watt, potenziometro, Garmin

Watt. Come usa realmente il potenziometro uno sprinter?

23.10.2025
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Sappiamo, e lo vediamo sempre con maggior frequenza, che questo è il ciclismo dei numeri. Al netto degli attacchi folli e suggestivi di Tadej Pogacar, tutto è misurato: dalle calorie spese all’energia impressa sui pedali, dalla durata degli attacchi ai lavori in allenamento. Soprattutto i famosi watt vengono monitorati dagli atleti e dai preparatori (in apertura foto Garmin).

Ma poi al fianco di tutto questo c’è il concreto. E questo concreto è: come, cosa, quanto e quando i corridori guardano i watt. Ne abbiamo parlato con tre atleti dalle caratteristiche differenti che vi proporremo in tre puntate. Ad aprire le danze è Andrea Pasqualon, il velocista. Seguiranno un passista e uno scalatore.

In più, cosa molto curiosa e interessante, abbiamo chiesto loro se a fine stagione ci sono differenze nell’uso dello strumento e soprattutto quel che esso rivela. E la cosa a quanto pare non segue una regola, ma è del tutto soggettiva. Iniziamo dunque con Pasqualon. Lo sprinter ha certamente esigenze diverse rispetto a uno scalatore e con l’atleta della Bahrain-Victorious si entra subito nel merito.

Andrea Pasqualon, watt
Pasqualon ormai difficilmente fa uno sprint, ma di certo è un ottimo apripista
Andrea Pasqualon, watt
Pasqualon ormai difficilmente fa uno sprint, ma di certo è un ottimo apripista
Andrea, quanto utilizzi realmente il potenziometro in corsa?

Alla fine non troppo. Dipende dal tipo di corridore. Ci sono squadre come UAE Team Emirates, Ineos Grenadiers che puntano alle classifiche generali, che lo utilizzano molto, soprattutto in salita, perché impostano il corridore a fare un determinato lavoro ad una determinata intensità di watt per sfiancare gli avversari. Siamo in un mondo dove conta tantissimo guardare i numeri. Anche Pogacar imposta la squadra dicendo ai compagni: «Il tuo lavoro è questo, mettiti ad una determinata cadenza e soprattutto una determinata potenza per un tot minuti».

Questo per fare la grossa selezione…

Certo, ma poi il corridore lo utilizza anche per stabilire il proprio passo: se e quanto lo può tenere. Esempio: ho di fronte una salita di 10 minuti, so che se la faccio a 430 watt ci posso stare per quel determinato tempo, altrimenti non ce la faccio e salto prima.

E voi sprinter?

Noi lo utilizziamo più che altro per guardare i file post-gara per capire anche un po’ le sensazioni. Per valutare com’è stato magari un picco in volata o una “trenata” fatta magari in un determinato punto della corsa.

Durante la preparazione dello sprint anche se lo sforo è massimale non si guarda il potenziometro
Durante la preparazione dello sprint anche se lo sforo è massimale non si guarda il potenziometro
Tappa piatta, o comunque veloce, dove si sa che si arriverà in volata e che dovrai fare la volata o “l’ultimo uomo”? Come ti gestisci durante quella frazione?

Di base potrei dire che non lo guardo assolutamente. Non c’è il tempo di stare là a osservare i numeri. Si è talmente concentrati nella volata o comunque nel prendere le traiettorie giuste, nel riuscire a trovare il momento giusto per partire, che il computerino non lo guardi. O almeno non in quel senso.

E come lo guardi?

Osservi solamente la mappa della strada per capire se c’è una curva a destra, una curva a sinistra, per capire il momento in cui rimontare il gruppo. Potenziometro e watt sono molto più utilizzati da altre tipologie di corridori.

Anche in una tappa in salita? Magari se fai gruppetto?

Qualche volta si dà un’occhiata, più che altro ai fini del risparmio energetico per salvare la gamba in vista dei giorni successivi. A volte sei in gruppetto, c’è l’ultima salita e devi arrivare entro il tempo massimo. Se sei stretto coi tempi, spingi forte e dai un’occhiata per salire al meglio senza saltare; altrimenti continui a risparmiare il più possibile.

Siamo nel finale di stagione: i wattaggi sono un po’ calati oppure al contrario sei arrivato fresco? E soprattutto cambia il tuo approccio verso lo strumento?

No, l’approccio è sempre quello. A me i watt quest’anno sono aumentati assolutamente: anzi ho fatto i miei migliori cinque minuti proprio domenica scorsa in Cina al Guangxi. Sono rimasto fuori per cinque mesi dalle corse quest’anno e questo implica anche una freschezza mentale, ma anche fisica.

Lo sprinter utilizza forse meno di tutti il potenziometro. E vi fa riferimento soprattutto per i lavori intensi
Lo sprinter utilizza forse meno di tutti il potenziometro. E vi fa riferimento soprattutto per i lavori intensi
Invece quando fai la distanza in allenamento, magari vai regolare e tranquillo: ti capita che ogni tanto gli butti l’occhio perché sennò finisci sotto wattaggio. Ti capita insomma di essere un po’ distratto?

No, ormai un corridore che ha 15 anni di professionismo sa qual è il suo limite. Sa quanto riesce a spingere, conosce più o meno quali sono i watt medi da portare a casa durante una giornata di allenamento e sa soprattutto a che intensità può fare determinati lavori. A noi sprinter monitorare i watt serve soprattutto per lavorare con precisione, soprattutto sui lavori intensi tipo 30”-30”, 40”-20”.

E in salita?

Certo, anche per le salite anche da 15-20 minuti o più. Insomma, si guarda più che altro la potenza media da utilizzare in modo da non far degli sforzi superiori a quanto impostato. Il lavoro oggi si fa con maggior precisione. Anche per questo negli ultimi anni si è vista questa grande evoluzione e questo grande cambiamento nel modo di correre e non solo.

Cos’altro?

Oggi molti corridori si allenano da soli e non più in compagnia. Non si va più fuori come magari si faceva dieci anni fa, quando si faceva la distanza tutti insieme. Vedevi 7-8 corridori andare via regolari. Ormai ognuno ha le sue abitudini, ha i suoi regimi di lavoro. Ognuno tiene i propri regimi di lavoro.

Pasqualon, cominciati i doppi turni fra Tiberi e Mohoric

19.03.2025
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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Mentre Antonio Tiberi è sul podio finale della Tirreno-Adriatico e squadra Ayuso, pensando probabilmente alla rivincita da prendersi al Giro, Andrea Pasqualon è sulla strada che fa il punto con se stesso. Ancora una volta il suo lavoro lo ha visto al fianco del giovane capitano, facendo l’impossibile per tenerlo davanti. Anche pilotandolo nell’impresa impossibile di contrastare Ganna nella volata al traguardo volante, grazie alla quale Pippo si è preso il secondo posto nella generale.

«Alla fine abbiamo centrato l’obiettivo di portare Antonio sul podio – dice Pasqualon – siamo un po’ rammaricati per il secondo posto sfumato, però con un Ganna così era difficile mantenerlo. Pippo si è rivelato molto forte in salita e anche allo sprint, perché ne ha fatto uno fenomenale al traguardo volante. Abbiamo provato a contrastarlo come team, abbiamo lavorato bene, abbiamo portato anche Antonio a sprintare. Speravamo che facesse secondo, ma purtroppo c’era anche di mezzo anche la maglia a punti di Milan e quindi Jonny ha fatto secondo».

