Pesenti e il debutto con la Soudal. Che sapore ha il WorldTour?

31.03.2025
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RICCIONE – Da una Coppi e Bartali all’altra. Piove, fa freddo e il vento che arriva dal mare si fa sentire per noi, figuratevi per i corridori. Il pullman della Soudal-Quick Step è parcheggiato nel medesimo punto in cui era posizionato il traguardo della prima tappa di tre anni fa. Quel giorno su Viale Milano splendeva il sole e la primavera era già entrata decisamente in temperatura. Thomas Pesenti chiuse sesto in scia a Mathieu Van der Poel attirandosi l’attenzione di tutti. La sua storia l’abbiamo raccontata e la conosciamo tutti.

Lì dove tutto è iniziato, ritroviamo il 25enne parmense con i colori della formazione belga WorldTour nonostante sia tesserato per il devo team della Soudal. Sta scoprendo poco per volta questa nuova parte della sua carriera. Fino ad oggi il tassametro di Pesenti dice che ha disputato 15 giorni di gara, distribuiti in maniera equa su tre gare a tappe della stessa durata e nelle quali ha sempre centrato un risultato parziale. Esordio all’Alula Tour dove ha raccolto un sesto posto, poi Gran Camino con un bel quarto ed infine un decimo nella “sua” Coppi e Bartali. Prima di andare al foglio-firma, gli abbiamo strappato qualche minuto, rigorosamente al riparo dalla pioggia.

Alla Coppi e Bartali gli atleti hanno trovato un meteo poco clemente. Pesenti esce però bene dalla corsa
Alla Coppi e Bartali gli atleti hanno trovato un meteo poco clemente. Pesenti esce però bene dalla corsa
Thomas come sono andati questi giorni alla Coppi e Bartali?

Direi abbastanza bene. Peccato per la caduta nella seconda tappa a circa 4 chilometri dall’arrivo (solo abrasioni sul gomito destro, ndr) che ha rallentato anche Mauri (Vansevenant, ndr), che poi ha dovuto fare fatica per rientrare sul gruppo principale. Purtroppo eravamo nel posto sbagliato al momento sbagliato, però non possiamo farci nulla. In ogni caso in tutte le tappe abbiamo sempre cercato di fare risultato, centrando diverse top 10. Ad esempio ho visto molto bene sia Raccagni Noviero che Savino, che sono andati molto forte.

Nel complesso hai tratto qualcosa di interessante su te stesso?

Sicuramente esco dalla Coppi e Bartali con una condizione in crescita. Sono state cinque tappe dure, rese ancora più toste dal meteo brutto e incerto. Il livello poi in gara era molto alto, quindi sono soddisfatto della mia prestazione. Credo di essere stato di supporto alla squadra, cercando di aiutare il più possibile sia Mauri che Viktor (il diciannovenne Sounens arrivato undicesimo assoluto, ndr) che curavano la generale. Comunque io sono qui per imparare il più possibile. Ogni gara per me è un’occasione per farlo e migliorarmi.

Non possiamo però non ritornare indietro al 2022 quando sei esploso in questa corsa. Che effetto ti fa correrla con i colori della Soudal?

E’ una bellissima sensazione, anche se avrei preferito il caldo di quel giorno (dice sorridendo, ndr). Ripensando a dove ero qualche anno fa sono orgoglioso di quello che ho fatto. E correndo me ne sto rendendo conto meglio. Spero di continuare così.

In questo inizio di stagione hai corso solo col team WorldTour. Com’è andata finora in generale?

Non è andato male questo avvio di anno. Ho raccolto un paio di piazzamenti tra Alula Tour e Gran Camino. Non ho tanta pressione per fare risultato, anzi non ne ho per nulla. Ho pressione invece da me stesso per essere di aiuto ai compagni e metterli nelle migliori condizioni. Rispetto agli anni scorsi è un altro modo di correre, però mi piace molto ugualmente.

Ti aspettavi di andare così bene?

Io sono sempre uno che si autocritica, che non è mai contento di quello che fa e voglio sempre di più. Sono consapevole che questo atteggiamento è un limite, perché è peggio e tendo quindi a buttarmi giù di morale. Penso alla caduta della seconda tappa e mi rammarico. Non tanto perché potessi fare chissà cosa sulla rampa finale, quanto invece perché mi era già successo al Gran Camino ruotandomi con altri corridori. So che sono errori stupidi che si possono evitare. O meglio, sono cose che capitano, però per come sono fatto io li vedo come sbagli e sto lì a ripensarci più del dovuto.

In Romagna sono scesi alcuni amici-tifosi di Thomas per salutarlo ed incitarlo
In Romagna sono scesi alcuni amici-tifosi di Thomas per salutarlo ed incitarlo
Lo avrai trovato almeno un lato positivo…

Certo, un qualche passo in avanti l’ho fatto in quel senso (sorride, ndr). So che sono le prime corse ed è ancora lunga la stagione. Mi sto ancora ambientando e sto anche cercando di capire come si corre in un grande team come la Soudal. E di conseguenza sto anche cercando di vedere dove è possibile il bicchiere mezzo pieno per quello che riguarda le mie prestazioni. Sicuramente se dovesse arrivare un bel risultato, cambierebbe il morale ed anche il modo di vedere certe cose.

Ci hai pensato che potresti guadagnare un posto fisso nel team WorldTour?

So che c’è la possibilità, ma non ci penso minimamente. Di sicuro è un grande stimolo, oltre che un grande obiettivo e naturalmente ci proverò. Tuttavia al momento penso solo a dare il meglio di me in ogni corsa e in quello che mi chiedono. Quando avrò le mie occasioni cercherò di giocarmele al meglio. Saranno scelte che non dipenderanno da me

FInora Pesenti ha sempre corso col team WorldTour. In aprile correrà con il devo team (foto Soudal Quick-Step)
FInora Pesenti ha sempre corso col team WorldTour. In aprile correrà con il devo team (foto Soudal Quick-Step)
Ora che hai messo in cascina un po’ di gare, quali sono gli aspetti principali che hai notato rispetto a prima?

Parliamo di dettagli e di punti di vista. Ormai non manca nulla in ogni formazione, ma in un team come la Soudal è tutto amplificato o fatto in grande per qualsiasi cosa o per qualsiasi rapporto che hai con ogni figura che lavora con noi. In un team continental cerchi sempre di portare a casa qualsiasi piazzamento che va sempre bene. Qua invece sono in formazione WorldTour e giustamente pensano soprattutto alla vittoria o a fare una corsa dura. E’ un’altra mentalità ed è più che comprensibile.

Cosa prevede il prossimo calendario di Thomas Pesenti?

Le prossime gare le farò con il devo team e saranno tutte al Nord. Riprendo il 6 aprile in Olanda con la Volta NXT Classic, una gara piena di côte. Dal 9 al 12 sarò al Circuit des Ardennes, poi il 16 in Belgio per la Ronde van Limburg ed infine dal 25 aprile all’1 maggio correrò il Tour de Bretagne. Mi attende un bel mese di gare e sono pronto. Non sarebbe male centrare qualche piazzamento buono.

Damiani e il modello Cofidis: niente devo ma tanto scouting

26.01.2025
5 min
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Dall’esperienza di Nicolò Arrighetti e Diego Bracalente, stagisti alla Cofidis per una settimana, è nato lo spunto per chiamare Roberto Damiani. Il diesse del team francese è stato in Spagna a seguire il ritiro dei suoi ragazzi, al quale hanno partecipato anche i due giovani azzurri. Quando raggiungiamo Damiani al telefono ci accoglie con il suo tono gentile e disponibile, che invoglia a parlare e ascoltarlo.

«Stavo guardando gli spostamenti per il Giro d’Italia – racconta – più precisamente per arrivare in Albania. Arrivare a Durazzo non sarà semplice, bisogna viaggiare da Lille, dove partiranno i nostri mezzi pesanti (camion, pullman e ammiraglie, ndr) fino a Bari. Dalla Puglia si prende il traghetto e si attraversa l’Adriatico. Fare il giro dei Paesi dell’ex Jugoslavia diventava troppo complicato a causa delle dogane e dei controlli».

