I destini incrociati di De Lie e Gaudu. Due storie su cui riflettere

29.06.2025
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Potrà sembrare strano, ma le strade di Arnaud De Lie e David Gaudu in qualche modo s’intrecciano, si somigliano, pur restando distanti. Uno è un velocista belga, l’altro uno scalatore francese. Entrambi hanno talento, e lo hanno dimostrato, ma allo stesso tempo portano con sé fragilità importanti.

Ma senza divagare: perché i destini di De Lie e Gaudu s’incrociano? Il primo sta uscendo da un periodo nero e la sua squadra, la Lotto, lo ha annunciato al Tour de France. L’altro, invece, resta fuori. Viene dunque da chiedersi: il talento basta?

Dopo essersi rimesso in sesto De Lie ha lavorato sodo allo Svizzera. Qualche giorno oprima era stato 3° alla Brussels Classic
Dopo essersi rimesso in sesto De Lie ha lavorato sodo allo Svizzera. Qualche giorno oprima era stato 3° alla Brussels Classic

La situazione del belga

De Lie non ha avuto una grande primavera (ed è già la seconda, dopo i problemi fisici dell’anno scorso). Il belga, per sua stessa ammissione, ha avuto difficoltà mentali. Si è caricato di troppa pressione e questo a cascata lo ha portato completamente fuori forma. La Lotto lo ha quindi fermato del tutto, lo mise proprio fuori squadra, e resettato ancora una volta.

«Il mio stato d’animo – ha detto De Lie qualche giorno fa – è completamente diverso ora. Dopo la Gand-Wevelgem giravo a vuoto. Ero in un circolo vizioso, ma ora va molto meglio. La cosa più difficile, la prima per risollevarmi, è stata accettare quei momenti. Ora cerco di trarre il positivo da quelle fasi negative. E’ su questo che mi concentro, lo scatto deve venire da sé stessi. Gli altri possono incoraggiarti, ma se sei convinto che non funzionerà, allora non funzionerà mai».

De Lie ha parlato dei suoi prossimi obiettivi: le volate e le tappe ondulate del Tour: «I miei obiettivi non devono essere per forza incentrati sui risultati. Devo essere soddisfatto e orgoglioso. Ero sempre arrabbiato per i miei piazzamenti all’inizio della stagione, ma quell’atteggiamento non mi ha aiutato. A un certo punto ho pensato: per chi sto pedalando? La gente ha delle aspettative, ma io lo facevo quasi per gli altri, non per me stesso. Se do il massimo nella cronometro in salita in Svizzera, per dire, allora potrò essere orgoglioso di me stesso. E questo mi dà molta più soddisfazione.

Gaudu ha concluso un Giro d’Italia nel quale è stato quasi invisibile. Era al di sotto del suo talento
Gaudu ha concluso un Giro d’Italia nel quale è stato quasi invisibile. Era al di sotto del suo talento

E quella del francese

«Dato il mio livello attuale, sono stato trasparente con la squadra. Conoscono i miei dati, quindi abbiamo deciso insieme di saltare il Tour quest’anno», ha detto senza troppi giri di parole David Gaudu, scalatore della Groupama-FDJ e grande speranza del ciclismo d’Oltralpe.

E dire che l’inizio di stagione del bretone non era stato affatto male. Aveva vinto una tappa e chiuso terzo al Tour of Oman.

«Da allora – ha raccontato il team manager della FDJ, Marc Madiot, che si trova a rivivere qualcosa di molto simile che gli accadde con Pinot – è stato costantemente in difficoltà: cadute, spirali negative. Abbiamo cercato di recuperarlo gradualmente portandolo anche al Giro d’Italia, ma è ricaduto.

E a proposito di Giro, anche noi abbiamo una testimonianza diretta. In più di una partenza e arrivo lo abbiamo visto quasi “non presente”. In particolare il giorno della crono di Pisa. Eravamo dietro l’arrivo in attesa di Pellizzari per un’intervista concordata. Gaudu era partito un paio di corridori prima. Quando è arrivato, era stanco ma non sfinto, come chi dovrebbe fare una cronometro a tutta, ma magari non erano queste le direttive. Il massaggiatore gli ha chiesto più volte se volesse l’acqua o il recupero, quelle bevande viola ormai familiari, e lui non ha risposto. Continuava solo a legarsi i capelli, ora lunghi, con l’elastico. Alla fine, lo stesso massaggiatore gli ha messo l’asciugamano sul collo e gli ha indicato la via per il bus.

Una scena che potrebbe anche non significare nulla, ma col senno di poi il linguaggio del corpo era eloquente.

Per il Tour bisogna essere al 100 per 100 – ha concluso Madiot – piuttosto che inseguire il tempo, stiamo facendo un reset. L’obiettivo è riportarlo al suo livello migliore per la Vuelta e per il finale di stagione, fino alla Cina.

La mente degli atleti può essere forte nei momenti di sforzo, ma anche fragilissima al di fuori della stretta attività. Lì possono sorgere problemi che fanno crollare il castello
La mente degli atleti può essere forte nei momenti di sforzo, ma anche fragilissima al di fuori della stretta attività. Lì possono sorgere problemi che fanno crollare il castello

Talento sì, ma di cristallo

Per certi aspetti i due ricordano i classe 1990 di cui tanto si è parlato: forti, estri puri, ma in tanti, chi per un motivo e chi per un altro, si sono persi strada facendo. Solo Romain Bardet e Mattia Cattaneo, che comunque hanno avuto i loro momenti tempestosi, sono rimasti in pista a lungo. Mattia ancora va avanti…

«I miei obiettivi non devono essere per forza incentrati sui risultati», anche questa frase di De Lie fa riflettere. E’ un capitano, un leader e sentirlo parlare così magari non è il massimo per gregari o sponsor. Tuttavia è un pensiero che va rispettato, almeno in questo momento di “convalescenza”.

E ancora. Circolo vizioso, spirale negativa, ricaduta… sono termini che fanno riflettere. Tante volte si pensa che la vita del corridore sia semplice: basta allenarsi, mangiare bene e riposarsi, e automaticamente si vada forte. Ma non è così. Ci sono equilibri ben più sottili.

E forse lo sono ancora di più quando c’è il talento e si ha la consapevolezza di poterlo (e di doverlo) dimostrare.