Continental, Korbach

Nel cuore di Korbach, dove nascono le Continental di Pogacar

27.10.2025
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KORBACH (Germania ) – E’ a Korbach, una cittadina dell’Assia occidentale, che batte il cuore produttivo di Continental, colosso fondato nel 1871 e oggi tra i leader mondiali nel settore pneumatici. Questo stabilimento dà lavoro a oltre 3.500 persone. E’ qui che vengono sviluppate e prodotte alcune delle coperture più avanzate del mondo, dalle gomme per auto a quelle che equipaggiano le bici dei professionisti del WorldTour. Ne citiamo due a caso: Tadej Pogacar ed Elisa Longo Borghini.

Abbiamo avuto il piacere di visitare lo stabilimento di Korbach e seguire il processo produttivo passo, passo. E’ stato un viaggio affascinante attraverso sicurezza, precisione, innovazione e soprattutto performance. Questi sono i quattro pilastri di un marchio che fa della qualità una questione di cultura industriale. In un territorio dove quasi ogni famiglia ha un legame diretto o indiretto con Continental. La fabbrica non è solo un luogo di produzione, ma il motore sociale ed economico di un’intera comunità.

L’ingresso nello stabilimento

E’ qui che inizia la nostra visita, tra edifici antichi in mattoni e acciaio a quelli più moderni che segnano il perimetro dello stabilimento. Prima di entrare, ogni visitatore deve superare una serie di controlli: badge personalizzato, abbigliamento specifico, scarpe antinfortunistica e un briefing dedicato alla sicurezza e al rispetto del segreto industriale. Si sigillano gli smartphone, almeno in alcune aree.

La produzione degli pneumatici Continental è infatti un processo coperto da brevetti e formule proprietarie, frutto di anni di ricerca e sviluppo.

Nel primo reparto si incontrano le materie prime, la base di tutto. Quindi: gomma naturale, sintetica, nerofumo, silice, zolfo e una lunga lista di additivi che determinano le proprietà finali del prodotto. I grandi silos e i miscelatori industriali ricordano quasi una cucina su scala gigante, dove ogni ingrediente viene dosato al millesimo. Gli ingegneri spiegano come ogni tipo di gomma sia pensato per rispondere a condizioni specifiche: scorrevolezza, grip, durata o resistenza alle forature. Inizia così il lungo viaggio che porta un materiale informe a trasformarsi in una gomma perfetta.

Dalla gomma madre alle mescole speciali

E’ qui che la tecnologia di Continental si mostra in tutta la sua complessità. La cosiddetta “gomma madre”, quasi come fosse un gigantesco nastro isolante molto spesso un centimetro o anche più, viene caricata in enormi impastatrici, dove temperatura e pressione vengono controllate in tempo reale. Nascono così le mescole, veri e propri cuori tecnologici ma anche di materia degli pneumatici. La loro composizione varia a seconda dell’utilizzo: una copertura da cronometro non avrà mai la stessa struttura di una da ciclocross o di una da endurance, per dire.

Durante il processo vengono aggiunti tessuti sintetici o in cotone, che fungono da carcassa, conferendo più o meno rigidità o leggerezza, tenuta alle forature o scorrevolezza… Ogni strato viene laminato con precisione millimetrica.

I tecnici ci spiegano come i materiali siano frutto di partnership con aziende d’eccellenza per il loro reperimento. Ma soprattutto ci mostrano come ogni fase sia verificata. Su questi grandi nastri di gomma ogni tanto ci sono dei fori. Ci spiegano che sono dei “carotaggi” per il controllo qualità, per evitare ogni minimo difetto.

In questo ambiente controllato, il profumo della gomma si mescola al rumore continuo dei macchinari, che lavorano 24 ore su 24 in un ritmo costante e perfettamente sincronizzato. L’obiettivo è chiaro: trasformare la materia in performance, centimetro dopo centimetro.

Il momento chiave: la vulcanizzazione

Dopo l’impasto e la laminazione, la gomma passa alla fase di un primo taglio. Ogni sezione è tagliata in base al modello di pneumatico e al diametro della ruota. In alcuni casi viene inserito il cerchietto, quell’anello metallico che permette al copertone di aderire perfettamente al cerchio. Mentre nei modelli pieghevoli si procede senza, per alleggerire il peso o adattarsi a specifiche tubeless.

Il passaggio decisivo è la vulcanizzazione, il momento in cui la gomma “nasce” davvero. A temperature che superano i 170 gradi e sotto pressione controllata (si parla di 50 bar), la mescola viene trasformata in una struttura solida ed elastica, pronta per affrontare l’asfalto. Qui vengono impressi i disegni del battistrada e il marchio Continental. Appena usciti dal macchinario le gomme vengono stese e messe a raffreddare. Da buoni italiani ci è venuta in mente l’immagine di un pastificio che produce spaghetti!

Qui invece le leccornie si chiamano GP 5000, Aero 111, Magnotal, Terra Adventure… Ogni modello ha il suo stampo dedicato: sia per il disegno del battistrada che della sua sezione. Una volta raffreddato, ogni pneumatico viene testato su macchine che simulano migliaia di chilometri di rotolamento. Solo i prodotti che superano tutti i controlli passano alla fase finale di confezionamento.

