Laporte? Doveva fare il gregario, è diventato un leader

01.12.2022
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Christophe Laporte è uno di quei corridori che a raggiungere il suo apice ci ha messo un po’ di più. A 29 anni è in qualche modo esploso e chissà non possa crescere ancora. Non è finito nel dimenticatoio, né è stato relegato a fare il gregario vita natural durante. Non che ci sia nulla di male, anzi. Ma un conto è esserlo perché si è davvero dei fenomeni in quel ruolo, vedi per esempio Salvatore Puccio, e un conto è perché non si è stati in grado di essere campioni.

Laporte è passato dalla Cofidis alla Jumbo-Visma. Era stato nel team francese per ben otto stagioni. Poi lo scorso inverno l’approdo alla corazzata olandese. Doveva essere il passistone che veniva ad aiutare Van Aert e invece si è mostrato un super corridore già nei primi ritiri. Un corridore in grado sia di vincere che di aiutare. E di essere presente con costanza nelle corse più importanti.

Quando ormai era sera, lo abbiamo “pizzicato” nel Service Course della Jumbo-Visma, mentre correva a ritirare i materiali nuovi o a fare le foto per questo o quello sponsor. Altissimo, magro, gentile… 

Laporte (classe 1992) ci ha messo poco ad ambientarsi nella nuova squadra. I compagni riconoscono il suo valore
Laporte (classe 1992) ci ha messo poco ad ambientarsi nella nuova squadra. I compagni riconoscono il suo valore
Christophe, una buona stagione per te: cinque vittorie e sempre nel vivo delle azioni più importanti della squadra. Cosa ne pensi?

E’ stata una gran bella stagione. Ho vinto solo una classica (la Binche-Chimay-Binche, ndr) ma ci sono andato molto vicino in altre. Spero di conquistarle negli anni prossimi.

Heijboer, il capo della performance, ha detto che sei un corridore completo e anche un uomo squadra…

E questo fa piacere. Ho sentito subito la fiducia della squadra. Quando sono arrivato ho trovato subito una gran bella atmosfera. Mi sono inserito presto, altrettanto rapidamente mi hanno dato l’opportunità di vincere e ci sono riuscito. Ho combinato bene le opportunità personali, con quelle di aiuto ai compagni. Speriamo di continuare così.

Hai notato delle differenze fra la mentalità francese e quella di una squadra olandese? Qui vediamo una grande organizzazione in tutto…

Non è facile fare un paragone tra le mie esperienze passate e la Jumbo-Visma. Sono due squadre parecchio differenti, ma di sicuro qui ho trovato un team super professionale, che non lascia nulla al caso. Una squadra perfezionista in tutti i settori e in tutti i dettagli. E tutto ciò funziona a quanto pare.

Da quando sei arrivato in Jumbo-Visma, hai cambiato qualcosa sul piano dell’alimentazione e della preparazione?

Il più grande cambiamento è stato di sicuro quello dell’allenamento e sì, poi anche sull’alimentazione ho rivisto qualcosa. Questa è stata differente sia in corsa che in fase di preparazione.

Van Aert e Laporte: arrivo in parata sul traguardo di Harelbeke. Il francese fu secondo. Tra i due è nato un rapporto di grande amicizia
Van Aert 1° e Laporte 2°: arrivo in parata ad Harelbeke. I due sono diventati grandi amici
In cosa l’approccio alla preparazione è stato differente?

Nella parte iniziale soprattutto. Non facciamo più tanti chilometri, ma parecchia intensità già nelle prime fasi. E poi è cambiato molto il discorso degli stage. Ne facciamo molti. E quando li facciamo ci si allena parecchio. In tre settimane di training camp ci si allena di più che a casa da soli. Si fanno più chilometri e più lavori differenti. Quindi quando sei a casa poi non fai così tanto. E se non sei a casa, sei alle corse.

Sei cresciuto molto dicevamo, Christophe, hai dimostrato di essere un corridore di sostanza: quali sono i tuoi obiettivi per la prossima e per le prossime stagioni?

Il mio primo obiettivo è quello di conquistare una classica. Ho fatto due volte secondo l’anno passato (ad Harelbeke e alla Gand-Wevelgem, ndr) e vorrei finalmente vincere. E poi voglio ancora aiutare la squadra a raggiungere i suoi obiettivi. Non li abbiamo ancora raggiunti tutti. Noi vogliamo vincere.

Essere leader chiaramente fa piacere, ma vorresti esserlo sempre oppure ti fa piacere anche aiutare i compagni, visto che ne parli spesso?

Sono due cose che amo fare. Ho bisogno di essere il leader in alcune corse e avere la possibilità di vincere. Ma amo anche correre per i compagni, soprattutto in quelle corse che sono aperte. Perché è vero che abbiamo un leader, che è Wout (Van Aert, ndr), ma in certe gare possono esserci delle opportunità per ciascuno di noi. 

Hai nominato Van Aert: lui è un grandissimo corridore, ma è anche un buon maestro?

Penso che tutti possano apprendere da lui. E’ un “perfezionista professionale”, un pro’ al 100 per cento. Che sia forte fisicamente tutti lo sanno, ma io credo che sua vera forza sia mentale. Sa cosa deve fare, cosa serve e quando serve… 

Tour de France 2022, la vittoria di Chistophe a Cahors
Tour de France 2022, la vittoria di Chistophe a Cahors
Hai lavorato non solo per Van Aert, ma anche per Vingegaard e per Roglic: ci sono differenze tra i due? 

La più grande differenza fra i due è di carattere… credo. Primoz è più calmo e posato, vale a dire che si lascia più guidare e lascia fare più ai suoi compagni. Jonas invece è un po’ più “nervoso”, ma non con noi… forse perché è più giovane.

Christophe, un’ultima domanda. Tu, francese, hai vito una tappa al Tour dopo molto tempo: cosa c’era nella tua testa, nelle tue gambe, nel tuo cuore in quei momenti?

Eh, c’erano tante cose. La prima cosa era vincere il Tour con Jonas e quindi pensavo che tutto fosse sotto controllo sin lì. Dovevamo portarlo davanti nel finale. Poi quando questo aspetto era sistemato sapevo che avevo la possibilità di giocarmi le mie carte. Et voilà, ero davvero motivato quel giorno. Sapevo che poteva essere la mia ciliegina sulla torta dopo il Tour che aveva fatto la squadra. Non c’era miglior modo per festeggiare questo successo.

E’ vero che il giorno della tua vittoria è stato Van Aert a dire: «Oggi si lavora per Laporte»?

Sì, sì… sarebbe stato un arrivo adatto anche a Wout, ma il giorno dopo c’era la crono e lui voleva un po’ risparmiarsi. Ai -3 chilometri mi ha detto: «A Jonas ci penso io. Il lavoro di squadra per Jonas è fatto». E quindi potevo andare. Potevo stare tranquillo. E quando Wout ti dice così, questo di dà fiducia, ti dà morale. Quando si ha un’opportunità del genere è bene sfruttarla.