Milano Sanremo 2005, Alessandro Petacchi

Vent’anni dopo la sua Sanremo, quella del 2025 con Petacchi

15.12.2024
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Alessandro Petacchi ha vinto la Milano-Sanremo nel 2005 con uno sprint imperiale. Erano anni in cui spesso si arrivava in via Roma con il gruppo compatto e a spuntarla erano i velocisti. Nel frattempo il ciclismo è cambiato, e vedere la Classicissima decidersi con una volata di molti corridori è diventato sempre più raro. E forse per questo più affascinante.

Abbiamo raggiunto al telefono Petacchi per farci raccontare quali sono, secondo lui, i possibili scenari della prossima Sanremo, che si correrà il 22 marzo 2025. Vent’anni dopo la sua. 

Il podio della Milano-Sanremo 2024: Michael Matthews, Jasper Philipsen, Tadej Pogacar
Milano-Sanremo 2024, Jasper Philipsen e Tadej Pogacar
Petacchi, parliamo di Milano-Sanremo, la classica più imprevedibile del calendario.

La Sanremo è la gara più incerta tra le cinque Monumento, perché è la prima della stagione, il percorso è vario e conta anche più del solito la condizione degli atleti. Ogni edizione sono almeno 10-15 che possono vincerla. Non come il Lombardia o la Roubaix, dove i nomi sono due o tre. La Sanremo è sicuramente la più complicata da indovinare e la sua bellezza sta esattamente lì.

Iniziamo da sua maestà Pogacar. Il 2025 potrebbe già essere l’anno buono per quella che è forse la Monumento più difficile da vincere per lui? 

Sicuramente il suo obiettivo è vincere più classiche possibili. L’ha detto e ridetto, e l’ha anche fatto. Quel che è certo è che se l’ha vinta Nibali, può vincerla anche lui. Sa che deve fare il diavolo a quattro in salita perché non può arrivare in una volata di gruppo. Deve avere anche un po’ di fortuna, lui stare benissimo e gli altri un po’ meno. Ma questa è la Sanremo ed è il suo bello, la può vincere davvero qualunque tipo di corridore.

Lo scatto di Pogacar sul Poggio nell’edizione 2024
Lo scatto di Pogacar sul Poggio nell’edizione 2024
Se fossi in ammiraglia della UAE che tattica faresti? L’anno scorso hanno spremuto la squadra sulla Cipressa ma poi sul Poggio il capitano non aveva più molti uomini…

Per come la vedo io non hanno sbagliato più di tanto. Sul Poggio non serve troppo la squadra, quando sei nelle prime posizioni e hai 2-3 compagni bastano, talmente si va veloce. Comunque cercherei di portare gli uomini più adatti, passisti-scalatori, anche se è normale che la UAE abbia corridori più da corse a tappe. Per dire, uno come Adam Yates non è adattissimo alla Sanremo. 

Quindi come li faresti muovere?

Farei lavorare la squadra sulla Cipressa perché è lì che devi mettere tutti al limite, soprattutto i velocisti, cosa che l’anno scorso non gli è riuscita. Perché se vai in difficoltà sulla Cipressa, la Sanremo non la vinci, questo è chiaro. Poi Wellens e Del Toro me li terrei sul Poggio. Però devono stare anche loro bene, anzi benissimo, e non è facile. Ricordiamoci che comunque l’anno scorso Pogacar ha fatto terzo nonostante gli scatti in salita. Non avevo mai visto una cosa simile, di solito chi attacca lì poi si stacca. Ma lui è Pogacar e infatti è un corridore eccezionale, ed è giusto che vinca questa corsa prima o poi.

L’abbraccio fra Van der Poel e il vincitore 2024 Jasper Philipsen
L’abbraccio fra Van der Poel e il vincitore 2024 Jasper Philipsen
L’altro grande favorito è Van der Poel. La sensazione è che l’anno scorso più che cercare di vincerla abbia voluto farla perdere a Pogacar per favorire Philipsen. Credi che nel 2025 andrà ancora così?

Credo che Van der Poel farà la sua corsa fino in cima al Poggio e poi vedrà. Se poi in fondo alla discesa ci dovesse essere ancora Philipsen, credo che correrà per lui. Se invece già sul Poggio lui e Pogacar riuscissero ad andare, credo si darebbero cambi regolari fino in fondo, anche perché, almeno in teoria, Van der Poel in volata sarebbe avvantaggiato. Quest’anno ha tirato un po’ il freno in discesa, anche perché aveva già vinto la Sanremo, l’anno prossimo vedremo, potrebbe essere sia questo che quello.

Un altro favorito ogni anno è Van Aert, che sembra fatto apposta per questa gara. Non a caso è l’unica Monumento che ha vinto finora. Dopo le cadute del 2024 sarà ancora capace di essere tra i protagonisti?

Mi è dispiaciuto tanto che quest’anno sia caduto prima di Fiandre e Roubaix.  Avevano ragionato bene, facendo meno gare più mirate, un avvicinamento perfetto. Speriamo che questo sia il suo anno buono. Certo, se scattano Van Der Poel e soprattutto Pogačar, Van Aert non può cercare di rispondere, deve tenerli il più vicino possibile salvando la gamba, senza per forza seguire in prima persona. Anche perché Pogačar peserà 15 chili in meno di lui. Comunque gli scenari sono tantissimi. 

Julian Alaphilippe Wout Van Aert
Van Aert ha vinto la Sanremo nel 2020, battendo allo sprint Alaphilippe
Julian Alaphilippe Wout Van Aert
Van Aert ha vinto la Sanremo nel 2020, battendo allo sprint Alaphilippe
Per esempio?

Se nel gruppetto in cima al Poggio ci fosse ancora Philipsen, per Van Aert andrebbe bene, perché così potrebbe temporeggiare e capire un po’ la situazione. Se dovesse arrivare in una volata a due contro Van der Poel l’olandese credo sarebbe avvantaggiato, perché la velocità di partenza sarebbe probabilmente più bassa. In uno sprint a tre, invece, magari proprio con Pogacar che dovrebbe anticipare, potrebbe essere avvantaggiato Van Aert. Quali che siano gli scenari, quando uno come Van Aert parte e sta bene può sempre vincere, quindi non si può non considerarlo.

Passiamo a Matthews, che l’anno scorso è arrivato secondo, e sembra voglia puntarci ancora. Secondo te se la può giocare contro gli altri mostri sacri?

Credo proprio di sì. Si è già piazzato molto bene, è vero che comincia ad avere una certa età ma è molto veloce, e tra quelli veloci è quello che forse fa meno fatica in salita. Pur con le dovute differenze mi ricorda Freire, che non a caso ha vinto tre Sanremo. Matthews deve fare un po’ la stessa gara di Van Aert, cercare di resistere e poi fare la sua volata. Come tra l’altro ha fatto quest’anno, dove non a caso è arrivato secondo per pochissimo. Anche perché l’arrivo è ottimo per lui, tende un po’ all’insù, la velocità non è mai altissima e si equilibrano le forze.

Nel 2024 Michael Matthews ha sfiorato la vittoria, arrivando secondo di un soffio
Nel 2024 Michael Matthews ha sfiorato la vittoria, arrivando secondo di un soffio
Anche Pedersen è un nome da tenere in grande considerazione?

Sicuramente. Anche se uno che col suo fisico ha bisogno di alte velocità per dare il meglio, è anche capace di partire lungo, ai 300 metri, perché vuole lanciarsi al meglio. In una Sanremo può fare una grande volata, è un arrivo adattissimo a lui. Se scollina il meglio possibile e poi, magari, ha ancora uno come Stuyven a fianco, per gli altri sono dolori. Ecco, se io avessi un compagno come Stuyven in una gara così, lo seguirei come un’ombra.

Parlando di compagni di squadra di Pedersen, Milan potrebbe avere delle possibilità o il tracciato è troppo duro per lui?

L’ostacolo per lui potrebbe essere non il Poggio, ma la Cipressa. Anche se il primo vero scoglio è Capo Berta, io capivo lì se potevo vincere oppure no. Ci arrivi dopo 260 km veloci e lì fai il primo vero sforzo, perché tutti vogliono stare davanti per non correre rischi in discesa e lì capisci come stai. Quest’anno Milan ha speso molto già sul Berta e poi infatti ha pagato sulla Cipressa. Ma se la prossima volta riuscisse a stare bene a ruota e risparmiare energie, perché no. Anche se non è facile per lui avendo in squadra un corridore come Pedersen, in teoria più adatto. Però in Lidl-Trek potrebbero voler provare a giocarsela con le due punte, e allora può provare a fare la sua gara. Gambe permettendo, naturalmente.

L’anno scorso Ganna ha dimostrato di potersela giocare con i migliori
L’anno scorso Ganna ha dimostrato di potersela giocare con i migliori
Un italiano che abbiamo visto brillante l’anno scorso è Filippo Ganna.

La Sanremo è una gara a cui tiene e in cui ha dimostrato di poter fare molto bene. Peccato per quest’anno: era in ottima posizione sul Poggio, ma poi ha avuto quel problema al cambio. Lui può provare uno scatto appena dopo la discesa, anche se è in un gruppetto di 10-15 corridori e se parte da dietro ce la può fare. Un chilometro e mezzo ai 60 all’ora lui ce l’ha… Poi chiaro che sarebbe più facile se tutti fossero isolati, senza compagni di squadra, perché chi va a prenderlo poi ha perso.