Dal laboratorio al WorldTour

E’ nel reparto finale che le gomme diventano “ufficiali”, pronte per essere montate sulle bici dei team. I tecnici ci mostrano le versioni personalizzate destinate alle squadre partner di Continental: dalla UAE Team Emirates alla XDS-Astana, dalla Bahrain-Victorious alla Ineos Grenadiers… Serve 31 team UCI fra uomini e donne di tutte le categorie. Le gomme vengono inviate direttamente ai service course o ai meccanici delle squadre, dove vengono montate e testate. Possiamo per esempio dirvi che abbiamo potuto vedere dei prototipi che entreranno in commercio nel corso del prossimo anno.

Pogacar è molto attento allo sviluppo generale di quel che riguarda la tecnica e la tecnologia che lo circonda e non è da meno con le gomme.

Lasciateci infine concludere con un richiamo all’ambiente. Gli pneumatici, è risaputo, sono tra i maggiori inquinanti. Tuttavia Continental si sta impegnando come forse nessun altro nel settore per ridurre al massimo il suo impatto. Proprio lo stabilimento di Korbach è un esempio di industria sostenibile. Oltre il 90 per cento dei rifiuti viene riciclato e gran parte dell’energia proviene da fonti rinnovabili. Il fine è produrre gomme meno inquinanti possibili, siano essere per le bici, per i camion, le vetture o i mezzi da lavoro. Visitare Korbach significa capire che dietro ogni gomma c’è una cultura, fatta di precisione tedesca e passione per la strada.

Vittoria Rubino, rinnovata la gomma per il training intenso

08.05.2025
5 min
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Vittoria Rubino è un sorta di riferimento per chi, da sempre, vuole uno pneumatico longevo ed affidabile, con tanto grip e capace di “funzionare bene” con diverse tipologie di clima e terreni.

Rubino si rinnova pur non cambiando pelle e portando avanti il concetto di pneumatico evoluto per l’allenamento. Il design del battistrada si aggiorna, senza cambiare in modo radicale. Diventa più veloce, sempre con un grip ottimale in diverse situazioni, super robusto e anche più sostenibile in termini di produzione. Lo abbiamo provato in anteprima.

Il nuovo Vittoria Rubino
Il nuovo Vittoria Rubino

Come è fatto il nuovo Rubino

E’ disponibile nella versione TLR/tubeless ready (quella provata da noi) e per copertoncino. Due le colorazioni, total black e con i fianchi beige. Dal punto di vista di posizionamento nel mercato, è sopra la famiglia Zaffiro, subito sotto a Corsa N.EXT e RideArmor.

Ha una carcassa in nylon da 100 Tpi /fili per pollice quadrato), soluzione voluta per implementare una volta di più la robustezza e la durata di quello che è lo scheletro dello pneumatico. Dal TLR alla versione per camera d’aria cambiano i cerchietti di sostegno (è uno pneumatico pieghevole). Sono in Zylon quelli per il TLR, con spessore maggiorato, in Kevlar e più sottili per la versione tube type. Sono entrambi compatibili con i cerchi hookless (dalla misura 28 in avanti). TLR o per clincher, Vittoria Rubino ha un tallone rinforzato proprio in questa zona e ha l’obiettivo di aumentare la protezione in un punto sempre delicato. Lo pneumatico tubeless aggiunge uno strato impermeabile all’interno ed entrambe hanno una bandella centrale che protegge dalle forature.

La mescola è un blend di Graphene e Silica. Rispetto alla versione precedente è stato aggiornato il disegno del battistrada, sempre con una sezione slick centrale, con i punti di transizione verso gli intagli rivisti. Meno accentuati vicino alla parte slick, più profondi ai lati. Le sezioni disponibili sono cinque: 26 e 28, 30, 32 e 34, con prezzi di listino di 61,95 euro per il TLR, 46,95 per il copertoncino.

Il test del TLR, sezione da 30

Ci piace partire da un presupposto, che diventa anche una nostra considerazione. Da sempre riteniamo lo pneumatico Vittoria Corsa Pro Control (ancora di più da quando c’è il TLR), una delle migliori opzioni che offre il mercato e spesso è poco considerato perché sovrastato dal fratello Corsa Pro. Tra i vantaggi di Control c’è una maggiore versatilità/longevità, fattore non banale pesando alla qualità media (pessima) delle nostre strade ed asfalti. Vittoria, avvicina di molto il nuovo Rubino TLR al Corsa Control, soprattutto se consideriamo la scorrevolezza ed il feeling.

Il nuovo Rubino TLR, pur trattandosi di un tubeless sviluppato per essere robusto e longevo, non è uno pneumatico eccessivamente duro, mantiene una buona pastosità nella zona superiore con dei fianchi molto morbidi e flessibili. Cosa significa? Rispetto alla versione precedente si adatta meglio alle diverse pressioni di esercizio, avvicinandosi parecchio alle risposte della carcassa di Pro Control (che è in cotone). Non un semplice dettaglio, in quanto influisce in modo esponenziale sul comfort dello pneumatico, sulla stabilità dell’intera ruota (anche quando si affrontano tratti sconnessi e strade bianche), non in ultimo sul grip. E’ fondamentale adeguare la pressione (il Tire Pressure Vittoria è un valido supporto) e trovare quel range corretto, valutando cerchio/stile di guida/peso dell’utilizzatore (e anche l’eventuale impiego di un inserto).

