Het Nieuwsblad in arrivo, ricordate quando vinse Ballerini?

06.02.2024
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Sulle strade fiamminghe inizia a ribollire l’attesa per la Omloop Het Nieuwsblad. La classica di apertura della stagione del Nord, prevista per il 24 febbraio, è un passaggio pressoché sacro per i tifosi di lassù e per i corridori che su quelle strade costruiscono la loro carriera. L’ultima vittoria italiana è del 2021, quando a sorpresa sbucarono le braccia alzate di Davide Ballerini. Questa volta però facciamo un salto molto indietro nel tempo, ricordando quando la corsa – allora più conosciuta col nome di Het Volk – la vinse l’altro Ballero: quello… vero!

Era il 25 febbraio del 1995 e Franco Ballerini era sulla porta della storia. Nella Roubaix del 1993 era arrivato drammaticamente secondo, mentre fu terzo l’anno dopo. Quelle corse erano il suo terreno, l’Het Volk era il primo test dopo l’inverno. In quel mattino davanti al velodromo di Gand, accanto a lui c’era Dario Nicoletti. E proprio all’attuale direttore sportivo della Biesse-Carrera ci siamo rivolti per avere un ricordo di Franco e di quei giorni.

Dario Nicoletti è alla terza stagione come diesse della Biesse-Carrera (foto facebook)
Dario Nicoletti è alla terza stagione come diesse della Biesse-Carrera (foto facebook)
Caro Dario, cosa vogliamo dire?

Era l’inizio, la prima trasferta in Belgio. Dopo l’abbinamento spagnolo con la Clas, quell’anno nella Mapei era entrato il blocco belga e la squadra era diventata Mapei-GB. Erano arrivati Lefevere e 6-7 corridori belgi. Non era neanche facile essere selezionati per quelle gare, tanto che io poi rimasi fuori dalla Roubaix. Ma la prima parte delle classiche la feci tutta.

Com’era andare lassù con Ballerini?

C’ero già stato nel 1994, sempre con lui. Aveva una classe… Alla Roubaix arrivò terzo, ma fu sfortunato, perché ebbe 3-4 forature e per due volte gli diedi io la ruota. Alla terza però ci pensò qualcun altro, perché io dopo il secondo rientro ero così finito che alzai bandiera bianca. Pioveva forte e vinse Tchmil. Per cui nel 1995, quando andammo lassù, sapevo cosa mi aspettava. La differenza rispetto all’anno prima era la presenza in squadra di Museeuw, Peeters, Bomans e Willems, gente tostissima.

Het Volk 1995, Ballerini fa corsa di testa: alla sua ruota, Giovanni Fidanza
Het Volk 1995, Ballerini fa corsa di testa: alla sua ruota, Giovanni Fidanza
Che giornata ricordi?

Tanto freddo, pioggia, vento. Eravamo partiti con Ballerini, Museeuw e Peeters come capitani. Nonostante Franco e Johan volessero vincere, in squadra c’era una bel clima. Io mi trovavo benissimo e penso anche Ballero. Con quei belgi dovevi essere onesto e loro ti davano tutto. Posso raccontarvi un aneddoto per farvi capire che uomini fossero?

Assolutamente!

Quello stesso anno, a luglio del 1995, due giorni dopo il funerale di Fabio Casartelli, io ebbi il brutto incidente per il quale alle fine smisi di correre. Non ero al Tour, per cui quando si seppe che Fabio era morto, mi precipitai a casa sua. Abitavo a 5 chilometri e trovai Annalisa, i genitori e quel grandissimo dolore. Con “Casa” avevo un rapporto speciale. Due giorni dopo i funerali, il 22 luglio, andai a fare cinque ore con Chiurato sul Lago di Como, con la tristezza addosso e un caldo incredibile. Eravamo a Como, quando una moto mi investì. Hanno stimato che andasse a 80-90 all’ora: la Polizia misurò 27 metri dal punto dell’impatto al mio atterraggio. Pensai di morire. Mi passò la vita davanti, poi si offuscò la vista e persi i sensi. Senza farla troppo lunga, rimasi all’ospedale di Como per 40 giorni e dopo circa tre settimane, entrarono in stanza Lefevere, Museeuw e Peeters. Erano in Italia per il Trittico Lombardo che si correva ad agosto e vennero a trovarmi. Alcuni compagni di squadra che abitavano a pochi chilometri da me non li vidi neppure.

Per Ballerini la vittoria nella classica di apertura, antipasto per la prima Roubaix
Per Ballerini la vittoria nella classica di apertura, antipasto per la prima Roubaix
Chissà che sorpresa…

Loro erano così, pane al pane e vino al vino. Bisognava essere onesti e sapere che c’erano delle gerarchie. Se facevi il tuo, non c’erano problemi.

Ballerini al Nord?

Ho un bellissimo ricordo, perché mi sceglieva quasi sempre come compagno di camera e queste sono cose che ti rimangono. Franco era un buono, uno serio, ma se c’era da fare casino, non si tirava indietro. Quando però si avvicinavano quelle gare, cambiava anche personalità. Quello era il suo mese, la sua Settimana Santa. Era molto concentrato e a stargli vicino imparavo sempre qualcosa.

Ad esempio?

Nel 1994, andando in ammiraglia alla partenza del Fiandre in cui avrebbe fatto quarto, mi fece sedere davanti. C’era un tempo infame, mi sembrava strano che il capitano fosse seduto dietro, finché a metà del viaggio mi disse: «Spegni il riscaldamento, siamo a 20 gradi e là fuori ce ne sono due, cominciamo ad abituarci, che dici?». E questo è solo un piccolo esempio di come non trascurasse nulla. 

Passato nel 1996 alla MG-Technogym, Nicoletti corre la Roubaix del 1997: sarà la sua ultima stagione
Passato nel 1996 alla MG-Technogym, Nicoletti corre la Roubaix del 1997: sarà la sua ultima stagione
Vince l’Het Volk con 6 secondi di vantaggio su Van Hooydonck e poi vince anche la Roubaix…

Ma io quella l’ho vista in televisione. Non ricordo tantissimo, solo che era caduto alla Gand e aveva problemi a una spalla. Però immagino che abbia trovato forze anche nel gran tifo che c’era per lui. Quando poi divenne commissario tecnico della nazionale, io lavoravo già in Mapei e lui veniva spesso a salutare il dottor Squinzi, ma passava sempre anche da me in ufficio. E quando cominciò a vincere i mondiali e ne vinse quattro, gli scrivevo dei messaggi e mi rispondeva sempre. «Al Nico si deve rispondere», sorrideva.

