Forza prima e intensità poi: è l’inverno di Samuele Zoccarato. Il potente passista della VF Group-Bardiani ci spiega la sua settimana in questa prima fase dell’anno. Che poi nel suo caso neanche si può parlare di settimana vera a propria, ma è una continua alternanza di triplette e doppiette. In più Zoccarato ha anche cambiato preparatore e il confronto, aiuta a capire il nuovo metodo di lavoro.
«Parlerei di un monte ore di allenamento – dice Zoccarato – che va dalle 20 alle 28 ore a settimana, in base alle distanze e ai lavori previsti. Faccio triplette di carico, un giorno di scarico e di nuovo una tripletta o una doppietta, quindi mi è difficile stilare una settimana tipo.
«Però posso dire che cerco di far coincidere sempre un giorno di scarico o di riposo il sabato o la domenica così da avere un giorno libero nel fine settimana».
E come ti sei regolato questo inverno?
Siamo andati per periodi. A dicembre per esempio con il dottor Andrea Giorgi che mi segue da quest’anno, ci siamo concentrati molto sulla forza. E’ capitato di lavorarci anche tre giorni di seguito. Il primo giorno facevo palestra, poi aspettavo sei ore e salivo sui rulli, dove facevo un’ora e mezza ancora lavorando sulla forza, con esercizi monopodalici.
Interessante. Come li eseguivi?
Dopo una fase di riscaldamento, per tre o quattro volte facevo delle sessioni con una gamba a 300 watt fino ad esaurimento. Erano molto dure. Era come andare a 600 watt con due gambe. E infatti duravo al massimo due minuti per gamba.
Perché aspettavi sei ore?
Perché ci sono degli studi che dimostrano che per assimilare per bene il lavoro di forza fatto in palestra, bisogna attendere e non saltare subito in sella.
Il secondo giorno come procedevi?
Facevo 4 o 5 ore con dei lavori. Nella prima e nella quarta ora dovevo fare delle partenze da fermo con vari rapporti, più o meno lunghi, per attivare tutte le fibre muscolari: 3×30”, recupero 4′, poi un ritmo tranquillo. Nelle ore centrali facevo SFR, quindi forza a bassa cadenza con recupero ad alta cadenza.
Il terzo giorno: cosa facevi?
Mediamente 5 ore, con delle sessioni di volate da 30” e recupero di 2′. Questo aspetto dei 30” forte l’ho mantenuto anche nell’off-season, per esempio quando andavo a camminare in montagna. Di tanto in tanto inserivo 30” di corsa forte. Questo serve per limitare il decadimento del Vo2 Max. E infatti quando ho ripreso stavo meglio.
E siamo al giorno di scarico…
Due ore facili.
La seconda tripletta cosa prevedeva?
Sostanzialmente le stesse cose, ma invertivo il primo giorno con il secondo. Mentre nel terzo giorno anziché fare delle volate da 30”, facevo 3×15′ di “swift spot”, vale a dire lavorare a cavallo di due zone, la Z3 e la Z4. Si tratta di lavorare vicino alla soglia, ma senza essere troppo aggressivi, specie perché si è ad inizio stagione. Era indifferente farle in salita o in pianura. Spesso cercavo terreni misti e, credetemi, fare 15′ non è una passeggiata. Anche perché in questa uscita non c’è mai un vero e proprio recupero. Al massimo si scende in Z2 e infatti tornavo a casa con una bella media sia di velocità che di watt. Sono tornato a casa anche con più di 280 watt medi che, considerando anche le discese, gli stop, il traffico, non è poco. Ero bello cotto!
Hai cambiato preparatore, è cambiato anche il lavoro?
Ora sono seguito da Giorgi, prima da Luca Zenti, coach della UAE Adq. Sostanzialmente non ci sono state grandi differenze sui lavori, ma sulle intensità e sui recuperi. Prima al 95 per cento, sapevo come avrei finito un allenamento e che non avrei sputato l’anima, ora invece più di qualche volta mi è capitato di non riuscire a finire i lavori e questo credo sia dovuto anche dalla tanta Z2 che faccio e non ai picchi. Stando costantemente in quella fascia, la catena è sempre in tiro.
Ora però Samuele ci siamo appena lasciati alle spalle gennaio, come è cambiato il menù? Sei passato dalla forza a cosa?
Le ore sono leggermente diminuite, ma neanche troppo, mentre sono aumentate le intensità. Sono aumentati i lavori in Z3 e Z4 e sono stati inseriti dei richiami in Z5. Però non ho mai toccato i massimali in allenamento. Neanche prima delle gare di Majorca e della Valenciana.
Puoi farci un esempio di qualche lavoro più intenso?
Per esempio facevo degli swift spot in Z4-Z5: 1′ in Z5, 30” di recupero in Z2. Oppure quando facevo la distanza inserivo dei lavori piramidali alla prima, terza e quinta ora: 3′ di VO2Max e 2′ di recupero in Z2; 2′ e 1′; 1′ e 40”; 40” e 30”… Un lavoro simile ti aiuta a conoscere il proprio fisico, specie nelle ore finali quando sei stanco, quando calano gli zuccheri. Riesci anche a capire come gestire gli integratori e la nutrizione. Capisci come migliorare nell’ultima ora.
Hai toccato il tasto dell’alimentazione, quali accorgimenti hai adottato per tutti questi particolari allenamenti?
Io sono molto alla buona e non ho preso chissà quali precauzioni. In linea di massima faccio riferimento all’introito calorico settimanale e se ho speso tanto, non faccio problemi a mangiarmi una pizza. In generale la dose di carboidrati è sempre alta sia a tavola che in bici. In bici mi attengo sempre agli 80-90 grammi di carbo l’ora, tra gel, barrette, malto… questo per avere il glicogeno sempre pieno. Ma questo vale più o meno sempre, al massimo quando dovevo lavorare sulla forza cercavo di aumentare la dose proteica negli shake prima e dopo gli allenamenti.
E lo stretching?
Quello lo faccio sempre e anche nei ritiri lo facevamo tutti insieme in squadra. Io però, quando faccio palestra, lavoro molto anche sulla mobilità articolare, specie quella delle gambe e della schiena. Avere una buona mobilità significa avere una capacità maggiore delle articolazioni e quindi del movimento e sfruttare meglio la muscolatura.