In conclusione

Il nuovo Rubino mantiene una forte connessione con il passato, ma si avvicina in modo importante ad un segmento performance/all-round. A nostro parere resta uno degli pneumatici di riferimento in ambito allenamento/utilizzo a 360° e con gli opportuni aggiustamenti (relativi a ruote, inserti e sezioni adeguate) sconfina verso un impiego che pensa agli sterrati battuti, leggeri.

Infine, nell’ottica di sfruttare lo pneumatico al pieno delle potenzialità, senza snaturarlo, vediamo il binomio ottimale con ruote endurance ed un canale interno del cerchio da 22 millimetri in avanti (soprattutto se consideriamo una sezione da 30 come quella della nostra prova).

Vittoria

Le pedivelle cortissime di Hirschi, le gomme… Chicche da Siena

16.03.2025
6 min
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La Strade Bianche di Siena è sempre un laboratorio interessante per quel che riguarda scelte e soluzioni tecniche. Il percorso ricco di sterrati impone dei cambiamenti, soprattutto per quanto riguarda le gomme. Qualche giorno fa, Gabriele Tosello, meccanico della XDS-Astana, ci aveva detto che la maggior parte del lavoro per questa gara si fa proprio sugli pneumatici.

Nei giorni precedenti, in allenamento, si effettuano test su test per scegliere la gomma adatta, cosa che comunque più o meno ormai si sa già in partenza, ma soprattutto per determinare la pressione ideale. Ecco dunque cosa abbiamo visto a Siena.

La BMC di Hirschi

Una bici sola, appoggiata al muro della Fortezza Medicea. Era quella di Marc Hirschi, che la Tudor ci ha consentito di esaminare a fondo. La bici è la classica BMC Teammachine. Lo svizzero aveva optato per gomme da 30 millimetri, le quali però sembravano ben più larghe di altre. Perché?

«Perché – ci ha spiegato Stefano Cattai, tecnico di BMC – le ruote DT Swiss GRC 1100 utilizzate da Marc hanno un canale interno da ben 24 millimetri». Questo fa sì che la gomma possa espandersi bene anche alla base della spalla e fare meno effetto goccia.

Altro elemento che ha catturato la nostra attenzione sono state le pedivelle. Hirschi usa le 160 millimetri, vale a dire più corte persino di quelle di Pogacar. Ha ereditato questa soluzione dalla UAE Emirates, ma addirittura è sceso a 160: 5 millimetri in meno.

Un altro aspetto interessante è la sella, tutta in avanti e anche un filo più bassa in punta. Ci sta che Marc abbia inclinato leggermente la punta. Sempre Tosello ci aveva detto che è una pratica relativamente comune per la gara di Siena. Ma soprattutto ci ha colpito il fatto che la sella fosse completamente avanzata al massimo lungo il carrello.

Tutti avanti

E qui si apre il capitolo sulle posizioni. Le abbiamo definite più volte estreme, ma in realtà sono ormai lo standard moderno. Si pedala più avanzati, più corti e si cerca la spinta dei due muscoli più grandi e forti del corpo: il vasto mediale (quadricipite) e il grande gluteo. Il tutto a scapito, però, della guida. E poco importa se a Siena ci siano gli sterrati: la forza prima di tutto.

Anche tra le donne abbiamo notato questa soluzione. Vollering, ma anche Van der Breggen, avevano la sella tutta in avanti e addirittura il reggisella con offset positivo, cioè girato in avanti per stare ancora di più sulla pedaliera.

Non tutti, però, hanno seguito questa impostazione. Un certo Tom Pidcock, guarda caso il migliore in assoluto nella guida, aveva una posizione più tradizionale, molto più equilibrata. Non solo, ma rispetto ad altri, fatte le debite proporzioni sulla sua statura, aveva un manubrio più largo. Abbiamo provato a sbirciare la misura nella parte inferiore della sua piega integrata, ma non c’erano scritte. A sensazione, potrebbe essere stato un manubrio da 38 centimetri (centro-centro, ovviamente). Se pensiamo che atleti più alti di lui usano anche il 36, fate le vostre considerazioni.

Pressioni su o giù?

Torniamo alla questione delle gomme. Lo standard da 30 millimetri ha dominato la scena e, soprattutto con i cerchi larghi, si sfruttava praticamente tutto il battistrada. Quello che invece ha messo un po’ più in difficoltà meccanici e atleti è stata la scelta delle pressioni.

Questa volta a Siena, gli sterrati erano asciuttissimi, secchi, polverosi e quindi scivolosi, con molto meno grip. Eppure, mediamente, la pressione è salita di mezzo bar rispetto ad altre volte. A Siena capita anche di scendere sotto le 4 atmosfere, ma qualcuno stavolta aveva gonfiato la posteriore a 5,5 bar. La maggior parte viaggiava sulle 4,5.

Un funambolo come Jakob Fuglsang, ex biker, alla vigilia ci aveva detto: «Lo sterrato o è scivolosissimo oppure è battuto quasi come fosse asfalto. Mi avevano proposto una pressione di 3,8 bar, ma alla fine ho scelto 4,5 all’anteriore e 4,6 al posteriore. Questo perché i punti tecnici davvero critici, almeno per me, erano due: le curve dello “sciacquone” in fondo a Sante Marie e un paio di curve nel settore nuovo di Serravalle. Ma poi bisogna pensare anche all’asfalto, che costituisce la maggior parte del percorso. Avere una bici scorrevole ti aiuta a risparmiare energie».