Tornando a quegli anni, andare al Nord non era ancora così scontato: non tutte le squadre italiane erano attrezzate…

Non era come adesso, vero. C’era l’impressione di un ambiente estremo, non so come dire. Al mio primo Fiandre, eravamo nella piazza sotto un misto di pioggia ghiacciata e mi ricordo i belgi appena più coperti del solito, che ridevano e scherzavano, mentre noi eravamo tutti incappucciati. Adesso è cambiato tutto, anche il clima. Ma Franco vinse due Roubaix. In quegli anni, quando al Nord arrivavano gli italiani, anche i tifosi del Belgio si toglievano il cappello.

Jumbo Visma: indecisi a Siena, spietati al Nord

05.03.2023
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Chiusa la Strade Bianche con la vittoria di Pidcock e le incomprensioni fra Benoot e Attila Valter, torniamo per un attimo allo scorso fine settimana. Infatti in Belgio si è aperta la stagione delle Classiche del Nord, tra pietre, muri, stradine e ventagli. E questa volta, a farla da padrona è stata la Jumbo Visma, con la vittoria di Van Baarle nella Omloop Het Nieuwsblad e quella di Tiesj Benoot a Kuurne.

Corse di casa

Nelle fila del team olandese c’era anche il nostro Edoardo Affini. E proprio dalla sua voce ci facciamo raccontare questo esordio di fuoco della Jumbo. 

«Come esordio – dice con una risata – quel fine settimana è andato molto bene, soprattutto se consideriamo che eravamo sette corridori su otto all’esordio stagionale. Tra le due formazioni è cambiato un solo uomo: Tim van Dijke alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne è stato sostituito da Per Strand Hagenes (campione del mondo juniores 2021, ora nel team development di cui ci aveva parlato Mattio, ndr). Siamo arrivati direttamente dal Teide, sul quale avevamo finito un bel blocco di lavoro. Dire che abbiamo lavorato bene sembra quasi superfluo ma è davvero così. La cosa bella di queste due corse è che abbiamo corso nel modo che ci eravamo prefissati nel meeting pre-gara».

I ventagli della Jumbo hanno spaccato il gruppo ed acceso la Omloop Het Nieuwsblad
I ventagli della Jumbo hanno spaccato il gruppo ed acceso la Omloop Het Nieuwsblad

Due modi di correre

Omloop sabato e domenica la Kuurne-Brussel-Kuurne, due corse diverse ma comunque dominate dalla Jumbo Visma. 

«L’idea – prosegue Affiniera quella di fare la corsa a modo nostro, in Belgio non è mai semplice serve anche fortuna. Basta una foratura o una scivolata nel momento sbagliato e tutto va in fumo. Io stesso sono riuscito a lavorare bene in entrambe le corse, anche la squadra era molto soddisfatta. Alla Omloop il team aveva intenzione di prendersi subito la responsabilità della corsa. Appena partita la fuga ci siamo messi a controllare, io avevo il compito di inseguire nella prima parte. Poi, nel momento in cui il percorso ce lo ha permesso, ho dato il via al ventaglio che ha condizionato la gara. Ci siamo messi a girare bene e siamo riusciti a rompere il gruppo».

«Alla Kuurne – spiega nuovamente – avevamo deciso di muoverci in maniera differente, viste anche le differenze tra i due percorsi. Non avevamo un velocista di riferimento, così abbiamo lasciato il pallino dell’inseguimento alle altre formazioni. Poi, nel momento in cui le condizioni del vento sono diventate favorevoli, ci siamo messi in azione. A meno 80 chilometri dall’arrivo, sul Le Bourliquet, tre miei compagni hanno dato il via all’azione decisiva. Si è formato il quintetto che è arrivato fino all’arrivo».

Gli uomini della Jumbo alla Kuurne si sono messi all’opera dopo attaccando a 80 chilometri dall’arrivo
Gli uomini della Jumbo alla Kuurne si sono messi all’opera dopo attaccando a 80 chilometri dall’arrivo

Rinforzi e obiettivi

Uno dei nomi nuovi della Jumbo Visma è quello di Dylan Van Baarle, il vincitore dell’ultima Parigi-Roubaix. Un innesto che fa capire l’intento della squadra: vincere. 

«La squadra era già forte – dice Affini – è innegabile, ma la Jumbo vuole vincere una monumento, questo è quello che manca (unendo i puntini si potrebbero definire “profetiche” le parole di Tom Boonen, ndr). Van Baarle è un acquisto volto a ciò, e direi che si è presentato nel migliore dei modi. Ora, capire quali saranno i focus sulle prossime corse nel Nord è difficile. Prima ci sono altre corse da fare e la prima Monumento della stagione: la Sanremo. Io alla partenza di Abbiategrasso dovrei esserci, così come alla Parigi-Nizza (iniziata oggi da La Verrière, ndr)».

«E’ chiaro – spiega riagganciandosi – che le punte per le Classiche come Fiandre e Roubaix saranno Van Aert, Van Baarle, Benoot e Laporte. Il rinforzo di Dylan ha anche un senso tattico, perché potremmo trovarci in superiorità numerica in alcune situazioni. Starà poi a loro e alla squadra capire come gestire quelle situazioni. Una cosa è certa: in quelle corse meglio avere un vantaggio numerico».

De Lie, il Toro di Lescheret punta dritto su Sanremo

02.03.2023
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Il weekend di apertura sulle stradine del Nord ha confermato che Arnaud De Lie è ben più di un velocista, confermando le impressioni di Guarnieri dei giorni scorsi. Il corridore ardennese ha tutto quello che serve per fare la sua parte nelle classiche fiamminghe, dando un senso al soprannome “le taureau de Lescheret”, il toro di Lescheret, il villaggio da cui proviene.

Lo ha dimostrato con il secondo posto alla Omloop het Nieuwsblad e il settimo nella Kuurne-Bruxelles-Kuurne, battuto nella volata alle spalle del gruppo di testa.

A Kuurne ha pagato la fatica del giorno prima a Ninove, ma ha fatto comunque corsa di testa
A Kuurne ha pagato la fatica del giorno prima a Ninove, ma ha fatto comunqu3 corsa di testa

Né quota né Giri

Il ragazzo ha vent’anni e non ha ancora fatto 70 giorni di corsa da professionista, eppure le sue vittorie ammontano già a 12. Non ha ancora la resistenza di rivali come Van Aert e Van der Poel e del resto non ha mai preso parte a un grande Giro né partecipato a ritiri in altura, che per i rivali e tanti colleghi è ormai un punto di passaggio obblligato.

Per ora lo staff tecnico della Lotto-Dstny ha lavorato bene con lui sull’alimentazione e si sta adoperando perché migliori il giusto in salita. Con un metro e 82 per 72 chili, De Lie ha tutto quel che serve per diventare un uomo da classiche, veloce quando serve.