Tirreno, tappa finale di San Benedetto del Tronto: a ruota di Ganna, Pasqualon prepara lo sprint di Tiberi
Tirreno, tappa finale di San Benedetto del Tronto: a ruota di Ganna, Pasqualon prepara lo sprint di Tiberi
Siete passati dall’essere secondi per un secondo ad aver perso il piazzamento ugualmente per un secondo…

Però il podio è venuto, quindi l’obiettivo è raggiunto. Il team è contento e anche io sono soddisfatto. Scortare Antonio è sempre un piacere, perché pur essendo un campione, è un ragazzo molto umile e genuino. Merita davvero di avere compagni di squadra leali e che lo aiutino per raggiungere il suo obiettivo che poi è l’obiettivo di tutti.

La Tirreno è stata un passo verso il Giro?

Un banco di prova. Il modo di lavorare che avete visto sarà quello che adotteremo anche al Giro d’Italia. E io personalmente sono soddisfatto della mia condizione, in crescita in vista della Sanremo e soprattutto delle classiche del Nord. Dovevo portare a casa una gamba buona e sono felice di esserci riuscito. Così ora potrò aiutare Matej (Mohoric, ndr) nella stagione delle classiche che sta per cominciare.

Diciamo che il tuo ruolo non conosce soste: con TIberi per la classifica, con Mohoric per le classiche…

Sicuramente avrò qualche spazio, però alla fine rimango in ballo tutto l’anno. Corro tantissimo, però mi piace essere al fianco di capitani come Mohoric e Tiberi, dato che farò il loro stesso programma.

La Sanremo lancia la stagione delle classiche: qui Pasqualon al GP E3 di Harelbeke nel 2024
La Sanremo lancia la stagione delle classiche: qui Pasqualon al GP E3 di Harelbeke nel 2024
Come fai?

C’è un solo modo e cioè andare forte tutto l’anno. Quindi non potrò avere tanti picchi di forma, ma dovrò essere costante e performante sino in fondo.

Sono anche due leader diversi, come si fa per stargli accanto?

Matej è abbastanza calcolatore, Antonio invece no, segue di più le sensazioni. E’ un po’ più pazzerello, però mi piacciono entrambi. Diciamo che uno è già un corridore esperto, l’altro invece va educato

Una risata, gli occhiali di nuovo sul volto e poi si avvia in direzione del pullman prima di tornare a casa. Mancano pochi giorni alla Sanremo, da sabato la stagione delle classiche entrerà nel vivo. Ci sarà da sgomitare, pedalare e stringere i denti. E quando si avrà la sensazione che la fatica sia finita, sarà tempo di tirare il fiato e tuffarsi nella grande avventura del Giro d’Italia. Forse per questo una volta li chiamavano i forzati del pedale?

Pasqualon e il piccolo cambio di rotta del 2025: per lui Giro e Vuelta

30.12.2024
5 min
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A quasi 37 anni, visto che li compirà il 2 gennaio, Andrea Pasqualon vede cambiare la sua programmazione in vista del 2025. Per il veneto di Bassano del Grappa ci saranno due Grandi Giri la prossima stagione: Giro d’Italia e Vuelta Espana. E’ la prima volta in carriera, dopo quasi quindici anni di carriera. Una novità non da poco, ma d’altronde gli impegni del team sono cambiati e le corse a tappe sono diventate fondamentali vista la crescita esponenziale di Antonio Tiberi.

Pasqualon da anni è diventato un punto di riferimento per i giovani ciclisti della Bahrain Victorious (in apertura foto Charly Lopez). Aveva iniziato con Jonathan Milan ed è passato a Tiberi, Zambanini e Buratti

«La cosa importante – spiega Pasqualon – è che la stagione sia iniziata bene, senza acciacchi o stop. Il calendario nella prima parte non sarà tanto diverso, partirò dall’AlUla Tour e poi andrò in Belgio a dare una mano a Mohoric. Cambia che farò sia il Giro che la Vuelta accanto a Tiberi. Sono al suo fianco da quando è arrivato e ci troviamo bene insieme. Tanto che lui ha chiesto espressamente di avermi in squadra nei due Grandi Giri che dovrebbe correre nel 2025».

Per Pasqualon nel 2025 ci sarà l’ennesima campagna del Nord, ormai un appuntamento fisso (foto Charly Lopez)
Per Pasqualon nel 2025 ci sarà l’ennesima campagna del Nord, ormai un appuntamento fisso (foto Charly Lopez)

Poche pause

Il motore si scalderà nel deserto saudita con una breve gara a tappe, poi si chiuderanno le valige per andare alle Classiche e semiclassiche del Nord. Il pavé è amico del veneto che, da quando era in Wanty, poi diventata Intermarché, non ha saltato nemmeno una campagna in Belgio. 

«Nella preparazione non ho cambiato tanto – prosegue Pasqualon – anche se qualcosa di diverso c’è. Quest’anno abbiamo deciso di essere più esplosivi e potenti nel periodo delle Classiche, quindi non guarderò troppo al peso. Nel ciclismo di ora i corridori del pavé hanno una potenza strepitosa, di conseguenza ho aumentato i carichi in palestra per avere maggiore potenza muscolare. E’ una cosa che mi verrà utile anche per le volate visto che al Giro dovrei affiancare Govekar (giovane velocista sloveno, ndr)».

Nel 2025 Pasqualon correrà per la prima volta due grandi corse a tappe: Giro d’Italia e Vuelta Espana
Nel 2025 Pasqualon correrà per la prima volta due grandi corse a tappe: Giro d’Italia e Vuelta Espana
Dopo le gare al Nord una piccola pausa e si andrà diretti verso il Giro?

Di pause ce ne saranno poche (scherza Pasqualon, ndr) perché dall’ultima gara in Belgio all’inizio della Corsa Rosa passa un mese. Quindi ci sarà una settimana di recupero e poi dritti ad Andorra a preparare il Giro. Nel Principato ho una casa e mi piace andare lì a fare i ritiri. 

Al Giro con Tiberi avrete gli occhi puntati addosso…

Dopo il 2023 un po’ tribolato direi che l’anno dopo ha risposto bene. Forse non si aspettava nemmeno lui di andare così forte, invece ha portato a casa una top 5 e la maglia bianca. Chissà se non avesse bucato a Oropa, per me sarebbe arrivato tra i primi tre. Nel 2025 al Giro partiremo per vincere, per fare il massimo insomma. Credo che la miglior risposta di Tiberi alla Corsa Rosa dello scorso anno sia arrivata alla terza settimana, ha dimostrato di essere un “cagnaccio”. Uno che non molla. 

Parlando degli altri giovani, con i quali hai un bellissimo rapporto, c’è stato anche l’exploit di Zambanini.

Credo sia stato la rivelazione del 2024. E’ un ragazzo molto forte con un grande motore. Non ha ancora vinto, ma ci è andato vicino parecchie volte. Credo sia pronto per il salto definitivo, per sbloccarsi e una vittoria da questo punto di vista gli farebbe proprio bene. 

Pasqualon è un punto di riferimento per i giovani della Bahrain Victorious, qui con Buratti (foto Charly Lopez)
Pasqualon è un punto di riferimento per i giovani della Bahrain Victorious, qui con Buratti (foto Charly Lopez)
Il legame che hai con i giovani è davvero profondo, come trovi la chiave giusta?

A quasi 37 anni mi trovo a contatto con nuove generazioni e corridori tanto giovani. Pensare che Zak Erzen è il più piccolo e ha 19 anni mi fa sorridere, sembra mio figlio (dice divertito, ndr). Il fatto di legare bene con loro arriva da quando mi sono trasferito dalla Intermarché alla Bahrain. Già dall’altra parte mi ero trovato a contatto con i giovani, ricordo di aver affiancato un emergente Girmay. Poi quando sono arrivato alla Bahrain Victorious mi sono messo accanto a Milan e poi a Tiberi, Zambanini e Govekar.