Pirelli e quella voglia crescente di Made in Italy

14.04.2023
4 min
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Del Pirelli P Zero Race TLR vi avevamo già parlato. Ma presso BCA (Bike Connection Agency) tenutasi in Toscana, abbiamo avuto modo di scambiare alcune chiacchiere e considerazioni con Valeria Omodeo Zorini, che di Pirelli è product marketing manager.

Pirelli nasce come casa produttrice di mescole per pneumatici e questa filosofia, questa massima attenzione alla mescola ancora oggi è forte e presente nel brand milanese. Non è un caso che sia il fornitore ufficiale delle gomme in Formula Uno.

Valeria Omodeo Zorini, product marketing manager di Pirelli. Lei è anche a stretto contatto i team dei pro’ supportati da Pirelli
Valeria Omodeo Zorini, product marketing manager di Pirelli. Lei è anche a stretto contatto i team dei pro’ supportati da Pirelli

A Milano…

Gran parte delle produzione, specie quella dedicata alle bici, è stata trasferita in Italia, a Bollate (Mi). Lì non solo vengono prodotte le coperture di alta gamma dedicate al mondo bike, ma c’è anche il centro di sviluppo e ricerca di Pirelli.

«L’idea – ha spiegato Valeria Omodeo – è quella di centralizzare in Italia, nel milanese, la nostra produzione. Non è un caso che sulla spalla dei nuovi  P Zero Race TLR via sia la scritta “Made in Italy”».

La tendenza come si è visto è quella di ampliare le sezioni. Dai 23 millimetri di 7-8 anni fa, oggi la normalità è il 28 millimetri. Senza contare che tra Milano-Sanremo, Fiandre e Roubaix si è visto un utilizzo del 30 e 32 millimetri. Il nuovo tubeless da 28 millimetri è stata la copertura che abbiamo potuto provare su una vera fuoriserie, la Canyon Ultimate Cfr. I tecnici Pirelli dopo aver consultato il nostro peso ci hanno gonfiato le gomme al decimo di bar.

La scritta Made in Italy appare, con orgoglio, sulle spalle dei P Zero Race TLR
La scritta Made in Italy appare, con orgoglio, sulle spalle dei P Zero Race TLR

Sviluppo coi team

Grazie a questa continua ricerca ed evoluzione, Pirelli è riuscita a produrre coperture sempre più leggere, scorrevoli e resistenti alle forature. Il tutto coadiuvato dai team professionistici che supportano, tra cui la Trek-Segafredo di Mads Pedersen.

«Giusto in questo periodo siamo in tema di Classiche del Nord – ha continuato Omodeo – e prima di queste corse eravamo in Belgio con i pro’ i quali ci hanno “ricoperto” di richieste e feedback al tempo stesso.

«Cosa chiedono? Scorrevolezza, leggerezza e anche grip. Ma non è così facile venire incontro a tutte queste esigenze. In qualche modo la “coperta è corta”. Se faccio un tubeless più leggero, probabilmente sarà meno resistente alle forature. Ed ecco perché il nostro centro di ricerca e sviluppo in Italia, dove i contatti con chimici ed ingegneri sono diretti e costanti, diventa fondamentale».

Il nostro test sulle splendide strade tra le Colline Metallifere grossetane e il mar Tirreno, grazie a BCA
Il nostro test sulle splendide strade tra le Colline Metallifere grossetane e il mar Tirreno, grazie a BCA

Scorrevolezza docet

Rivediamo dunque, brevemente, la struttura di questo copertoncino sempre più apprezzato… anche dai team WorldTour.

Il P Zero Race TLR ha un battistrada la cui mescola è la SmartEVO. Quel che cambia è l’interno della gomma stessa, ciò che poi di fatto aumenta la scorrevolezza. Grazie all’utilizzo della nuova tecnologia Speedcore (procedimento brevettato in casa Pirelli) che favorisce una bassa resistenza al rotolamento e al tempo stesso garantisce una più che buona protezione dalle forature. Il tutto è stato possibile grazie all’utilizzo di fibre di aramide, le quali si possono lavorare con notevole precisione.

L’aramide infatti resiste bene al taglio e alle alte temperature e specie nella seconda fase della lavorazione, quando cioè lo pneumatico è “cotto al forno”, riesce ad essere un tutt’uno. Spiegazione ridotta all’osso, molto semplicistica, ma che rende l’idea di quanto la gomma sia un corpo unico, non sia rigida perché deve tenere insieme più parti e la mescola possa lavorare al meglio. Il risultato? La scorrevolezza è migliorata del 24%.

Pirelli

Cambio di bici fatale. Moscon si è trovato con gomme “diverse”

04.10.2021
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Ancora sulla Roubaix, ancora sulla prova coraggiosa e potente di Gianni Moscon. Il trentino stava volando verso il traguardo quando una foratura prima e una caduta poi gli hanno tarpato definitivamente le ali. Avrebbe vinto? Ci siamo posti ieri questo quesito. Per come stava andando e visto anche che Van der Poel, il maggior motore degli inseguitori, non era riuscito a fare la selezione probabilmente sì. In fin dei conti Gianni teneva alla grande nei tratti di asfalto e a volte guadagnava su quelli in pavè. Guadagnava, almeno fino al cambio di bici. Perché da quel momento le cose non sono andate più come prima.