E’ stato Gilbert, al debutto sulla moto di Eurosport, a suggerire la calma a De LIe
E’ stato Gilbert, al debutto sulla moto di Eurosport, a suggerire la calma a De LIe

Il sangue freddo

Il secondo posto a Ninove, sul traguardo della Omloop Het Nieuwsblad, è stato il suo miglior risultato in questo tipo di corse: di fatto gli è sfuggito il solo Van Baarle. E dire che la corsa si era messa male, dato che a circa 50 chilometri dall’arrivo, De Lie è caduto. Ma anziché farsi prendere dal panico, è risalito velocemente in sella e si è lanciato all’inseguimento.

«Ho speso tanto – dice – e credo che la chiave sia stato aver mantenuto la calma durante l’inseguimento. Ho seguito il consiglio di Philippe Gilbert dalla moto e di Frison in gruppo. Però ho faticato e forse per questo domenica avevo le gambe piuttosto stanche. Eppure sono andato migliorando con il passare dei chilometri e ho iniziato a sentirmi sempre meglio. Chissà cosa sarebbe successo se a Kuurne avessimo raggiunto il gruppo di testa. Sabato, invece ho fatto la migliore prestazione a Ninove, quindi era perfettamente normale che domenica fossi un po’ meno brillante. Se non fosse stato così, avrebbe significato che sabato non ho dato il meglio di me».

Frison è il suo angelo custode: qui alla firma di Almeria, dove De LIe sarà secondo
Frison è il suo angelo custode: qui alla firma di Almeria, dove De LIe sarà secondo

Il nuovo Boonen

Sebbene su di lui ci fosse grandissime attese, nella prima gara WorldTour affrontata con grosse attese sulle spalle, i compagni sono rimasti stupiti della sua calma.

«Sta diventando più calmo – ha detto il compagno Frison a Het Nieuwsblad – sembra che ogni prestazione gli dia un po’ più di fiducia. E’ davvero molto solido. Fisicamente è estremamente forte, ma mentalmente è quasi meglio. Non ho mai visto un ventenne così solido».

E qui si chiude quasi definitivamente il capitolo su De Lie che sarebbe solo un velocista, spostando l’ago della bilancia sul De Lie come possibile erade di Tom Boonen. Non è per caso che quando era ancora un U23 Lefevere sia andato a cercarlo, salvo arrendersi al fatto che il vallone avesse già dato parola alla allora Lotto Soudal.

«E’ davvero un leader nato – ha spiegato il tecnico Nikolas Maes – e sta crescendo nel ruolo. All’inizio gli stava tutto bene, ora indica con grande precisione quello che vuole, come vede il finale e cosa vuole che facciamo. Inoltre è capace di dare tutto ed è di ispirazione per il resto della squadra».

Lo scorso anno De LIe si è rivelato, vincendo e tanto alla prima stagione da pro’
Lo scorso anno De LIe si è rivelato, vincendo e tanto alla prima stagione da pro’

Sul Muur col padellone

Quello che più ha stupito i tifosi e gli osservatori sui muri dell’Omloop Het Nieuwsblad è stata la sua grande potenza, soprattutto sul Muur va Geraardsbergen, il vecchio Muro di Grammont, scalato con il 53 e il secondo tempo di giornata, alle spalle di Mohoric.

«Normalmente su quel muro – spiega De Lie – vado con i rapporti più corti. Ma ho cominciato a salire con la corona più grande e non me la sono sentita di cambiare, per paura che si rompesse la catena. Non c’è da vergognarsi di essere dietro Mohoric. Del resto è lui il vincitore della Milano-Sanremo e questo mi motiva solo di più. Sono curioso di vedere che cosa potrò fare io in quei 300 chilometri.».

Il 2023 di Guazzini, senza respiro da febbraio ad agosto

23.02.2023
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Inizia il tempo delle classiche. Il fine settimana parlerà fiammingo, con la Omloop Het Nieuwsblad e il giorno dopo la Kuurne-Bruxelles-Kuurne. In casa di Vittoria Guazzini la valigia è ormai pronta. Gli europei su pista sono alle spalle, il debutto su strada alla Valenciana è stato una fatica, ma adesso le sensazioni sono migliori. Per la toscana, che dallo scorso anno ha salito un altro gradino atletico e di consapevolezza, la stagione non sarà affatto banale.

Alla Omloop Van Het Hageland 2022, Guazzini passa sul Grammont: sabato sarà affrontato dalla Omloop Het Nieuwsblad come 7° muro
Alla Omoloop Van Het Hageland 2022, Guazzini sul Grammont: sabato sarà affrontato dalla Omloop Het Nieuwsblad come 7° muro

Estate di fuoco

Se ne parlava nei giorni scorsi anche con il cittì azzurro Sangalli. Con tutti i mondiali concentrati ai primi di agosto, la “Vitto” si troverà quasi certamente a correre il Tour Femmes, che si chiuderà con una crono: il suo terreno di caccia. Poi a Glasgow sarà in ballo di certo per la crono e per la pista. La strada non si sa.

«Come l’anno scorso – dice lei allontanando la pressione – sono partita un po’ dopo, perché mi sono operata per togliere tutti i ferri dalla caviglia. A dicembre abbiamo fatto il solito ritiro con la squadra. Sono andata un po’ in pista, in vista degli europei e poi perché fa comodo quando fa freddo. Ho lavorato bene e ora vediamo cosa ci dice la strada».

La partenza dopo i mondiali pista del 2022 è stat più blanda anche per l’intervento alla caviglia (foto FDJ-Suez)
La partenza dopo i mondiali pista del 2022 è stata più blanda anche per l’intervento alla caviglia (foto FDJ-Suez)
Quanto sono stati strani gli europei così presto?

In effetti abbastanza. Perché comunque prima, quando c’erano i mondiali a inizio stagione, ci arrivavi dalle Coppe del mondo che facevi l’inverno. Insomma, non è piacevole iniziare la stagione con 4 chilometri a tutta (il riferimento è all’inseguimento, a squadre e individuale, ndr). Anche se sono pochi, si sentono. Però è andata bene. Sono tornata a casa con due medaglie, quindi non mi posso lamentare.

La seconda medaglia è quella della madison. Si è ricomposta finalmente la coppia con Elisa Balsamo…

Alla fine, tra una cosa e un’altra e con questi calendari sempre più fitti, era da un po’ che non correvamo insieme. L’anno scorso all’europeo lei non ha fatto la pista, mentre io sono tornata a casa dopo i quartetti dell’inseguimento. Quest’anno al mondiale è stato scelto così perché era lo stesso giorno dell’individuale. Quindi, insomma, finalmente siamo riusciti a rincorrerla insieme dopo che avevamo vinto l’europeo nel 2020. L’ultima volta che abbiamo corso insieme è stato l’anno scorso a Glasgow.

Poteva essere la coppia madison di Tokyo?

Guarda, non mi pronuncio… (scoppia a ridere, meglio voltare pagina e tenerla ben chiusa, ndr).