Dall’arrivo di Michelusi nello staff performance è iniziato un lavoro di osservazione e valutazione tra giovani
Dall’arrivo di Michelusi nello staff performance è iniziato un lavoro di osservazione e valutazione tra giovani

Un passo indietro

La stagione della Cofidis si sta costruendo man mano. Damiani dapprima farà un salto in Spagna per seguire la sua prima gara del calendario europeo, successivamente si sposterà in Francia per il Tour des Alpes Maritimes. Ma il grosso del suo calendario sarà in Italia, con Laigueglia, Strade Bianche, Sanremo. Concluderà la primavera con le gare del Nord: Harelbeke, Gand e Fiandre. 

«Tuttavia – riprende – per arrivare pronti a queste gare dovevamo passare prima dal secondo ritiro stagionale. Siamo stati in Spagna per un paio di settimane. Durante quei giorni abbiamo aperto le porte a qualche under 23, sette in totale, che si sono alternati all’interno del team».

Il lavoro di scouting ha già portato i suoi frutti, alla Cofidis per il 2025 è arrivato Clément Izquierdo dal team AVC Aix-En-Provence (foto Mathilde L’Azou)
Il lavoro di scouting ha già portato i suoi frutti, alla Cofidis per il 2025 è arrivato Clément Izquierdo dal team AVC Aix-En-Provence (foto Mathilde L’Azou)
Cosa vuol dire accogliere dei ragazzi under 23 da voi a gennaio. 

Si tratta di un lavoro di scouting che ha preso il via già nel 2024. Stavo leggendo poco fa il vostro articolo sui giovani della Mapei. La scelta di molte formazioni di creare un team di sviluppo ci ha portati a fare un’attività di ricerca tra gli under 23. Non c’è altra via di scelta. La scorsa stagione la Cofidis ha rivoluzionato il settore performance. E’ arrivato Mattia Michelusi, il quale ha iniziato a valutare, testare e capire i giovani. 

Molte squadre WorldTour fanno nascere i devo team, voi?

Molte formazioni dirigono parte del budget per creare squadre continental, ma non è un’idea che mi piace molto. In Francia i costi sono elevati e per fare una squadra devo serve più di un milione di euro. Io ho parlato con Cofidis e ho proposto loro un sistema alternativo. 

Portare gli under 23 al ritiro di gennaio è un modo per mostrare loro come lavora e come funziona un team WorldTour (foto Instagram)
Portare gli under 23 al ritiro di gennaio è un modo per mostrare loro come lavora e come funziona un team WorldTour (foto Instagram)
Ovvero?

Fare un lavoro di scouting europeo. Abbiamo preso i nove Paesi nei quali Cofidis è presente commercialmente. Ci siamo guardati in giro e a gennaio si sono selezionati i primi sette profili, li abbiamo scelti tra Francia, Italia, Belgio e Spagna. 

In questo modo cosa cambia?

Si lavora a stretto contatto con diverse realtà sulle quali si ha fiducia. Ad esempio Arrighetti arriva dalla Biesse Carrera. Io so che di Milesi e Nicoletti mi posso fidare, visto che nel 2024 abbiamo preso come stagista un loro corridore. Questo discorso vale anche per Bracalente. Con queste formazioni si instaura un rapporto di massima trasparenza e solidarietà.

Nel 2024 era toccato a Filip Gruszczynski, sempre della Biesse Carrera fare uno stage con la Cofidis (foto Instagram)
Nel 2024 era toccato a Filip Gruszczynski, sempre della Biesse Carrera fare uno stage con la Cofidis (foto Instagram)
E’ un modo anche per responsabilizzare le squadre.

Vero. In più loro possono affermare di avere un rapporto stretto con la Cofidis, il che permette di avere un maggiore appeal per i ragazzi under 23. E’ un titolo qualificante e che valorizza il lavoro di formazioni continental già esistenti. Inoltre creare una formazione development permette di tenere sotto controllo quei dieci o dodici ragazzi che si prendono. Mentre noi, collaborando con tante formazioni, abbiamo un bacino maggiore. Si parlava della squadra dei giovani della Mapei, voglio dire una cosa.

Prego…

Io sono arrivato alla Mapei l’anno in cui nasceva questo progetto. Avevamo uno staff dedicato e un personale di riferimento. L’investimento economico non era stato di poco conto. Nel ciclismo moderno ci sono troppi venditori di sogni. I procuratori guardano al loro interesse e non a quello del ragazzo. Invece lavorare con i giovani deve essere un piacere. Portarli con noi in ritiro è stato bello, sia Bracalente che Arrighetti hanno toccato con mano una realtà differente. Sapete qual è la cosa che mi è piaciuta di più?

L’obiettivo di queste due settimane di stage svolte a gennaio è quello di trovare i tre stagisti da inserire nel 2025 (foto Instagram)
L’obiettivo di queste due settimane di stage svolte a gennaio è quello di trovare i tre stagisti da inserire nel 2025 (foto Instagram)
Dicci.

Vederli integrati nel gruppo. La sera giocavano a carte e parlavano con i professionisti. In bici si sono mostrati forti e preparati, ma la cosa che ho voluto dire loro è stata di non vivere quei cinque giorni come un test continuo. Non è da una mancata risposta a uno scatto in un ritiro di gennaio che si decide il loro futuro. Volevo che si accorgessero del fatto che si fa sempre ciclismo, cambia la cornice ma il quadro no. 

Però cercate comunque delle risposte? 

Questo è chiaro. Alla fine non nascondo che da questi sette ragazzi vogliamo tirare fuori quelli che saranno gli stagisti che verranno a correre con noi a fine anno. 

I tuoi corridori che hanno detto?

Mi è piaciuta molto una battuta di Thomas che parlando mi ha detto, riferito ad Arrighetti: «Chi è quello? Mentre facevamo la simulazione di corsa mi ha messo alla prova». Mi ha reso felice perché vuol dire che i ragazzi si sono sentiti liberi di muoversi e di fare come se fossero con i loro coetanei. Questo è sicuramente un aspetto positivo.

Bozzola: la SC Padovani e la voglia di affermarsi

22.01.2025
5 min
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La curiosità intorno alla nuova continental italiana – la SC Padovani Polo Cherry Bank – è tanta. Per la squadra guidata da Ongarato e che conta sull’apporto di tante figure di grande esperienza, è tempo di rifinire la condizione in vista dell’esordio stagionale. I ragazzi sono ora in Spagna, e stanno affrontando gli ultimi giorni del loro ritiro. Tra i volti della SC Padovani c’è quello di Mirko Bozzola, uscito dal devo team della Q36.5 Pro Cycling. La formazione di sviluppo è stata chiusa e così molti dei suoi giovani talenti sono andati dispersi. Uno di loro è proprio Bozzola, classe 2004, che si appresta a iniziare il terzo anno nella categoria under 23 (in apertura photors.it). 

«Qui si sta bene – racconta dopo il lungo allenamento da cinque ore – la temperatura è perfetta. Oggi (ieri per chi legge, ndr) abbiamo fatto l’ultima distanza prima dell’esordio stagionale, che sarà il 24 gennaio alla Classica Camp de Morvedre. Una corsa che si snoderà nella provincia di Valencia, con partenza e arrivo dal paesino di Estivella».

Mirko Bozzola inizierà a correre in Spagna il 24 gennaio (photors.it)
Mirko Bozzola inizierà a correre in Spagna il 24 gennaio (photors.it)

Partito da lontano

Rispetto alla stagione 2024 Bozzola attaccherà il numero sulla maglia con un mese di anticipo. Lo scorso anno esordì con la maglia del devo team della Q36.5 il 25 febbraio a Misano

«Non arriverò pronto al 100 per cento – spiega – alla gara di venerdì, ma va bene così. I miei obiettivi in stagione saranno altri. Comunque sento di migliorare, me ne accorgo giorno dopo giorno, quindi credo che la strada sia quella giusta. Quest’anno vorrei andare bene nelle corse internazionali under 23 e al Giro Next Gen, vedremo se quando uscirà il percorso ci sarà qualche tappa intrigante».

I ragazzi della SC Padovani hanno fatto un primo ritiro a dicembre in Veneto, mentre ora sono in Spagna (photors.it)
I ragazzi della SC Padovani hanno fatto un primo ritiro a dicembre in Veneto, mentre ora sono in Spagna (photors.it)
Senti di poter fare un passo in più rispetto al 2024?

