Olivo e il CTF: cinque giorni all’università del ciclismo

25.03.2023
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I ragazzi del CTF ce lo avevano anticipato alla partenza della Coppa San Geo, era stato Andreaus a darci la notizia che a marzo sarebbero andati a correre in Belgio. Renzo Boscolo, qualche settimana dopo, ci aveva confermato la trasferta al Nord. Uno dei corridori che è stato nelle Fiandre nei giorni scorsi è Bryan Olivo, al secondo anno con la formazione friulana. 

I ragazzi del CTF venerdì 17 marzo hanno corso la Youngster Coast Challenge, questo il passaggio sul Kemmelberg (foto helene_cyclingpix)
I ragazzi del CTF hanno corso la Youngster Coast Challenge, questo il passaggio sul Kemmelberg (foto helene_cyclingpix)
Quanto siete stati in Belgio?

Cinque giorni, siamo partiti martedì per tornare sabato, il giorno dopo la Youngster Coast Challenge. Ieri abbiamo preso un altro volo per il Belgio e domani correremo la gara più importante: la Gent-Wevelgem under 23. 

Dove avete alloggiato?

Siamo stati nella casetta che usa la Bahrain Victorious come appoggio quando corre la campagna del Nord. 

Come si è divisa la vostra settimana?

Martedì, il giorno in cui siamo arrivati in Belgio, abbiamo fatto una prima uscita, con un bell’allenamento sui muri del Fiandre: siamo stati sull’Oude Kwaremont e sul Paterberg.

Che cosa hai provato a pedalare su quelle pietre?

Una grandissima emozione, solcare le stesse pietre dove i più grandi si sfidano durante il Giro delle Fiandre è incredibile. Sono estremamente duri! Dalla televisione non sembra, ma una volta che ci sei sopra la fatica si sente. 

Abbiamo visto che siete andati anche al velodromo di Roubaix.

Non ci siamo negati una pedalata nel velodromo più famoso del mondo, anche se devo ammettere che i muri delle Fiandre mi hanno colpito di più. Non saprei bene per quale motivo, però a parità di silenzio sui muri si respira proprio l’aria del Nord

I giorni successivi?

Mercoledì abbiamo fatto un sopralluogo degli ultimi 80 chilometri della Gent che correremo domani. Sarà una corsa dura, ci saranno da affrontare quattro o cinque muri in soli 30 chilometri. 

Essersi allenati su quelle strade è stato utile?

Direi di sì. Dalla televisione i muri non sembrano duri, poi una volta che ci pedali sopra diventa tutto più complicato. Personalmente ho utilizzato un rapporto più duro rispetto al solito. In più bisogna stare attenti e compatti sulla bici, le pietre ti fanno scomporre in sella, ma se ti alzi in piedi la ruota dietro slitta e non vai avanti. Allo stesso modo, però, non devi irrigidirti, altrimenti senti tutti i sobbalzi e soffri il doppio.

Da questo punto di vista aver disputato la Youngster Coast Challenge è stato un bell’allenamento? 

Si è trattata di una bella preparazione, dalla quale abbiamo imparato tanto. Ne parlavo con i miei compagni i giorni dopo, il risultato non è stato soddisfacente, ma siamo motivati nel tornare e fare bene, questo già dalla Gent-Wevelgem.

Giovedì un rapido giro anche nel Velodromo di Roubaix
Giovedì un rapido giro anche nel Velodromo di Roubaix
Che corsa è stata? 

Tosta, perché anche se era presente un solo muro, il Kemmelberg, non ci si poteva rilassare. Era un susseguirsi di strade strette, curve, ventagli, insomma una prova continua. La grande differenza con l’Italia è che da noi ogni tanto in corsa puoi rilassarti, lì mai. Se lo fai finisci in coda al gruppo, e nel momento in cui succede è un attimo che perdi la corsa. Le squadre straniere, come Uno-X e Lotto Dstiny, erano sempre le prime a “giocare” con il vento aprendo il gruppo. 

Intanto avete preso le misure.

Ci siamo ambientati, anche se la gara in sé non è andata esattamente nel migliore dei modi. Abbiamo corso sempre nelle prime posizioni, per tutto il giorno, ma nel finale ci siamo persi e la volata non è andata bene (il migliore del CTF è stato Buratti: 21°, ndr). Le corse in Belgio sono così, puoi lavorare tanto per poi non raccogliere nulla