Guazzini e Balsamo: bronzo nella madison a Grenchen. Chissà perché a Tokyo non corsero insieme la specialità
Guazzini e Balsamo: bronzo nella madison a Grenchen. Chissà perché a Tokyo non corsero insieme la specialità
Come è stato tornare alla strada dopo gli europei di Grenchen?

Devo dire che non è andata proprio al massimo. Anzi, posso proprio dire che è andata malino. Però vabbè, ormai spero di aver archiviato questa settimana. A casa sto prendendo tutto molto con calma e tranquillità per recuperare le energie e vedere di essere pronta per le prossime gare. La priorità era recuperare.

Il fatto di avere il mondiale così concentrato e il Tour che finisce con una crono ha spostato gli equilibri della stagione? 

Sicuramente il periodo tra fine luglio e l’inizio di agosto sarà complicato. Il Giro, il Tour e poi questi mondiali, che non si può dire, ma non so perché l’abbiano fatti a quel modo. Però vabbè, ormai è così e bisogna prenderne atto. Non è stato deciso quali grandi Giri farò e per il mondiale ancora non sono state prese decisioni. Comunque la squadra tiene al Tour e porterà la squadra più forte. E’ un team francese e il Tour è sempre il Tour. Insomma, vedremo… Anche perché intanto c’è una primavera ricca di appuntamenti.

Hai segnato qualche obiettivo?

In verità mi piacerebbe avere una buona condizione. Poi alla fine è inutile dichiarare dove si vuole vincere. Vorrei andare forte, perché quando si va forte, è tutto più facile.

Per Guazzini seconda stagione in Francia. La toscana ha compiuto 22 anni il 26 dicembre (foto FDJ-Suez)
Per Guazzini seconda stagione in Francia. La toscana ha compiuto 22 anni il 26 dicembre (foto FDJ-Suez)
Ti riportano alla Roubaix?

Quest’anno si ritorna. Non mi era mai capitato di farmi così male in una corsa (nel 2021, alla prima Roubaix Femmes, Vittoria cadde rompendosi una caviglia, ndr), per cui non so come sarà tornarci. L’anno scorso avevo detto tassativamente di no, anche perché erano passati solo pochi mesi, quindi non mi sembrava il caso. Ora invece ho detto che va bene, tanto prima o poi ci devo tornare… 

Quanto è cresciuta Vittoria nell’ultimo anno? 

Sicuramente l’anno scorso i risultati sono stati molto buoni. E’ stata un’annata positiva, però al di là dei risultati, penso di essere cresciuta molto, sia fisicamente, sia nell’approccio alle gare. E stata una crescita a 360°, però spero di continuarla e di far vedere anche quest’anno qualcosa di buono.

Lo scorso anno hai partecipato al mondiale da U23, cosa ti è rimasto?

Alla fine noi siamo abituate che passiamo da junior a elite e questa categoria delle under 23 praticamente non esiste. E’ un bene che comunque l’abbiano inserita, anche se, come si era già detto, le modalità del mondiale su strada vanno un po’ riviste. Perciò intanto prendiamo che l’hanno messa, che comunque ci sta bene, perché il salto è grande. Poi faranno anche il Tour de l’Avenir, penso che per le giovani sia un buon modo per farsi vedere. Perché comunque non è semplice arrivare e competere con Van Vleuten, Vos e Longo Borghini.

Wollongong, gara delle elite: Guazzini sfinita dopo aver tirato come un treno per tutto il giorno
Wollongong, gara delle elite: Guazzini sfinita dopo aver tirato come un treno per tutto il giorno
In effetti fa scalpore lo junior che passa pro’, quando fra voi è così da sempre…

Diciamo che qui non c’è mai stata questa via di mezzo. Poi ovviamente è vero che i livelli sono differenti, ma è comunque tutto in proporzione. Però vi garantisco che il salto comunque si fa sentire. A 19 anni vai ancora a scuola, ti alleni il pomeriggio perché esci all’una o le due. Fino a febbraio fa buio alle quattro e mezza. Insomma, ci sono tante cose da considerare. Ci stavo pensando in questi giorni e mi dicevo: come facevo quando andavo a scuola? 

Carbonari resta alla Valcar, ma che spavento in Olanda…

04.09.2022
5 min
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La foto che ci manda venerdì pomeriggio Anastasia Carbonari non è certamente quella del suo profilo migliore. Questa è la storia di un’intervista nata e chiusa tre giorni fa e che, cronaca alla mano, abbiamo dovuto aggiornare. Tuttavia lo spirito, malgrado quello che le è appena successo, non le manca e ci rincuora sentirla così.

«Se avete altre domande adesso ho molto tempo libero per rispondere – ci racconta Carbonari dall’ospedale di Maastricht – la diagnosi parla di fratture ad una scapola, cinque costole e due vertebre. Poi mi hanno detto che avendo battuto anche la testa sarò un po’ scombussolata per qualche settimana.

«Sto facendo caos con l’inglese, ma magari inizierò a parlare lettone, visto che mi hanno presa in giro dicendo che non sono capace. Nel 2019 ero stata investita in allenamento, ma i tempi di recupero erano stati molto lunghi. Ora sto guardando a chi è successo lo stesso di recente, per capire in quanto tempo potrò tornare a pedalare».

Anastasia Carbonari sull’ambulanza dopo l’incidente in corsa. Fratture di una scapola, 5 costole e 2 vertebre
Anastasia Carbonari sull’ambulanza dopo l’incidente in corsa. Fratture di una scapola, 5 costole e 2 vertebre

Rischi esagerati

L’incidente di venerdì della 22enne della Valcar Travel&Service, guardando le immagini, poteva avere conseguenze ben peggiori. Lei ricorda solo che era in fondo ad un gruppetto e che ha centrato un pick-up nero. La dinamica non è ancora chiara, ma quel che è certo e che fa rabbia è che in una gara WorldTour come il Simac Ladies c’era un’auto in mezzo alla strada e non doveva esserci, benché segnalata in extremis da un addetto della scorta tecnica.

Qualcuno dice che la gara olandese mostrasse già qualche pericolo nei giorni precedenti e che nella stessa tappa ci fossero auto in manovra mentre il gruppo approcciava il Cauberg. Qualcuno dice che questo è il mestiere del ciclista, che fa parte del gioco. Non è vero.

Il tema della sicurezza non passerà mai di moda e lo rimandiamo ad altri approfondimenti, ma ora insieme a Carbonari vogliamo solo riavvolgere il nastro della nostra chiacchierata del giorno prima partendo da un suo messaggio di qualche ora prima.

Un’istantanea dell’incidente di Carbonari. Il pick-up nero non doveva essere lì (foto twitter)
Un’istantanea dell’incidente di Carbonari. Il pick-up nero non doveva essere lì (foto twitter)
Anastasia eravamo rimasti indietro di una risposta. Quest’anno hai fatto tanti chilometri in fuga. Cosa rappresenta per te?