In realtà anche lo scorso anno ero partito per fare bene nelle gare internazionali, ma poi qualche intoppo di troppo mi ha un po’ condizionato. Non ho avuto una stagione costante. Adesso mi sento meglio, tutto è curato nei dettagli e qui alla SC Padovani non ci manca davvero nulla. 

Guidaci in questa nuova squadra.

Arrivare in una formazione appena nata è sempre un’incognita, ma il progetto è davvero molto bello. Esco da un devo team e devo ammettere che non vedo differenze tra il 2024 e il 2025. La squadra è super attrezzata e non ci manca niente.

Bozzola vuole affermarsi nelle gare internazionali under 23 per attirare l’attenzione delle squadre professionistiche (photors.it)
Bozzola vuole affermarsi nelle gare internazionali under 23 per attirare l’attenzione delle squadre professionistiche (photors.it)
Che effetto fa viverlo?

E’ positivo perché si capisce quanto sia stato fatto e in quanto poco tempo. La struttura è stata realizzata velocemente e l’organizzazione pure: ritiri, calendario, divise, bici… Già essere in Spagna a gennaio per un ritiro in vista delle gare di inizio stagione non è cosa da poco. Non sono tante le continental che possono permettersi questo. 

Con chi ti sei confrontato di interno alla Padovani?

Con tutti: da Ongarato a Petacchi, fino a Konychev. Mi hanno parlato subito di un progetto ambizioso e sono stati onesti. Mi avevano detto che le loro erano idee da concretizzare, ma mi sono fidato e tutt’ora mi fido. Tutte le promesse fatte sono state mantenute e questo non è di poco conto. 

Mirko Bozzola correrà la sua terza stagione da under 23 con la SC Padovani Polo Cherry Bank (photors.it)
Mirko Bozzola correrà la sua terza stagione da under 23 con la SC Padovani Polo Cherry Bank (photors.it)
C’è mai stata l’occasione di passare professionista con la Q36.5?

No. Nonostante abbia corso con la professional un paio di volte, ho comunque fatto una stagione che non mi ha permesso di guadagnare spazio. Tuttavia non ci sono rimasto male, riparto con la voglia di fare e consapevole di aver imparato tanto. 

Cosa?

Dal punto di vista dell’alimentazione in gara e fuori, oppure a leggere la gara e capire come muoversi in gruppo. Correre un anno in un devo team è un’esperienza che consiglio e che serve tanto per maturare.

Il corridore novarese era passato prima alla Zalf (photors.it)
Il corridore novarese era passato prima alla Zalf (photors.it)
A livello atletico che passi in avanti senti di aver fatto?

Partivo già con un buono spunto veloce che sento di aver migliorato ulteriormente. Sulle salite da 10 o 12 minuti sento di poter stare con i migliori. In più sono un corridore di passo. Penso che il mio terreno di caccia siano le corse ondulate, con strappi di due o tre chilometri. 

Hai provato anche a correre al Nord con i pro’, come è andata?

E’ stata un’esperienza bella, ma che mi ha fatto capire come in quelle corse serva un’altra mentalità. Non ho partecipato a gare facili, nonostante ciò mi sono comportato bene. Ma prima di pensare a quel mondo, meglio fare bene da under 23 nelle gare che avrò a disposizione. L’obiettivo del 2025 è affermarmi e conquistare una chiamata dai professionisti.

Nel 2024 Bozzola ha corso con il devo team della Q36.5 nel quale dice di aver imparato molto
Nel 2024 Bozzola ha corso con il devo team della Q36.5 nel quale dice di aver imparato molto
Come arrivi all’inizio della stagione?

Fiducioso, ancora di più rispetto al 2024. So che posso arrivare a un buon livello. Nei miei tre anni da under 23 sono sempre stato in squadre che mi hanno dato la possibilità di crescere. Alla Q36.5 ho imparato ad allenarmi con un preparatore, a stare con i professionisti. Ho capito cosa vuol dire fare il corridore.  

Vitillo sorride e riprova la rincorsa: quest’anno non si sbaglia

15.01.2025
7 min
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Dicci un’ultima cosa e poi basta: alla fine del 2025 saremo contenti se? Vitillo ci pensa un attimo, poi allarga quel suo sorriso luminoso e si butta. «Eh, saremo contenti – dice – se riusciremo a passare dall’altra parte. L’obiettivo è sempre quello. E anche alzare le mani al cielo sarebbe bello, sarebbe veramente bello. Io ci provo».

L’atleta torinese è in Spagna con qualche giorno di anticipo rispetto al resto della squadra che raggiungerà Denia domani. Le giornate sono splendide e l’aria tiepida, non come a casa sua a Torino, da cui ogni volta il padre le racconta di temperature parecchio sotto lo zero. Il 2024 è alle spalle con il suo carico di affanni. La salute è a posto e la stagione che viene servirà per tentare finalmente la scalata alla Jayco-AlUla WorldTour. Per lei che era una delle gemme della BePink e una delle promesse della pista giovanile azzurra, il passaggio nel devo team era ed è ancora l’occasione per farsi vedere.

Nel 2022, Vitillo conquista la madison agli europei U23 di Anadia, assieme alla compagna di squadra Silvia Zanardi (TaskFoto)
Nel 2022, Vitillo conquista la madison agli europei U23 di Anadia, assieme alla compagna di squadra Silvia Zanardi (TaskFoto)
Come va l’inverno?

Bene, abbiamo già cominciato da un po’. Dopo il ritiro di dicembre, domani comincia il secondo e saremo anche con la WorldTour, quindi penso che faremo anche alcuni allenamenti insieme. Faremo un buon lavoro.

Com’è andato il 2024?

Con la squadra molto bene, non mi sono mai trovata così a mio agio in un team. Forse mi aspettavo un po’ troppo da me stessa, invece ho avuto una serie di cose che non sono andate nel verso giusto. L’anno prima, nel 2023, sono stata ammalata praticamente tutto l’anno. Avevo sempre febbre tra 37,5 e 38 e non capivo. Per cui per tutto l’anno sono stata lì provando a riposare, a non riposare, a fare gare. Ho fatto addirittura gare senza allenamento, quindi da un lato mi sono devastata e dall’altro non sapevo cosa avessi. Solo a fine anno ho scoperto che avevo un’infezione ai turbinati per la quale sono stata operata. Ma non era ancora finita…

Nel 2024 una stagione faticosa: qui a Oetingen, a marzo, due giorni prima del suo compleanno
Nel 2024 una stagione faticosa: qui a Oetingen, a marzo, due giorni prima del suo compleanno
Oddio, cosa è successo?

Dopo i primi controlli andava tutto bene. Poi sono andata in vacanza in crociera e dopo due giorni ho iniziato a perdere sangue a fiotti. Il problema è che sulla nave non c’era uno specialista e il fatto è successo in un giorno in cui non si faceva scalo. Per cui sono rimasta in infermeria per un giorno intero, finché siamo arrivati in Sicilia, sono andata in un ospedale e qui finalmente un otorino mi ha messo il tampone giusto e si è risolto tutto.

Perché questo ha condizionato il 2024?

Quando sono tornata a casa, ho fatto gli esami del sangue e l’emoglobina era scesa di 3-4 punti, quindi non ho potuto iniziare ad allenarmi, perché sarebbe stato controproducente. Perciò ho aspettato ancora e ho cominciato la preparazione tardissimo. E’ stato un continuo rincorrere senza essere riuscita a farmi una buona base. Per cui sono arrivata a un livello e da lì non mi sono più mossa. Quest’anno vorrei che fosse tutto diverso.

Matilde Vitillo, classe 2001 di Torino, è al secondo anno con il devo team della Jayco
Matilde Vitillo, classe 2001 di Torino, è al secondo anno con il devo team della Jayco
Alla BePink eri una delle figure di riferimento, ma sei passata in un devo team: lo hai mai visto come un passo indietro?

L’ho sempre vista come una crescita. Il mio obiettivo era fare tutti gli anni da U23 in una squadra che mi potesse far crescere e poi mi desse la possibilità passare. Purtroppo l’ultimo anno da U23 l’ho vissuto come vi ho appena detto e passare in un momento in cui non ti senti al meglio non è una cosa ottimale. Essere in un devo team è il giusto compromesso. Loro vedono come lavoro e cercano di farmi migliorare. Ovviamente la speranza è sempre quella di passare.