Quali sorprese potrebbero esserci l’anno prossimo?

Se ci fosse un meteo avverso allora potrebbe cambiare tutto. Un corridore singolo in gran forma soffre meno anche il freddo e la pioggia, ma le squadre invece sono più disunite, le discese fanno più selezione, c’è più nervosismo generale. E questo conta, molto.

Secondo Petacchi una possibile sorpresa potrebbe essere il giovane belga Arnaud De Lie, qui in fuga con Van der Poel
Secondo Petacchi una possibile sorpresa potrebbe essere il giovane belga Arnaud De Lie, qui in fuga con Van der Poel
Per quanto riguarda possibili outsider invece?

Bauhaus è uno che ci prova sempre, uno tosto, potrebbe regalare sorprese. Poi anche De Lie è un corridore che può vincere una Sanremo. Va forte negli strappi, è vero che è molto giovane, ma ha grandi qualità.

Alessandro, finiamo con una domanda impossibile per la classica più imprevedibile. Ma dopotutto siamo qui apposta. Vent’anni dopo di te, chi vince?

Diciamo che vedere vincere la maglia di campione del mondo è sempre bello… Se vince la Sanremo contro un lotto di avversari di questo calibro, che sono sulla carta molto più adatti a lui a questa corsa, sarebbe davvero qualcosa di unico. D’altronde Pogacar ci ha abituati a stravolgere le normali regole del ciclismo. 

O’Connor, quattro anni in Francia e l’inglese ritrovato

15.12.2024
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ALTEA (Spagna) – Dato che non può ancora indossare gli abiti del Team Jayco-AlUla, Ben O’Connor ha pensato bene di presentarsi in ritiro con la maglia bianca e sopra una giacca larga e marrone. Di ottimo umore e anche leggermente abbronzato, l’australiano per quest’inverno non tornerà in patria, essendo diventato da poco papà e volendosi calare appieno nella parte di leader del nuovo team. Australiano come lui.

Riepiloghiamo, per chi fosse rimasto scollegato. Dopo aver conquistato il secondo posto alla Vuelta alle spalle di Roglic (che l’ha detronizzato a tre tappe dalla fine), l’australiano ha vinto con la sua nazionale il Team Mixed Relay ai mondiali di Zurigo e poi si è piazzato secondo nella gara in linea alle spalle di Pogacar e prima di Van der Poel. Ha riannodato in un solo colpo il filo che penzolava dopo il quarto posto al Tour del 2021, guadagnando valore di mercato e stuzzicando l’ambizione della squadra di Brent Copeland, che l’ha ingaggiato per farne il leader nei Grandi Giri. Lo incontriamo nei giorni del training camp della Jayco-AlUla ad Altea, lungo la costa fra Calpe e Benidorm.

O’Connor viene dalla punta più a Sud dell’Australia Occidentale, da una cittadina di settemila abitanti che si chiama Subiaco. Se qualcuno a questo punto ha pensato che c’è una Subiaco anche in Italia, a sud di Roma, sappia che l’omonimia non è casuale. Nell’area inizialmente popolata dagli aborigeni, nel 1851 si stabilì infatti una comunità di Benedettini che fondò la città dandole il nome di New Subiaco, proprio in onore della città italiana. A Subiaco, infatti, San Benedetto aveva fondato dodici monasteri e di uno era divenuto egli stesso l’abate. Otto anni dopo gli stessi monaci costruirono un grande monastero e nel 1881 la città prese semplicemente il nome Subiaco.

Tre le vittorie 2024 di Ben O’Connor, 29 anni: la Vuelta Murcia, la 6ª tappa della Vuelta (sopra), il Team Mixed Relay ai mondiali
Tre le vittorie 2024 di Ben O’Connor, 29 anni: la Vuelta Murcia, la 6ª tappa della Vuelta (sopra), il Team Mixed Relay ai mondiali
Come sta andando l’inverno?

Bene, finora il tempo è stato molto bello, piuttosto mite. Di solito vado via da Andorra quando nevica, non credo di esserci mai rimasto con la neve fuori dalla porta. Io andavo via e la neve arrivava, con un tempismo perfetto. Ma quest’anno che non ho intenzione di partire, la neve sembra non voler venire. Curiosa coincidenza.

Come si guarda indietro alla stagione 2024?

La guardo con un sorriso, è stato fantastico. Poche cose sono andate storte, ma ce ne sono sicuramente alcune che so di poter migliorare. Si potrebbe pensare che uno sia al settimo cielo, ma ci sono sempre prestazioni migliori, risultati migliori o modi migliori di gestire le situazioni. Però è stato certamente un anno da sogno.

Hai conservato tutte le maglie rosse della Vuelta?

Ne ho un sacco, questo è certo. Anche se hai vestito la maglia di leader in una qualsiasi gara World Tour, vorresti tenerla. E’ un ricordo, una cosa speciale. Se poi parliamo di un Grande Giro, è la ciliegina sulla torta. Indossare la maglia rossa per due settimane è stato qualcosa di diverso. Scendere dall’Andalusia attraverso la Galizia fino alla Cantabria è stato davvero una cosa grande. Il bello di quest’anno è che sono riuscito a mostrare la migliore versione di me in tutte le gare.

O’Connor ha conquistato la maglia di leader della Vuelta vincendo la 6ª tappa e l’ha difesa per i 12 giorni successivi
O’Connor ha conquistato la maglia di leader della Vuelta vincendo la 6ª tappa e l’ha difesa per i 12 giorni successivi
Avete individuato un fattore chiave per ottenere questa costanza durante la stagione?

Non so se sia l’età o il fatto di aver imparato a gestire il volume di allenamento. Il corpo ha imparato ad assorbire il carico di lavoro e fisicamente sono migliorato ogni anno da quando ho iniziato. Si impara a riposare e ad allenarsi per dare tutto quando serve. La squadra ha avuto un piano molto chiaro per ogni gara e in questo contesto abbiamo deciso che io fossi l’uomo delle classifiche generali. Alla Vuelta i ragazzi erano un po’ più al guinzaglio perché avevamo la maglia, però al Giro abbiamo vinto due tappe, con Vendrame e Valentin Paret-Peintre. La chiarezza è stata alla base di tutto ed è qualcosa su cui ragionare per la prossima stagione.

Pensi che potrai ripetere quello che hai vissuto quest’anno?

Probabilmente non rimarrò in testa alla Vuelta per due settimane, ma credo di potermi avvicinare. Non so se il 2024 rimarrà l’anno migliore della mia vita di corridore, ma di sicuro l’anno prossimo potrò ottenere prestazioni simili. Non ho dubbi sul fatto che possa migliorare, perché so che posso fare di più. Poi è chiaro che i risultati sono difficili da confermare, fai del tuo meglio e le cose magari non funzionano. Serve essere intelligenti. Non credo che al mondiale fossi il secondo più forte del gruppo, ma me la sono giocata meglio e alla fine ho preso la medaglia d’argento. Il ciclismo è così, non sempre alle prestazioni corrispondono i risultati.

Cosa ti fa pensare che l’anno prossimo otterrai prestazioni migliori?

Sono fiducioso perché, per esempio, nell’ultima settimana del Giro sono stato male come un cane. Eppure alla fine è stata una grande occasione persa, perché avrei avuto ugualmente la possibilità di salire sul podio, ma non ce l’ho fatta. Sarei potuto salire sul podio in entrambi i Grandi Giri della mia stagione. Avrei potuto vincere il UAE Tour e conquistare una gara a tappe WorldTour, invece Van Eetvelt è stato migliore di me. Tante cose sarebbero potute accadere, ma non sono successe. E io so che l’anno prossimo si può migliorare, ma non si può tornare indietro e cambiare il tempo.

O’Connor non ama le classiche ma riconosce l’atmosfera unica del mondiale con la maglia della nazionale
O’Connor non ama le classiche ma riconosce l’atmosfera unica del mondiale con la maglia della nazionale
Pensi di poterti avvicinare a Pogacar e Vingegaard?

No, sono fuori portata, sono troppo forti. Posso essergli vicino in certi giorni, ma non credo fisicamente di avere il loro stesso talento.

Arriverai al punto di pianificare le tue gare in base a ciò che non fanno loro?

Sì, è possibile. Si potrebbe seguire questa linea, perché ciascuno di noi ha sempre il proprio obiettivo personale. Potrei fare ogni anno il Giro se volessi, ma significherebbe evitare il Tour, che alla fine è l’apice. E proprio per questo tutti vogliono andare in Francia, perché è la corsa più importante dell’anno e tu vuoi esserci. Lo sport è pieno di grandi campioni, è una sua caratteristica, così come il fatto che non si può vincere tutto. Non si può evitare di andare al Tour e neppure di essere sconfitti, perché così è lo sport professionistico. Devi andare avanti e affrontarlo.

Perché si guarda a te solo per i Giri quando la tua prima vittoria 2024 è stata la Vuelta Murcia, di un solo giorno, poi sei arrivato secondo al mondiale?