In Ineos hanno potuto provare per la prima volta il pavé della Roubaix con la F Disc solo pochi giorni prima (e con l’asciutto)
In Ineos hanno potuto provare per la prima volta il pavé della Roubaix con la F Disc solo pochi giorni prima (e con l’asciutto)

Cambio bici fatale

Da quando ha inforcato la Pinarello Dogma F Disc “fresca di ammiraglia” Moscon non ha più guidato come aveva fatto fino al settore precedente. E si è visto appena è entrato sul pavè: un grande sobbalzo, tante scodate e in generale un atteggiamento più rigido. La nostra idea, cioè che molto fosse dipeso dalle gomme, trova riscontro nelle parole di Matteo Cornacchione, uno dei meccanici della Ineos-Grenadiers.

«Le due bici, quella che Gianni stava usando e quella sull’ammiraglia sono identiche – spiega Cornacchione – Nelle misure, nel montaggio e anche nelle gomme. Solo che quella di Gianni macinava chilometri e fango da un bel po’ e il feeling potrebbe essere stato diverso. In teoria la bici nuova sarebbe dovuta andare meglio in quanto era più pulita e la catena era ben lubrificata, ma qualcosa è cambiato nella pressione delle gomme».

Pressioni “apparentemente” uguali

Ed è proprio su questo aspetto che vogliamo insistere. Si sa che con tutti quei sobbalzi la pressione diminuisce col passare dei chilometri. Di conseguenza cambia la sensibilità del “pilota”. Anni fa nelle ricognizioni con Pozzato e il meccanico Enrico Pengo, vedevamo che individuavano una pressione e poi aggiungevano mezza atmosfera, proprio in previsione del calo.

«Non posso parlare di pressioni – dice apertamente Cornacchione – è una politica di squadra, ci tengono molto, tuttavia le gomme sporche in qualche modo si erano adattate al terreno».

E questa cosa è vera: per una questione di umidità, di consumo, di “posizione” dello sporco sul battistrada. E’ qualcosa che in Mtb avviene molto spesso.

«E anche Gianni – riprende il meccanico – si è adattato a quelle gomme e a quella guida. Lui magari è partito con 5 atmosfere e in quel momento, verso fine gara magari era sceso a 4,4. Una perdita, graduale, di 0,6-0,7 atmosfere. Una perdita normale a 20 chilometri o poco più dal termine. Mentre la pressione delle gomme sulla bici nuova era a 5 atmosfere come da programma, come in partenza. Quella non aveva subito le stesse sollecitazioni. Si dovrebbe farle scendere un po’, ma non è facile in corsa… Inoltre bisogna pensare che nel primo tratto (90 chilometri, ndr), la Roubaix è veloce, non prevede pavè e i corridori non vogliono scendere troppo con le pressioni, sprecherebbero troppe energie».

La tubeless Gran Prix 5000 S Tr è una delle ultime gomme entrate in gamma in Continental
La tubeless Gran Prix 5000 S Tr è una delle ultime gomme entrate in gamma in Continental

Prima Roubaix col tubeless

Ma che gomme e ruote aveva Moscon? Quanto le ha provate?

«Gianni ha utilizzato dei tubeless Continental da 30 millimetri e ruote Princeton Disk 50-55 (profilo ad onda che tra l’altro non risulta ancora nel sito del brand americano, ndr). I ragazzi avevano fatto dei test in precedenza, ma con dei tubolari, mentre il cambio radicale dei materiali, legato al passaggio al freno a disco, è avvenuto più tardi. L’anno scorso avevano i tubolari, quest’anno appunto con il passaggio al disco si è visto che il tubeless era meglio».

«Chi doveva fare la Roubaix o comunque certe gare in cui si sarebbe utilizzata la nuova bici con il disco, ha ricevuto la Dogma Disc già a casa. Alcuni di questi atleti hanno provato gli “assetti Roubaix” già all’Eurométropole Tour o al Gp Denain (gare che comunque Moscon non ha disputato, ndr). Certo, avere più esperienza con i materiali è meglio, ma viste le condizioni è stato difficile per tutti. I belgi sono avvantaggiati perché vivendo lì fanno i test ogni giorno praticamente. Sanno cosa va e cosa no».

Infine una domanda sul rake della forcella, che a volte si cambia proprio per la Roubaix preferendone una più “aperta”. «No – conclude Cornacchione – Gianni ha mantenuto quella con rake da 43 millimetri mentre Van Baarle aveva quella da 47. Tante volte è anche una questione di testa e se i corridori si trovano bene con un certo materiale preferiscono non cambiare».

Freni a disco e tradizionali: consumi a confronto

25.07.2021
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Proviamo a fare un confronto su alcuni consumi fra le bici con freno a disco e quelle con freni tradizionali. Un paragone che di riflesso riguarda anche le gomme. L’idea nasce nella prima tappa del Giro della Valle d’Aosta. In ammiraglia Colpack-Ballan già a metà della prima discesa era forte l’odore dei pattini freno sulle piste in carbonio che proveniva dai corridori che ci prevedevano di qualche secondo.