E come trovi il modo di comunicare?

Parlandoci molto. Umanamente cerco di instaurare un rapporto di amicizia. Con gli italiani è un pochino più semplice, quando siamo in ritiro vado in camera e scherzo con loro. Oppure mi siedo e ci parlo. Ad esempio, in questi giorni in Spagna Tiberi ha avuto un pochino di febbre per un paio di giorni. Io a fine giornata andavo in camera da lui e gli facevo compagnia. Se i ragazzi giovani vedono che li supporti e li rispetti allora si fidano, si sentono protetti. 

I compagni di squadra si fidano molto di Pasqualon e delle sue abilità in gruppo
I compagni di squadra si fidano molto di Pasqualon e delle sue abilità in gruppo
In gara invece?

Vedono che sono affidabile. Questo non perché sia speciale, ma dopo quasi quindici anni di ciclismo qualcosa ho imparato. Ho fatto i miei errori e ora in gara so come muovermi. Vedere che so dove mettere le ruote li fa sentire al sicuro. 

Dopo tanti anni in gruppo certi meccanismi sono naturali. 

Sia quelli in gara che nelle dinamiche di squadra. Parlare tra di noi e creare un legame di amicizia è fondamentale. Diciamo che sono a metà tra un corridore e un diesse. Anche se non penso ancora di smettere di correre credo che mi piacerebbe fare un ruolo manageriale in futuro. Alla fine quindici anni di carriera sono tanti, non è una cosa della quale si possono vantare in molti, soprattutto ora che le carriere si accorciano. Avere un’esperienza come la mia può essere un vantaggio una volta sceso dalla bici. Ma è un momento ancora lontano, prima c’è da pedalare.

Il Lussemburgo di Tiberi e il precedente di Pasqualon

27.09.2024
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La vittoria di Antonio Tiberi al Giro del Lussemburgo ha fatto scalpore. Pur non essendo una prova WorldTour, la gara ha sempre avuto un parterre di grande rilievo essendo considerata una delle prove a tappe più prestigiose della fase finale della stagione. L’ultimo italiano che era riuscito a portarla a casa era stato Andrea Pasqualon nel 2018 e la cosa colpisce, vista la differenza tecnica fra i due, che tra l’altro sono anche diventati dal 2023 compagni di squadra.

Pasqualon non è certo specialista delle corse a tappe, c’è da credere quindi che le due edizioni della prova lussemburghese, a 6 anni di distanza l’una dall’altra, siano state diverse: «Effettivamente quando ho vinto io – ricorda il veneto – non c’era la cronometro e per Antonio è stata importante. Allora si correva un prologo di un paio di chilometri. Io costruii la mia vittoria grazie agli abbuoni, vincendo due tappe e finendo terzo nelle altre due. Era una corsa diversa, si disputava a inizio giugno prima del Tour, ma non era piatta, questo è sicuro, i percorsi erano abbastanza simili a quelli che ho visto, con continui saliscendi e occasioni di fuga».

Pasqualon sul podio del Giro del Lussemburgo 2018, sua unica vittoria in una classifica a tappe (foto Waldbillig)
Pasqualon sul podio del Giro del Lussemburgo 2018, sua unica vittoria in una classifica a tappe (foto Waldbillig)
Che similitudini vedi fra la vittoria tua e quella di Tiberi?

Poche perché abbiamo caratteristiche diverse. Per certi versi mi rivedo più in Van der Poel che ha perso la maglia l’ultimo giorno. Io la conquistai il terzo e l’ho gestita come stava facendo l’olandese, che non ha avuto però la squadra a supportarlo nell’ultima frazione. Ricordo che nell’ultima tappa molte squadre provarono ad attaccarmi e i miei compagni della Wanty-Groupe Gobert lavorarono tantissimo per tenere la corsa, ma nella parte finale dovetti muovermi io da solo, a chiudere sull’ultimo strappo. VDP si è trovato solo troppo presto, non poteva chiudere su tutti e a un certo punto ha dovuto rischiare lasciando spazio. Antonio è stato bravo ad approfittarne.

La sua vittoria ti ha sorpreso?

No, è un corridore adattissimo per quel tipo di corse. Soprattutto per un giro con poca pianura e dove si pedala sempre al limite, con strappi continui e dove l’evoluzione della corsa porta a far sgranare il gruppo. Tiberi è il classico passista veloce a suo agio su tracciati come quelli. Ma la sua è stata soprattutto una vittoria di testa.

Tiberi sul podio, la faccia delusa di VDP dice tutto sull’andamento dell’ultima tappa…
Tiberi sul podio, la faccia delusa di VDP dice tutto sull’andamento dell’ultima tappa…
Che cosa intendi dire?

Antonio ha avuto la genialità di attaccare, di non accontentarsi del piazzamento e provare a ribaltare la situazione leggendo la corsa e le difficoltà a cui sarebbe andato incontro VDP senza compagni intorno. Ha scelto il momento giusto, è andato fortissimo e gli è andata bene. Ha vinto perché ha saputo rischiare.

Effettivamente non accade spesso per un corridore italiano trovarsi nel vivo della corsa e giocarsi le sue carte, soprattutto per uno giovane e appartenente a un team del WorldTour. Perché?

Questo è un tema delicato. Teniamo innanzitutto conto che corriamo in un ciclismo con 4-5 fenomeni che sono abituati a intervenire, ad attaccare già a metà corsa. Questo anticipa i tempi, diventa difficile sorprenderli e si prova a farlo nelle fasi iniziali. Per questo si cerca la fuga dall’inizio, sperando che la corsa si metta in modo che permetta il loro arrivo. Ma questo significa anche altro.

Decisiva per il veneto fu la vittoria nella terza tappa, guadagnando secondi preziosi con gli abbuoni
Decisiva per il veneto fu la vittoria nella terza tappa, guadagnando secondi preziosi con gli abbuoni
Ossia?

Se fossi oggi uomo da classifica mi metterei le mani nei capelli… Questo è il peggior periodo, per emergere devi avere numeri mostruosi. Guardate che cosa fa la Uae: non ha solo Pogacar, ma tutti gli appartenenti potrebbero essere capitani in altri team, è difficile andarci contro. Bisogna saper leggere le corse, cogliere ogni occasione e noi siamo abbastanza bravi nel farlo. Tiberi lo ha fatto, non si è accontentato del piazzamento di cui non avrebbe parlato nessuno, invece la sua vittoria ha avuto un risalto enorme ed è questo di cui il ciclismo italiano ha bisogno.

Veniamo a te, come va ora dopo la rinuncia al campionato europeo per il quale eri stato convocato?

A me la maglia azzurra non porta molta fortuna… Anche lo scorso anno fui costretto a rinunciare a correre il mondiale per la fatica accumulata nel sostenere Mohoric al Giro di Polonia. Quest’anno sono caduto in allenamento e le ferite riportate mi hanno costretto a due settimane di stop. Ora sono già al lavoro da una settimana e punto alle classiche di fine stagione, dall’Emilia all’Agostoni al Gran Piemonte, per essere competitivo e d’aiuto a Tiberi, Zambanini, Bilbao.

Tiberi ha costruito la sua vittoria sul 2° posto a cronometro, poi il giorno dopo ha chiuso 4°
Tiberi ha costruito la sua vittoria sul 2° posto a cronometro, poi il giorno dopo ha chiuso 4°
Come ti trovi in questa nuova dimensione di aiutante?