Che differenza c’è tra la Matilde Vitillo che nel 2022 vinse una gara WorldTour a Burgos e la Matilde di adesso?

Sotto un certo punto di vista mi sento cresciuta. Penso che l’anno scorso mi abbia aiutato tanto a vedere la gara per com’è. Mi ricordo bene di quando sono riuscita a vincere quella tappa nel 2022. Adoro andare in fuga. Prendere, uscire, stare davanti, sapere di essere la testa della corsa: è un’emozione indescrivibile. L’anno scorso per me è stato veramente difficile uscire dal gruppo e stare in testa a battagliare fino alla fine. E forse questo mi ha aiutato a essere più intelligente in gara e non sprecare troppe energie, cercando di cogliere l’attimo giusto.

A giugno, Vitillo impegnata in una fuga al Thüringen Ladies Tour: il tipo di azioni che preferisce
A giugno, Vitillo impegnata in una fuga al Thüringen Ladies Tour: il tipo di azioni che preferisce
Una cosa positiva?

Da un certo punto di vista sì, forse però ora mi fido meno di me stessa rispetto a come ero nel 2022. In quel periodo era come se quello che volevo fare lo facessi. Non avevo troppe difficoltà, mi buttavo di più, era molto più facile. Adesso, dovendo compensare la mancanza di forma, ho dovuto svegliarmi un po’. Spero che queste due cose, combinate fra loro, quest’anno possano portarmi a fare un altro passo. 

Hai già un programma?

In realtà non l’abbiamo ancora discusso. Cominceremo a febbraio già in Spagna con la Valenciana, prima in linea e poi forse quella a tappe con la WorldTour. Ne parleremo domani quando ci vedremo.

Lo scorso anno sei stata in Coppa del mondo a Hong Kong: ti vedremo ancora in pista?

Questa è una bellissima domanda. A me la pista è sempre piaciuta tantissimo e si può anche combinare con la strada, però è molto complicato. Sono stata contenta di andare a Hong Kong, ma per dargli continuità bisogna essere tanto focalizzati. Io l’anno scorso mi sono un po’ persa, nel senso che con le Olimpiadi il gruppo pista era chiuso e quindi, essendo al primo anno nella nuova squadra, ho preferito concentrarmi sulla strada. Quindi mi piacerebbe continuare con la pista, ma trovando il modo giusta per incastrarla col resto.

Vuelta Burgos 2022, Aguilar de Campoo: Vitillo sulla sinistra vince lo sprint della fuga. Il gruppo dietro non chiude
Vuelta Burgos 2022, Aguilar de Campoo: Vitillo sulla sinistra vince lo sprint della fuga. Il gruppo dietro non chiude
In cosa devi migliorare per stare davanti nelle corse che contano?

Sulle salite, perché è lì che si fa la selezione. La salita fa veramente tanto, quindi mi piacerebbe avere tanta resistenza per poi potermela giocare. Più che altro serve essere veramente svegli in gara, perché se riesci a muoverti al meglio, in qualche modo ce la fai. Ovviamente la gamba serve sempre, però la testa per me fa di più.

La tua compagna di squadra Lucinda Stewart ha vinto il titolo nazionale, com’è ora il clima in squadra?

Molto positivo. Lucinda ancora non la conosciamo bene, perché è entrata in squadra quest’anno quindi nessuno di noi in realtà la conosce. Però secondo me la sua vittoria dà già molto morale al devo team. Ci fa capire che ci possiamo giocare le nostre carte nonostante non siamo ancora nella squadra WorldTour.

L’inserimento di Vitillo nel devo team della Jayco-AlUla procede di buon passo, così come la pratica con l’inglese
L’inserimento di Vitillo nel devo team della Jayco-AlUla procede di buon passo, così come la pratica con l’inglese
Chi è il tuo direttore sportivo di riferimento?

Przemysław Kasperkiewicz, nome difficile da scrivere. E’ molto bravo, ti capisce al 100 per cento. Se hai problemi di qualsiasi tipo, anche solo a livello personale, lui sa capirti e ti insegna a gestire le emozioni e a concentrarci sull’obiettivo della gara.

A proposito di problemi, l’anno scorso sei mai andata giù di testa con i problemi che hai avuto?

E’ stato parecchio complicato. Ho avuto poca fiducia in me stessa e questo mi ha portato tanto giù. Forse però, da un certo punto di vista, mi ha aiutato a vedere le cose da un’altra prospettiva e a gestirle in maniera diversa. E nonostante tutto e nonostante sia stato davvero duro, la voglia di finire le corse e fare bene lho sempre avuta. Per questo credo che sto ripartendo da un livello migliore.

EDITORIALE / Ditelo voi a corridori di 20 anni di trovarsi un lavoro

23.12.2024
5 min
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Una conversazione avuta con Marino Amadori e Johnny Carera al termine della conferenza stampa milanese di Cordiano Dagnoni offre lo spunto per chiarire un pensiero. Avendo chiesto al presidente se pensa si possa fare qualcosa per arginare la crisi del movimento U23 italiano (in apertura, foto Giro NextGen), al termine dell’incontro con la stampa ci siamo sentiti domandare dal cittì azzurro come mai ce l’abbiamo tanto con la sua categoria. In parallelo, il principe dei procuratori ci ha spiegato che il ciclismo sia ormai cambiato e che l’attività under 23 sia diversa da quella di dieci anni fa e che grazie ai test è possibile capire con certezza scientifica se i corridori faranno carriera. Per cui chi non passa a 20-21 anni, evidentemente non ha i mezzi.

Grati per l’illuminazione, entriamo nel ragionamento, cercando di non dare per scontato ciò che scontato a nostro avviso non dovrebbe essere. L’analisi del territorio porta a dire che le società che fanno attività U23/Elite siano in diminuzione e che nei loro organici ci siano i soli corridori non considerati dai devo team. Il movimento nazionale che ne deriva, non considerando le gare internazionali in cui arrivano gli squadroni stranieri, ne risulta impoverito. Avete presente la scena dello Stelvio al Giro NextGen? Il confronto fra atleti di caratura inferiore genera corridori meno solidi, che fanno una gran fatica a entrare nel mondo del lavoro.

Lo Stelvio al Giro Next Gen del 2023. Troppo dura la salita o basso il livello dei corridori? (foto cyclingpro.net)
Lo Stelvio al Giro Next Gen del 2023. Troppo dura la salita o basso il livello dei corridori? (foto cyclingpro.net)

Le leggi sul lavoro

Si può impedire ad atleti maggiorenni di accettare un’offerta dall’estero? No, impossibile. E se anche la Federazione italiana imponesse una regola che li vincola a trascorrere un periodo in team italiani, la normativa europea sul lavoro permetterebbe di aggirarla. Del resto, basta osservare la grande disinvoltura con cui si rompono i contratti di professionisti ben più affermati, per capire che non ci sia scampo a fronte di un certo tipo di commercio. Chi propone e vende i corridori ha tutte le strade aperte. Si può impedirlo? No, impossibile. Si può impedire la concentrazione di talenti nelle mani di un solo soggetto? No, impossibile, almeno per ora. A meno che non ci pensi l’UCI, che rilascia le licenze alle squadre, ai corridori e anche ai loro agenti.

Per cui i ragazzi di 18 anni fanno valigia e vanno in Belgio, Olanda, Germania, Spagna, Francia: l’offerta è vasta. Restano per 2-3 anni e a quel punto chi ancora interessa alla WorldTour di riferimento, sale il fatidico scalino. Gli altri tornano indietro. Cosa trovano in Italia? Squadre che certo li accolgono, ma non è detto che li porteranno all’agognato professionismo. Secondo Carera ciò è dovuto al fatto che non abbiano le qualità per diventare corridori: per cui farebbero bene a cercarsi un lavoro. Su questo punto non è possibile generalizzare ed ecco perché.

Dopo il devo team, Scaroni non è passato alla Groupama, eppure si sta affacciando sul settimo anno da pro’
Dopo il devo team, Scaroni non è passato alla Groupama, eppure si sta affacciando sul settimo anno da pro’

La scelta di partire

Se è così matematico pesare le qualità di un atleta, perché mandare in un devo team ragazzi che non le hanno? Se tornano indietro è perché non le hanno, chi ha stabilito che le avessero? Si scommette assieme a loro sul successo e anche sul fallimento? Si tiene conto, nel proporgli la sfida, di quanta fatica gli sia costato arrivare a quel punto? La maturazione fisica e psicologica degli atleti è omogenea per tutti? Siamo consapevoli del fatto che l’adolescente di oggi, benché più ferrato in tema di tecnologie, sia anche parecchio più disarmato rispetto alla quotidianità della vita? Tutti i corridori sono in grado di andare all’estero e gestire la vita in ritiro in mezzo a gente che non parla la loro lingua? I corridori di 18 anni e le loro famiglie hanno le stesse consapevolezze di chi li consiglia?

