Angliru, tanto tuonò, che alla fine non piovve. E non perché nello scenario spettrale e vuoto di pubblico, i corridori si siano risparmiati, ma perché quando il livello dei contendenti è pressoché simile, su certe pendenze è difficile scavare grandi differenze se non si verificano crolli. In qualche modo il duello di oggi ha ricordato un rigido battibecco televisivo fra Simoni e Pantani nel giorno del primo Zoncolan. Simoni disse appunto che su pendenze troppo elevate non si producono grossi distacchi, Pantani rispose che per uno scalatore le pendenze elevate dovrebbero essere un invito a nozze. Troppo diversi quei due per volersi bene.
Roglic si salva
Ripresa la fuga, Roglic ha alzato la voce e messo prima Gesink e poi Kuss a tirare, ma dopo un po’ Primoz ha scoperto che la coperta era troppo corta. E quando si è reso conto del rischio che correva, ha preso il suo passo ed è arrivato in cima perdendo la maglia per soli 10 secondi.
«Era una salita troppo dura per un velocista – ha scherzato il capitano nella Jumbo-Visma – e io non ho avuto la mia giornata migliore, così alla fine sono soddisfatto del risultato. Ho ancora una buona classifica e sono molto contento. Ovviamente mi sarebbe piaciuto guadagnare tempo piuttosto che perderlo, ma è andata così. La squadra è stata ancora una volta molto forte e molto impressionante. Mi dispiace per Kuss, perché sicuramente avrebbe potuto vincere la tappa. Voglio ringraziarlo per il supporto negli ultimi chilometri, senza di lui avrei perso più tempo. Ora ci godremo il giorno di riposo e poi ci concentreremo sulla crono. Darò tutto per vincere la Vuelta e nella terza settimana è tutto possibile».
Carapaz fa festa
Carapaz è partito a testa bassa a circa due chilometri dall’arrivo, ma si è capito che non sarebbe riuscito a guadagnare quel che sperava. Per sua fortuna, è riuscito ad agganciarsi al trenino Vlasov-Mas e a mettere in cascina i 10 secondi che gli sono valsi la maglia rossa.
«Questa salita ha fatto una selezione naturale – ha detto – abbiamo già speso molte energie ieri e anche oggi è stata una tappa molto dura. Mi ricordavo questa salita dal 2017, ma è stato incredibile farla in mezzo a tanto silenzio. Alla fine ci ho provato, anche Mas, Vlasov e Carthy ci hanno provato. E io ho continuato con il mio ritmo, mettendo insieme un vantaggio di 10 secondi. Per noi è fantastico, andiamo verso la cronometro con l’idea di dare il massimo e difendere la leadership. Sono molto felice di indossare di nuovo la maglia. E’ una buona cosa per me, per la Ineos-Grenadiers e per tutto quello che abbiamo fatto».
Nieve, 11° a 2’15” Fraile, 72° a 23’59” Mas, 3° a 16″ Formolo e Gasparotto, in fuga finché è durata Hugh Carthy, vincitore sull’Angliru
Carthy non ci crede
La voglia di andarsene dalle corse minacciate dal Covid, deve essere un segno distintivo della Ef Pro Cycling del 2020. Dopo averci provato al Giro, ci hanno riprovato anche alla Vuelta. Ma evidentemente è una tecnica che porta bene. Con due tappe vinte in Italia, ecco la seconda della Vuelta con Hugh Carthy dopo Michael Woods a Villanueva de Valdegovia.
«E’ un sogno – ha detto Carthy stravolto dopo l’arrivo – in ogni gara professionistica vincere è un sogno che si avvera. Ma vincere in un grande Giro, sua una salita mitica come questa… non c’è niente meglio di così. E’ difficile da esprimere a parole. La prossima settimana sarà eccitante. Soprattutto per il pubblico da casa, perché ne vediamo poco lungo le strade. E’ una corsa serrata e manca ancora la cronometro. E’ ancora tutto da giocare».