E’ prima di tutto un modo per mettermi in mostra. E anche per essere parte della gara, perché mi rendo conto che su alcuni percorsi, quando la corsa entra nel vivo, non ho ancora la capacità di restare con le prime. Quindi avvantaggiarmi o partire in anticipo è una maniera per essere più utile alla mia squadra senza essere solo un numero attaccato alla maglia. Poi c’è anche un aspetto quasi propedeutico. Ad esempio alla mia prima corsa della stagione, la Omloop Het Nieuwsblad, c’era da fare del pavè. “Capo” (come viene chiamato il team manager Davide Arzeni, ndr) non mi riteneva ancora sicura per affrontarlo in gruppo e così al mattino mi ha consigliato di andare in fuga in modo da prenderci le misure con meno ansia.

Finora hai avuto un calendario intenso.

Sì, è vero, ho fatto 50 giorni di corsa. Diciamo che mi sono testata su tanti terreni. Non solo pavé, ma anche strappi della Ardenne, salite dure nei Paesi Baschi. O ancora gare al Nord con tanto vento. Ecco, lassù ho imparato a girare nei ventagli…

Spiega pure.

Alla Ronde van Drenthe se ne è aperto uno e non sapevo come fare. Tutti danno per scontato che sia facile starci, invece non è così. Se non giri nel modo giusto, non solo fai più fatica tu, ma anche le tue compagne o colleghe che ti sono attorno. E a quel punto puoi prendere dei rimproveri (sorride, ndr). Per fortuna il Capo dopo quel giorno mi ha spiegato la tecnica e come comportarmi. Ma quest’anno ho appreso tanto osservando le mie compagne, anche nelle piccole cose al di fuori della gara.

Carbonari quest’anno ha alzato il suo livello, risultando preziosa per la Valcar
Carbonari in fuga. Un’azione che la contraddistingue e su cui la Valcar conta molto
Incidente a parte, com’è il bilancio della tua annata?

Positivo. Sono soddisfatta di quello che ho fatto. Se penso a come ero all’inizio della stagione e a come sono ora, vedo una grande differenza. Ora ho più esperienza. In gruppo mi sento più a mio agio. Riesco a gestirmi meglio, anche se devo ancora migliorare tanto. Ma soprattutto sono contenta perché adesso mi sento davvero utile alla squadra.

Arzeni durante il Giro Donne ci aveva detto che eri pronta per un team WorldTour. Invece resterai alla Valcar. Come la vivi questa situazione?

Avere una persona come lui che crede in te è importante, specie per una ragazza giovane come me. Mi lusingano le sue parole e anche gli interessamenti che ho avuto da parte di una formazione WorldTour. Però sono consapevole che devo crescere in tanti aspetti. In Valcar c’è l’ambiente giusto per farlo con tranquillità. Sono certa che Davide ci lascerà dei consigli per continuare nel nostro processo di crescita.

A proposito di consapevolezza, nel 2023 sarai una delle punte dalla squadra. Ti senti pronta?

So che avrò più responsabilità. E dovrò imparare a conviverci, ma non sono spaventata. O meglio, so che devo migliorare nella gestione mentale pre-gara. Devo eliminare ansie e timori. Dovrò diventare più fredda senza farmi prendere dal panico se qualcosa non andrà bene o come volevo io. Mi metterò in gioco. Sono stimolata ed anche emozionata. Sono curiosa di vedere ciò che verrà fuori.

Carbonari in fuga alla Freccia Vallone. Per lei quest’anno tanti chilometri in avanscoperta
Carbonari in fuga alla Freccia Vallone. Per lei quest’anno tanti chilometri in avanscoperta
Obiettivi per l’anno prossimo? Hai una gara da cerchiolino rosso?

Vorrei correre senza sprecare energie. Sapere come e quando muovermi o spendermi per le mie compagne che saranno più adatte di me in una determinata gara. Ho caratteristiche da passista. Arzeni dice che un percorso ondulato mi si addice. Anzi lui sostiene che la Strade Bianche sia tagliata per me, anche perché da allieva e junior ho fatto ciclocross. Però mi accontenterei di fare risultato in una qualsiasi altra corsa.

Le sfide di Van der Spiegel, capo fiammingo del Fiandre

06.03.2022
6 min
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Tomas Van der Spiegel è alto 2,14 e nella sua vita precedente giocava a basket. Quando vai alle corse del Belgio, non è infrequente incontrarlo, anche se raramente lo vedi in mezzo ai corridori. Pur essendo il capo di Flanders Classics , la società che organizza il grande ciclismo in Belgio – dalla Omloop Het Nieuwsblad al Fiandre, passando per la Gand e altre – Tomas preferisce un ruolo dietro le quinte. Se lo noti è perché, come i campanili nelle sconfinate pianure delle Fiandre, svetta sulle teste e detta la rotta.

«Sono sempre stato appassionato di ciclismo – dice Van der Spiegel, in apertura nella foto Facebook – sono fiammingo, fa parte di noi. La primavera per me è sempre stata la stagione delle classiche, ora più che mai. Già quando giocavo, ho sempre avuto la passione per il lato business dello sport. Perciò quando mi hanno avvicinato i proprietari di Flanders Classics e mi hanno offerto di diventarne l’Amministratore Delegato, non ci ho pensato neanche per un secondo. Mi dà tanto orgoglio essere qui».

Classe 1978, avendo giocato con la Fortitudo Bologna, la Virtus Roma e l’Olimpia Milano, il suo italiano è praticamente perfetto, scritto e parlato. Scherzando dice che in certi giorni va meglio e in certi peggio: dipende dallo stress. E queste sono settimane di fuoco, dopo che nello scorso autunno Flanders Classics organizzò assieme a Golazo anche i mondiali di Flanders 2021.

Quanto pesa il tuo ruolo nelle settimane di primavera?

In realtà per me non cambia tantissimo (ride, ndr), perché non sono troppo coinvolto a livello tecnico. Per il resto del mio team, mi rendo conto che siano giorni impegnativi.

Siamo abituati a pensare a RCS e ASO, ma anche Flanders Classics è ormai una grande struttura.

La differenza è che noi abbiamo soltanto corse di un giorno e questo cambia tanto. In ogni caso siamo riconosciuti come terzo attore sulla scena del ciclismo. Complessivamente siamo coinvolti in 70 eventi all’anno. Abbiamo tutta la stagione del ciclocross, tante Gran Fondo, le grandi classiche e le gare per le donne.

Podio di Leuven 2021, Alaphilippe iridato con Van Baarle e Valgren
Podio di Leuven 2021, Alaphilippe iridato con Van Baarle e Valgren
Lo scorso anno si è aggiunto il mondiale, come è andata?