Andare all’estero è una straordinaria scuola di vita, come farlo per motivi di studio, ma non tutti sono in grado di trarne vantaggio. Perché allora mandarli tutti? Forse perché si ha la consapevolezza che, se va bene, si potrà guadagnare in maniera più importante sui loro contratti? E in che modo poi si assistono quelli che tornano indietro?

Cristian Scaroni, under 23 nel devo team della Groupama, non andò alla WorldTour, eppure sta avendo una discreta carriera da professionista. Lorenzo Ursella arrivò alla DSM che era ancora un bambino, si è trovato male e nel 2025 correrà nella Padovani. Gli sarebbe convenuto forse un impatto meno duro con quel mondo? Thomas Pesenti, una carriera da U23 e poi elite con la Beltrami-TSA e il JCL Team Ukyo è appena salito del devo team della Soudal-Quick Step pur avendo già 25 anni.

Marino Amadori, selezionatore azzurro degli U23, al Giro Next Gen con Pietro Mattio
Marino Amadori, selezionatore azzurro degli U23, al Giro Next Gen con Pietro Mattio

Prima uomini

A Marino Amadori ci preme dire che non ce l’abbiamo con la sua categoria, nella quale siamo cresciuti quando entrammo in questo mondo nell’ormai lontano 1992. Ma proprio perché conosciamo a menadito le storie di tutti i ragazzi con cui abbiamo lavorato, ci possiamo permettere di fare delle distinzioni. Il suo lavoro di selezionatore non sarà minimamente scalfito dal Paese in cui i ragazzi sceglieranno di correre. Per cui come ha risposto venerdì lo stesso Dagnoni, il cittì potrà ugualmente garantire i suoi piazzamenti al Tour de l’Avenir. Nessuno gli impedisce l’accesso ai migliori, ma i migliori ormai si contano sulla punta delle dita, mentre un tempo era difficile fare la squadra, tanti erano i nomi in ballo.

La differenza fra chi ancora si ostina a scrivere queste cose e chi dice che tanto ormai va così, sta nel fatto che, pur essendo dei semplici giornalisti, ci sta a cuore il futuro di queste persone che a vent’anni corrono in bicicletta. Forse, come è giusto che sia trattandosi di rapporto di consulenza professionale, a chi deve trovargli una squadra l’ultimo aspetto sta meno a cuore. La nota stonata è che se un ragazzo di 20 anni si sente dire che non è forte abbastanza per andare avanti e gli viene negata la possibilità di dimostrare il contrario, se ne andrà dal ciclismo arrabbiato e magari escluderà la possibilità di rimanere nell’ambiente in altre vesti. Tutti i meccanici e i massaggiatori, tranne poche eccezioni, sono stati corridori, alcuni anche professionisti. Oggi se ne bruciano così tanti che magari un domani si farà fatica anche a comporre gli staff delle squadre. A volersi rassegnare, bisognerebbe ammettere una volta per tutte che il ciclismo giovanile italiano non è più in mano alle squadre e neppure alla Federazione.

Bartoli, c’è un modo per ridare spessore ai dilettanti?

04.12.2024
5 min
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Quando lo rintracciamo, Michele Bartoli sta guidando verso il centro di Lunata con cui collabora. Il toscano sarà al ritiro della Bahrain Victorious a metà dicembre e oggi, dice, andrà a divertirsi con gli allievi che hanno richiesto il suo intervento. «Sono dei test così – mette le mani avanti – niente di serio. Tanto per fargli capire cosa significa fare ciclismo. Io sono uno che con i giovani va volutamente lento».

Lo abbiamo chiamato per riprendere il discorso fatto con Geremia sul dilettantismo italiano com’era e come invece è diventato. E se il tecnico regionale degli juniores veneti ha citato la sua esperienza con corridori come Nibali e Visconti che vincevano contro gli elite nel 2004, a Bartoli chiediamo come andassero le cose fra il 1989 e il 1992, quando il dilettante era lui e otteneva le sue vittorie più belle.

«Quindi Geremia – inizia Bartoli – sostiene che correre con i più grandi sia una cosa positiva? Sono d’accordo anch’io, assolutamente. L’impegno fisico rimane quello. I tuoi 3-5-12 minuti più o meno rimangono gli stessi come picchi di potenza, non è che correre con gli under 23 o gli elite cambi qualcosa. Cambia invece l’impegno mentale, il dover studiare qualcosa per sopperire alla maggior forza degli altri. E quindi impari prima e di più. L’ho sempre detto, sotto questo aspetto chiudere le categorie è stata una retrocessione. Anche perché poi fanno ricorso ai vari escamotage, con gli juniores che passano professionisti a 18 anni. E a quel punto dove finiscono le tutele dagli sforzi eccessivi?».

La nazionale dilettanti di Stoccarda 1991: età fra 20 e 23 anni. Bartoli il primo da destra: 21 anni.
La nazionale dilettanti di Stoccarda 1991: età fra 20 e 23 anni. Bartoli il primo da destra: 21 anni.
Saresti per ripristinare una categoria di elite e under 23 in cui salga il tasso tecnico oppure per cancellare anche gli under 23?

Quella dei dilettanti, chiamiamola così, è una categoria che è stata svuotata. Effettivamente si fa molta più esperienza facendo corse a tappe in giro per l’Europa. E’ una categoria molto sottostimata perché gli juniores buoni vanno nei devo team (in apertura Davide Stella della Gottardo Giochi Caneva, iridato della pista juniores, che passa nel team di sviluppo della UAE Emirates. Immagine photors.it, ndr). Altri passano professionisti e negli under 23 rimangono buoni atleti, ma con un interesse inferiore. Qualcosa deve essere fatto, non si può far morire una categoria intera in cui comunque corrono tanti atleti.

Secondo te perché si tende ad evitarla?

Io credo che passino così presto per ambizione, senza neanche calcolare troppo vantaggi e svantaggi. Passo professionista, punto e basta. Poi dietro ci sono sviluppi tecnici e altre considerazioni, però il primo pensiero è quello: passare. Capitano anche a me degli juniores che vorrebbero farlo a tutti i costi. Ma dove vogliono andare? Non è quello l’obiettivo. L’obiettivo è trovare una situazione in cui puoi crescere tranquillo, con gente che ti insegni il mestiere. Se passi tanto per passare, che ne sai dell’ambiente in cui ti ritrovi?

Tu sei passato a 22 anni e da dilettante correvi in mezzo a gente ben più grande: secondo te è un modello riproponibile oggi?

Correvo ad esempio contro Walter Brugna, uno dei primi che era rientrato dai professionisti. Le prime due o tre gare feci secondo dietro Alessandro Manzi, che aveva quasi 10 anni più di me. Era faticoso mentalmente perché ti aspettavi sempre un loro attacco e sapevi che quando andavano, ti lasciavano lì. E allora dovevi studiarti qualcosa per stargli dietro. Mi ricordo una corsa ad Arezzo, in un paese di cui non ricordo il nome perché da quelle parti mi sembrano tutti uguali. C’era proprio Brugna e prima dell’arrivo uno strappo ripido.

Alessandro Pinarello è passato pro’ saltando gli U23. Il 2025 sarà il terzo anno da pro’ (photors.it)
Alessandro Pinarello è passato pro’ saltando gli U23. Il 2025 sarà il terzo anno da pro’ (photors.it)
Come andò a finire?

Provai in tutti i modi ad anticiparlo, tanto sapevo che se arrivavo lì con lui, mi staccava. Ero di primo o secondo anno. Le provai tutte, cercai l’accordo con gli altri del gruppetto, per andare via una volta ciascuno. I classici ragionamenti che fai quando ti senti inferiore e che non avrei fatto se avessi corso negli under 23. Perché magari fra i coetanei ero superiore e mi bastava arrivare lì, poi sarei partito e li avrei staccati. E comunque quel giorno Brugna ci fregò lo stesso. Non si riuscì a staccarlo, si prese lo strappo e lui se ne andò e vinse. Sono le dinamiche che sei costretto a mettere in gioco solo quando sei al limite e devi trovare il modo per importi.