E così abbiamo chiesto alle due squadre italiane maggiori presenti nella corsa valdostana come è andata. Le due squadre sono la Colpack che in questa occasione ha usato freni tradizionali, e il Cycling Team Friuli, che invece ha usato freni a disco.

I freni caliper della Colpack. Dopo due tappe sono stati sostituiti
I freni caliper della Colpack. Dopo due tappe sono stati sostituiti

I tradizionali della Colpack

«Il consumo dei pattini freno dipende molto sia dal cerchio che dalla mescola del pattino – spiega Stefano Casiraghi, meccanico della Colpack – chiaramente qui parliamo di cerchi in carbonio. Nell’ultimo Valle d’Aosta se avessimo scelto una mescola più dura avremmo coperto l’intera tre giorni, invece li ho sostituiti dopo due tappe. Ma come abbiamo visto il percorso era molto esigente.

«Noi usiamo dei pattini Swisstop che ci fornisce Ursus quando ci dà le ruote. Sono pattini abbastanza morbidi. Al Giro U23, dove non tutte le tappe erano così difficili (altimetricamente parlando, ndr) li ho cambiati ogni 5 giorni. E con la pioggia si consumano il doppio: sia perché i corridori frenano di più, sia perché con lo sporco si ha un effetto “carta vetrata”. In tappe alpine il consumo è sensibile anche durante la tappa e di conseguenza varia la corsa della leva, ma questa cosa le gestiscono i corridori stessi con la “rotellina” sul freno e regolano la corsa della leva in gara».

Per avere un parametro di confronto sui consumi, ecco cosa ci ha detto Matteo Cornacchione, meccanico della Ineos, squadra che utilizza ancora i freni tradizionali. «Al Giro d’Italia (tre settimane, ndr) gestivo le bici di Ganna e Moscon e se non ricordo male ho cambiato due volte i pattini di Ganna sul freno anteriore e una volta sul freno posteriore. Calcolate che Filippo è un “ragazzino” di 80 chili e quando “pinza” non scherza! Noi usiamo solo pattini Shimano».

Le ruote del Cycling Team Friuli: da notare l’ampio diametro del disco
Le ruote del Cycling Team Friuli: da notare l’ampio diametro del disco

I dischi del Ctf

A Casiraghi replica Andrea Fusaz. Quest’ultimo è diesse e preparatore del Ctf, ma è stato anche responsabile tecnico del team friulano al Valle d’Aosta.

«Anche se il percorso della tre giorni aostana è stato impegnativo – dice Fusaz – noi non abbiamo registrato un consumo eccessivo del sistema frenante. Dischi e pastiglie li abbiamo sostituiti  prima del via. Su cinque corridori, quindi dieci coppie di ferodi, ne abbiamo sostituite solo due».

Il motivo di un consumo così basso è dovuto anche al fatto che il Ctf, ha utilizzato (come fa spesso) dei dischi molto grandi: 160 millimetri. Questi dipanano meglio il calore e oltre che essere più potenti (ed offrire una frenata più modulabile) sono anche più gentili con le pastiglie stesse. «Noi – riprende Fusaz – usiamo le pastiglie che ci fornisce Campagnolo».

Anche in questo caso facciamo un paragone con il mondo dei pro’. Gabriele Tosello, capo dei meccanici in Astana ci dice che: «Al Giro tutti i giorni di riposo facciamo il check delle bici. In quel momento controlliamo anche dischi e pastiglie e queste le sostituiamo. Ma attenzione, non sono finite. Sono al 50 per cento della loro durata o poco più. Tuttavia preferiamo cambiarle per evitare che nelle tappe successive il corridore si trovi “senza freni” all’improvviso. Che poi senza freni non ci restano, ma la frenata gli si allunga parecchio. Specie in caso di maltempo: con lo sporco che alza l’acqua si consumano un po’ di più. La durata del disco? Un Giro ce lo fai tutto, almeno che non prendano una scaldata importante. E il paio di dischi che ho cambiato è stato per questo motivo. Altrimenti 4.500-5.000 chilometri ce li fanno tranquillamente».

Al Valle d’Aosta 2021 poche tappe ma molto severe, anche per i mezzi
Al Valle d’Aosta 2021 poche tappe ma molto severe, anche per i mezzi

E i consumi delle gomme?

Ma la scelta fra dischi e freni a pattino si ripercuote anche sulle gomme: sulla loro scelta e di conseguenza sui loro consumi.

«Con il freno tradizionale – riprende Casiraghi della Colpack – preferisco non montare i tubeless, ma solo i tubolari. L’eccessivo calore che si sviluppa in frenata con il tubeless o il copertoncino rischia di spaccare il cerchio, meglio il tubolare. Infatti al Giro, Gazzoli e Baroncini che avevano i dischi hanno usato il tubeless: un po’ più pesante, ma più scorrevole. Pirelli ci fornisce molto materiale e per questo sono partito per il Valle d’Aosta con gomme tutte nuove. La corsa è stata di poco superiore ai 400 chilometri e non ho sostituito gomme. A fine competizione il battistrada aveva ancora il 60% da consumare».