E’ stato una sfida. Il giorno della corsa dei pro’ è stato paragonabile a un Fiandre, quindi nessun problema. Il guaio è che abbiamo dovuto mettere insieme otto giorni di eventi e la logistica di quattro città lontane non è stata semplice. Ma alla fine ha funzionato bene tutto.

Come si passa dal basket al ciclismo?

Sono qui da quattro anni e credo ormai di aver trovato la mia collocazione. Il ciclismo è un mondo tradizionale, il mio apporto potrebbe essere considerato innovativo. Non avendo grossi legami col passato e la tradizione, riesco a vedere le cose con meno condizionamenti

Fra le novità, lo scorso anno avete adottato le transenne Boplan: un bel passo avanti…

Se devo dire, dopo quello che ho vissuto per tutta la carriera da professionista, lo stress del mio ruolo sembra davvero poca cosa. C’è, ma si gestisce facilmente. Ma c’è una cosa che ancora mi dà ansia ed è la sicurezza dei corridori e del pubblico. Non è facile, non siamo in un palazzetto, in un velodromo o in uno stadio. Perciò tutto quello che possiamo fare, anche se costa, sarà un investimento che vale assolutamente la pena. Transenne o volontari, qualsiasi cosa. La sicurezza sulle nostre strade è una bella sfida, perché saprete bene che nelle Fiandre non c’è una strada che sia dritta, non una strada che sia larga. Per questo volontari e motociclisti sanno di avere un ruolo molto importante.

Le transenne di Boplan utilizzate da Flanders Classics a partire dal 2021: Van der Spiegel ha la sicurezza nel mirino
Le transenne di Boplan utilizzate da Flanders Classics a partire dal 2021
Tanto cross e tanta strada: qual è il rapporto di forza?

A livello internazionale, conta più la strada. A livello locale, il cross ha lo stesso peso. E anche questa sfida di renderlo sempre più internazionale è molto importante, approfittando della presenza di tre corridori come Van Aert, Van der Poel e Pidcock che lo rendono così spettacolare.

Il cross sulla neve: mai avuto dubbi?

Adesso che è riuscito tutto, posso dire che eravamo sicuri. Ma il nostro motto è che finché non provi, non saprai mai se può funzionare. Abbiamo provato. Val di Sole si è dimostrato un partner di grande valore e alla fine è andata bene e per questo torneremo. Il cross è un prodotto molto attrattivo. La gara dura sono un’ora, è esplosiva, si può rendere bene con riprese spettacolari, donne e uomini hanno già la parità. Può diventare un prodotto con un bel futuro. Non sta a noi portarlo alle Olimpiadi, noi possiamo dimostrare che le merita.

Come si fa?

Va reso sempre più internazionale. Ora è rientrata l’Italia, il prossimo anno ci sarà anche la Spagna. Chiaro che i tifosi di qui lo vorrebbero tutto fra Belgio e Olanda, ma lo scopo è creare uno sport diffuso e attrattivo.

La Coppa del mondo nella neve a Vermiglio: una prima assoluta, per Van der Spiegel riuscita molto bene
La Coppa del mondo nella neve a Vermiglio: una prima assoluta, riuscita molto bene
Hai parlato di abitudini che non hai e che vorresti eliminare…

I miei collaboratori sanno che sono allergico alla frase: «Si è sempre fatto così». Il ciclismo è un prodotto che ha potenziale, ma deve accettare nuove sfide. Per cui va bene la sicurezza, ma dobbiamo lavorare a uno sport che fra dieci anni sia attrattivo come lo era vent’anni fa. Serviranno dei cambiamenti, che non sempre vengono capiti.

Che rapporto hai con gli atleti?

Ho dei contatti con loro, con alcuni ho più rapporto, ma il mio obiettivo è essere un organizzatore rispettato. Ammiro molto gli atleti, lo sono stato anche io e so cosa vuol dire fare la loro vita. Ma non voglio essere amico di tutti, perché devo prendere liberamente le mie decisioni.

Secondo Tomas Van der Spiegel è possibile collaborare con gli altri organizzatori?

E’ possibile. E’ difficile perché sono mondi diversi. Sarebbe utile. I due grandi organizzatori sono legati alle loro necessità, ma io credo che le squadre andrebbero coinvolte nel modello di business, avere dei dividendi. L’abbiamo sempre detto, ci crediamo e ci proveremo. Bisogna fare piccoli passi e avvicinare tutti, sederci allo stesso tavolo.

Prima del Covid, il pubblico aveva accesso al capannone dei bus alla Het Nieuwsblad
Prima del Covid, il pubblico aveva accesso al capannone dei bus alla Het Nieuwsblad
Il weekend di apertura in Belgio ha rivisto il pubblico sulle strade, non ancora alla partenza…

Sentiamo che le squadre non sono pronte per la riapertura totale. Hanno sempre paura, vogliono proteggere il corridore e per ora vanno capite. La prossima discussione riguarderà proprio la riapertura della zona dei pullman al pubblico. Alla partenza dal velodromo di Gand, era spettacolare avere i tifosi fra i bus nel capannone al coperto. Era la vera festa del ciclismo. E anche se ai team fa comodo essere appartati rispetto alla stampa e ai tifosi, il ciclismo ha bisogno di questi momenti. Serve solo avere pazienza.

Mozzato riparte dopo il Covid: quest’anno l’obiettivo è vincere

01.03.2022
4 min
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Formichina Mozzato alle 11,50 sarà al via de Le Samyn, la più fiamminga delle classiche valloni, come recita lo slogan sul sito ufficiale. Corsa belga del livello della Kuurne-Bruxelles-Kuurne, 209 chilometri e una bella serie di muri, che vedrà al via fra gli altri “bestiacce da Nord” come Merlier, Jakobsen, Pasqualon, Gilbert, Moschetti e Trentin

Il padovano sta venendo su un passo alla volta, con una bella fede nei suoi mezzi e la B&B Hotels-Ktm che lo supporta bene. Lo avevamo incontrato l’anno scorso a Montichiari, reduce da un intervento di ernia che aveva un po’ frenato il suo inverno. Poi avevamo raccontato le ottime prestazioni nelle classiche di aprile. E a fine stagione, incuriositi, avevamo approfondito il suo essere stato il terzo italiano nel velodromo di Roubaix, dopo Colbrelli e Moscon.

La presentazione della Het Nieuwsblad ha stupito Mozzato, che non si aspettava un simile show
La presentazione della Het Nieuwsblad ha stupito Mozzato, che non si aspettava un simile show

Frenato dal Covid

Il weekend di apertura ha avuto luci e ombre. Dopo il 26° posto alla Het Nieuwsblad, a Kuurne ha sofferto più del previsto. E la squadra, che aveva inizialmente valutato di portarlo alla Parigi-Nizza, ha disegnato un altro programma. Eredità del Covid, che anche lui ha preso nelle ultime settimane.