Le corse di un giorno sono qualcosa che il mio ex allenatore ha sempre pensato che avrei dovuto fare di più. Solo che i programmi non si sono mai allineati. Le classiche devono piacerti e io non le trovo proprio così divertenti. Non è che proprio non veda l’ora che arrivino Amstel, Freccia e Liegi. Invece il mondiale è un po’ diverso, perché ha un’atmosfera da brivido. Indossi la maglia della nazionale australiana insieme agli altri corridori australiani ed è davvero una cosa speciale e allo stesso tempo per me un’eccezione. Con le corse di un giorno devi davvero metterti in gioco, mentre nelle corse a tappe puoi aspettare. Puoi essere il migliore semplicemente alla fine, che sia con la cronometro o sulla cima di una montagna. Invece durante la gara di un giorno, devi andare a cercarti anche il vento, devi essere aggressivo ed è un modo piuttosto divertente di gareggiare. Quindi da un lato non mi fanno impazzire, dall’altro forse potrei impegnarmici di più.

Il concetto di O’Connor è chiaro: la Decathlon non era il team più forte, ma ha guidato la Vuelta grazie a ruoli ben definiti
Il concetto di O’Connor è chiaro: la Decathlon non era il team più forte, ma ha guidato la Vuelta grazie a ruoli ben definiti
Che cosa hai imparato dal 2024?

Che puoi anche non avere una squadra di superstar, ma puoi ugualmente controllare una gara. Alla Vuelta avevamo un gruppo di bravi ragazzi, ma non certo dei campionissimi. Al confronto con quelli della UAE eravamo inferiori, ma i miei compagni sono stati forti perché avevano un compito prestabilito da svolgere e sono stati in grado di farlo. Ne sono rimasti tutti colpiti e abbiamo imparato che se hai le idee chiare, puoi riuscirci a prescindere dal nome dei tuoi compagni.

E’ scontato dire che il legame con l’Australia sia stato un fattore importante nella tua scelta?

No, di sicuro è stato un fattore importante. Sono stato per quattro anni in una squadra francese e ha significato cambiare completamente il mio stile di vita, il modo di comunicare. Se vai a correre in Francia, devi imparare prima di tutto la lingua. Sei tu il leader, hai la responsabilità di fare tu la corsa, eppure i direttori sportivi che ti guidano non parlano inglese. Così ho imparato a comunicare con i compagni e tutti i membri dello staff e i direttori. Soprattutto se sei un australiano in una squadra francese, devono davvero fidarsi di te perché vieni da un diverso modo di lavorare.

Una convivenza difficile?

Da un lato mi è piaciuta, ho vissuto un bel periodo, ma allo stesso tempo ero pronto per cambiare. Essere in una squadra australiana significa ritrovare la facilità di parlare e di stare con i ragazzi, me ne sono accorto già in questi pochi giorni. E anche con lo staff fila tutto liscio, si può parlare in modo diretto. Penso che come persona mi sentirò molto più a mio agio. In Francia mi sono divertito, ma qui è come tornare a casa.

Mohoric: genio e ciclismo schematico, sognando la Roubaix

15.12.2024
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ALTEA (Spagna) – Eravamo lì a parlare del più e del meno con Matej Mohoric, quando il discorso è finito sui sacrifici e le rinunce del fare il corridore in questo tempo così scientifico e definito. Si potrebbe pensare che tante rigidità siano vincolanti e compromettano l’equilibrio nella vita dell’atleta, invece lo sloveno ci ha offerto un punto di vista così lucido da non ammettere tante repliche. A patto che il corridore in questione sia dotato di grande determinazione e razionalità: doti senza le quali non arrivi da nessuna parte o comunque non troppo lontano.

Si parlava nello specifico di tutto quello che si potrebbe fare per migliorare, aggiungendo con la ricerca qualche cavallo al proprio motore nel tentativo di opporsi alla forza dei più forti. E Matej, cui non mancano sagacia e ironia, ha cominciato col dire che si potrebbe fare anche parecchio, ma servirebbero giornate più lunghe delle 24 ore. Potrebbe valere la pena correre di meno e ricercare il meglio negli allenamenti come sembrano fare Pogacar e Van der Poel?

«Non penso che serva aumentare gli allenamenti», dice. «Magari cinque anni fa ci allenavamo pure di più – prosegue – più ore, però adesso è cambiato il modo, sono cambiate l’intensità e la struttura di tutto. Adesso è più scientifico, è tutto provato, tutto studiato, è più metodico. Prima magari ti dicevano di andare finché le gambe ti bruciavano, adesso ti dicono che devi fare 43 secondi a 730 watt. Quindi è tutto più studiato, più preciso, più definito. C’è anche meno margine di sbagliare in ogni cosa. Nella nutrizione, nell’allenamento, nel recupero».

Giornata piena: anche un’intervista ai microfoni di Rai Sport, in Spagna con Stefano Rizzato
Giornata piena: anche un’intervista ai microfoni di Rai Sport, in Spagna con Stefano Rizzato
E’ faticoso o comunque pesante starci dietro?

No, no, no. Prendiamo solo l’esempio della nutrizione, del mangiare. Quando mi chiedono cosa mangiamo, io lo spiego e tanti mi dicono che è impossibile seguire sempre i numeri. Se però i nutrizionisti riescono a suggerirmi quello che devo mangiare per sentirmi meglio e io, provandolo, scopro che è vero, personalmente diventa più facile farlo. Perché so che il giorno dopo mi sentirò meglio in bicicletta e grazie a questo mi sentirò anche sazio dopo il pasto. Se è così, se sono consapevole dei benefici, non ho né voglia né desiderio di mangiare qualcos’altro, quello che magari so che mi farebbe male.

Non ti pesa?

Non è uno sforzo, non è un sacrificio. E’ una cosa che rende la mia vita e le mie decisioni più facili, perché so che ho mangiato quello che serviva. So il perché di certe scelte e le faccio volentieri e senza nessun dubbio. E’ lo stesso sull’allenamento, sui materiali, su tutto. Più queste cose vengono studiate, più vengono provate, più per me diventa tutto facile.

Però in tutto questo controllo estremo, tu hai vinto la Sanremo con il reggisella telescopico e con una discesa da pazzo. Quindi non è tutto scientifico…

Sì, ovvio. Perché se fosse tutto solo di gambe, se dipendesse solo dalla forza, vincerebbe sempre quello più forte fisicamente che è Tadej. Per fortuna non è così. Per fortuna oggi le corse sono più imprevedibili e il finale inizia anche a 80 chilometri dall’arrivo, mi ci trovo meglio, piuttosto che ad aspettare gli ultimi chilometri.

L’hai mai riguardata quella discesa di Sanremo?

Sì, sinceramente dalla televisione sembra molto più da pazzi rispetto a quello che ho vissuto io in quel momento.

E’ il 19 marzo 2022, scollinamento del Poggio. Mohoric sta per lanciare l’attacco diventato leggenda
E’ il 19 marzo 2022, scollinamento del Poggio. Mohoric sta per lanciare l’attacco diventato leggenda
Come si vive questo momento di sloveni fortissimi?

Per me è più facile che ci siano due che hanno vinto tanto di più, così l’attenzione è più su loro. Sicuramente è un’era che prima o poi finirà, come è successo nel passato, con tante altre Nazioni. C’è anche da dire che lo sport è sempre più globale, che c’è sempre più competizione, sempre più altre nazioni da cui arrivano ragazzi tanto competitivi. E questo è un bene secondo me per tutto il ciclismo, per tutto il movimento e soprattutto per tutta la gente che inizia a seguire lo sport. E magari si appassionano e iniziano anche loro ad andare in bicicletta, che secondo me è una cosa buona perché fa bene alle salute.

Quanto sei diverso dal Matej che vinse il mondiale under 23 del 2013?

Dieci anni ti fanno cambiare in ogni caso. Adesso sicuramente ho più esperienza, in questi anni ho imparato tante cose e ho sempre comunque la stessa voglia di crescere, non solo di migliorare me stesso, ma anche di aiutare gli altri. E porto sempre lo stesso rispetto per la squadra, lo staff e tutti quelli che lavorano perché noi possiamo fare quello che sognavamo da piccoli.

E quanto è diverso invece il Matej neoprofessionista dai ragazzi che passano oggi?

Anche in questo si vede che sono passati dieci anni, è un po’ diverso. Non dico che abbiano più esperienza, ma sono già più pronti. Sanno più cose su tutti gli aspetti della performance nel ciclismo. Sanno di nutrizione e di allenamento. Magari hanno avuto la possibilità di praticare ciclismo in un modo più strutturato sin da più piccoli. Anche per questo non dico che per loro sia facile perché non lo è, ma è più probabile che già a 22, 23, 24 anni possano già vincere delle gare che prima erano molto improbabili o quasi impossibili. Adesso è così.

Al rientro dalla sessione fotografica del mattino, ci si cambia, ci si copre e si va alle interviste
Al rientro dalla sessione fotografica del mattino, ci si cambia, ci si copre e si va alle interviste
Anche questo è un bene per lo sport?

