Ride. Poi si commuove. Puoi ride di nuovo. Si mette le mani nei capelli. Così come aveva fatto anche sul rettilineo d’arrivo. Non ci crede, Gianmarco Garofoli. Non crede neanche lui all’impresa che ha siglato a Cervinia nella seconda tappa del Giro della Valle d’Aosta. Un’azione d’altri tempi, come raramente si vedono.
Lunga fuga solitaria (quasi 60 chilometri) attraverso valli, monti e discese. E l’arrivo sotto sua maestà il Cervino. Che deve aver visto bene quando ha alzato gli occhi al cielo.
A Valtournenche sul palco la Iseo Rime Carnovali. Bravo il suo El Gouzi. Partiti 108 corridori. Pochi istanti al via, Verre si fa il segno della croce. Giungerà con oltre 27′ di ritardo
Forcella rotta e sangue freddo
Con Gianmarco avevamo parlato al mattino proprio perché ieri si era fatto vedere parecchio. Aveva tirato per la squadra. Aveva tentato la fuga. Aveva forato. Era rientrato portando le borracce ai compagni e aveva vinto il traguardo volante.
«Eh sì stavo bene. In realtà quando mi avete visto cambiare bici non avevo forato. Bensì avevo rotto la forcella, proprio qui – e ci indica il punto – una paura con quelle discese. Volevo cambiarla prima ma la giuria aveva fatto il barrage delle ammiraglie e così appena ho potuto mi sono fermato».
Garofoli racconta poi del grande lavoro fatto dopo il Giro d’Italia U23, della grande opportunità che la Dsm WorldTour gli darà a breve, vale a dire fare il Tour de l’Ain in programma negli ultimi tre giorni di luglio.
«E magari poter andare al Tour de l’Avenir. Se penso anche al mondiale? Sì, quelle strade le conosco, ma intanto cerchiamo di lavorare per fare bene – le sue parole al mattino – e sono qui proprio per trovare la condizione».
Quello dell’Avenir è un desiderio che probabilmente Marino Amadori dopo la tappa di oggi sarà pronto ad esaudire.
Thompson guida il drappello degli inseguitori sul Saint Pantaleon Si vola nella discesa del Saint Pantaleon…
Thompson guida il drappello degli inseguitori sul Saint Pantaleon Si vola nella discesa del Saint Pantaleon…
Attacco folle
Valtournenche e Cervinia sono separate da una decina di chilometri, una più a valle dell’altra. Ma chiaramente il Giro della Valle d’Aosta ha fatto un altro percorso per unire le due località. Un percorso ricchissimo di salite. Dislivello monster, oltre 4.500 metri, ma almeno strade più pedalabili e larghe rispetto alla… gimkana di ieri.
Nella discesa dello Tsecore, terzultima scalata di giornata, ci sono diverse scivolate. Cade anche Garofoli, che si rialza, rientra e parte. I big si guardano. Ma dove vuoi che vada questo qui? Si vede proprio che è inesperto, avranno detto. Il ragazzo di Castelfidardo, nelle Marche, è il più piccolo in gara. Deve ancora compiere 19 anni. Nel momento in cui attacca, c’è un tratto di pianura. Stare in gruppo sarebbe ideale. E poi le due salite finali sono lunghissime. Quasi 15 chilometri il Saint Pantaleon e quasi 20 quella che porta a Cervinia.
Intanto Alessandro Verre, la maglia gialla, va in crisi. Garofoli guadagna subito tanto. E il vantaggio continua a crescere, ma in modo più regolare, sul Saint Pantaleon.
Mamma, papà e il Cervino
Lassù, sul Gpm, ci sono anche mamma Cristiana e papà Gianluca, pronti a fare il tifo e a dare l’acqua agli altri ragazzi della Dsm Develompment. Le urla della mamma, che intanto è scesa di qualche centinaio di metri, si sentono sin dal Gpm. Garofoli è super concentrato. Ma il suo volto è disteso e la pedalata è potente. Stamattina ci aveva detto di aver montato un 36×30, ma di certo sta spingendo qualche dente in meno.
Un anziano tifoso chiede al papà: «Come va in discesa?». E lui: «Benissimo». E infatti in fondo, il vantaggio che sul Gpm era superiore ai 2′ diventa di quasi 3’30”. La forcella stavolta è okay e le gomme da 26 millimetri che ha scelto si sono rivelate ideali.
Una cronoscalata
Adesso inizia una lunga cronoscalata per Garofoli. Il vento è anche un po’ contrario. Dietro c’è il compagno Vandenabeele. Poi Thompson, con El Gouzi e qualche altro che man mano si stacca.