E questa teoria (a parti inverse) ce la conferma Fusaz. «Noi con i dischi abbiamo optato per i tubeless. Pensate, abbiamo avuto quattro forature, ma tutti i ragazzi hanno finito la corsa regolarmente grazie al liquido sigillante. Certo, avevano la pressione a 3 bar, ma non hanno avuto bisogno di fermarsi o di farlo con urgenza. Non abbiamo problemi di frenata e sono più scorrevoli. Semmai il problema è convincere i ragazzi ad usare pressioni più basse in gara. Per un atleta di 60 chili non andiamo oltre le 6,5 bar, mentre loro vorrebbero sempre gomme “di pietra”. Con i Veloflex (25 millimetri) ci troviamo molto bene. Hanno una mescola molto morbida e infatti al termine del Valle d’Aosta ci restava circa il 20% di battistrada».

Vittoria lancia il servizio di “pneumatici in abbonamento”

20.07.2021
3 min
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Nei giorni scorsi Vittoria, realtà leader nel mercato degli pneumatici di alta gamma, ha presentato Vittoria2GO. Si tratta di un servizio basato su un abbonamento mensile per le aziende di noleggio biciclette a lungo termine e in leasing. L’obiettivo è ridurre l’incertezza dei costi operativi e di soddisfare le esigenze del cliente.

https://www.youtube.com/watch?v=EkoDYU4VlRc

Tanti i servizi offerti

Grazie a Vittoria2GO le aziende che sottoscriveranno l’abbonamento mensile riceveranno gli pneumatici di cui avranno bisogno senza che venga richiesto loro alcun pagamento anticipato. Sarà sufficiente riconoscere appunto una commissione mensile.

In caso di foratura o danneggiamento, verranno forniti pneumatici sostitutivi a costo zero. E il relativo costo di manutenzione sarà a carico di Vittoria. Stessa cosa nel caso di furto della bicicletta o atti vandalici ai danni degli pneumatici. Anche in questo caso sarà possibile ricevere nuove gomme gratuitamente o con il rimborso dei costi eventualmente sostenuti. Il servizio Vittoria2GO è completato dal recupero degli pneumatici consumati, per il loro smaltimento o riciclo.

Un logo speciale per questa importante iniziativa
Un logo speciale per questa importante iniziativa

La riduzione dei rischi   

Con il servizio Vittoria2GO, le aziende che aderiranno all’iniziativa potranno offrire prodotti premium ai propri clienti. Sopratutto potranno esternalizzare i rischi operativi, gestendo i resi attraverso una piattaforma centralizzata in grado di offrire informazioni utili riguardo a prestazione e manutenzione. 

Cosa da non sottovalutare, aderendo al nuovo servizio offerto da Vittoria potranno prendere parte ad un ecosistema innovativo e sostenibile. 

Il primo cliente

Swapfiets, azienda olandese di noleggio a lungo termine di biciclette più grande in Europa, sarà il primo cliente a usufruire del servizio Vittoria2GO. Swapfiets equipaggerà le proprie biciclette con una versione aggiornata del Vittoria Adventure Tech. Questa è una gomma realizzata con mescole potenziate dal grafene. Le sue prestazioni sono migliorate in termini di grip sul bagnato e durata. Adventure Tech utilizza una carcassa elastica per maggiore comfort e uno strato in gomma antiforatura di ben 3 millimetri per una protezione estrema. Gli pneumatici saranno disponibili sia in colore nero che in blu.

Marc de Vries, CEO Swapfiets, non ha mancato di esprimere la soddisfazione per il nuovo servizio offerto da Vittoria: «Il successo di Swapfiets testimonia che il modello di “acquisto per abbonamento” è apprezzato dai consumatori e ci consente di fornire loro prodotti di qualità superiore. Speriamo che l’approccio rivoluzionario di Vittoria possa influenzare positivamente l’industria del ciclismo e aiutarci a diventare un business al 100% circolare entro il 2025».

Per celebrare questa collaborazione, Swapfiets e Vittoria hanno voluto coinvolgere il Team Jumbo-Visma realizzando un’edizione speciale completamente blu del famoso Vittoria Corsa che i corridori della squadra olandese hanno utilizzato in occasione del Tour de France.

Stijn Vriends alla guida di Vittoria Group
Stijn Vriends alla guida di Vittoria Group

Una nuova visione…

Il servizio in abbonamento Vittoria2GO è un passo importante per Vittoria verso un approccio più sostenibile alla distribuzione dei propri prodotti. È un primo esempio di economia circolare applicata all’industria degli pneumatici per bicicletta.

Stijn Vriends, President & CEO Vittoria Group ha voluto rimarcare l’importanza del nuovo servizio: «La fornitura tramite abbonamento e la circolarità sono concetti nuovi per l’industria degli pneumatici per bicicletta. Grazie a Vittoria2GO possiamo dare inizio ad un impiego più sostenibile dei nostri prodotti».

Vittoria2Go

Fiandre, pressioni basse e vestiario “pesante”

04.04.2021
5 min
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Partenza del Giro delle Fiandre. Le soluzioni tecniche sono state molto personali. Ruote, gomme ed anche vestiario… tanto è stato lasciato alla scelta dei singoli corridori.