Penso proprio di sì. Magari però da un altro punto di vista per loro è difficile se hanno successo quando sono troppo giovani. Il successo porta anche più responsabilità, non solo nella professione, non solo nel dover vincere di nuovo la gara che hai vinto l’anno precedente, ma anche a livello personale. Se hai successo, aumenta anche la responsabilità nella vita privata. Gestire il denaro di un contratto importante e le tante aspettative può creare dei problemi.

Ultima domanda, dici spesso che la tua classica preferita è la Roubaix: forse perché si può inventare qualcosa come alla Sanremo?

Sì, esatto. Secondo me il Fiandre puoi rigirarlo come vuoi, ma alla fine vince quello più forte. Alla Roubaix invece possono succedere tante cose. Per vincerla devi essere comunque molto forte, però possono capitare tanti imprevisti. Penso che per me un giorno sarà più facile vincere la Roubaix che vincere il Fiandre.

Perché ti piace così tanto?

C’ero quando la vinse Sonny (Colbrelli, ndr) e fu un vero colpo di fulmine. Quest’anno sono caduto al Fiandre e ho dovuto saltarla, speriamo di tornarci nel 2025.

Cassani e il Giro della Lunigiana del 1979: ricordi e aneddoti

15.12.2024
4 min
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Capita, nello scrollare tipico dei social, di imbattersi in qualcosa che richiami la nostra attenzione, che la catturi. In un pomeriggio invernale succede di vedere condivisa la lista partenti del Giro della Bassa Lunigiana del 1979. In quel gran susseguirsi di nomi che poi hanno scritto la storia di quel ciclismo c’era quello di Davide Cassani. Alla fine degli anni ‘70 era al suo secondo anno nella categoria juniores, in rampa di lancio per diventare un ciclista professionista. Era la quinta edizione di quella che ora è diventato l’attuale Giro della Lunigiana, ma già all’epoca meritava il soprannome di Corsa dei Futuri Campioni. 

«Il Giro della Bassa Lunigiana, come si chiamava ai tempi – racconta Cassani – l’ho corso due volte. La prima nel 1978, la seconda nell’anno successivo: il 1979. Ricordo che fu la mia prima esperienza in una gara a tappe e avevo la sensazione di essere diventato grande. In una tappa arrivai addirittura terzo, dietro Bontempi e Ciuti».

Davide Cassani in maglia di campione regionale Emilia-Romagna 1979
Davide Cassani, maglia campione regionale Emilia-Romagna 1979

Diventare grandi

Sono passati 46 anni da quella prima volta, ma l’aria che si respirava al Giro della Bassa Lunigiana era già di un ciclismo importante. Anche se si era lontani dal sentirsi arrivati tanta era la strada da fare prima di vedere il proprio nome tra quello dei professionisti. 

«Fu un primo assaggio di cosa volesse dire partecipare ad una corsa importante – continua Davide Cassani – perché si stava fuori a dormire, avevamo i massaggiatori al seguito. Insomma era a tutti gli effetti un appuntamento di grande importanza. Era la gara a tappe di riferimento della categoria, come lo è ora. L’emozione principale che ci muoveva era l’orgoglio di indossare la maglia della rappresentativa regionale, nel mio caso dell’Emilia-Romagna. Per un ragazzo di 17 o 18 anni era il massimo. Anche perché non tutti, me compreso, riuscivano a indossare la maglia della nazionale. Iniziavano a esserci appuntamenti importanti, come la Corsa della Pace e i mondiali, ma non erano di certo tanti come ora».

Davanti Maurizio Conti detto “Garibaldi” e alle sue spalle Davide Cassani
Davanti Maurizio Conti detto “Garibaldi” e alle sue spalle Davide Cassani
Che sensazioni provava un ragazzo nel partecipare al Giro della Bassa Lunigiana?

Quella di essere sulla strada giusta, correre in certi appuntamenti ti permetteva di sentire il profumo di un sogno. Per me partecipare a quella corsa era un obiettivo, sapevi di avere buone chance di passare dilettante. In quell’anno (il 1979, ndr) militavo in una delle squadre più forti e avevo vinto nove corse. Anche come rappresentativa dell’Emilia-Romagna eravamo tra i favoriti, con me correvano Giardini e Federico Longo. Due veri campioni dell’epoca. 

Sentivate crescere l’attenzione intorno a voi?

Sì. Anche perché il primo anno che partecipai (1978, ndr) ci chiamò, a inizio stagione, il responsabile del Comitato regionale per consegnarci una sorta di agenda da compilare. Dovevamo scrivere i chilometri fatti e rimandarli poi al Comitato a fine anno. Era il primo contatto con i vertici della Federazione.

Allora come oggi il Giro della Lunigiana è la gara a tappe di riferimento del panorama juniores (Foto Duz Image/Michele Bertoloni)
Allora come oggi il Giro della Lunigiana è la gara a tappe di riferimento del panorama juniores (Foto Duz Image/Michele Bertoloni)
Insomma, avevate capito l’importanza del momento…

Ti sentivi sotto osservazione, a 17 o 18 anni inizi a capire cosa puoi fare da grande. Comunque già a quell’epoca andare forte tra gli juniores era un bel segnale

Cosa ricordi della gara?

Avevamo una grande squadra. Con noi c’era anche un lombardo: Maurizio Conti, detto “Garibaldi”. Faceva parte della nostra rappresentativa regionale, ma per il resto dell’anno era un avversario. Ci scontravamo con lui e riusciva spesso a vincere. Ricordo anche che l’ultima tappa di quell’edizione, una cronoscalata su Monte Marcello, rischiò di saltare a causa di un incendio. Riuscirono a farla, ma in alcune zone era ancora presente sulla strada il liquido usato per domare le fiamme. 

Tanti juniores passano direttamente pro’, è il caso di Seixas che dal team U19 della Decathlon AG2R passa nel WT (Foto Duz Image/Michele Bertoloni)
Tanti juniores passano direttamente pro’, è il caso di Seixas che dal team U19 della Decathlon AG2R passa nel WT (Foto Duz Image/Michele Bertoloni)
Anche all’epoca il Giro della Lunigiana apriva uno spiraglio sul professionismo?

Era impensabile per uno junior passare professionista, i carichi di lavoro erano di gran lunga diversi. Ora questo accade con più frequenza perché i ragazzi sono allenati molto più preparati. Alcuni di loro, come accade alla Bardiani, fanno un buon calendario under 23. Penso però che certe scelte si debbano fare con attenzione. I devo team sono una risorsa preziosa, ma non aprono automaticamente le porte del professionismo.

Si deve ponderare bene la scelta…

Soprattutto perché il nostro primo anno da under 23 coincide con l’ultimo anno di scuola. Anche questo è un fattore da prendere in considerazione quando si decide cosa fare alla fine della categoria juniores. Magari potrebbe essere utile approdare in un devo team nell’anno successivo alla maturità.

L’occasione mancata: Tiberi a Oropa e il podio che se ne va

14.12.2024
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Due minuti e 25 secondi, questo è il distacco che a Roma ha separato Antonio Tiberi dal terzo gradino del podio al Giro d’Italia, occupato da Geraint Thomas. Se poi si conta che nella seconda tappa, quella che ha portato la carovana al Santuario d’Oropa il laziale ha perso due minuti dal gallese della Ineos Grenadiers i conti sono presto fatti. 

Quando chiamiamo Franco Pellizotti per chiedere quale sia la sua occasione mancata del 2024, il diesse della Bahrain Victorious ci ha pensato un paio di minuti. Prima ha detto la Milano-Sanremo con Matej Mohoric

«Però anche la tappa di Oropa – ci dice subito in battuta – lì abbiamo perso il podio al Giro con Tiberi…».

La Bahrain Victorious aveva approcciato bene il finale tenendo Tiberi davanti
La Bahrain Victorious aveva approcciato bene il finale tenendo Tiberi davanti

Obiettivo raggiunto ma…

L’occasione ci arriva davanti e cogliamo la palla al balzo. D’altronde della Sanremo mancata avevamo parlato proprio con Piva a proposito del secondo posto di Michael Matthews. E poi si parla di vittorie di singole corse o tappe, qui c’era in ballo il podio al primo Giro d’Italia corso da capitano di Antonio Tiberi

«A Oropa non avrebbe vinto – continua Pellizotti – ma proprio quei due minuti ci hanno impedito di salire sul podio. Era la seconda tappa, la prima con un arrivo in salita e Tiberi stava davvero bene, era fresco e preparato. Arrivava come capitano designato e l’obiettivo era di entrare nella top 5 e di vincere la maglia bianca. Alla fine ci siamo riusciti, certo che quei due minuti persi ad Oropa bruciano».

A inizio salita il gruppo era ancora compatto ma allungato, tra la testa e la coda c’erano comunque 30-40 secondi
A inizio salita il gruppo era ancora compatto ma allungato, tra la testa e la coda c’erano comunque 30-40 secondi
La foratura a inizio salita non ci voleva.

Siamo stati parecchio sfortunati, perché Tiberi ha bucato proprio sulle prime rampe della salita di Oropa (anche la bici di scorta poi aveva la ruota forata, ndr). Anche Pogacar aveva bucato, ma almeno era successo cinque chilometri prima e ha sfruttato il tratto in pianura e la scia delle ammiraglie.

Per Tiberi questo non è stato possibile?

