EDITORIALE / Juniores con la valigia nel meridione d’Europa

20.11.2023
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«Si è sempre meridionali di qualcuno»: lo disse Luciano De Crescenzo in Così Parlò Bellavista, commedia italiana del 1984. Dal prossimo anno, juniores italiani andranno a correre all’estero e la scelta non è passata inosservata. Anche perché quella che inizialmente poteva sembrare una forzatura, è stata da poco autorizzata dalla Federazione ciclistica italiana. Nel Consiglio federale dell’11 novembre si è infatti reso possibile il tesseramento per società affiliate a Federazioni extra nazionali (in alto la Auto Eder, team U19 della Bora Hansgrohe, in una foto presa da Facebook), a patto che partecipino a un determinato numero di gare regionali.

Suscita clamore già da un paio di stagioni il fatto che emigrino gli under 23 di primo anno, attirati dai Devo Team delle WorldTour del Nord Europa. Ora che se ne vanno i piccoli, il primo istinto è l’indignazione. Un sentimento condivisibile. Partire significa spesso crescere più in fretta, ma non è detto che funzioni per tutti. Il rischio è tornare sconfitti, avendo perso del tempo. Per questo ci aspetteremmo una reazione anche più energica davanti alle cause che li spingono fuori dall’Italia. Perché questi ragazzi effettivamente partono?

Coppa d'Oro 2021
Dal prossimo anno, i migliori allievi potranno correre da juniores anche all’estero (foto Coppa d’Oro)
Coppa d'Oro 2021
Dal prossimo anno, i migliori allievi potranno correre da juniores anche all’estero (foto Coppa d’Oro)

Siamo tutti siciliani

Di certo perché ci sono agenti che glielo propongono e che negli ultimi anni – fra giovani e donne – hanno triplicato il bacino di utenza. I corridori parlano delle poche corse a tappe nel calendario nazionale (nel 2024 ce ne saranno due nuove). Del tipo di attività. Di squadre dedite al risultato e poco alla formazione. Vero o no che sia (sbagliato fare di tutta l’erba un fascio), sarebbe davvero utile parlare delle cause e non limitarsi a perdere la voce di fronte al fatto compiuto. Non è singolare però che nessuno abbia mai detto nulla quando a partire da juniores erano ragazzini siciliani come Visconti o Nibali? Oppure stranieri come i fratelli Vacek, arrivati in Italia da allievi? Forse per averne narrato la storia in un recente libro, il percorso di Visconti continua a sembrarci emblematico di cosa significhi per un ragazzo di 16 anni lasciare casa.

«La necessità di partire – ha detto anche di recente il palermitano – a un certo punto si è fatta impellente, perché giù non c’era più il calendario necessario per emergere. Ho cominciato a viaggiare da allievo. Da un certo punto in poi la mia vita è cambiata. Se non mi fosse piaciuta, probabilmente avrei smesso e non sarei durato troppo a lungo. Però era anche il tipo di vita che faceva la selezione fra i tanti che provarono insieme a me. Perché alla fine, di quei tanti sono rimasto solo io».

E così i siciliani partivano, lasciando gli affetti sull’Isola, anche loro in cerca di squadre migliori e gare più attendibili. Non tutti però sono diventati Nibali e Visconti, l’esperienza di Sciortino lo ha appena confermato. La risposta negli anni è sempre stata debole. Nessun presidente federale degli ultimi 30 anni – da Carlesso a Ceruti, da Di Rocco fino ai giorni nostri – può dire di averci provato seriamente. Il blocco dei siciliani ad opera del Comitato regionale agli inizi degli anni 90. Il Progetto Sud. Il balletto delle affiliazioni plurime, concesse e poi ritirate. I vincoli regionali. E tutto quell’universo di rimedi che hanno coperto per anni la scarsa intenzione di mettere mano al problema.

Forse lo si riteneva normale. Non si è sempre dato per scontato che per trovare lavoro si debba lasciare il Sud e trasferirsi al Nord? Giù non ci sono soldi, d’altra parte, su ci sono le fabbriche. E se invece i soldi finiscono anche al Nord? Succede che anche quelli di su scoprono (in parte) cosa significhi essere siciliani e veder partire i propri figli. Siamo il Meridione d’Europa, lo siamo anche geograficamente. E tutto sommato da una qualsiasi regione del Nord Italia si fa molto prima a raggiungere Raubing, sede della Bora-Hansgrohe, di quanto impieghi un palermitano per raggiungere Pistoia (il viaggio di Visconti).

Nibali da junior, Visconti già da allievo: essere ciclisti al Sud ha sempre comportato la necessità di lasciare presto casa
Nibali da junior, Visconti già da allievo: essere ciclisti al Sud ha sempre comportato la necessità di lasciare presto casa

Ragazzini con la valigia

Lo stesso inaridimento del Mezzogiorno si è prima esteso al Centro e ora sta attaccando il Nord. E la risposta, di fronte al calo dei tesserati, alla difficoltà di trovare squadra da juniores e poi da U23, alla ricerca di un’attività più qualificata, è stata gestire gli effetti senza andare alle cause. Invece di dare il via libera, che in caso di minorenni non è legato al diritto al lavoro, perché non riqualificare l’attività nazionale?

In verità non ci sembra affatto insolito che atleti di 17 anni mettano i sogni nella valigia e li portino dove vedono o credono di vedere una migliore prospettiva per il futuro. Come ai tempi di Visconti. Quello che troviamo disarmante è anche che il fenomeno non sia stato inquadrato a livello internazionale. Ognuno fa quel che gli pare: tanti partono, tanti tornano, qualcuno riesce, tanti smettono.

Alessio Delle Vedove è passato U23 con la Circus-ReUz, pagando da sé il proprio punteggio (foto DirectVelo)
Alessio Delle Vedove è passato U23 con la Circus-ReUz, pagando da sé il proprio punteggio (foto DirectVelo)

Tutti alle urne

Dopo le Olimpiadi si andrà nuovamente al voto e nei programmi elettorali dei vari candidati leggeremo di nuovo le proposte per il Sud e magari anche per l’attività giovanile.

Chi è chiamato al voto legga attentamente quei programmi e poi torni a leggere quelli delle ultime volte. Quindi verifichi quanto di ciò che è stato promesso sia stato effettivamente attuato. E a quel punto voti. Sarebbe curioso, in questa Italia che cerca il cambiamento ma poco fa per cambiare, vedere che cosa succederebbe se la base per una volta votasse con la testa anziché sulla base delle promesse che presto ricominceranno a piovere.