Mi piace molto il gregariato per come lo intendo io, ossia essere d’aiuto nelle fasi salienti della corsa, supportare i capitani nell’approccio ai momenti topici come anche pilotare Bauhaus nelle volate. Vedo che il team crede in me e io voglio aiutare a ottenere più risultati possibile, che sento anche miei, quelli di Tiberi al Giro come anche il 6° e 7° posto di Mohoric e Zambanini in Polonia. Dove c’è da sgomitare e prendere aria, io ci sono, i ragazzi mi ringraziano per quel che faccio e questo mi gratifica. Alla mia età ormai un piazzamento non darebbe nulla di più, questa dimensione mi si confà meglio per finire la carriera con dignità.

Pasqualon racconta Andorra, Principato a misura di bici

29.05.2024
5 min
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«Non vedo l’ora di tornare ad Andorra per sentire quella sensazione di poter pedalare in sicurezza». La frase, affatto banale, è da attribuire ad Andrea Pasqualon, che ormai da diverso tempo vive nel Principato pirenaico.

E’ lui che da esperto qual è ci presenta l’Andorra ciclistica. E come vedremo il discorso è ampio. Molto ampio. Strade ottime, temperature fresche, sport nel Dna…

Andrea Pasqualon ha scelto Andorra sia per una questione di quota che per le sue strade a misura di ciclista
Andrea Pasqualon ha scelto Andorra sia per una questione di quota che per le sue strade a misura di ciclista
Andrea, come reputi Andorra da un punto di vista ciclistico?

Andorra è un posto molto tranquillo per vivere in generale e ottimo per noi ciclisti. C’è una sicurezza molto elevata per noi corridori, per noi appassionati di bici. Ma direi per tutti gli sportivi amanti della natura e delle attività all’aperto. Per quanto riguarda il ciclismo posso dire che ci sono molte strade e tutte tenute bene. Ma soprattutto ci sono strade con una corsia ciclabile sulla destra, una banchina larga che ti lascia quel metro e mezzo, anche due. E non parlo di strade secondarie. Parlo di passi importanti come il Port d’Envalira per esempio: praticamente 20 chilometri in cui c’è la possibilità di stare nella corsia riservata alle bici.

Una corsia preferenziale per i ciclisti in ogni senso!

Questo è un gran vantaggio per noi pro’, perché alla fine c’è la possibilità di andare accoppiati stando in sicurezza e senza intralciare il traffico. La cultura iberica tutela il ciclista a tutti gli effetti. A volte è il ciclista che indica all’automobilista che può superarlo, altrimenti se ne starebbe dietro anche per 3-4 minuti senza nessun problema. Questo dipende anche dal fatto che la qualità della vita generale ad Andorra è buona, c’è meno stress… Per me questo aspetto si ripercuote tantissimo, in senso positivo, sulla sicurezza stradale.

Le strade sono ben tenute e molto spesso hanno una larga banchina che aumenta la sicurezza dei ciclisti. Qui la strada da La Seu
Le strade sono ben tenute e molto spesso hanno una larga banchina che aumenta la sicurezza dei ciclisti. Qui la strada da La Seu
Andorra, Pirenei. A che quote siamo?

ll villaggio principale, Andorra la Vella, sorge intorno ai 1.000 metri. Ma poi ci sono varie zone più elevate, tra cui Ordino Arcalís, che è la località più nota per i ciclisti e che sorge a 1.940 metri. I pro’ che vivono qui scelgono appartamenti più in quota. Io ad esempio vivo a 2.000 metri.

Stando in montagna è tutto salire e scendere? Oppure si trovano anche un po’ di tracciati pianeggianti?

Un po’ di pianura c’è. Andando verso la Spagna e quindi verso La Seu di Urgell, o anche verso il confine francese, si può fare un anello di circa 120 chilometri, un percorso che noi chiamiamo il “giro delle tre Nazioni” perché si passano appunto tre Stati: il Principato di Andorra, la Francia e la Spagna. Come dicevo è abbastanza pianeggiante. Io lo sfrutto per utilizzare la bici da cronometro. E’ un altopiano che “balla” sul filo dei 1.000 metri. Per un qualsiasi ciclista c’è da divertirsi, perché c’è la possibilità non solo di fare tanta salita ma di fare anche pianura e determinati lavori.

Il Principato pirenaico offre molto in termini di sport. D’estate, trekking, bike (e motor) trial, mtb vanno per la maggiore
Il Principato pirenaico offre molto in termini di sport. D’estate, trekking, bike (e motor) trial, mtb vanno per la maggiore
Quali sono invece le salite mitiche, quelle note per il Tour e per la Vuelta?

L’Envalira è stato spesso Souvenir Desgrange del Tour de France (il corrispondente della Cima Coppi al Giro d’Italia, ndr) con i suoi 2.408 metri di quota. Poi c’è la scalata stessa di Arcalís, diverse volte arrivo anche del Tour. Il Coll de la Gallina, altra salita tipica. E molte altre…

Quanto è grande il principato?

La diagonale massima è sui 50 chilometri, forse appena meno. Rispetto a Monaco o San Marino è un territorio ben più ampio. Si potrebbe restare anche dentro i confini e non ci si annoierebbe. Le strade interne sono ben tenute e ben collegate.

Ad Andorra anche la cartellonistica è pensata per i ciclisti
Ad Andorra anche la cartellonistica è pensata per i ciclisti
La cartellonistica stradale presenta le indicazioni su pendenze e chilometri progressivi come in molte zone del Trentino-Alto Adige?

Sì, assolutamente. E sono presenti su tutte le strade. Questi cartelli ti indicano quanto manca alla vetta. Il ciclista ad Andorra è ben considerato. E anche a terra ci sono scritte che indicano i pericoli, o cartelli che dicono: “strade frequentate da ciclisti”. Questo rispetto vale anche anche runners, biker… Ma in generale è il Principato stesso ad offrire molto in termini di sport e scuole sportive.

Andrea, vista questa attenzione verso il ciclismo, immaginiamo ci siano anche negozi di bici, dei punti di assistenza…

Certo, anche guide e accompagnatori. Io noto che stanno tanto puntando parecchio sui bimbi, anche a scuola, nell’istruzione. Ci sono diversi giorni della settimana in cui gente specializzata, a volte anche qualche ex pro’, presenzia queste giornate dedicate allo sport e insegna ai ragazzini la propria disciplina.

Per maggiori informazioni:

VisitAndorra

@andorraworld

Da Roubaix al Brabante, nel recupero di Pasqualon

10.04.2024
7 min
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Da Roubaix a Leuven ci sono 150 chilometri, ma per tutti i corridori che hanno corso sul pavé e oggi partono per la Freccia del Brabante sono molti di più. Ne abbiamo parlato con Andrea Pasqualon, migliore degli italiani nel velodromo francese. Se è vero che la Roubaix ti resta addosso per giorni, come ci si rimette in sesto per ripartire?

«La Roubaix è una corsa davvero dura – spiega il corridore della Bahrain Victorious – penso la più dura delle classiche, per cui arrivare cinquantesimo è un piacere. Vuol dire che a 36 anni sono stato competitivo in mezzo a ragazzi di 20: 15 anni meno di me. Sono ancora competitivo e questo mi fa solamente piacere. In più alla Roubaix ci sono tanti inconvenienti possibili e questa è stata un’edizione particolare…».

Quasi 10 chilometri con le come a terra: così la Roaubaix di Pasqualon ha cambiato faccia (@charlylopez)
Quasi 10 chilometri con le come a terra: così la Roaubaix di Pasqualon ha cambiato faccia (@charlylopez)
In che modo?

Proprio ieri sera stavo parlando di questo con i miei compagni. Una volta di solito la Roubaix iniziava da Arenberg, quasi mai prima. Invece questa volta la corsa è esplosa subito e al secondo settore di pavé eravamo sparpagliati in vari gruppetti. D’altra parte, quando si corre con atleti di classe come Mathieu Van der Poel o Van Aert o Pogacar, che hanno veramente una o due marce più di tutti noi, possono crearsi scenari come quello di domenica. Per noi che abbiamo un motore più piccolo, è difficile reggere il passo.