No, perché in salita la scia delle ammiraglie non c’è, la velocità è bassa. Lui si è fermato a cambiare la ruota e così si è trovato dietro a tutti e con il gruppo da risalire, solo che intanto molti corridori stavano perdendo terreno. 

Tiberi si è trovato nel gruppetto con Paret-Peintre, ormai lontano dalla testa
Tiberi si è trovato nel gruppetto con Paret-Peintre, ormai lontano dalla testa
Si sarebbe potuta gestire in maniera diversa?

Avrebbe potuto prendere la bicicletta da un suo compagno di squadra, solo che Caruso era ancora in classifica. Accanto a lui c’erano anche Zambanini e altri. Si sarebbe potuto anche cambiare tutta la bici e non solo la ruota. 

In quei casi è il capitano che deve prendere in mano la situazione o anche i gregari che devono agire d’istinto?

E’ un mix di entrambe le cose. Sicuramente tutti avrebbero potuto fare meglio. In quelle fasi concitate Tiberi ha anche provato a forzare per rientrare ma senza successo. La salita di Oropa non è così lunga, o ti chiami Pantani oppure non rientri. Antonio ha anche fatto un fuorigiri che ha pagato, era nervoso e c’era tanta tensione. 

La faccia al traguardo dice tutto, alla fine il passivo da Pogacar è stato di 2′ 24″ da Thomas invece 1′ 57″
La faccia al traguardo dice tutto, alla fine il passivo da Pogacar è stato di 2′ 24″ da Thomas invece 1′ 57″
A fine tappa ne avete parlato?

Certo. Ho detto a Tiberi che il suo Giro sarebbe iniziato nella cronometro di Foligno e che avrebbe dovuto tenere duro. E’ stato bravo a reggere mentalmente perché la botta emotiva poteva essere forte.

Nella quale ha reagito subito bene.

Le prestazioni a cronometro ci hanno dato conferma di quanto avesse lavorato bene quanto fosse preparato al massimo. In una gara di tre settimane certe cose possono capitare, poi ci sono momenti e momenti.

Alla fine l’obiettivo della maglia bianca è stato centrato, così come la top 5
Alla fine l’obiettivo della maglia bianca è stato centrato, così come la top 5
Anche perché in salita i livelli tra i primi (a parte Pogacar) si equivalevano.

Era difficile pensare di poter recuperare minuti, a meno che qualcuno fosse andato in crisi. Thomas e O’Connor sono corridori solidi.

Con il proseguire dei giorni vi siete resi conto dell’importanza di quel momento?

A Roma quando ho ripensato all’intero Giro il pensiero è andato a quel giorno. Ma sono cose che capitano. Tiberi ha dimostrato di essere forte, ci ha dato un gran bel segnale.

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Progetto rinviato, la BePink resta Continental con già tanti inviti

14.12.2024
7 min
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A fine novembre l’UCI lo aveva confermato nel suo comunicato stampa. Sette squadre femminili avevano fatto domanda per ottenere lo status di Women’s ProTeam per il primo anno ed alcune altre squadre avevano già espresso il desiderio di entrare a far parte di questo livello nel 2026. In queste ultime rientra anche la BePink-Bongioanni, l’unica formazione italiana che ha provato a fare il salto nella seconda divisione del ciclismo mondiale.

A distanza di due mesi, da quando ci aveva spiegato cosa comportava prendere la licenza ProTeam, abbiamo contattato nuovamente Walter Zini per capire le reali necessità e complessità che ha dovuto affrontare in questo periodo. Il team manager milanese per indole non è uno che si arrende e sta tenendo tutto sotto osservazione per il futuro, mentre ha già pianificato buona parte dell’attività del 2025.

La BePink accettando l’invito al Simac Ladies Tour ha salvato lo status WorldTour della gara e si è garantita il posto nel 2025
La BePink accettando l’invito al Simac Ladies Tour ha salvato lo status WorldTour della gara e si è garantita il posto nel 2025

Le sette sorelle

Le sette squadre che sono diventate ProTeam erano tutte più o meno scontate. Alcune hanno una struttura rodata da categoria superiore e atlete di alto livello. La basca Laboral Kutxa, la statunitense EF-Oatly-Cannondale, l’olandese VolkerWessels e le quattro francesi Arkéa-B&B Hotels, Cofidis, St. Michel Preference Home Auber 93 WE e Winspace Orange Seal. Nel complesso tutte hanno fatto lo scatto in avanti in maniera quasi fisiologica. Chi per avvicinarsi alla propria formazione maschile, chi per la propria storicità nel panorama femminile e chi per una progettualità ben studiata.

Come succede per gli uomini, solo due di esse (EF-Oatly-Cannondale e VolkerWessels) avranno diritto a ricevere inviti obbligatori a tutti gli eventi del WorldTour 2025 in virtù del punteggio ottenuto al termine di quest’anno. Tenendo conto di un regolamento ancora non del tutto limpido, per le altre cinque formazioni sulla carta cambia poco o nulla, anche se in pratica ci saranno differenze sensibili. Avranno la facoltà di scegliere se partecipare al calendario WorldTour qualora arrivassero gli inviti. E’ ovvio però che potrebbero avere la garanzia “non scritta” di correre quel tipo di corse rispetto ad una Continental. Quest’ultime invece correranno solo in base agli inviti, sia le gare WorldTour che quelle di status inferiori.

Casagranda e Grassi sono le conferme più importanti della BePink. In questo periodo sono state impegnate in pista (qui a Ginevra)
Casagranda e Grassi sono le conferme più importanti della BePink. In questo periodo sono state impegnate in pista (qui a Ginevra)

Progetto rimandato

Mentre all’estero queste formazioni erano certe già certe a inizio o metà stagione di salire nel 2025, in Italia si facevano (e si fanno) i conti con la mancanza di nuove risorse economiche da reperire per un’operazione simile. Per entrare tra le Professional femminili, la BePink ha fatto un tentativo deciso guardando fuori dai confini nazionali in una vera corsa contro il tempo.

«L’idea di prendere la licenza ProTeam non l’abbiamo mai scartata a priori – spiega Zini – e come vi dicevo l’ultima volta avevamo un po’ di contatti avviati. Eravamo stretti con i tempi, ma nonostante tutto avevamo trovato un importante sponsor polacco tra fine luglio ed inizio agosto. La trattativa è proseguita bene, questo marchio ci garantiva la copertura dell’80 per cento del budget per fare la Professional. Solo che quasi venti giorni dopo Niewiadoma ha vinto il Tour Femmes e loro hanno preferito andare alla Canyon-Sram dove faranno il terzo nome».

Zini aveva trovato un’intesa con la polacca Zondacrypto, sponsor del Giro Women, che diventerà terzo nome della Canyon-Sram
Zini aveva trovato un’intesa con la polacca Zondacrypto, sponsor del Giro Women, che diventerà terzo nome della Canyon-Sram

Verosimilmente l’investitore in questione dovrebbe essere Zondacrypto, ovvero la piattaforma di criptovalute nata nel 2014 che vanta già un team di oltre cento persone in 11 Paesi. Zondacrypto ha dimostrato di essere vicinissimo allo sport. E’ sponsor di molte società di calcio di Serie A e partner sia del Tour de Pologne e del Giro d’Italia. Al Giro Women di quest’anno ha marchiato la maglia rossa della classifica a punti vinta da Lotte Kopecky (foto sopra). Tuttavia per Zini – malgrado non lo nomini esplicitamente – resta aperto uno spiraglio all’orizzonte, perché uno degli obiettivi dichiarati del brand polacco è quello espandersi a nuove collaborazioni e nuovi mercati.

«Quando mi hanno chiamato – racconta il team manager della BePink – per comunicarmi la loro scelta, non ho potuto fare troppe obiezioni. Era comprensibile, però mi hanno subito detto che avevano firmato con la Canyon-Sram solo per un anno e quindi il discorso si poteva intavolare nuovamente per il 2026 con un più adeguato anticipo di tempi. Pertanto rinviamo tutto. La BePink resta Continental proseguendo con la solita attività».

Inviti in tasca e new entry

Nel ciclismo femminile bisogna saper seminare per poter raccogliere una stagione per l’altra. Periodi “a maggese” non te li potevi più permettere neppure lo scorso anno, figurarsi ora che la divisione ProTeam è reale. Il calendario della BePink si sta definendo, anche per i propri meriti.

«Naturalmente rimanendo così come siamo – va avanti Zini – abbiamo dovuto attuare una sorta di piano B che comunque era già pronto. Anzi, siamo contenti perché abbiamo già ricevuto tanti inviti per il 2025, alcuni dei quali molto importanti. Al Tour Down Under purtroppo ho già dovuto dire di no a malincuore. Ad incidere principalmente è stato il fatto che abbiamo cambiato alcuni materiali che devono ancora arrivare. E poi non saremmo stati pronti per correre. Non potevamo volare fin in Australia senza un buon livello di forma visto che sono tutte gare WorldTour. Avremmo compromesso il resto della stagione.

