Le sfide di Van der Spiegel, capo fiammingo del Fiandre

06.03.2022
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Tomas Van der Spiegel è alto 2,14 e nella sua vita precedente giocava a basket. Quando vai alle corse del Belgio, non è infrequente incontrarlo, anche se raramente lo vedi in mezzo ai corridori. Pur essendo il capo di Flanders Classics , la società che organizza il grande ciclismo in Belgio – dalla Omloop Het Nieuwsblad al Fiandre, passando per la Gand e altre – Tomas preferisce un ruolo dietro le quinte. Se lo noti è perché, come i campanili nelle sconfinate pianure delle Fiandre, svetta sulle teste e detta la rotta.

«Sono sempre stato appassionato di ciclismo – dice Van der Spiegel, in apertura nella foto Facebook – sono fiammingo, fa parte di noi. La primavera per me è sempre stata la stagione delle classiche, ora più che mai. Già quando giocavo, ho sempre avuto la passione per il lato business dello sport. Perciò quando mi hanno avvicinato i proprietari di Flanders Classics e mi hanno offerto di diventarne l’Amministratore Delegato, non ci ho pensato neanche per un secondo. Mi dà tanto orgoglio essere qui».

Classe 1978, avendo giocato con la Fortitudo Bologna, la Virtus Roma e l’Olimpia Milano, il suo italiano è praticamente perfetto, scritto e parlato. Scherzando dice che in certi giorni va meglio e in certi peggio: dipende dallo stress. E queste sono settimane di fuoco, dopo che nello scorso autunno Flanders Classics organizzò assieme a Golazo anche i mondiali di Flanders 2021.

Quanto pesa il tuo ruolo nelle settimane di primavera?

In realtà per me non cambia tantissimo (ride, ndr), perché non sono troppo coinvolto a livello tecnico. Per il resto del mio team, mi rendo conto che siano giorni impegnativi.

Siamo abituati a pensare a RCS e ASO, ma anche Flanders Classics è ormai una grande struttura.

La differenza è che noi abbiamo soltanto corse di un giorno e questo cambia tanto. In ogni caso siamo riconosciuti come terzo attore sulla scena del ciclismo. Complessivamente siamo coinvolti in 70 eventi all’anno. Abbiamo tutta la stagione del ciclocross, tante Gran Fondo, le grandi classiche e le gare per le donne.

Podio di Leuven 2021, Alaphilippe iridato con Van Baarle e Valgren
Podio di Leuven 2021, Alaphilippe iridato con Van Baarle e Valgren
Lo scorso anno si è aggiunto il mondiale, come è andata?

E’ stato una sfida. Il giorno della corsa dei pro’ è stato paragonabile a un Fiandre, quindi nessun problema. Il guaio è che abbiamo dovuto mettere insieme otto giorni di eventi e la logistica di quattro città lontane non è stata semplice. Ma alla fine ha funzionato bene tutto.

Come si passa dal basket al ciclismo?

Sono qui da quattro anni e credo ormai di aver trovato la mia collocazione. Il ciclismo è un mondo tradizionale, il mio apporto potrebbe essere considerato innovativo. Non avendo grossi legami col passato e la tradizione, riesco a vedere le cose con meno condizionamenti

Fra le novità, lo scorso anno avete adottato le transenne Boplan: un bel passo avanti…

Se devo dire, dopo quello che ho vissuto per tutta la carriera da professionista, lo stress del mio ruolo sembra davvero poca cosa. C’è, ma si gestisce facilmente. Ma c’è una cosa che ancora mi dà ansia ed è la sicurezza dei corridori e del pubblico. Non è facile, non siamo in un palazzetto, in un velodromo o in uno stadio. Perciò tutto quello che possiamo fare, anche se costa, sarà un investimento che vale assolutamente la pena. Transenne o volontari, qualsiasi cosa. La sicurezza sulle nostre strade è una bella sfida, perché saprete bene che nelle Fiandre non c’è una strada che sia dritta, non una strada che sia larga. Per questo volontari e motociclisti sanno di avere un ruolo molto importante.

