato con Ferretti sull’arrivo. Quando arriviamo a 5 chilometri dall’arrivo sempre Cavallo mi dice che manca un quarto d’ora al tempo massimo. “Ma come un quarto d’ora? – replico io – Non ce la faccio ad andare a 20 all’ora”. Lui mi conforta e mi dice che l’ultimo chilometro è in leggera discesa.

«Ad un certo punto mi riprende Abdujaparov. Impauriti entrambi da questo muro del limite, ci mettiamo sotto. Arriviamo all’ultimo chilometro che mancano ancora tre minuti. Ce la possiamo fare. Quando la strada spiana, parte la volata. Abdu davanti e io a ruota. Sembriamo il primo e il secondo. Abbiamo lo stessa voglia di vincere quello sprint. Un volatone! Primo Abdujaparov, secondo io. In realtà penultimo ed ultimo a 25 secondi dal tempo massimo».

Il profilo della scalata alpina: 22,9 km e pendenza media del 6,8%
Il profilo della scalata alpina: 22,9 km e pendenza media del 6,8%

Bonette infinita

Se questo è il racconto romantico di quel giorno, c’è poi l’aspetto più tecnico de la Bonette. Certe salite e certe quote ti scavano dentro. E anche se le pendenze non sono impossibili ti svuotano, ti presentano il conto. 

«Oggi si sa tutto – continua Cassani – noi della Bonette conoscevamo solo la lunghezza e il dislivello, nulla di più. Avevamo ancora dei rapporti lunghi: 39×23, il 25 al massimo, ma era quasi considerato un’onta montarlo. Anche quello la rese dura. Sia andava via a 60-70 rpm, non di più».

«Sapevamo di questa Bonette, lunga. L’avevamo studiata dal Garibaldi. Non l’avevo mai fatta ed è stata veramente una Via Crucis. Sapevo però di questo anello aggiuntivo in cima. Sono sempre stato curioso, ero andato a spulciare qualcosa, anche se la passione per la storia mi è venuta dopo.

«Mentre non mi è venuta quella per le salite! Pensate che l’ho rifatta solo l’anno scorso, 30 anni dopo, ma senza fare l’anello aggiuntivo. Mi è bastato quel 1993: una volta e stop!».

Anche il Giro è transitato quassù: era il 2016
Anche il Giro è transitato quassù: era il 2016

Tetto d’Europa

I numeri ufficiali del Tour dicono di una scalata di 22,9 chilometri al 6,8 per cento di pendenza media e massima del 10 in qualche breve tratto, per un dislivello che sfiora i 1.600 metri.

«Almeno – spiega Davide – è una scalata regolare. La sua difficoltà maggiore è quella di essere interminabile e chiaramente perché si arriva a 2.800 metri di quota. E questa si fa sentire, anche perché i chilometri sopra i 2.000 metri sono parecchi (12 per la precisione, ndr). E tornando alla mia scalata io soffrivo anche l’altura. Mi ricordo che ai mondiali in Colombia non andavo avanti».

Sarà un bel momento quello de La Bonette, il prossimo 19 luglio. E dopo questo racconto di Davide Cassani potremo godercelo ancora di più, non lasciandoci catturare “solo” da quel numerone: 2.802.