Giorni in Lettonia con Carbonari, la vittoria e i ricordi di famiglia

10.07.2022
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Анастасия Карбонари sta uscendo dal primo Giro in maglia Valcar-Travel&Service con qualche fuga all’attivo, come fu una fuga interminabile lo scorso anno a farla notare a Capo Arzeni. Il nome in cirillico è il modo poco serio per ricordare che lo scorso inverno Anastasia Carbonari ha preso il passaporto lettone e poche settimane fa ha vinto il titolo nazionale su strada. Per questo corre nella sua maglia rossa con la fascia bianca e ne va giustamente orgogliosa.

Ma come è stato vincere il campionato nazionale in Lettonia? Contro chi ha corso? Dove hanno corso? E come era organizzato? Così approfittando di una serata più tranquilla al Giro d’Italia, subito dopo la fuga di Reggio Emilia, le abbiamo rivolto un po’ di domande.

«Siamo partite dopo 20 chilometri – ammette sfinita – ci hanno ripreso ai meno 8. Siamo state in fuga quasi per 80 chilometri, su un percorso piattissimo e con un caldo bestiale. La tipica tappa in cui vado in fuga io (sorride, ndr). Ma era caldo anche in Lettonia…».

In fuga nella tappa di Reggio Emilia, con Vitillo, Bariani e Monticolo: caldo e pianura in abbondanza…
In fuga nella tappa di Reggio emilia, con Vitillo e Bariani: caldo e pianura in abbondanza…
Ecco, racconta. Quando è arrivato il passaporto lettone?

L’anno scorso, dopo l’estate. Ho fatto tutto a Roma, mentre a ottobre sono stata su in vacanza, per rivedere i posti in cui è cresciuta mia madre.

I campionati nazionali, invece?

La squadra ha organizzato il volo da Bergamo. Per l’assistenza in corsa ho avuto il tecnico della nazionale, ma ero sola. Sono andata anche per la crono e sono arrivata terza.

Sola anche nell’organizzazione quotidiana?

Ho fatto l’atleta al 100 per cento. Cucinavo da me, mi allenavo al mattino e nel pomeriggio stavo con alcune amiche che corrono in Spagna. Lia Laizane e Lina Svarinska.

Come ci si allena in un posto che non si conosce?

Quando andavamo d’estate con la famiglia, inizialmente portavo la bici. Poi ho smesso di andare, perché capitava sempre ad agosto e dovevo allenarmi o correre. Però ci sono le ragazze di Latvian Cycling che corrono là e ci hanno spiegato i percorsi.

Quante eravate il giorno della corsa?

Al via circa 70 ragazze. Non abbiamo corso solo noi lettoni, ma è stato il Campionato delle Repubbliche Baltiche. Sul traguardo c’è passata prima Rasa Leleivyte, che corre con l’Aromitalia-Vaiano. Mi ha battuto in volata e ha vinto il campionato lituano. Io ho vinto quello lettone.

Percorso veloce?

Abbiamo corso a Kuldiga, in Lettonia. Lì non c’è neanche un metro di pianura, ma non ci sono grandi salite. Prima c’era un tratto in linea non troppo duro, mi viene in mente un drittone di 12 chilometri nei boschi. Poi siamo entrate nel circuito, con due strappetti e tratti di pavé. Quello è stato bello tecnico. Si sono messe davanti le due lituane del Vaiano a fare l’andatura e di fatto hanno staccato il gruppo.

Cosa ti è parso dell’organizzazione?

Molto diverso da qui, curata dalla federazione baltica. Il pubblico era composto dai genitori degli atleti e le persone coinvolte direttamente nelle varie gare. In più c’erano i curiosi, perché nella notte tra il 23 e il 24 giugno si celebra il Ligo, la festa del solstizio che è anche festa nazionale. Un po’ come da noi a Ferragosto. Si fa la notte bianca, con grigliate e altre cose. Kuldiga è una cittadina turistica, abbastanza importante. La cosa strana è che in questo periodo c’è luce fino a tardissimo e poi il sole sorge nuovamente alle 3 del mattino.

Da perdere il senso del tempo?

Ho avuto qualche difficoltà. Perché era sempre giorno e mi ritrovavo ancora in giro per casa alle 11 della sera, mentre avrei già dovuto essere a dormire.

Come è stata la premiazione?

Un po’ imbarazzante. Quando è partito l’inno e non capivo, soprattutto. Il lettone è diverso dal russo e anche abbastanza complicato. Le tre Repubbliche Baltiche hanno lingue diverse e non si capiscono fra loro. Sono ceppi linguistici diversi. Quando c’era mia madre, parlavamo russo. Le famiglie di origine russa hanno sempre cercato di tenere la loro lingua, per cui io parlo russo ma non il lettone. E la premiazione ovviamente l’hanno fatta in lettone.

Al ritorno a Roma, per Anastasia Carbonari il compagno Riccardo, la mamma e il papà
Al ritorno a Roma, il compagno Riccardo, la mamma e il papà
E cosa ha significato conquistare quella maglia?

Ci tenevo parecchio. La lettonia è la mia seconda casa, c’erano i miei nonni che ora sono morti. Sono passata a salutarli e sarebbero stati davvero contenti. Per questo ho lasciato su il diploma del vincitore. Serve per tenere vivo il ricordo, è stato veramente emozionante. Mia madre è stata molto contenta, sentivo che era tesa, perché ero su da sola. Ma è stata un’esperienza che mi ha fatto crescere molto, per la quale la Valcar ha investito e gliene sono grata.

Farai anche il mondiale con la maglia lettone?

Purtroppo no. Non sapevo che c’è una regola per cui nel primo anno di cambio di nazionalità non puoi farlo. Se ne parlerà l’anno prossimo, così mi ha detto Raivis Belohvosciks (pro’ dal 1999 al 2011, ndr) che è il tecnico federale. Per questo mi godo la maglia, è un bel richiamo. Finora è davvero un grande anno.