Le transenne di Boplan utilizzate da Flanders Classics a partire dal 2021: Van der Spiegel ha la sicurezza nel mirino
Le transenne di Boplan utilizzate da Flanders Classics a partire dal 2021
Tanto cross e tanta strada: qual è il rapporto di forza?

A livello internazionale, conta più la strada. A livello locale, il cross ha lo stesso peso. E anche questa sfida di renderlo sempre più internazionale è molto importante, approfittando della presenza di tre corridori come Van Aert, Van der Poel e Pidcock che lo rendono così spettacolare.

Il cross sulla neve: mai avuto dubbi?

Adesso che è riuscito tutto, posso dire che eravamo sicuri. Ma il nostro motto è che finché non provi, non saprai mai se può funzionare. Abbiamo provato. Val di Sole si è dimostrato un partner di grande valore e alla fine è andata bene e per questo torneremo. Il cross è un prodotto molto attrattivo. La gara dura sono un’ora, è esplosiva, si può rendere bene con riprese spettacolari, donne e uomini hanno già la parità. Può diventare un prodotto con un bel futuro. Non sta a noi portarlo alle Olimpiadi, noi possiamo dimostrare che le merita.

Come si fa?

Va reso sempre più internazionale. Ora è rientrata l’Italia, il prossimo anno ci sarà anche la Spagna. Chiaro che i tifosi di qui lo vorrebbero tutto fra Belgio e Olanda, ma lo scopo è creare uno sport diffuso e attrattivo.

La Coppa del mondo nella neve a Vermiglio: una prima assoluta, per Van der Spiegel riuscita molto bene
La Coppa del mondo nella neve a Vermiglio: una prima assoluta, riuscita molto bene
Hai parlato di abitudini che non hai e che vorresti eliminare…

I miei collaboratori sanno che sono allergico alla frase: «Si è sempre fatto così». Il ciclismo è un prodotto che ha potenziale, ma deve accettare nuove sfide. Per cui va bene la sicurezza, ma dobbiamo lavorare a uno sport che fra dieci anni sia attrattivo come lo era vent’anni fa. Serviranno dei cambiamenti, che non sempre vengono capiti.

Che rapporto hai con gli atleti?

Ho dei contatti con loro, con alcuni ho più rapporto, ma il mio obiettivo è essere un organizzatore rispettato. Ammiro molto gli atleti, lo sono stato anche io e so cosa vuol dire fare la loro vita. Ma non voglio essere amico di tutti, perché devo prendere liberamente le mie decisioni.

Secondo Tomas Van der Spiegel è possibile collaborare con gli altri organizzatori?

E’ possibile. E’ difficile perché sono mondi diversi. Sarebbe utile. I due grandi organizzatori sono legati alle loro necessità, ma io credo che le squadre andrebbero coinvolte nel modello di business, avere dei dividendi. L’abbiamo sempre detto, ci crediamo e ci proveremo. Bisogna fare piccoli passi e avvicinare tutti, sederci allo stesso tavolo.

Prima del Covid, il pubblico aveva accesso al capannone dei bus alla Het Nieuwsblad
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Il weekend di apertura in Belgio ha rivisto il pubblico sulle strade, non ancora alla partenza…

Sentiamo che le squadre non sono pronte per la riapertura totale. Hanno sempre paura, vogliono proteggere il corridore e per ora vanno capite. La prossima discussione riguarderà proprio la riapertura della zona dei pullman al pubblico. Alla partenza dal velodromo di Gand, era spettacolare avere i tifosi fra i bus nel capannone al coperto. Era la vera festa del ciclismo. E anche se ai team fa comodo essere appartati rispetto alla stampa e ai tifosi, il ciclismo ha bisogno di questi momenti. Serve solo avere pazienza.