Pensi che si debba riorganizzare il ciclismo di quelle età?

La situazione non va bene. Tutti parlano di sforzi troppo grossi e che si è fatto così per salvaguardare i nostri atleti. Ma non sono gli sforzi fisici a danneggiarli, sono gli sforzi mentali. Uno sforzo fisico a 17, 18, 19 anni lo recuperi mangiando e andando a letto: la mattina dopo sei già pronto. Sono le scorie mentali che ti rimangono. Il problema è mandare una squadra di juniores a fare un’ora e mezzo con una salita al massimo un’ora e mezza prima del via della gara.

Poche corse under 23 hanno chilometraggi importanti: Poggiana si ferma a 164,5 (photors.it)
Poche corse U23 hanno chilometraggi importanti: Poggiana si ferma a 164,5 (photors.it)
Gli eccessi gratuiti?

E’ il problema del nostro ciclismo e crea talmente tante scorie che ti rimangono nel cervello e poi pian piano rigetti la fatica. Non ce la fai più, anche involontariamente, soprattutto involontariamente. Non è che lo decidi di non sopportare la fatica, ti succede e la chiudi lì. A meno che non fai certi sforzi da giovanissimo, esordiente o allievo, la fatica non ha mai fatto male a nessuno. Sapete quali sono le componenti dell’allenamento?

Quali?

Le componenti per far crescere gli atleti sono l’allenamento, la vita privata e le gratificazioni. Oggi invece esistono solo gli obiettivi agonistici, tutto il resto non conta più. La vita privata non conta più e le gratificazioni della vita di tutti i giorni sono proibite. Magari inventarono l’under 23 per contrastare altri fenomeni, ma ora che è tutto cambiato fa più danni che vantaggi. Hanno fatto bene anche a liberalizzare l’uso dei rapporti fra gli juniores, ma si deve trovare il modo perché il dilettantismo torni a produrre buoni corridori come un tempo, quando non c’erano alternative.

La Lotto-Kern-Haus entra nell’universo Ineos. Scopriamola

18.11.2024
5 min
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L’indizio era arrivato dagli organizzatori del Tour of Rhodes, che nell’annunciare le squadre al via il prossimo anno aveva inserito la Lotto Kern-Haus PSD Bank come devo team della Ineos Grenadiers. L’ufficializzazione è di poche ore fa: la formazione Continental tedesca fungerà da vivaio del team WT britannico, dando modo ai più giovani di sviluppare le loro capacità per poter approdare al team maggiore. L’accordo s’inserisce nel più ampio quadro di sviluppo voluto dal team britannico chiamato “Ascent” e dal quale sono usciti fuori talenti come Tarling e Leonard

Ben Jochum, classe 2004, ha regalato al team la gioia di un bronzo mondiale con il quartetto
Ben Jochum, classe 2004, ha regalato al team la gioia di un bronzo mondiale con il quartetto

La formazione teutonica arriva a questo traguardo un po’ a sorpresa. Per saperne di più abbiamo quindi chiesto lumi a uno dei suoi direttori sportivi, Torsten Schmidt con un passato anche dalle nostre parti avendo militato nel 1997 nelle fine della Roslotto-ZG Mobili.

Qual è la storia della vostra squadra?

E’ stata creata da Florian Monreal. E’ il proprietario e ha 38 anni, per brevi periodi è stato anche professionista, poi ha corso in un piccolo club. Nel “land” intanto stava prendendo piede una lotteria e i responsabili hanno pensato di associarla a una squadra ciclistica. E’ stato 11 anni fa. Da allora molti corridori sono passati da queste parti e alcuni sono anche approdati al ciclismo professionistico, ad esempio Jonas Rutsch oggi all’Intermarché Wanty.

Torsten Schmidt, Head of Sports del team tedesco. Ha corso anche in Italia dove ha molti legami
Torsten Schmidt, Head of Sports del team tedesco. Ha corso anche in Italia dove ha molti legami
Come giudichi la stagione 2024 del team?

Devo dire che abbiamo avuto una buona stagione. Fra gli under 23 l’obiettivo principale è ovviamente fare risultati, ma d’altra parte dobbiamo anche pensare alla formazione professionale e anche umana dei giovani ciclisti. Non è come in un team WT dove conta solo una vittoria o il miglior risultato. E penso che questo sia quello che abbiamo avuto e di cui dobbiamo gioire. Non abbiamo vinto, ma ci siamo fatti vedere. Vogliamo che le persone, quando tornano a casa da un evento riconoscano la nostra maglia, sappiano che c’eravamo. Ho abbastanza esperienza sull’ammiraglia per sapere che non sempre si può lottare per la vittoria, ma che possiamo avere una funzione importante nel ciclismo odierno, dimostrare qualcosa.

Nell’ambiente si parla da tempo di un interesse della Ineos Grenadiers per associarsi a voi…

Ora è tutto ufficiale e confermato. Abbiamo una partnership di sviluppo molto bella. Questo cambia tutto, ci fa stare al centro dell’attenzione dei media. E’ stato premiato il nostro lavoro di formazione, continueremo su quella strada sapendo che ci siamo inseriti in un grande progetto di crescita che non riguarda solo noi.

Joshua Huppertz, 30 anni, ha corso nel team sin dal 2014
Joshua Huppertz, 30 anni, ha corso nel team sin dal 2014
La vostra è una squadra con una forte identità tedesca: questo cambierà in futuro, cioè prenderete più atleti stranieri?

Per forza, fa parte della nostra evoluzione. Avremo sempre un nocciolo tedesco, ma il numero di corridori di altre nazioni crescerà di sicuro. Io però devo dire che non guardo molto alle nazionalità, è un concetto che non mi è mai piaciuto. Quando correvo a 16 anni ero in nazionale e ho incontrato altre persone di altre nazionalità, avevo più amici e buoni colleghi fuori dalla Germania. Anche quando sono stato in Italia, ho mantenuto ad esempio legami con Gasparotto e Corti. Io guardo la persona, non il passaporto… Il nostro obiettivo è anche quello di prendere i tedeschi se sono bravi e vediamo per loro una prospettiva per il futuro. Ma per il resto ripeto, la nazionalità di un corridore non è un fattore.

In questo caso guardate anche al mercato italiano, potrebbero arrivare italiani da voi?

Sicuramente. A dir la verità, ce n’erano alcuni che mi hanno scritto. Li teniamo sott’occhio. Se potremo dar loro una possibilità, lo faremo. Io l’Italia la conosco bene, d’inverno mi allenavo da voi per il bellissimo clima. Penso che l’Italia sia un paese fantastico con tutte le possibilità per il ciclismo. Magari inizialmente potrà esserci qualche ostacolo con la lingua, per un italiano trasferirsi in Spagna può essere più affine. Ma per me come detto la nazionalità non è un problema, se un corridore vale ha le porte aperte.

Ole Thriller, uno dei tanti tedeschi passati per le file della Lotto Kern-Haus
Ole Thriller, uno dei tanti tedeschi passati per le file della Lotto Kern-Haus
Secondo la sua opinione qual è la situazione attuale del ciclismo tedesco?

È un problema complesso da affrontare. Abbiamo molto traffico in Germania. I problemi di sicurezza delle strade tedesche sono un ostacolo alla diffusione del ciclismo, i ragazzi prediligono altre specialità, come la pista o la mtb. Mettiamoci anche che il materiale è molto costoso e non tutti riescono a sostenere le spese. Quando correvo io c’erano tante gare e tanta concorrenza, si emergeva perché c’era modo di migliorare e mostrare il tuo talento. Oggi i praticanti sono molti meno. Speriamo che iniziative come la nostra diano nuovo impulso, visibilità, fiducia.

Nel vostro team c’è anche l’estone Romet Pajur che da junior ha anche vinto un Giro delle Fiandre. Come sta crescendo?

Il prossimo anno si unirà alla squadra Rookies della Red Bull Bora Hansgrohe. Significa che da noi ha proseguito nel suo cammino di crescita. Anche il ceko Martin Barta, molto promettente, ha trovato un nuovo approdo. Auguriamo loro buona fortuna per il futuro ed è giusto che le strade si siano separate. È un ciclo di un periodo della tua vita. Lavori insieme a qualcuno e poi lui sceglie il suo destino.