Ogni tanto all’orizzonte fa capolino il Cervino. Il bianco è fresco e stacca tantissimo col verde degli alberi. Fino all’altro ieri c’era neve fresca. Di certo Gianmarco non avrà visto tutto ciò. Anche perché l’attraversamento di Valtournenche fa male e lui orami è fuori da tanto tempo.
La pedalata è meno fluida. Perde qualcosa ma assolutamente non crolla. Cinque chilometri, tre, uno… Il tunnel, la folla di Cervinia, l’arrivo e gli occhi al cielo dove il Cervino si gode lo spettacolo. Qui hanno vinto tanti campioni, non ultimo Fabio Aru. Ma un’impresa così in bici forse neanche la “Gran Becca” l’aveva mai vista.
Cocciuto sin da bambino
E ritorniamo alla commozione iniziale di Garofoli. Mentre è sui rulli per fare defaticamento, dietro di lui c’è Thompson che se la ride. Grazie alle sue accelerazioni finali infatti, il neozelandese è riuscito a prendere la maglia gialla.
«Mamma mia che numero – racconta Garofoli ancora col fiatone – Un qualcosa d’incredibile, non lo so neanche io… Stamattina il diesse mi diceva: stai calmo, resta con gli uomini della generale. Io gli ho risposto: no Bennie io oggi attacco, voglio rischiare. Voglio provare a vedere cosa succede».
Insomma aveva le idee chiare Gianmarco. E la mamma su quel Gpm ce lo aveva detto: «Le ha sempre avute le idee chiare. A tre anni ha fatto la sua prima corsa in bici, pensate aveva le rotelle, e la vinse. Da quel giorno mi disse: io voglio fare il corridore. E anche a scuola. Le professoresse mi dicevano: suo figlio scrive bene, ma parla solo di ciclismo! Ha sempre avuto questa passione. Mai un’incertezza. Giocava anche a calcio. Era bravo. Ma quando si è trattato di scegliere non ha avuto dubbi».
Computerino spento
Un’azione così non si vede tutti i giorni. Forse solo Garofoli se l’era studiata. Forse…
«Più spingevo e più mi sentivo più forte. Sentivo che stavo guadagnando minuti ed è stato un qualcosa d’incredibile. E arrivare qui, nella tappa regina, da solo… la tappa regina, capite!
«Cosa mi passava per la testa? Rivedevo tutti i sacrifici fatti. Perché le vittorie così sì, sono belle, ma si costruiscono a casa con il lavoro. E io dopo il Giro U23 ne ho fatto tanto. Quello è stato il mio punto d’inizio. Sono stato 20 giorni sulle Dolomiti, tra Moena e il San Pellegrino, da solo. Oggi ho avuto un momento di cedimento verso i 5 chilometri dall’arrivo. A quel punto ho spento il computerino, non volevo sapere più niente: chilometri, wattaggio, velocità… Spingevo come potevo. Perché era da tanto che ero a tutta ed ero stanco. Però anche Bennie (Lambrechts, il diesse, ndr) dall’ammiraglia mi ha dato un grande aiuto. Mi è stato vicino. Ma ha detto che stavo facendo un’impresa. Ho fatto qualcosa d’incredibile».
Thompson quarto ma contento. Sue le maglie: gialla, bianca e a pois Nastro del manubrio insanguinato per il neozelandese, scivolato nella discesa dello Tsecore
Thompson quarto ma contento. Sue le maglie: gialla, bianca e a pois Nastro del manubrio insanguinato per il neozelandese, scivolato nella discesa dello Tsecore
Thompson quarto e in giallo
Una giornata ricca di emozioni per Garofoli. «La dedica è per la mia fidanzata Chiara, che mi supporta tantissimo, per la mia famiglia e per la mia bisnonna Gilda che è morta proprio mentre facevo le ultime pedalate». I genitori gli hanno comunicato la notizia poco dopo l’arrivo.
Peccato solo che questa impresa non si sia conclusa con la maglia gialla. Ma Garofoli era fuori da tantissimo e da solo, mentre Reuben Thompson viaggiava con il drappello dei migliori. E, complice un minor dispendio energetico e la fatica (normale) di Garofoli, nel finale ha recuperato parecchio. Il neozelandese della Groupama-Fdj ieri era giunto secondo a 30” da Verre e la sua regolarità, oggi quarto, lo ha pagato.
Ma nulla è chiuso. Perché domani si sale ancora e su queste montagne i minuti, si è visto, fioccano. Conta il recupero. Garofoli ha mostrato ottime qualità in tal senso. Lo si è visto anche al Giro. E poi ci è sembrato molto preparato. Mentre faceva i rulli, diceva al massaggiatore cosa passargli, alternando integratori ed acqua con una sapienza da veterano.