«Per contro – ci dice con soddisfazione – tra le tante gare, sappiamo che correremo il Simac Ladies Tour, visto che grazie a noi non ha perso lo status di gara WorldTour. A fine stagione, alcuni dei team partecipanti non erano al completo, mentre altri avevano rifiutato di andarci. Quindi gli organizzatori, che non avrebbero avuto il numero minimo totale di atlete per conservare lo status, hanno allargato gli inviti. Quando ci hanno chiamato, abbiamo accettato subito. A quel punto gli organizzatori ci hanno detto che, avendogli salvato la corsa, il posto per il 2025 ce lo avrebbe garantito anche se non fossimo diventate Professional».

Perse Magalhaes e Trinca Colonel, approdate nel WorldTour rispettivamente con Movistar e Liv Alula Jayco, la BePink riparte dalle conferme principali di Casagranda e Grassi. Il mercato è stato mosso dagli innesti di Segato dalla Top Girls, Caudera dalla UAE Development Team e Laporta dalla BTC City Ljubljana Zhiraf Ambedo. Sono state confermate anche le stagiste Milesi dalla Biesse-Carrera e Ferrari dalla BFT-Burzoni. Il resto dell’organico sarà svelato a breve.

L’apertura della stagione sarà quasi certamente in Spagna a fine gennaio, benché con un punto di domanda. Alla luce della tragica alluvione di novembre che ha devastato la popolazione e i territori, bisognerà vedere se le gare valenciane verranno allestite o meno. Anche in quel caso Walter Zini ha pronto il piano di riserva con un paio di ritiri nel sud della Toscana prima di entrare nel vivo con il UAE Tour.

L’inverno spagnolo di Piganzoli, mentre fuori diluvia

14.12.2024
7 min
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OLIVA (Spagna) – Mercoledì mattina, tre giorni fa. La stanza di Bais e Piganzoli è sotto sopra come quella di chiunque sia appena arrivato e non ha ancora vuotato la valigia. Piove così tanto che le strade sono trasformate in un vero acquitrino. La Polti-Kometa ha dovuto cambiare sistemazione, perché nel solito Nova Beach sono arrivate come un tornado la Visma-Lease a Bike e la Ineos Grenadiers, che per la prima volta da anni ha abbandonato la soluzione di Mallorca. Così la squadra di Basso e Contador ha ripiegato su un complesso dal nome Las Dunas: casette bianche e due corridori per appartamento. Sono arrivati nella serata di ieri, martedì.

Quando entriamo nella hall, Giovanni Ellena e Jesus Hernandez lavorano al computer sul tesseramento degli atleti e sui programmi. I meccanici stanno sistemando una fila di rulli sotto alla grande tettoia, perché i corridori di certo non usciranno, ma dopo la palestra si concederanno ugualmente qualche pedalata. Sono anche giornate di vari approfondimenti, non solo tecnici. Stamattina si è svolta la riunione con ITA (International Testing Agency) a proposito di antidoping e reperibilità Adams. Scambiamo poi due parole con Tommaso Cappella, che sta girando nei ritiri dei team sponsorizzati dalle gomme Vittoria. Mentre in uno degli appartamenti si provano nuove appendici da cronometro, in attesa di definire il partner ufficiale.

Abbiamo incontrato Piganzoli mercoledì mattina nella stanza che divide con Mattia Bais. Erano arrivati la sera prima
Abbiamo incontrato Piganzoli mercoledì mattina nella stanza che divide con Mattia Bais. Erano arrivati la sera prima

Nella stanza di Piganzoli

A farci strada fino alla camera di Piganzoli (in apertura foto Maurizio Borserini) è stato Asier Ferdandez Soberta, il social media manager passato dai team giovanili a quello dei professionisti. E’ singolare rendersi conto che nella squadra sostenuta da sponsor italiani, la catena di comando sia quasi interamente spagnola. Davide invece l’accento iberico di quando correva nella squadra U23 spagnola l’ha perso del tutto. Così come il ragazzino esile dei primi tempi ha lasciato spazio a un atleta sulla via della maturità, con le idee chiare e poche parole, sempre essenziali. Il 2024 è stato l’anno del primo Grande Giro e non poteva essere che quello d’Italia, dato che la trazione spagnola non è bastata per un invito alla Vuelta. Ed è stato anche l’anno del podio al Giro dell’Emilia dietro Pogacar e Pidcock.

«Sicuramente ho fatto una buona annata – dice il valtellinese – un buon Giro d’Italia e un ottimo finale di stagione. Alla fine tra il Lussemburgo e le gare in Italia, l’Emilia e il Lombardia un po’ meno, ho messo insieme dei buoni ricordi che ci fanno lavorare bene e sperare nel 2025. Il podio del San Luca ha portato tante emozioni. Quando sei davanti in una gara come quella e in mezzo a certi nomi, dai quel qualcosina in più che magari non riusciresti a dare quando ti stai giocando una settima, ottava posizione. E’ stata una buona gara, ho fatto buoni numeri e cercheremo di ripartire proprio da questo».

Terzo al Giro dell’Emilia dietro Pogacar e Pidcock: se serviva un segnale, questo è arrivato molto forte
Terzo al Giro dell’Emilia dietro Pogacar e Pidcock: se serviva un segnale, questo è arrivato molto forte
Quei numeri si possono davvero tradurre in fiducia?

Sicuramente ho fatto una buona crescita, non solo con l’Emilia che però è stata la ciliegina sulla torta perché lì è arrivato il risultato. Ma ci sono state tante gare, soprattutto al Giro del Lussemburgo, in cui ho sentito di essere passato a un altro livello. Ho fatto un secondo ritiro in altura da solo, tra Livigno e lo Stelvio, che mi ha dato tanta forza tanto e tanto morale. Non dimentico che il 2024 è stato l’anno in cui per la prima volta sono andato sul Teide. Stavo preparando il Giro e ho visto che davvero mi ha dato tanto. Perché al Giro ho ottenuto il tredicesimo posto finale, però ho fatto buoni numeri. Sono cresciuto molto e per tre settimane non sono mai calato. Quindi penso che l’altura mi abbia fatto bene e per questo cercheremo di ripercorrere gli stessi passi.

Come è stato andare per la prima volta sul Teide?

Bellissimo, non si può dire altro. E’ stato un ritiro in altura che mi è piaciuto molto, sia per i paesaggi che trovi lassù, sia per i percorsi che ci sono quando scendi. Alla fine è vero che ogni volta devi tornare sul Teide, quindi fare un’ora e mezza, due ore di salita. Però quello che ottieni in cambio è veramente tanto e ti fa capire la fortuna che abbiamo noi di lavorare in posti del genere. Quando sono sceso e sono andato al Tour of the Alps, sapevo di non essere al 100 per cento perché avevo fatto tanto fondo, però mi mancava il ritmo gara. Una volta che è è arrivato anche quello, al Giro si è vista la differenza, soprattutto nella terza settimana.

Prova a pensare al “Piga” neoprofessionista che veniva dalla Spagna. Quanto ti vedi più grande rispetto a quei giorni?

Mi vedo veramente tanto più grande, migliorato sia fisicamente che mentalmente come uomo, come atleta. Penso che questo sia successo soprattutto grazie alla squadra in cui sono, che mi ha fatto fare i passi giusti al momento giusto. La volontà è sempre stata quella di continuare qui e alla fine abbiamo trovato un buon accordo, in cui è compresa la possibilità di fare il programma giusto per me. Non vedrei possibile in questo momento in altre squadre riuscire a fare un altro Giro e giocare le mie carte. Come minimo avrei degli spazi limitati. Qui ho la possibilità di mettermi alla prova e credo che sia una buona cosa.

Piganzoli e Pellizzari (un anno più giovane) hanno vissuto finora carriere parallele
Piganzoli e Pellizzari (un anno più giovane) hanno vissuto finora carriere parallele
Tempo fa si fece una riflessione proprio su questo: andare in uno squadrone, come ad esempio ha fatto Pellizzari, potrebbe significare non correre il Giro: un vantaggio o uno svantaggio?

Dal mio punto di vista sarà utile tornarci. Quest’anno ho fatto una buona esperienza e ora so dove posso migliorare. Quindi cercherò sicuramente di farlo, per capire se veramente si riesce a crescere su questi punti o se in un futuro dovrò dedicarmi ad altro. Penso che anche Giulio abbia fatto i giusti passi. Ha corso per tre anni in Bardiani ed è cresciuto anche lui molto. Siamo molto amici. Nel 2024 è andato veramente forte in certe tappe del Giro e quest’anno è passato in uno squadrone. Avrà gli spazi ridotti però se lui crede che sia l’ambiente giusto, ha fatto molto bene.

Quali sono le aree in cui pensi di dover crescere?

So che posso migliorare in salita: devo lavorarci ancora tanto, però sono fiducioso. Poi sicuramente nella cronometro, perché quest’anno ho utilizzato poco quella bici. Adesso stiamo apportando dei miglioramenti, cercheremo di mettere a posto alcune cose su cui nel 2024 si faceva un po’ fatica. Ho già iniziato a utilizzarla da quest’inverno almeno un paio di volte a settimana per trovare la posizione e prenderci la mano. Da junior ho fatto il podio ai campionati italiani, da under 23 li ho vinti. Nelle categorie giovanili sono sempre andato a podio dietro gente come Milesi, quindi non penso di essere così lontano. So che devo lavorarci tanto, bisogna dedicarsi ai materiali e cercheremo di fare il possibile.