Pajur sul podio del GP Bade. L’estone torna ora nell’orbita della Red Bull Bora Hansgrohe
Pajur sul podio del GP Bade. L’estone torna ora nell’orbita della Red Bull Bora Hansgrohe
Quali sono i vostri obiettivi per la prossima stagione?

Continueremo su questa strada, mettendo il risultato in second’ordine rispetto alla crescita professionale e umana dei ragazzi, a introdurli verso il ciclismo che realmente conta. Ora per noi cambia molto, siamo inquadrati in un sistema più ampio. Dobbiamo anche cercare diverse impostazioni per portare i ragazzi nella giusta direzione per capire le tattiche, per capire come muoversi al momento giusto. Tutte queste cose, come lavorare insieme come una squadra saranno il nostro target: portare gli under 19 a crescere nella nuova categoria per prepararli all’ulteriore salto fra i grandi. Ci fa sorridere quando vediamo che un giovane passato da noi diventa un professionista. Significa che abbiamo vinto qualcosa di veramente importante, non una semplice gara.

Juniores: la corsa all’oro che non fa bene ai ragazzi

10.09.2024
6 min
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TERRE DI LUNI –  La nostra presenza alla 48ª edizione del Giro della Lunigiana ci ha permesso di vedere ancor più da vicino e per più giorni il mondo degli juniores (in apertura foto Duz Image / Michele Bertoloni). Da tanto tempo questo spiraglio di ciclismo ha acquisito un’importanza sempre maggiore, diventando, a tutti gli effetti, la categoria di riferimento. Da qui i team, WorldTour e non, prendono i migliori ragazzi con l’intento di farli crescere attraverso i loro vivai. Succede però che il meccanismo porta alla ricerca costante dell’oro e, come succede con il nobile metallo, il rischio è quello di scavare sempre più a fondo. 

Paul Seixas, Lorenzo Finn i due nel 2024 hanno corso con i devo team di Bora e Decathlon AG2R
Paul Seixas, Lorenzo Finn i due nel 2024 hanno corso con i devo team di Bora e Decathlon AG2R

Tutto subito

Sono nati così dei team satellite o development anche tra gli juniores. La Bahrain Victorious ha il Cannibal Team, la Bora ha la Grenke Auto Eder e la Decathlon ha il team U19 dal quale ha tirato fuori gli ultimi due vincitori del Lunigiana: Bisiaux e Seixas. 

Alla presentazione delle squadre a Lerici, in occasione dell’inizio del Giro della Lunigiana, lo aveva sottolineato Dmitri Konychev. L’ex campione russo ha ricordato quanti ragazzi a 14 anni sembrano dover spaccare il mondo per poi fermarsi alla prima difficoltà. Con lui sul palco c’era anche Stefano Garzelli, che in Spagna ha gestito un team juniores, per poi arrivare a chiuderlo a fine 2023. 

«Per me si tratta di un movimento molto preoccupante – spiega Garzelli – perché i devo team andranno a prendere gli juniores migliori. E ora si tratta di avere 8 ragazzi, magari in futuro arriveranno a 10 e 12. L’ambizione di un ragazzino è di andare a correre lì perché pensa di essere già arrivato, pensa di essere già un campione, forse. Ma non tutti questi passeranno professionisti, magari ora sì perché i team sono pochi. Ma in futuro aumenteranno e le possibilità diventeranno sempre meno. Il rischio è che poi i ragazzi vedano come un fallimento il mancato passaggio trasformandolo in un “non sono bravo”. Saranno pronti a metabolizzare questo fatto? Credo di no, semplicemente smetteranno di correre».

Finn e Seixas ogni giorno hanno distrutto record e tempi di scalata (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)
Finn e Seixas ogni giorno hanno distrutto record e tempi di scalata (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)

Ricerca anticipata

Si fa presto a capire che la corsa è agli allievi, categoria che precede gli juniores. Ragazzini trattati come campioni o addirittura fenomeni, con bici e divise uguali a quelle del team professionistico. Una stretta cerchia di ragazzi che vivono come i grandi, ma che tali non sono. Vanno forte, lo si vede sulle strade, all’ultimo Giro della Lunigiana Lorenzo Finn e Paul Seixas hanno disintegrato ogni tempo di scalata degli anni precedenti. Ma sono pronti a vivere e subire delle pressioni che rischiano di farli arrivare stanchi del ciclismo a 18 anni?

«Ho parlato con un team manager di una squadra juniores – continua Garzelli – e già ragionava del 2026. Mi diceva che deve cercare tra gli allievi altrimenti rischia di non fare più la squadra. Se il meccanismo è questo, tra un po’ andremo a prendere gli esordienti. Il rischio è che tra 7-8 anni non avremo più una base, ma se non hai niente sotto come fai a costruire sopra?».

La preoccupazione di Garzelli, al Lunigiana per il commento tecnico, è che i ragazzi siano già al massimo delle prestazioni (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)
La preoccupazione di Garzelli, al Lunigiana per il commento tecnico, è che i ragazzi siano già al massimo delle prestazioni (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)

Accecare i ragazzi

Il problema è che un meccanismo simile porta i ragazzi a pensare che la realtà delle cose sia diversa. Uno junior vuole a tutti i costi entrare in un devo team altrimenti pensa di aver fallito. 

«In Spagna – prosegue Garzelli – in gruppo i ragazzi dicono che ormai tra gli juniores o passi in una devo o sei finito. E’ la cosa più sbagliata del mondo. E il rischio è di distruggere tutte le squadre juniores nazionali, perché alcuni ragazzi preferiscono smettere piuttosto che continuare nelle squadre “normali”. Ma non tutti hanno gli stessi tempi di crescita e in una squadra più piccola ti lasciano il tempo di maturare. I talenti, Lorenzo Finn ad esempio, la strada la trovano comunque. Noi dobbiamo lavorare sui ragazzi che hanno numeri minori con un’attività dedicata per permettergli di crescere. Chi corre nella squadra satellite di una WorldTour ha tutto: preparatore, nutrizionista, mezzi migliori. Ma quali sono i suoi margini di crescita? Molto pochi o probabilmente nessuno. Se da junior mi alleno già 26 ore, da professionista quante ne devo fare, 40?».

Dopo i grandi successi ottenuti nel 2024 è bastato un Avenir sotto tono per far vacillare la fiducia di Widar (qui a destra)
Dopo i grandi successi ottenuti nel 2024 è bastato un Avenir sotto tono per far vacillare la fiducia di Widar (qui a destra)

Saper perdere

E’ voce di queste settimane che Jarno Widar, belga del Lotto Dstny Development Team, sia in rottura con la squadra dopo la delusione del Tour de l’Avenir. Il belga, al primo anno da under 23, ha vinto in ordine: Alpes Isere Tour, Giro Next Gen e Giro della Valle d’Aosta. Un bottino che difficilmente abbiamo visto raccogliere a un ragazzo di 18 anni al primo anno della categoria. Eppure lo scricchiolio del Tour de l’Avenir sembra aver rotto il quadro e la sua cornice. E’ vero che quando si vede la torta sul tavolo la voglia è di mangiarla tutta, ma bisogna anche sapersi accontentare e mangiarne qualche fetta. 

«Se non hai margini di crescita – prosegue Garzelli – quando passi non ottieni più gli stessi risultati. Perché ora stai dando tutto e allora vai avanti, ma poi non avrai più niente da dare e il livello sarà talmente alto che per forza troverai gente che ha i tuoi stessi valori o maggiori. Per questo bisogna imparare a perdere, meglio, a gestire la non vittoria. Widar è un esempio, non ha saputo gestire la sconfitta dell’Avenir e al posto che rimboccarsi le maniche e ripartire, ha voltato le spalle alla squadra».

Mentalità vincente

I ragazzi che vediamo darsi battaglia sulle strade delle corse internazionali e non, stanno imparando a gestire la gara, a vincere, creandosi una mentalità improntata a questo. Ma cosa succede se una volta passati smettono di farlo?

