MILANO – Il Giro d’Onore della Federazione ciclistica italiana diventa la celebrazione del quadriennio appena concluso. La sede è istituzionale come più non si potrebbe: l’Auditorium Testori presso la sede della Regione Lombardia, nella Piazza Città di Lombardia in cui per le Feste è stata montata una pista di pattinaggio su ghiaccio che ribolle di ragazze e ragazzi.
«Il Giro d’Onore – dice Dagnoni dal palco – è l’evento ormai imperdibile per tutti gli atleti, i tecnici e tutti i nostri operatori. Ma anche per tutti gli appassionati che possono vedere proprio in questa occasione il meglio del nostro ciclismo. Direi che vedere atleti, atlete, tecnici tutti orgogliosi di poter celebrare, festeggiare i successi di un’annata fantastica come questa è anche per me motivo di grande orgoglio. Il 2024 è stato un anno fantastico perché chiude un quadriennio, ma è stato anche un anno olimpico. Un anno che ci ha regalato grandi soddisfazioni sia alle Olimpiadi che alle Paralimpiadi. E’ un 2024 che con queste 105 medaglie fa chiudere un quadriennio a 454 medaglie, che è un risultato importante. E’ il 60 per cento del quadriennio precedente che già era stato un buon anno. Mi dicono spesso che sono un presidente fortunato, però io la prendo anche volentieri: forse tra un bravo presidente e uno fortunato rende di più quello fortunato».
Il presidente della Federazione è rimasto sul palco per tutto il tempo, raccontando, premiando, ridendo. Nella platea dell’Auditorium si ripete il consueto sfarzo di grandi campioni: le assenze giustificate sono quelle degli atleti ancora impegnati nelle gare del cross e nei ritiri con i rispettivi team. A Vittoria Guazzini viene consegnato il Collare d’Oro del CONI per la madison olimpica in coppia con Chiara Consonni. La toscana infatti era ancora in ritiro con la FDJ Suez quando a Roma si è svolta la prestigiosa cerimonia.
Amico Malagò
Prima della festa, nella sala stampa all’undicesimo piano, il presidente della Federazione Dagnoni ha raccontato i suoi numeri e fatto il punto della gestione. Al suo fianco Federica Picchi, il Sottosegretario regionale con delega alla Sport e Giovani, e Giovanni Malagò, presidente del CONI.
La conta delle medaglie è stata, come prevedibile e come probabilmente avrebbero fatto tutti, il punto d’avvio del discorso. I numeri sono notevoli, il ciclismo è una fucina di titoli. Il 10 per cento delle medaglie di Parigi 2024 è venuto dai nostri ragazzi e il siparietto fra i due presidenti è probabilmente qualcosa di già visto, ma se qualcuno non vi ha mai assistito, lascia il segno. Colpisce anche la battuta del presidente federale lombardo, nella sede lombarda che parlando col massimo dirigente dello sport nazionale fa la battuta che alle prossime elezioni sarebbe un peccato non vincesse un candidato lombardo, essendo lui il solo. Malagò che ride avallandolo fa uno strano effetto. Avrebbe potuto opporre le mani e dire: chiunque vincerà avrà il nostro appoggio e sarà l’espressione della base. Invece, coinvolto dal clima di festa e battute, si presta non si sa quanto inconsapevolmente allo spot elettorale.
«Qualità delle medaglie – ha chiosato Malagò – la loro percentuale, anche rispetto al record di quelle vinte non solo alle Olimpiadi. Però il ciclismo al di là di tutto è la storia del Paese e questo è qualcosa che onestamente non gli toglierà nessuno. E soprattutto continua ad esserlo e secondo me lo sarà per sempre».
Conti che scottano
L’attività di vertice ha raggiunto livelli di assoluta eccellenza. La struttura costruita da Amadio e intorno ad Amadio gira come una squadra WorldTour. I cospicui investimenti e l’applicazione del Team Performance di Diego Bragato a tutte le discipline sta facendo rinascere il gruppo della velocità su pista, ha dato un bel boost alla mountain bike, al paraciclismo e al ciclocross. La selezione dei talenti dal basso porta nel giro della nazionale i talenti più dotati ed è innegabile che l’attività juniores riorganizzata da Dino Salvoldi negli ultimi tre anni abbia portato a un deciso cambio di passo.
Dagnoni sa quali insidie potrebbero celarsi sul suo cammino e tira fuori per primo la questione della perdita nel bilancio 2023: dati resi ufficiali due settimane fa, con un ritardo a dir poco insolito. Il patrimonio netto federale è passato dai 6.386.155,48 euro del 2021, ai 5.518.764,57 del 2022 per scendere ai 4.415.701,78 di fine 2023. Il presidente se la gioca da politico e spiega la perdita di esercizio di 3.106.062 con una semplicità disarmante, che per certi versi è anche vera.
Il tesoretto del 2020
La Federazione si è ritrovata con un tesoretto in mano alla fine del 2020, quando il Covid ha impedito lo svolgersi di tanta attività, ma non il rilascio dei finanziamenti pubblici. Avendo soldi da spendere, perché non usarli?