Quand’è così si allargano le braccia o si pensa al modo di tirare fuori qualcosa di più dal proprio motore?

Cosa dire… Se le gambe arrivano fino lì, non hai da inventarti tante cose. Questi ragazzi stanno in gruppo con la sigaretta in bocca rispetto a noi. E’ brutto da dire, ma è la verità. Quando ci si affianca a loro, si capisce che hanno una zona o anche due di differenza. Quando noi siamo al medio, loro sono al lento. Quando uno attacca a 60 chilometri e arriva con 3 minuti di vantaggio, poi ha il tempo di guardare gli altri che fanno la volata per il secondo posto, vuol dire proprio essere di un altro livello.

Finché sono 3-4 del loro livello, c’è un po’ di confronto. Quando sono da soli la differenza sembra anche maggiore, no?

Sì, fanno sembrare tutto molto facile. Ieri ho guardato la corsa in televisione, perché domenica ero dietro e non avevo visto niente. E guardandola, mi sono detto: «Cavolo, ma quanto riesce a spingere questo sul pavé?». Sembra che sia tutto molto facile, ma in realtà di facile non c’è niente. Noi che l’abbiamo corsa sappiamo quanto sia faticoso uscire dalla Foresta di Arenberg, dal Carrefour de l’Arbre o da Mont Saint Pevele. Invece Van der Poel riesce ad andare a 60 all’ora sul pavé, vuol dire che Madre Natura gli ha donato qualcosa che a noi non ha dato.

Per quanto tempo ti rimane addosso una Roubaix così faticosa?

Domenica sera non stavo male, lunedì ero un po’ dolorante. Martedì invece ero ancora malconcio, più che altro perché ci vogliono due o tre giorni per recuperare davvero. Alla fine è stata una Roubaix devastante, corsa a una media mostruosa. Siamo partiti a tutta e siamo arrivati a tutta. E’ vero che i materiali hanno inciso tanto, ma penso che la vera differenza l’abbiano fatta corridori come Mathieu e la sua squadra. I ragazzi della Alpecin sono andati veramente fortissimo. Vermeersch è arrivato sesto, nonostante il lavoro che ha fatto: secondo me è andato più forte di Mathieu.

In che modo hai passato i due giorni fra la Roubaix e il Brabante? Gambe per aria e riposo assoluto?

No, assolutamente. Si fanno delle uscite di un’ora e mezza, al massimo due, in tranquillità. Si fanno girare le gambe, perché il riposo totale non ci fa bene. Magari si può fare lontano dalle corse, ma durante la stagione non è il massimo. Quindi si fa una sgambata per far circolare il sangue ed eliminare le tossine di una corsa lunga come domenica. Poi si fanno i massaggi e il trattamento con l’osteopata, la routine più o meno è questa.

Il primo massaggio l’hai fatto la sera della Roubaix oppure hai aspettato il giorno dopo?

No, ho aspettato lunedì ed è stato un massaggio davvero pesante. Si sentiva (ride, ndr) che c’era ancora qualche… pietra all’interno dei miei muscoli! E’ stato un massaggio profondo, perché bisogna eliminare veramente le tossine e soprattutto le aderenze. Non scherzo quando dico che è una corsa massacrante. Parliamo di schiena, braccia e mani. Ho le mani ancora gonfie per i colpi della Roubaix, anche perché ci si è messa anche la sfortuna…

In che modo?

Ho forato e ho avuto la sfortuna che la seconda ammiraglia non fosse vicino a me. Perciò sono andato avanti per parecchi chilometri con le ruote bucate. Poi ho trovato dei massaggiatori e le ho cambiate entrambe. Però non avevano le gomme da 35 millimetri con cui ero partito e me ne hanno passate due da 28, gonfiate anche abbastanza alte. A correre la Roubaix con i 28, mi è sembrato di tornare indietro di 10 anni, però alla fine sono arrivato ugualmente nel velodromo.

Si riparte dopo il cambio delle ruote, la Roubaix è ancora lunga (@charlylopez)
Si riparte dopo il cambio delle ruote, la Roubaix è ancora lunga (@charlylopez)
Con quelle gomme, la bici e la guida cambiano completamente?

Cambia tutto. Ognuno ha la pressione con cui si trova bene in base al proprio peso. Tutte le marche hanno dei parametri per trovare la giusta pressione e posso assicurarvi che anche 0,1-0,2 bar di differenza possono veramente cambiare tantissimo sul pavé. Per questo, in base alle ruote e al tubeless che si usa, cambiano anche le pressioni. Per questo motivo avevamo optato per un 35, perché abbiamo visto che c’è una grandissima differenza sul pavé, anche se sull’asfalto si ha la sensazione che la bici scorra di meno.

Come è andata a livello di vibrazioni con quelle ruote sottili?

Le vibrazioni sono il vero problema. Proprio per evitare di riceverne troppe, alcuni hanno usato ugualmente il manubrio aerodinamico in carbonio, mentre tanti hanno optato per quelli più classici. Magari in alluminio o anche in carbonio, ma comunque tondi per avere meno vibrazioni nelle braccia. Qualcuno ha utilizzato il doppio nastro, chi il gel all’interno del nastro stesso. Io ho utilizzato dei guantini fatti da Prologo per il pavé e alla fine ne sono uscito senza neanche una vescica e questo fa la differenza. Se succede che a 50-60 chilometri dall’arrivo sei pieno di vesciche, diventa difficile anche guidare la bici.

Dal punto di vista dell’alimentazione, come hai recuperato le forze?

La sera si cerca sempre di reintegrare i carboidrati. Lunedì invece siamo stati abbastanza leggeri, mentre martedì abbiamo iniziato a integrare i carboidrati, in modo di averli per la gara. L’integrazione dei carboidrati inizia dalla colazione del giorno prima e prosegue con pranzo e cena. Il giorno prima si fanno le basi per avere la giuste quantità di carboidrati il giorno seguente. Con gli studi degli ultimi anni, si è visto che è meglio fare il carico di carboidrati dal giorno prima della gara.

Pasqualon ha concluso la Roubail al 50° posto, primo degli italiani (@charlylopez)
Pasqualon ha concluso la Roubail al 50° posto, primo degli italiani (@charlylopez)
A livello di sensazioni, secondo te nei primi chilometri di corsa della Freccia del Brabante sentirai ancora la Roubaix nelle gambe?

Può essere che nella prima ora senta un po’ di affaticamento, però confido che poi tutto vada a diminuire fino a sbloccarsi, come diciamo fra corridori. E comunque è sempre meglio partire bloccati e finire la corsa in gran forma che partire bene e spegnersi nel finale.

Dopo il Brabante tiri una riga o continui?

La Freccia del Brabante è l’ultima corsa di questo inizio di stagione, poi andrò direttamente ad Andorra e farò due settimane e mezzo di altura per preparare proprio il Giro d’Italia. Sarà una corsa importante per la squadra e io avrò da fare soprattutto per aiutare il nostro velocista Bauhaus. Essendo il suo ultimo uomo, dovrò recuperare e risparmiare un po’ di forze per il Giro d’Italia. Perciò che altro dire? Ci vediamo a Torino…

Milan battuto da Bauhaus con gambe e malizia

06.03.2024
4 min
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GUALDO TADINO – La montagna sopra all’arrivo è bianca e gelida. La verde Umbria ha cambiato faccia bruscamente nell’ultima ora di corsa, mostrandosi a tratti nera e fredda, con mura di pietra in cima alle colline e corridori in fila come briganti in marcia verso l’approdo. Il rettilineo di arrivo tira quel tanto che basta per far capire ai velocisti che non si toccheranno alte punte di velocità, ma ugualmente nel rimescolarsi delle posizioni si capisce quale treno abbia le idee più chiare. Bauhaus e la Bahrain Victorious hanno già la vittoria cucita addosso.