«Gli atleti corrono e lo fanno con in testa la vittoria – conclude – ed è giusto che sia così. Però servono degli step. Uno junior che passa professionista e fa gruppetto per tutto il primo anno e magari anche al secondo, rischia di perdere la mentalità vincente. Markel Beloki, figlio di Joseba, è passato dagli juniores alla EF Easy Post e per tutto il 2024 non ha mai visto la testa del gruppo. La capacità di gestire determinate situazioni in corsa la perdi dopo un po’. Invece se da junior vinco, poi passo under 23 e mi metto ancora in gioco e così via, mentalmente mi mantengo sul pezzo.

«La mia preoccupazione deriva dal fatto che l’Italia non ha squadre WorldTour. Questo vuol dire che il ragazzo forte va all’estero e che la squadra straniera tuteli i suoi talenti di casa. Rischiamo di perderli. Bisogna ricordare ai ragazzi che il loro bene passa anche da chi li tutela, non solo da chi fa promesse».

Lidl-Trek, con Markel Irizar nella nascita del Devo Team

02.02.2024
6 min
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E’ stato l’arrivo di Lidl accanto a Trek a cambiare le possibilità, consentendo al team di Luca Guercilena di aprire il Devo Team. Da quel giorno, racconta Markel Irizar che ne è il responsabile, anche la squadra americana è diventata appetibile per i giovani in rampa di lancio. E forse proprio l’arrivo di Albert Withen Philipsen, il talento più limpido e polivalente del momento, ha segnato la svolta rispetto allo strapotere di altri gruppi.

Irizar ha 43 anni, è stato professionista dal 2004 al 2019 e gli ultimi sei anni li ha fatti proprio nel gruppo Trek. Quando ha smesso è diventato subito uno degli osservatori del settore giovanile. Ci sono le sue foto in ogni grande evento, accanto a tutti i talenti migliori poi approdati nel team americano. Così, al momento di lanciare il Devo Team, la scelta è stata naturale.

E’ davvero così necessario avere un team di sviluppo?

E’ il solo modo per prendere gli juniores migliori, che altrimenti preferivano altre realtà. Prima avevamo delle squadre in vari Paesi europei in cui potevamo farli correre, ma non era la stessa cosa. Il mondo è cambiato. Gli juniores vanno dritti nel WorldTour, per questo abbiamo iniziato il nuovo corso.

In che modo avete strutturato l’attività? 

Abbiamo 85 giorni di corsa: 40 li faranno con noi, gli altri con le rispettive nazionali e con la squadra WorldTour. Essendo una Devo, il Tour de l’Avenir, il mondiale e gli europei sono passaggi molto importanti, per cui i programmi dei singoli sono stati stilati in accordo con le federazioni. Ma anche quando sono in trasferta con loro, il nostro appoggio non manca.

In che forma?

Seguirò il Tour de l’Avenir, portando anche un meccanico e il materiale che serve. L’idea è di dare supporto ai nostri atleti. Non tutte le nazionali hanno alle spalle strutture top e non è giusto che il rendimento del singolo sia penalizzato da differenze tecniche.

Jacob Soderqvist, danese di 20 anni, nel 2023 ha vinto il Flanders Tomorrow Tour (@steelcitymedia)
Jacob Soderqvist, danese di 20 anni, nel 2023 ha vinto il Flanders Tomorrow Tour (@steelcitymedia)
Avete già cominciato, giusto?

Sì, con Valencia Castellon e Mallorca. Poi faremo Haut Var, il Giro d’Austria e quello della Repubblica Ceka. Non siamo una squadra di dilettanti, ma una via di mezzo rispetto a una WorldTour. Per ora siamo focalizzati sul gruppo dei velocisti, puntando a classiche e gare pianeggianti. Il programma di primavera ha il piatto forte nella Roubaix. In ogni caso, l’80 per cento del calendario è composto da corse a tappe. Facciamo un controllo attento delle ore di allenamento, soprattutto con i più giovani. E il lavoro nelle corse a tappe fa crescere il motore più di tutto il resto. E soprattutto sono un vantaggio anche a livello logistico.

In che senso?

Abbiamo il magazzino a Gand e per fare una corsa di un giorno in Italia, ad esempio, si tratta di fare 1.000 chilometri e per lo staff diventa molto impegnativo. Se invece ci muoviamo per più giorni, le cose hanno più senso e si ottimizzano anche i costi.

Philipsen, prossimo arrivo, lo scorso anno ha vinto mondiale ed europeo juniores di MTB, mondiale su strada ed europeo della crono
Philipsen, prossimo arrivo, lo scorso anno ha vinto mondiale ed europeo juniores di MTB, mondiale su strada ed europeo della crono
E’ cambiata la disposizione di manager e corridori verso di voi da quando c’è il Devo Team?

E’ cambiata per due aspetti. Il primo è che adesso possiamo garantire un programma specifico. Il secondo è che di colpo sono loro a cercarci. Lo stile e il modo di lavorare di Luca Guercilena apre tante porte. Il contatto con i manager è diventato più facile grazie all’ottima reputazione di questa squadra.

L’arrivo di Philipsen si può leggere alla luce di questo cambiamento?

Philipsen anche per il prossimo anno avrà la licenza da specialista. Il punto di snodo è stato il suo buon rapporto con Mads Pedersen (anche lui danese e alla Lidl-Trek, ndr). In più mettiamoci che Philipsen fa cross e mountain bike e avere uno sponsor tecnico che fa bici per entrambe le specialità ha inciso parecchio. Sarà ai mondiali di Tabor e sa che ci saremo anche noi. Questo diventa attrattivo per chi fa più discipline.

Come cambia il tuo ruolo: continuerai a fare lo scout o rallenterai un po’?

Continuo a seguire tutto. Farò qualche gara in ammiraglia con la WorldTour, coordino il Devo Team, ma per la maggior parte del tempo farò lo scout, soprattutto nelle gare juniores, perché il processo di sviluppo si è accelerato tantissimo.

Mondiali crono U23 2021 di Bruges, Baroncini con Irizar e De Kort prima di passare nell’allora Trek-Segafredo
Mondiali crono U23 2021 di Bruges, Baroncini con Irizar e De Kort prima di passare nell’allora Trek-Segafredo
Avete fatto gli stessi ritiri della WorldTour?

Ci siamo visti a novembre per bike fit e per l’abbigliamento. A dicembre e gennaio, tutti insieme fra Calpe e Denia: tutte le squadre Lidl-Trek hanno lo stesso setup al 100 per cento. Per febbraio ci troveremo in un appartamento a Girona e faremo due piccoli ritiri. Stessa cosa prima dell’Avenir, quando li porteremo ad Andorra con i pro’ che preparano la Vuelta.

Nei giorni scorsi si parlava della crescita come conseguenza degli allenamenti con la WorldTour: accade anche da voi?

Crescono tantissimo nel confronto. Soprattutto quando ci alleniamo tipo gara e ne escono con tanta fiducia in più. Un giorno in ritiro, Mads Pedersen ha voluto radunarli e parlarci. Non so cosa abbia detto, ma alla fine del ritiro li abbiamo trovati cresciuti nelle performance e nella consapevolezza.

Lo scopo è crescere o andare forte subito?

E’ più importante che crescano per approdare nel WorldTour, ma per arrivarci devi andare forte. Abbiamo un approccio semplice, vogliamo aiutarli perché crescano globalmente. Lidl, Trek e Santini sono tre aziende familiari. E siccome siamo anche noi ambassador delle aziende che ci sostengono, vogliamo portare la loro filosofia anche nel Devo Team. In più avere un manager speciale come Luca Guercilena rende tutto più facile.

Matteo Milan, fratello di Jonathan, è arrivato alla Lidl-Trek quest’anno dopo aver corso al CTFriuli (foto LidlTrek)
Matteo Milan, fratello di Jonathan, è arrivato alla Lidl-Trek quest’anno dopo aver corso al CTFriuli (foto LidlTrek)
Ultima domanda: cosa ti pare finora di Matteo Milan?

E’ più forte di quello che la gente pensi. Dai test che abbiamo fatto, ha un motore impressionante, ma può e deve crescere ancora. Il passaggio a una squadra internazionale lo ha aiutato in questa direzione. Ovvio che la presenza di suo fratello lo abbia aiutato ad arrivare, però Matteo ha valori molto buoni. Nel 2023 non ha avuto un anno facile, ma si sta ritrovando. Ripeto: farà più di quello che la gente pensa di lui.