Sui conti del 2024, Dagnoni fa sapere che il bilancio si chiuderà con un lieve utile: dato su cui sapremo qualcosa semmai alla fine del prossimo anno. Ma la domanda è un’altra: ora che quel tesoretto non c’è più, come faremo a preparare le prossime Olimpiadi?
Viene in soccorso Infront. Il contratto firmato per i prossimi sei anni dovrebbe garantire 10 milioni l’anno a favore della Federazione. Il capitolo bilancio si è chiuso con toni accigliati e il senso di aver sfilato un’arma dalle mani dei rivali alle prossime elezioni.
La difesa che manca
Una conferenza stampa come questa non può bastare per raccontare quattro anni vissuti su scossoni per certi versi inediti, né la platea dei colleghi appare più di tanto agguerrita. Del resto la presenza del massimo vertice del CONI e la benedizione della Regione Lombardia fa pensare che si tratti piuttosto di una celebrazione. E quel po’ di cenere che Dagnoni si sparge sul capo è stata gestita con sapienza. Restano i dubbi sull’attività federale sui territori. Ma anche in questo caso, il tema viene affrontato e liquidato snocciolando numeri e con una piccola e bonaria autocritica.
Vengono dati nuovamente dei numeri. Un milione di euro per i comitati regionali, in base ai progetti presentati. Circa due milioni di sconti per il dimezzamento dei costi di affiliazione. Circa mezzo milione per facilitare l’organizzazione di gare nel 2023. Una convenzione con Anas che ha permesso di organizzare 126 gare in più. 700 mila euro per l’attività dei centri della pista. Valore della produzione aumentato del 10 per cento rispetto al quadriennio precedente, la raccolta sponsor del 50 per cento, mentre l’incidenza dell’attività sul bilancio federale è del 70 per cento.
La bonaria autocritica riguarda una mancanza: abbiamo dato soldi in base ai progetti, ma non abbiamo verificato che poi siano stati affidati alle società. Come dire: la distanza siderale che le società percepiscono rispetto a Roma non dipende da Roma, semmai dai comitati provinciali e quelli regionali.
La deriva inarrestabile
Restano sul tappeto i dubbi sull’effettiva parità fra uomini e donne. Sulle squadre under 23 che chiudono i battenti. Sulla tendenza degli juniores di andare all’estero nei devo team del WorldTour. E soprattutto un senso di impotenza di fronte alle stesse questioni. Il mondo è cambiato. Nessuno può impedire questa deriva. Non ci sono rimedi possibili. A gestire il ciclismo giovanile italiano, almeno per ciò che esula dall’attività federale, sono i procuratori che distribuiscono talenti per il mondo. Quanti tornano indietro, sconfitti a vent’anni, vengono definiti non idonei per fare i corridori.
E noi che probabilmente veniamo davvero da un’altra epoca, pensiamo certamente che il mondo sia cambiato, ma che sarebbe anche il caso di tentare una difesa prima di alzare le braccia nel segno della resa. A 18 anni non si è maturi per un simile salto, non bastano i watt. Siamo sicuri di questo passo che fra dieci anni ci saranno ancora juniores da lanciare sul tetto del mondo?
Quattro Ct in meno
Lasciamo la chiusa a Elia Viviani, l’uomo delle medaglie nelle ultime tre Olimpiadi. Colui che a partire dal 2019 ha sacrificato alla pista la sua carriera su strada e sta ancora cercando una sistemazione per l’ultimo anno di una carriera eccezionale.
«Io penso che il ciclismo, come tutti gli sport – dice dal palco il veronese – stia andando in una direzione dove i giovani sono importantissimi. La Federazione sa che dalla categoria juniores a quella under 23 si decide il futuro di una persona, oltre che dell’atleta. Io spero solo che possiamo essere di esempio e sono certo che continueremo ad esserlo, perché i ragazzi sono ancora super motivati. Mancano quattro anni da qui a Los Angeles, ma alla fine volano sempre. E spero che il gruppo che ha lavorato fino a Parigi venga preso da esempio. Gli ultimi anni sono stati la dimostrazione che si può fare la multidisciplina e raggiungere grandi risultati. Arriviamo da tre cicli olimpici di grandi soddisfazioni e per questo l’asticella è sempre più alta. Sarà compito della Federazione e dei tecnici preparati, perché gli atleti avranno sempre voglia di fare bene».
Annotiamo però, andando via da Milano, che il gruppo dei tecnici dell’ultimo quadriennio si è assottigliato. A causa di scelte personali, bocciature dal Consiglio federale e scelte federali, i settori della pista paralimpica, della BMX, della strada uomini e donne sono scoperti. Da gennaio non ci saranno più Perusini, Lupi, Bennati (in più di un’intervista il presidente della Federazione ha detto che se sarà rieletto, tornerà a confrontarsi con il toscano, che sarà confermato se si lavorerà in continuità) e Sangalli. Ieri mattina, prima del Giro d’Onore è svolta una riunione dei commissari tecnici confermati per darsi i saluti di fine anno e impostare i primi appuntamenti del 2025, fra Coppe del mondo e mondiale di cross e gli europei su pista di febbraio.