«Domenica ho faticato più del previsto – spiega – e la squadra ha bisogno di fare un po’ di risultati, perché non siamo partiti proprio benissimo. Quindi ci hanno detto che, visto il livello, alla Parigi-Nizza andranno i più in forma. E per me hanno rispolverato il calendario degli ultimi due anni qua in Belgio, sperando che venga fuori qualche risultato».

Lui ha capito e si è rimboccato le maniche. Il programma alternativo prevede appunto Le Samyn, poi il Gp Monseré e la Danilith Nokere Koerse in cui lo scorso anno centrò il terzo posto.

Alla Roubaix del 2021 è stato il terzo italiano all’arrivo, dopo Colbrelli e Moscon
Alla Roubaix del 2021 è stato il terzo italiano all’arrivo, dopo Colbrelli e Moscon
L’altro giorno alla partenza della Het Nieuwsblad avevi gli occhi stralunati…

Diciamo che da quando sono diventato professionista, di presentazioni così ne abbiamo fatte poche. E quella è stata veramente caratteristica, anche perché entrare dentro il velodromo così pieno di persone è stato molto particolare e mi ha toccato particolarmente. A dirla tutta, non sapevo neanche che si facesse lì dentro e trovare le luci e il parterre pieno di persone è stato speciale.

All’inizio del 2021 l’obiettivo era provare ad arrivare davanti.

Quest’anno speriamo di fare uno step in più. L’idea è quella di alzare le braccia. Abbiamo lavorato bene l’inverno, ma il mese scorso come tanti altri ho preso il Covid. Quindi sono stato un po’ rallentato. Vediamo come procedono le cose. L’obiettivo sicuramente è quello di provare a vincere qualcosa, non importa dove. Magari nelle corse dove il livello è un po’ più alto, sarebbe buono già essere nel primo gruppo.

Anche questa è scuola…

Arrivare davanti e poi provare a giocarsi le proprie carte. Siamo qua soprattutto per imparare, vedere come va e come si fa per rimanere davanti.

L’inverno di Mozzato è filato liscio: nel 2021 si era dovuto operare e questo lo aveva rallentato (foto B&B Hotels-Ktm)
L’inverno di Mozzato è filato liscio: nel 2021 si era dovuto operare e questo lo aveva rallentato (foto B&B Hotels-Ktm)
Che cosa significa aver passato un bell’inverno?

Siamo andati avanti senza particolari intoppi. Sono riuscito a lavorare tutti i giorni senza problemi, anche con dei ritiri al caldo, a differenza dell’anno prima in cui ho avuto dei problemini e sono dovuto andare sotto i ferri. Questa volta non ci sono stati problemi e adesso vediamo di concretizzare qualcosa.

Il Covid ti ha solo fatto perdere dei giorni di lavoro o ti è rimasto addosso con qualche tipo di condizionamento?

No, nessuna conseguenza, solo i giorni che ho perso. Non è stato facile rimanere chiusi in casa soprattutto per la preparazione. Poi io personalmente, come tanti altri con cui ho parlato, sono stato male solo 2-3 giorni, giusto un po’ di mal di testa e mal di gola, niente di particolare. Ma ho dovuto farmi i miei 10 giorni di isolamento. Poteva starci che le sensazioni al rientro non fossero eccezionali e così è andata. Ma non mi fascio la testa, gli obiettivi non cambiano. La stagione sarà lunghissima…

Ultima e sfinita, orgoglio Carbonari per il battesimo sul pavé

28.02.2022
5 min
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Mentre in testa al gruppo Annemiek Van Vleuten sceglieva il modo per vincere la Omloop Het Nieuwsblad, alle sue spalle e già ultima nell’ordine di arrivo, Anastasia Carbonari portava a casa la fatica e la soddisfazione di essere arrivata in fondo.

La sua non è stata una resa da piegarsi sulle ginocchia, ma la conseguenza di una fuga andata via presto e ripresa a 40 chilometri dall’arrivo nella prima corsa di stagione e la prima sul pavé. Per la ragazza marchigiana, arrivata quest’anno alla Valcar-Travel&Service, una rapida scuola di tecnica e strada, suggerita da Davide “Capo” Arzeni.

Prima del via, con il giusto carico di ansia: per Carbonari, battesimo sul pavé (foto Twila F. Muzzi)
Prima del via, con il giusto carico di ansia: per Carbonari, battesimo sul pavé (foto Twila F. Muzzi)

Un ricordo da scacciare

Ci può essere soddisfazione nell’arrivare ultimi? C’è sempre soddisfazione nell’arrivare: se si è capaci di fare tesoro di ogni esperienza, anche la resa può insegnare qualcosa.

«Partiamo da come ho lasciato il Belgio due anni fa – racconta – quando non vedevo l’ora di andarmene. Ho fatto Liegi e Freccia e ovviamente erano andate malissimo. Neanche le avevo finite e da lì avevo iniziato a pensare che magari veramente il ciclismo non fosse fatto per me.

«Quindi tornare con la migliore squadra d’Italia, poter correre tra le big e riuscire a mettere la testa fuori andando anche in fuga, non nego che per me sia stata una soddisfazione grandissima. Non è niente, lo so. In confronto a piazzarsi o arrivare alla fine con le prime non è niente. Ma come inizio e per come mi ero lasciata con questi posti, dico che sono veramente soddisfatta».

Carbonari ha… assaggiato il pavé nella recon del venerdì (foto Twila F. Muzzi)
Carbonari ha… assaggiato il pavé nella recon del venerdì (foto Twila F. Muzzi)

Un nuovo nascere

Quel debutto nelle Ardenne porta la data del 2020. Qualche mese prima, alla fine di luglio 2019, Anastasia si era ritrovata sull’asfalto con una vertebra rotta per un’auto che le aveva tagliato la strada. L’arrivo nella squadra di Valentino Villa ha pertanto il sapore di un vero battesimo. E visto che la marchigiana era davvero digiuna di pavé, incontrato nel pomeriggio di vigilia, il diesse Arzeni ci aveva anticipato che l’avrebbe mandata in fuga. Per darle confidenza con le stradine e permetterle di credere di più in se stessa.

«Non avevo mai corso sul pavé – dice –  Liegi e Freccia sono tutte su asfalto, quindi anche provare quelle stradine nella ricognizione e riconoscere i posti in cui vedevo sempre i ciclisti professionisti in televisione, è stata un’emozione grandissima. Sono contenta di averla finita».

La presentazione nel velodromo di Gand dà il senso del grande evento (foto Twila F. Muzzi)
La presentazione nel velodromo di Gand dà il senso del grande evento (foto Twila F. Muzzi)
Che cosa significa averla finita?