Philipsen vorrebbe subito il bis. Sull’arrivo si fa un gran parlare della prospettiva che il belga cambi squadra. Racconta un collega di lassù che la sua compagna sia molto amica della compagna di Van der Poel e, avendo visto quanto guadagna Mathieu, in casa abbiano discusso a lungo. Philipsen non aveva ancora un agente e si è rivolto ad Alex Carera perché tratti per lui il rinnovo del contratto o trovi una sistemazione migliore. I suoi uomini con il completo jeans hanno presidiato la testa del gruppo negli ultimi chilometri, ma sul più bello peccano di troppa foga.  Quando si tratta di approcciare l’ultima curva, Philipsen esce troppo largo e cade e il finale passa fra le mani di Caruso e Arndt.

Bauhaus aveva già vinto una tappa alla Tirreno: l’ultima del 2022
Bauhaus aveva già vinto una tappa alla Tirreno: l’ultima del 2022

Rimonta impossibile

Il blocco della Bahrain Victorious prende il centro della strada, mentre Milan cerca di rimontare e si vede che gli manca un dente. Bauhaus spinge e fa velocità, Jonathan ha una frequenza ben superiore, ma non lo passa. E forse quel grammo di forza di troppo che ha speso nel finale per rilanciarsi fra le altrui ruote, non se la ritrova al momento di cambiare ritmo.

«E’ stata una giornata dura – ammette il friulano – e anche un po’ bagnata, ma ho dato il massimo. Penso che la mia squadra abbia fatto un lavoro fantastico, portandomi fino all’ultimo chilometro nella posizione migliore. Il finale però è stato un po’ complicato e anche un po’ pericoloso, per cui alla fine sono contento del secondo posto. Naturalmente cerchiamo sempre qualcosa in più, ma intanto ho dimostrato di avere una buona condizione. Ho scollinato davanti nella salita perché sapevo che fosse importante per fare bene la discesa. Per cui vediamo cosa si potrà fare nelle prossime tappe».

In fuga con Stockli, Zoccarato è stato ripreso sulla salita di Casacastalda
In fuga con Stockli, Zoccarato è stato ripreso sulla salita di Casacastalda

L’ironia di Zoccarato

L’ordine di arrivo parla italiano, ma purtroppo ancora come un rumore di fondo. Oltre a Milan secondo, nelle prime sette posizioni brillano anche Bettiol, Vendrame, Velasco e Caruso. E poi c’è Samuele Zoccarato, che è stato in fuga per tutto il giorno ed è arrivato a 8 minuti. Per cui quando la racconta non sa se essere afflitto o cercare di cogliere il buono di una giornata allo scoperto con sensazioni niente male.

«Si può scrivere che ho fatto un allenamento per la Sanremo – dice con malcelata ironia – ma anche che andare avanti in due in una tappa di 200 chilometri è stato un’avventura, diciamo così. Nella riunione ci eravamo detti che sarebbe stato meglio andare in un gruppetto più numeroso, per cui quando ci siamo ritrovati solo in due, il pensiero di rialzarsi l’abbiamo avuto. Ma per noi serve anche farsi vedere, per cui ho tenuto duro.

«Diciamo che il bello di questa giornata è stato che fino agli ultimi 10-15 chilometri ho avuto tutto sotto controllo, segno che la nuova preparazione sta dando buoni frutti. Mi sarebbe piaciuto cambiare ritmo quando è cominciata la salita, ma mi sono girato, ho visto che il gruppo era lì e mi sono reso conto che tanto in cima non ci sarei arrivato da solo. Vediamo cosa succede domani, giornate come questa nelle corse a tappe le paghi».

Pasqualon è rimasto attardato dietro la caduta: arriva comunque nel primo gruppo
Pasqualon è rimasto attardato dietro la caduta: arriva comunque nel primo gruppo

Pasqualon, piano riuscito

Ben altro morale nel clan del vincitore, con i corridori che si affrettano a scendere dall’arrivo per rintanarsi nel pullman, scaldarsi e poi partire prima che si può verso l’hotel. Racconta Pasqualon che di mattina sono partiti alle 6,30 per andare al via e stasera ne avranno per un’ora e mezza.

«Eravamo partiti per fare la corsa con Bauhaus – racconta Andrea – sapevamo che stava bene. E siccome avevamo l’intenzione di tenere davanti anche Caruso e Tiberi per un discorso di classifica, abbiamo usato anche loro per fare il finale. Io invece ho dovuto fare una bella frenata per evitare la caduta di Philipsen e mi è andata bene. E c’è anche un retroscena per il finale. Quando abbiamo visto che ce la giocavamo con Milan, Nikias (Arndt, ndr) nell’impostare la volata lo ha fatto rallentare e quella mezza pedalata che ha perso gli ha impedito di rimontare. E’ andata bene – ride – siamo rimasti tutti in piedi e abbiamo anche vinto».

A fare eco alla vittoria di Bauhaus arriva dalla Francia la notizia del successo di Buitrago a Mont Brouilly. Anche la Bahrain Victorious ha iniziato con il piede giusto. Le salite vere qui alla Tirreno inizieranno domani e per i due giorni a seguire. La lotta per la classifica deve ancora accendersi, ma già da domattina Ayuso dovrà iniziare a guardarsi intorno.

Velocisti da 2.000 watt e uomini veloci: l’analisi di Pasqualon

21.01.2024
6 min
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Velocisti da 2.000 watt e uomini veloci: quali differenze ci sono? Tempo fa a parlarci dei super velocisti, quelli davvero potenti, fu Andrea Pasqualon. Poi Scaroni, uomo veloce ma non sprinter, ci ha detto che durante una volata con il compagno di squadra Lutsenko, dopo 100 metri lo vedeva andar via.

E allora proprio al corridore della Bahrain-Victorious abbiamo chiesto di più. Pasqualon è forse il profilo ideale per questo articolo: velocista, ma non da 2.000 watt, corridore molto tecnico, apripista esperto.

Het Nieuwsblad: Pasqualon al centro con la maglia della Bahrain. Una volata per uomini veloci e non velocisti puri
Andrea ci avevi detto che gli sprinter puri sprigionano ormai 2.0000 watt, poi c’è una schiera piuttosto larga di gente molto veloce. Qual è l’identikit del velocista non puro?

Quello come me! Gli uomini veloci, ma non velocisti puri, sono corridori che vanno dai 68 ai 73 chili. Non hanno quel picco di potenza massima assurdo, ma riescono comunque ad esprimere i 1.300-1.400 watt per più secondi. Si difendono bene in volata e digeriscono un pelo meglio le salite. Il velocista puro invece è in grado di dare una mega botta anche da fermo e in volata tocca i 1.800 anche i 2.000 watt. Ma ci lavora molto per sviluppare questi wattaggi e fa fatica su altri terreni.

Cioè?

Lavora parecchio a secco e per tutto l’anno, per mantenere certi wattaggi. Di conseguenza oltre a pesare un po’ di più ha una muscolatura diversa e in salita fa più fatica. Molti di questi super velocisti neanche fanno l’altura. Un corridore veloce come me invece prima dei grandi Giri in quota ci va e per quanto poco, il suo picco di potenza cala un po’. I velocisti puri magari preferiscono restare a casa e fare lavori focalizzati sugli sprint. E’ loro interesse avere un chilo o anche due in più, che uno di meno.