Le sedute in palestra proseguiranno per tutta la durata del ritiro, ma intanto ha smesso di pievere (foto Maurizio Borserini)
Le sedute in palestra proseguiranno per tutta la durata del ritiro, ma intanto ha smesso di pievere (foto Maurizio Borserini)
Milesi, Pellizzari… Cosa pensi a vedere che la tua generazione sta crescendo così bene?

Mi fa sicuramente un bel effetto, anche perché siamo tutti amici. Con Milesi e Romele che erano nella mia squadra, con Garofoli, con Germani e con Frigo. Stiamo uscendo pian pianino, perché abbiamo fatto i giusti passi da giovani.

Hai già un’idea del tuo calendario?

E’ ancora presto, stiamo studiando qualcosa, però più o meno cercheremo di seguire il calendario dello scorso anno. Intanto siamo qui per fare un avvicinamento alle prime corse. Siamo divisi in due gruppi, perché non siamo come le WorldTour che partono dall’Australia quindi deve esserci qualcuno che sia pronto già ora. Fra noi, qualcuno partirà un filo prima, qualcuno un po’ dopo. Ma in generale il primo ritiro è più tranquillo. Iniziamo magari con qualche doppia fila, ma soprattutto per affinare il gesto e spolverare gli automatismi. In salita non si va più del medio, perché penso che sia un buon periodo per fare tanto fondo e mettere chilometri nelle gambe sperando che il tempo migliori. E se piove, si va in palestra…

Davide Piganzoli è nato a Morbegno l’8 luglio 2002. E’ alto 1,74 per 61 chili (foto Maurizio Borserini)
Davide Piganzoli è nato a Morbegno l’8 luglio 2002. E’ alto 1,74 per 61 chili (foto Maurizio Borserini)
Un lavoro che si tiene comunque almeno d’inverno?

Almeno una o due volte a settimana e penso che dal mio punto di vista sia funzionale e utile. Spesso in bici alleni una forza diversa e hai bisogno di altri stimoli per altri muscoli.

Vacanza di Natale a casa?

Con i miei genitori, magari qualche giorno con la mia ragazza e poi tornerò a San Marino fino al secondo ritiro. Da noi ci sono tanti mercatini di Natale, perché sono posti vicini alle montagne, quindi in tutti i paesini si organizzano queste piccole fiere, che dal mio punto di vista sono molto belle perché senti proprio l’aria natalizia. Il Natale mi piace, non mi piace il freddo, però il Natale è bello. Cosa dice il meteo per domani? Massima di 13 gradi, speriamo che si scaldi ancora un po’…

Gasparrini parla da leader e benedice la Longo

14.12.2024
8 min
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BENIDORM (Spagna) – Alla fine di settembre ci aveva raccontato le tre vittorie e il podio degli europei U23. Ora Eleonora Gasparrini si guarda intorno e cerca di dare una dimensione alla squadra che i dirigenti del UAE Team Adq stanno ricostruendo attorno a Elisa Longo Borghini e le leader rimaste. Fra queste, a buon diritto c’è anche lei (in apertura con la madre Simona dopo la vittoria di Francoforte).

Dopo due anni di tentativi, rivoluzioni, alternanze e cambiamenti (alcuni traumatici), la squadra parrebbe aver trovato un equilibrio, che ha indotto anche la “Gaspa” a non accettare altre offerte, credendo nel progetto.

Vacanze finite

Nel gigantesco hotel che accoglie le formazioni emiratine, la hall è un andirivieni di staff, sponsor e atleti. Turisti non ce ne sono, la loro stagione si chiude di solito alla fine di ottobre e chi rimane lo fa pedalando sulle strade dei dintorni. I social l’hanno mostrata sbarazzina e sorridente nelle vacanze al mare e poi a Londra, ma ora che è arrivato il momento di ripartire, è evidente che nel suo sguardo sia scattato l’interruttore. E’ la determinazione di cui dopo un solo anno al suo fianco aveva parlato Marta Bastianelli: l’essere naturalmente decisa a portare avanti la sua carriera, facendo le cose come si devono. E a ben vedere, la traiettoria della piemontese è un continuo crescendo.

«Quest’anno è tutto più grande – dice guardandosi intorno – a un livello superiore. Noto tanti miglioramenti e sono contenta, si respira una bella atmosfera. Come tutte le cose, serve il tempo perché le cose funzionino. Questo è il terzo anno vero e la squadra sta iniziando a capire come muoversi.

«Sono arrivati nomi importanti, quindi secondo me anche questo produrrà un grosso cambiamento. Li vedo come vantaggio anche per me, perché saranno sicuramente un riferimento grandissimo. Credo che un’atleta come la Longo Borghini possa aiutare tanto anche noi più giovani e anche in generale, proprio come squadra, anche a livello tattico si partirà in maniera diversa. Avremo un approccio diverso alla gara quindi credo che sia un aspetto davvero positivo».

Vacanze finite. Prima al mare e poi a Londra con Kevin Colleoni: anche lui in ritiro in Spagna (immagine Instagram)
Vacanze finite. Prima al mare e poi a Londra con Kevin Colleoni: anche lui in ritiro in Spagna (immagine Instagram)

L’arrivo della Longo

L’arrivo di Elisa Longo Borghini può avere due impatti sulla squadra. Quello positivo di chi vede la possibilità di salire di livello oppure quello geloso di chi teme di veder ridotto il suo spazio. Per ora la sensazione è che prevalga la prima opzione, che renderà agevole l’inserimento della campionessa italiana e ne farà il riferimento per le compagne.

«Elisa non la conosco super bene – prosegue Gasparrini – però comunque ho avuto modo di chiacchierarci ed è una bravissima ragazza. Mi sembra una persona semplice, però ha anche tanto carattere e credo che sarà una bella leader per questa squadra. Io nel frattempo sono cresciuta piano piano e sto crescendo ancora. Ogni anno porta qualche consapevolezza in più e anche sul piano fisico noto dei continui progressi.

«Dal 2024 mi porto via tante soddisfazioni in termine di vittorie e di prestazioni. Per esempio il campionato europeo non era la corsa più adatta a me, eppure me la sono giocata. Ho vissuto una bella annata. Ho qualche rammarico per il Giro d’Italia, perché sono stata malata la settimana prima, quindi ci sono arrivata un po’ in down. Per me è stato tutto in salita (quinta nella classifica delle giovani, ma senza acuti, ndr), però per il resto mi sono fatta trovare pronta dove dovevo, quindi sono andata in vacanza con la sensazione di aver fatto il mio dovere».

Longo Borghini e Gasparrini, la stretta di mano sul podio tricolore si estende al futuro gioco di squadra
Longo Borghini e Gasparrini, la stretta di mano sul podio tricolore si estende al futuro gioco di squadra

Palestra e ore

La squadra si è data un nuovo assetto tecnico, in una struttura piramidale complessa, ma ordinata. Così il responsabile della performance è lo spagnolo Alejandro Gonzalez Tablas. La responsabile degli allenatori è Cristina San Emeterio. E gli allenatori sono Paolo Slongo, in funzione centrale, che si dovrà coordinare con Dario Giovine e Luca Zenti. Tuttavia, al netto di tutto questo, ci sono ragazze che proseguono la loro preparazione con allenatori esterni.

«Per quest’anno – spiega Gasparrini – non avrò grossi cambiamenti nella preparazione. Lavoro ancora con il preparatore che avevo già nel 2024, vale a dire Marcello Albasini. Però ovviamente gli anni passano, sono un po’ più matura e ad ogni inizio stagione si può partire da uno step superiore. Quest’anno ad esempio a casa ho curato di più l’aspetto della palestra, che adesso è una parte molto importante.

«Sono anche aumentati i chilometri in allenamento, ma questo già dallo scorso anno quando passai a lavorare con Marcello. Le gare sono sempre più lunghe per cui dalla fine del 2023 ho iniziato a fare molte più ore, cosa che non ero abituata assolutamente a fare. Il risultato è che quest’anno, tra virgolette, ho sofferto meno e probabilmente sarà così anche nel 2025, perché ci sono più abituata. La tendenza a fare sempre più ore è un dato di fatto. Bisogna alzare l’asticella e adattarsi».

Il 28 agosto 2020, Gasparrini vince l’europeo juniores a Plouay: i suoi passi avanti da allora sono stati notevoli
Il 28 agosto 2020, Gasparrini vince l’europeo juniores a Plouay: i suoi passi avanti da allora sono stati notevoli

Altri due anni

Alla UAE Adq c’è arrivata attraverso la Valcar-Travel&Services. Arzeni si era affrettato a prendere la ragazzina che nel 2020 aveva vinto i campionati europei juniores di Plouay e che aveva nelle gambe anche un oro mondiale nell’inseguimento a squadre (2019) due titoli europei ancora nel quartetto e poi nell’omnium (2019). Di lì a poco la torinese avrebbe vinto ancora il quartetto U23 ad Apeldoorn 2021 e Anadia 2022, tanto che il tecnico varesino l’aveva indicata come l’erede in squadra di Elisa Balsamo. Quel gruppo di atlete, che nel frattempo sono diventate grandi, si è sciolto. Le ragazze però continuano a essere amiche e ad andare in vacanza insieme, lo spirito di quella squadra resta un ideale da rincorrere.