Per me è un punto di partenza non indifferente. Sono molto contenta della fiducia che mi ha dato Capo, di portarmi qui e darmi la possibilità di farmi vedere e di crescere. Eravamo tutti consapevoli che fosse la mia prima volta sul pavé e che per fare queste corse serve molta esperienza. Sono contenta, è stata una grande emozione.

Come hai esorcizzato la paura del pavé?

Capo mi ha detto di andare in fuga, perché essendo la prima volta, l’impatto sarebbe potuto essere traumatico. Mi ha detto: «Vai davanti, così fai esperienza e prendi il pavé non in gruppo».

E tu?

E io sono andata in fuga. Alla fine mi ci sono trovata abbastanza bene e con un bel feeling. Negli ultimi muri mi sono staccata perché ero arrivata a cottura.

Bel piazzamento di Silvia Persico, tricolore di cross, 22ª nel gruppo dietro le prime tre (foto Twila F. Muzzi)
Bel piazzamento di Silvia Persico, tricolore di cross, 22ª nel gruppo dietro le prime tre (foto Twila F. Muzzi)
Una fatica diversa?

Io penso che più impari ad andarci e meno fatica fai. Quindi essendo la prima volta ed essendo del tutto inesperta, è ovvio che abbia penato più alle altre. Penso di avere una certa affinità per questo tipo di percorsi. La mia fortuna è che in bici non ho molta paura, so guidarla, mi sono trovata abbastanza bene.

Che cos’altro porti a casa?

La presentazione con tutte le luci, il fatto poter correre lassù. Sabato veramente ho realizzato che sono arrivata in questa squadra, che sono qui con le migliori atlete italiane e posso essere al loro fianco. Imparare da loro per me è una soddisfazione grandissima. Non vedo l’ora di continuare questa stagione e di crescere. Penso di essere nella squadra giusta.

La fuga di Carbonari suggerita da Capo Arzeni per prendere confidenza con il pavé (foto Twila F. Muzzi)
La fuga di Carbonari suggerita da Capo Arzeni per prendere confidenza con il pavé (foto Twila F. Muzzi)
E il pubblico?

Quella gente è stupenda. Passare tra gli odori di birra e patatine fritte e sentire nell’aria il profumo del Belgio. Sentire l’incitamento che ricevi anche nell’ultimo gruppo è qualcosa di stupendo… Mi hanno sempre detto che per capirlo devi provarlo, ora l’ho provato e posso dire che è veramente unico.

Prossime corse?

Strade Bianche, Freccia e Liegi. Voglio vedere come andrà questa volta.

EDITORIALE / Benvenuti alla scuola del Nord

28.02.2022
4 min
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Una volta c’erano i velocisti, che si mettevano di traverso quando la strada iniziava a salire. E se un giovane coraggioso, ingenuo o semplicemente incauto si permetteva di attaccare troppo presto, iniziava il volo delle borracce. Poi questa abitudine è scomparsa, il ciclismo è cambiato, gli sceriffi hanno dismesso certe abitudini e poi si sono estinti, ma ci sono ancora momenti e corse in cui i padroni del gruppo fanno la voce grossa. Sulle stradelle sconnesse del Nord, ad esempio, se ne vedono di cotte e di crude.

Il gruppo vola con i manubri distanti pochi millimetri uno dall’altro. L’arte del limare si impara soprattutto lassù e può capitare di assistere a manovre verso le quali normalmente si punterebbe il dito.

Van Aert ha chiuso Trentin verso il marciapiede: una manovra non così rara da vedere
Van Aert ha chiuso Trentin verso il marciapiede: una manovra non così rara da vedere

Le prendi e le dai

Vi siete accorti della chiusura di Van Aert ai danni di Trentin sul Muur alla Het Nieuwsblad? Matteo ha ammesso che forse il belga lo ha stretto di proposito per impedirgli di prendere la discesa in testa, ma si è guardato bene dal lamentarsi. Certe cose al Nord sono normali.

«Se vai in Belgio a fare quelle corse – conferma Michele Bartoli, il più fiammingo degli italiani degli anni 90 – di certe cose non ti puoi scandalizzare. Quando si dice “mors tua, vita mea”, lassù è proprio così, semplicemente perché non ci sono altre possibilità. Le prendi e stai zitto. E poi magari impari anche a darle».

Perché correre sempre in testa? Perché dietro si rischia di restare a piedi…
Perché correre sempre in testa? Perché dietro si rischia di restare a piedi…

Non è tutto lecito

E’ tutto così normale che Michele non aveva neppure considerato irregolare la manovra di Van Aert. Ma con la stessa franchezza ha anche messo l’accento sul fatto che non tutto sia lecito.

«Io ero uno che si lamentava spesso in corsa – sorride – ma al Nord non l’ho mai fatto. Eppure sapete quante volte sono finito contro una transenna? Non si contano. Prima dei muri è normale che ci siano degli scarti bruschi. Sai che se perdi 3-4 posizioni all’inizio della salita, in cima magari ne hai perse venti e la corsa è andata. Perciò ai giovani che vanno lassù consiglio di prenderle e imparare a renderle, sempre nei limiti della sicurezza. Non è che tutto sia permesso, ma i percorsi sono così».

Vout Van Aert, Mathieu Van der Poel, Julian Alaphilippe, caduta moto, Giro delle Fiandre 2020
Il volo di Alaphilippe al Fiandre del 2020. Quella volta la manovra di Van Aert non fu limpidissima
Vout Van Aert, Mathieu Van der Poel, Julian Alaphilippe, caduta moto, Giro delle Fiandre 2020
Il volo di Alaphilippe al Fiandre del 2020. Quella volta la manovra di Van Aert non fu limpidissima

La scuola del Nord

Quel confine è così labile, che diventa difficile anche stigmatizzarne il superamento. Allo stesso modo in cui la stretta di sabato ai danni di Trentin non ha avuto grosse conseguenze, se non quella di rallentarne lo slancio, non si può dimenticare la manovra, uguamente di Van Aert, ai danni di Van del Poel e Alaphilippe nel Fiandre del 2020. Il belga puntò la moto e poi scartò di colpo. L’olandese riuscì a schivarla, il campione del mondo francese rovinò a terra e si ruppe un polso. Tutte le invettive si concentrarono sul motociclista, la manovra venne ritenuta funzionale alla corsa.

Il Nord è la scuola di ciclismo più dura che ci sia ed è un peccato che ai tanti ragazzi che militano nelle nostre professional essa sia preclusa, sia perché non ci sono gli inviti, sia perché spesso non vengono neanche richiesti. Per questo, al pari di Pozzato nei giorni scorsi, facciamo anche noi il tifo per Cassani. E intanto spingiamo idealmente le continental e le professional di casa nostra affinché investano sui ragazzi che indossano la loro maglia. Le salite sono tutte uguali, le stradine del Nord se non le impari da ragazzo, rischi di non impararle più.