Parlando della volata da un punto di vista tecnico che differenze ci sono tra i due identikit? Facciamo un esempio. Siamo nell’ultimo chilometro: come fanno la volata Lutsenko e come la fa Philipsen? Com’è la curva della velocità?

L’unico modo che un Lutsenko ha per battere un velocista puro è quello di anticipare, quindi partire lungo. Tutto sta se gli riesce di guadagnare quel metro (posto che poi lo deve mantenere), perché se avviene il contrario poi non lo recupera più. Per farlo dovrebbe andare più forte di uno che sta sui 1.800 watt. Difficile… Poi è chiaro che non basta solo anticipare.

Cos’altro serve?

Avere una buona posizione, essere dei “gatti”, scegliere i giusti tempi. Per esempio, il nostro Bauhaus non ha questo grande picco di potenza, però è un gatto in gruppo, in bici ci sa stare, lima tantissimo, non frena mai e cerca di fregare gli altri proprio perché parte dalla posizione migliore. Per questo a volte riesce a battere tanti velocisti più potenti di lui. Al Tour faceva secondo, quarto, terzo perché ci sapeva fare. Arrivava dietro Philipsen, ma lui oltre ad essere potente aveva anche Van der Poel come ultimo uomo. E se VdP partiva da posizione perfetta, poi Philipsen era difficile anche solo affiancarlo.

Pesi massimi. Pedersen precede Philipsen, Van Aert, Groenenwegen al termine di una volata velocissima che non ha lasciato spazio all’altra tipologia di sprinter
Pesi massimi. Pedersen precede Philipsen, Van Aert, Groenenwegen al termine di una volata velocissima che non ha lasciato spazio all’altra tipologia di sprinter
Chiaro…

Philipsen ha una grandissima potenza, un’accelerazione fortissima, in più è portato fuori a velocità altissima: così è praticamente imbattibile. Anche quando per lui sembrava persa, perché magari era messo male, VdP si spostava e lo portava fuori ad un velocità pazzesca. A quel punto Philipsen ci metteva del suo e vinceva. Uno come Mathieu nel finale ti mette il gruppo in fila indiana da solo e questo fa sì che alla peggio gli altri velocisti debbano partire dalla stessa posizione o dalla ruota dello sprinter. Poi vallo a rimontare un Philipsen che ti è davanti, che deve iniziare ad accelerare e mentre si viaggia già a 70 all’ora. 

Prima hai fatto una distinzione: l’uomo veloce va dai 68 ai 73 chili. Prendiamo quelli più leggeri di questa fascia, in questo caso i “piccoletti” possono sfruttare la loro buona aerodinamica per sopperire alla mancanza di watt?

Se è per questo in teoria hanno anche una bici più piccola e scattante. E’ chiaro che un Milan della situazione deve esprimere più watt rispetto ai suoi avversari, tanto più lui che davanti non è bassissimo e prende più aria. Anche questi sono aspetti da tenere in considerazione. Nelle volate controvento il velocista grosso è svantaggiato. Un Cavendish, che ha la testa praticamente sotto il manubrio, invece è avvantaggiato. In queste situazioni aiuta un po’ essere piccoli. Pensiamo ad Ewan.

Un uomo veloce alla Pasqualon ha meno picco, ma ha una durata maggiore?

Corridori come me, se vogliono vincere una volata è necessario che la strada tenda a salire. Più del vento contro. Questo perché il fattore potenza/peso si sposta a nostro vantaggio. In una volata al 3-4 per cento di pendenza i velocisti più leggeri riescono a salvarsi. Il loro picco di velocità cala di meno.

Come varia l’espressione di potenza e quindi di velocità negli ultimi 200-300 metri tra le due tipologie di sprinter?

Un velocista super potente cerca di aspettare, perché sa di poter disporre di un picco molto alto e violento, specie se gli altri non sono ancora partiti. Nel momento in cui parte lo sprint, a parità di tempistiche, loro guadagnano subito 20-30 centimetri. L’altra tipologia di velocista è più lineare: magari uno come me o Scaroni hanno un buon picco sui 20” o 30”, ma non sui 10” o sui 5”.

Lutsenko, uomo veloce ma non velocista, batte Hirschi allo sprint. Volata lunga, buono spunto veloce e un gran bel colpo di reni per il kazako
Lutsenko, veloce ma non velocista, batte Hirschi allo sprint. Volata lunga, buono spunto veloce e un gran bel colpo di reni
Uscendo per un attimo fuori da questi due identikit: chi sono gli scalatori, o comunque gli uomini da grandi Giri, più veloci?

Pogacar di sicuro. Lui è uno scattista vero. Un Vingegaard non ha quell’esplosività. Poi penso a Pello Bilbao. Lui in una volata di 4-5 corridori è molto pericoloso. E non dobbiamo dimenticare Evenepoel, che nell’ultimo anno è migliorato moltissimo sotto questo aspetto.

Come è recepito lo sprint tra il velocista puro e l’uomo veloce?

Quando fa la volata lo scattista che non è un velocista puro, per lui è come se fosse uno scatto normale. Per il velocista è lo sprint. Ma conta ogni minimo dettaglio nel ciclismo attuale. Conta tenere la testa bassa, avere il casco aerodinamico, il calzino alto, le ruote giuste, il body perfetto che non faccia una piega… sono dettagli che fanno una grandissima differenza e il velocista puro lo sa. Ad esempio, molti velocisti sotto al body da sprint stanno usando un corpetto tipo quello dei cronoman, per fa sì che l’aria scorra via in modo migliore sulle spalle. Lo scorso anno al Giro, per esempio, Jonathan Milan ha perso una volata perché aveva la giacca sbagliata. Ad una ventina di chilometri dall’arrivo, l’ho affiancato e gli ho detto: «Devi assolutamente togliere la mantellina». Ma lui era congelato e non l’ha tolta. Pedersen, che ha vinto, se l’era tolta. Io sono sicuro che quella volata se non avesse avuto il giacchino inzuppato l’avrebbe vinta Jonathan.

Tra le due tipologie di uomini veloci c’è una differenza di cadenza durante lo sprint?

Più che di cadenza c’è differenza di rapporti. I velocisti puri cercano sempre di avere un rapporto molto lungo. Proprio Milan per esempio voleva il 56 e a volte gli era piccolo. Infatti chiedeva il 58. Questo perché solitamente questi sprinter puri hanno una leva lunga e una potenza stratosferica. Davvero un Milan sprigiona 2.000 watt, quindi è normale che cerchi il rapportone. Il problema è che oggi le corse sono sempre più dure. C’è sempre almeno una salita e diventa complicato portarsi dietro quei rapporti e arrivare a fine corsa con le gambe a posto per esprimere la massima potenza.

E l’uomo veloce è quindi avvantaggiato rispetto allo “sprinterone”…

Mi ricordo certe volate al Tour in cui facevo quarto, quinto, settimo, pur non essendo un velocista puro, ma perché? Perché gli ultimi 30 chilometri si andava talmente a tutta che per la maggior parte dei corridori il picco di potenza quasi si annullava. Erano volate “da morti” e quindi un corridore come me, che ha fondo e magari sa anche limare, riusciva ad arrivare meno affaticato nel finale. E solamente rimanendo sulle ruote riusciva a fare il piazzamento. In quei momenti facevi 3 chilometri a 70 all’ora, veri. Cosa ti poteva restare per lo sprint?