«Questo è ovviamente un ambiente completamente diverso – ammette Gasparrini – ma devo dire che fin dal primo ritiro ad Abu Dhabi, si è respirata una bella area tra noi ragazze, anche se non ci conoscevamo tutte. Ho visto una situazione serena e comunque anche di amicizia, che ricorda un po’ la Valcar. Ovviamente a quel tempo eravamo in un altro contesto. Era tutto molto molto più familiare, quindi è difficile da paragonare. Anche solo la quantità di persone che componevano la squadra era meno della metà di adesso.

«L’amicizia rimane? Certamente, infatti mi dispiace sia andata via la “Conso” (Chiara Consonni, passata alla Canyon//Sram, ndr), una persona a cui tengo. Ha fatto le sue scelte, che si possono condividere oppure no, ma forse per la sua crescita ha preso la strada giusta. Magari in un altro ambiente, con altri stimoli, potrà rendere ancora meglio. Anche io ho avuto offerte per andare via. Ho fatto qua già due anni, non sono pochi, ma neanche tanti. Sono giovane e ho ancora tempo per fare le mie scelte. Sto bene, è una squadra in crescita che deve ancora dimostrare tanto. Per questo ho deciso di avere fiducia per altri due anni».

Tour de Suisse 2023, Marta Bastianelli ha indicato Gasparrini come modello di atleta giovane e ben mentalizzata
Tour de Suisse 2023, Marta Bastianelli ha indicato Gasparrini come modello di atleta giovane e ben mentalizzata

Il cittì e la Sanremo

Quel che invece cambierà sarà la conduzione della nazionale. Il cittì Sangalli è passato sull’ammiraglia della Lidl-Trek e sfogliando la margherita dei possibili sostituti e in attesa delle elezioni federali, il nome che ricorre più spesso sulla bocca delle atlete è quello di Marta Bastianelli.

«Anche io avrei fatto il suo nome – ammette Gasparrini – ma quando ho visto la bella notizia che aspetta un bambino, mi sono detta che sarà difficile. E sinceramente non ho idea di quali candidati ci siano. Il commissario tecnico deve essere qualcuno in grado di prendersi le giuste responsabilità. Che non sia di parte, ma oggettivo. Qualcuno che però abbia anche un po’ di umanità. Una persona che sia in grado di interagire con noi atlete. Ad esempio una cosa che apprezzavamo di Paolo era la sua presenza alle gare, che è il modo per prendere meglio le decisioni. Purtroppo non si può accontentare tutti, quindi serve anche carattere. Perciò cominciamo e vediamo come va.

«Non ho ancora un calendario definito, lo faremo in questi giorni. Abbiamo parlato anche della Milano-Sanremo, che potrebbe essere un obiettivo anche per la Longo. Sarei veramente contenta di essere lì da supporto, mi piacerebbe un sacco. Anche perché sono strade su cui sono abbastanza abituata a pedalare. Quando faceva tanto freddo a Torino, mi capitava sin da piccolina di andare giù al mare e pedalare lì. Mi piacerebbe farne parte, insomma…».

Bici dei pro’, dove nascono le De Rosa della VF Group

14.12.2024
5 min
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Il montaggio delle biciclette per un team professionistico è sempre un momento emozionante e ricco di aspettative. Per la VF Group-Bardiani questi giorni segnano l’arrivo delle nuove De Rosa, perla del Made in Italy. E’ quasi un rito, un processo che coinvolge non solo i meccanici, ma anche il cuore pulsante del ciclismo agonistico: i telai, le ruote, i cartoni, i fili, i gruppi, gli attrezzi sul banco…

Di questo particolare momento abbiamo parlato con Nicolas Coppolino, giovane meccanico del team emiliano. Proprio in questi giorni infatti si stanno ultimando i primi montaggi delle bici che la VF Group-Bardiani userà per tutta la stagione. Alcune bici gli atleti le stanno usando in Spagna, altre sono e resteranno in magazzino.

Nicolas Coppolino durante il primo montaggio delle De Rosa 70 del team. Cavi manubrio e serie sterzo integrata i passaggi più delicati
Nicolas Coppolino durante il primo montaggio delle De Rosa 70 del team. Cavi manubrio e serie sterzo integrata i passaggi più delicati
Quante bici vi sono arrivate?

La prima parte è stata per le bici da allenamento: ne abbiamo ricevute 23, una per ogni corridore. Sono poi arrivate le 23 bici da gara e la prossima settimana monteremo altre 23 bici di scorta. Le bici da gara sono già in Spagna, pronte per il ritiro.

Che differenza c’è tra una bici da allenamento e una da corsa?

Sul fronte delle caratteristiche tecniche nessuna: le bici da allenamento sono identiche a quelle da gara. L’unica differenza è che le prime rimangono a casa del corridore, mentre quelle da gara viaggiano con noi meccanici del team insieme alle bici di scorta.

Quanto materiale vi arriva per il montaggio?

Per il primo montaggio ci arrivano tutti i componenti necessari: 23 gruppi e 23 telai, più altro materiale di scorta. In generale, abbiamo sempre 2-3 telai di scorta per ogni misura e almeno 3-5 gruppi di scorta, più quelli che vengono caricati sul camion in base alla durata e complessità delle trasferte. Se sono gare di un giorno per esempio il materiale supplementare è poco, ma se il camion sta fuori un mese, per esempio, ce n’è parecchio.

Le prime 23 bici montate qualche giorno fa sono in ritiro in Spagna
Le prime 23 bici montate qualche giorno fa sono in ritiro in Spagna
Dove montate le bici?

Le bici vengono montate direttamente da De Rosa a Cusano Milanino. Questa officina semplifica il nostro lavoro perché lì arrivano telai, gruppi e ruote. De Rosa ha una nuova officina ben attrezzata che permette di lavorare con maggiore comodità rispetto al nostro magazzino a Reggio Emilia. Usciamo da qui con la bici montata e stop!

Insomma è comoda l’officina De Rosa

Molto! La nuova officina di De Rosa è grande e modulare, con banchi che permettono a 6-7 meccanici di lavorare contemporaneamente. Rispetto al nostro magazzino, che è più piccolo, questo è un valore aggiunto.

Quanti meccanici lavorano al montaggio?

Per il primo montaggio eravamo in sei. Quando completeremo le bici di scorta, saremo in tre, perché gli altri meccanici sono in Spagna in ritiro con il team.

Che sensazione si prova a vedere tutte queste bici nuove? Tu, tra l’altro Nicolas, sei anche un passionato praticante…

Per un appassionato è davvero impressionante: hai sotto mano bici che costano 13-14.000 euro, tutte nuove, bellissime, pronte per essere montate, bici che correranno gare importanti. All’inizio è un grande impatto, poi, lavorandoci ogni giorno, diventa quasi routine, ma resta un bel momento.

Ed eccola la bici finita: De Rosa 70 che da quest’anno passa dal bianco al total black
Ed eccola la bici finita: De Rosa 70 che da quest’anno passa dal bianco al total black
Quante bici riesci a montare ogni giorno?

Mediamente cinque bici al giorno. Per ogni bici, partendo da zero, ci vuole circa un’ora e mezza. Con i modelli di ultima generazione, in cui i gruppi sono wireless, il montaggio è più veloce rispetto alle bici di qualche anno fa.

Quali sono le parti più complesse da montare?

Le fasi più delicate sono l’inserimento dei cavi freno all’interno del manubrio integrato e il montaggio della forcella tenendo in considerazione la serie sterzo. Per il resto, è tutto piuttosto lineare.

Il modello di quest’anno è uguale a quello dell’anno scorso, giusto?

Sì, utilizziamo sempre le De Rosa 70, con gruppi Campagnolo Super Record Wireless e ruote Bora WTO da 45 e 60 millimetri e, per le tappe di salita, abbiamo le ruote Hyperon Ultra, quelle a basso profilo.

I ragazzi della VF Group – Bardiani ad Altea hanno sfoggiato le nuove De Rosa, che non sono passate inosservate
I ragazzi della VF Group – Bardiani ad Altea hanno sfoggiato le nuove De Rosa, che non sono passate inosservate
Quante ruote avete a disposizione?

Un centinaio di coppie di ruote, tra 45, 60 e ruote basse. Tuttavia, le ruote basse, le Hyperon Ultra, non vengono usate quasi più ormai: i corridori preferiscono le 45 anche per tappe dure. E infatti di questo set ne abbiamo una decina di coppie.

Come vengono stabilite le misure delle bici?

Per i nuovi corridori, utilizziamo le schede biomeccaniche che ci forniscono e le adattiamo con De Rosa per trovare la configurazione ideale. Per chi è già in squadra, si utilizzano le misure dell’anno precedente, salvo richieste di modifiche. Quest’anno, per esempio, in molti hanno accorciato le pedivelle: chi aveva 172,5 millimetri è passato a 170 e chi aveva 170 è passato a 165.

Insomma “Pogacar docet”! Scherzi a parte, qualcuno ha cambiato sella o altre componenti?

No, le selle sono rimaste le stesse dell’anno scorso. Le uniche modifiche, come detto, riguardano le pedivelle, che sono state accorciate da molti corridori.