Olimpiadi, Milan, Het Nieuwsblad. I pensieri di Pasqualon

24.12.2023
6 min
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ALTEA (Spagna) – Andrea Pasqualon scherza sull’eta che avanza. «Quattordici stagioni da pro’: ormai tutti mi dicono che sono vecchio! Forse anche per questo mi piace il sole della Spagna». Il bordo piscina dell’Hotel Cap Negret, dove è in ritiro la Bahrain-Victorious, è un invito al relax, alla siesta.

In effetti il tepore è gradevole. Parlare di ciclismo con i campioni è un piacere. E probabilmente lo è anche per loro. Allenamenti non troppo tirati, gare lontane, clima easy… gli ingredienti per raccontare e farsi raccontare ci sono tutti.

Pasqualon (classe 1988) scherza con Mohoric durante il ritiro ad Altea
Pasqualon (classe 1988) scherza con Mohoric durante il ritiro ad Altea
Ma quindi sei vecchio?

Gli anni passano però, e dico la verità, mi sento più tranquillo ora che in passato. Forse perché sono talmente abituato a questa vita che la pressione non la sento più e questa credo sia una grande cosa. Partire senza pressioni appunto, senza assilli o senza dover dimostrare nulla ritengo sia un bel vantaggio, qualcosa che possa fare la differenza.

Anche se sei arrivato solo lo scorso anno, sei un riferimento per la squadra. Prendiamo, per esempio, il traguardo volante del Polonia, che ha consentito a Mohoric di portarsi a casa la corsa. Sappiamo che hai gestito te quel treno e tutta la situazione…

Eh, me lo ricordo anche io! Ho saltato un mondiale per quella volata, pensate un po’. Forse Bennati è ancora un po’ arrabbiato con me per la decisione di restare al Polonia. Però alla fine quando si fa parte di un team e si decide che la priorità deve essere quella, è giusto aver fatto una scelta del genere. E di conseguenza io ho accettato quella di Bennati di mettermi riserva. Certo, ho un po’ di rammarico, perché il mondiale mi sarebbe piaciuto correrlo, ma è andata così. Benna voleva che arrivassi al mondiale fresco come una rosa per dare il massimo e, giustamente, anche lui avrà pensato che facendo tutto il Polonia fossi spremuto. Giusto così dunque: sia da una parte che dall’altra.

Traguardo volante del Polonia: Pasqualon tira lo sprint a Mohoric che, battendo Almeida, si assicura la generale
Traguardo volante del Polonia: Pasqualon tira lo sprint a Mohoric che, battendo Almeida, si assicura la generale
Hai toccato il tasto della nazionale. Il percorso olimpico è buono per te, ci pensi?

E parecchio. Vi dico la verità: l’ho guardato più volte, anche se solo su Veloviewer per ora. Ho osservato questi strappi sparsi qua e là. E’ un percorso bello, per corridori da classiche. Ma per esserci bisogna dimostrare di andar forte. Io penso che un corridore come me, se riesce a fare una primavera fatta bene con Fiandre, Roubaix, Sanremo può sognare di partecipare alle prossime Olimpiadi. E’ una corsa per corridori come Ganna. Pippo dovrà essere il punto di riferimento. Bisognerà costruire una squadra, che poi squadra non è perché ci saranno solo tre uomini, ma dovranno essere tre ragazzi uniti e tutti molto forti.

Tre leader?

No, tre corridori uniti al massimo per una persona sola. E’ inutile portare tre leader, bisogna avere un leader e due uomini che sanno veramente sacrificarsi al massimo per portare a casa il massimo risultato possibile.

Avevi un ruolo particolare, quello di guidare Milan nella volate. Ora Jonathan se ne è andato. Avrai più spazio?

E chi lo sa! Mi è dispiaciuto che Jonny sia andato via, perché avevo lavorato molto con lui e sono sicuro che insieme avremo ancora costruito qualcosa di importante. Ma questa è stata la sua scelta e non ci possiamo fare nulla. Vedremo se avrò più spazio, probabilmente sì. Però il mio compito è proprio quello di prendere per mano i giovani e portarli ad uno scalino superiore. In questo periodo, per esempio, sono molto vicino a Dusan Rajovic, giovane talentuoso. Credo che messo a punto qualcosa di testa, sia molto forte. Ha un bel futuro. Per far crescere i giovani ci servono anche gli esperti, come possiamo essere io o Damiano (Caruso, ndr). E si è visto al Giro: un buon giovane affiancato da un esperto può fare grandi cose.

Pasqualon e Milan, era nata una buona intesa tecnica. I due erano spesso anche compagni di stanza
Pasqualon e Milan, era nata una buona intesa tecnica. I due erano spesso anche compagni di stanza
I quattro secondi posti di Milan al Giro, potevano essere due vittorie e due poi, insomma…

Esatto, poi magari per ottenere ancora di più bisognava impostare un’altra squadra. Una squadra su di lui, ma noi volevamo anche far classifica con Caruso, quindi era difficile portare anche qualche altra persona per il treno. Capisco le scelte di Vladimir (Miholjević, ndr). E infatti abbiamo portato a casa la maglia ciclamino, una vittoria, un quarto posto nella generale, con Damiano che è stato il primo degli umani) e anche la classifica a squadre.

Torniamo a parlare di te. Pasqualon è ancora un velocista, ammesso che tu ti sia mai sentito un velocista?

Bella domanda. Mi sto ancora scoprendo. Negli ultimi anni mi sono sentito più che altro uomo da classiche. Sulle lunghe distanze riesco a dare il meglio di me. Sono un uomo da corse dure, in cui si arriva col gruppetto ristretto. Un velocista puro non mi sento di dirlo. Stiamo parlando di gente che ormai sviluppa 2.000 watt, tanti ne servono per vincere le volate di gruppo. E io i 2.000 watt nelle gambe non li ho. Peso 70 chili, ma questo mi consente di sopravvivere in salita. Di restare attaccato quando ne restano 50 o forse anche 40.

E lo sprinter da 2.000 watt lì non ci resta…

Appunto. Io però nel finale di una Sanremo ci sono, come abbiamo visto quest’anno del resto. Sono stato il primo a prendere il Poggio. Dovevo essere lì: al punto giusto nel momento giusto. E, credetemi, non è facile. Altri 150 corridori vogliono essere lì in quel momento. Però con le giuste tempistiche, con la giusta esperienza ce l’ho fatta. Ma ci sono voluti anni per arrivare a questo. Ora però sono contento. Mi sono ricavato anche io un ruolo in questo ciclismo di altissimo livello.

L’arrivo, che “tira”, dell’ultima Het Nieuwsblad. Si nota Pasqualon al centro con la maglia della Bahrain
L’arrivo, che “tira”, dell’ultima Het Nieuwsblad. Si nota Pasqualon al centro con la maglia della Bahrain
Andrea, hai fatto e rifatto praticamente tutte le gare che offre il calendario mondiale. Ebbene, qual è la corsa o la tappa perfetta per te? E perché?

La corsa che più mi si addice è la Omloop Het Nieuwsblad – replica secco Pasqualon – perché siamo a inizio anno. E’ l’apertura del calendario belga e a me il Belgio è sempre piaciuto.

Ci hai anche corso parecchio, ai tempi della Intermarché…

Quelle corse lassù negli ultimi anni le ho sempre fatte. La Het Nieuwsblad in particolare mi piace perché c’è un po’ di tutto: il pavé, gli strappi, strade e stradine, e soprattutto perché c’è questo arrivo che tira, in cui non si sa mai chi vince. E’ la prima dell’anno, nessuno conosce i valori in campo. C’è grande incertezza sul risultato. Serve una volata di grande potenza, ma al tempo stesso di resistenza. E poi, ragazzi, c’è il Muur… una salita simbolo.

Descrizione perfetta, che sia che sia di buon auspicio per il 2024…

Speriamo!