Alaphilippe bardato

Al via c’erano sei gradi, ma grande umidità, tanto più che lo start era sul lungofiume di Anversa. In parecchi tuttavia sono partiti senza guanti e con i normali pantaloncini corti, senza neanche i gambali o i “tre quarti”. La maggior parte però aveva sia i guanti lunghi che i gambali fino alla caviglia. A mani nude erano davvero in pochi: il Fiandre è molto esigente anche per i suoi tratti in pavé e il guantino, benché sottile, attutisce un po’.

In casa Ineos Grenadiers si è optato per una soluzione intelligente: Gabba a mezza manica, con “cuciture” termiche, quindi piatte, ma pantaloncino corto. «Anche se fa freddo qui ci si scalda presto e volevamo essere liberi», ci ha confidato Leonardo Basso.

Altra particolarità: più di qualche corridore, tra cui Giacomo Nizzolo ha posizionato il numero più in basso del solito, anziché sulla parte bassa della maglia o del boby. Perché? Perché con i tagli attuali molto aderenti, e le mani presumibilmente fredde e con meno mobilità, è più facile prendere e mettere le cose nelle tasche.

Chi era ben coperto era Julian Alaphilippe (in apertura). Per il campione del mondo, scaldacollo, maglia, guanti e gambali lunghi e copripunta sulle scarpe. Meglio risparmiare energie che spenderle per difendersi dal freddo. Poi si spoglierà strada facendo.

Gomme

E veniamo alle gomme, il capitolo che più merita attenzione. Il Fiandre, quasi come la Roubaix, impone soluzioni differenti. Ma se alla Roubaix c’è da fare i conti “solo” con il pavé, qui ci sono anche i muri, quindi la componente peso conta. O al contrario conta meno quella aerodinamica. Le pressioni sono state per tutti, anche per i pesi “massimi”, intorno ai 5,5 bar al posteriore e 5,3 all’anteriore. Ma c’è chi è andato oltre.

Sonny Colbrelli ci ha studiato un bel po’. E’ in Belgio da diverse settimane e ha svolto più test. Il bresciano ha optato per dei tubeless da 28 millimetri, con uno speciale liquido sigillante all’interno che gli ha permesso di scendere al di sotto dei 5 bar. Pensate: 4,5 all’anteriore e 4,8 al posteriore. «Sto provando queste soluzioni già da un po’ – ha detto Colbrelli – le ho testate anche in gara, alla Gand, e mi sono trovato bene. La bici saltella davvero poco».

In casa UAE, il solo Matteo Trentin è rimasto fedele al vecchio setup composto da tubolari e ruota Bora tradizionale. I suoi compagni avevano il tubeless con il nuovo modello Campagnolo, le Wto One, già avvistato alla Sanremo.

Ruote

E qui si apre un mondo. Un po’ come per il vestiario si tratta di una scelta del tutto personale. I corridori dei piccoli team belgi avevano quasi tutti le ruote da 30 millimetri (che ormai sembrano bassissime), ma poi si è visto di tutto. Van Aert per esempio si è presentato con ruote da 60 millimetri, tubolari da 25 millimetri e la Cervelo S5, la bici aero e decisamente rigida e massiccia della Jumbo Visma. Sembrava la bici per una gara piatta e veloce. Evidentemente si sente sicuro così, anche per una gara tecnicamente impegnativa come il Fiandre.

Intelligente, sempre per restare tra gli italiani, la scelta di Basso. Leonardo ha optato per un profilo differenziato. Le sue Shimano Dura Ace, erano da 60 millimetri al posteriore e 40 millimetri all’anteriore: soluzione che agevola un po’ la guida.

La regola però è stato il profilo da 50-60 millimetri (a seconda dei marchi) per tutti. Evidentemente questo standard è quello che i corridori preferiscono. L’avvento del freno a disco con il perno passante e la sezione del cerchio un po’ più larghe rende queste ruote anche confortevoli e ben guidabili.

Particolarità da Fiandre

E poi ci sono le particolarità. Daniel Oss da una settimana sta utilizzando la sella Specialized in “schiuma” 3D. Una sella che a quanto pare è ideale per i fondi in pavé. «Direi “morbida”, ma non perché affondi, piuttosto perché attutisce bene i sobbalzi», ha detto Daniel.

Qualcuno ha montato il cambio Shimano Ulterga anziché il più pregiato Dura Ace: scelta tecnica o ritardo della fornitura?

Infine un’occhiata ai classici “promemoria” che si attaccano sui manubri. La maggior parte dei corridori aveva il numero del muro e il chilometraggio corrispondente al suo inizio, ma Bettiol aveva persino i tratti in pavè, questi erano evidenziati in arancione.

La Deceuninck pensiona i tubolari: Ballerini ringrazia!

28.02.2021
4 min
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«Veramente bene con i clincher – dice Ballerini, dopo aver vinto – ho avuto per tutta la corsa un ottimo feeling soprattutto sul pavé. Moltissima aderenza anche su strada, perfetto anche a velocità elevata. Veramente ottime e confortevoli».

Tubolari addio

Da casa forse non ve ne siete accorti, del resto il bello (e il privilegio) di andare e vivere le corse è la possibilità di ficcare il naso anche dove normalmente non si fa. Seppure in epoca Covid, il naso spesso resti sotto la mascherina. Ma facciamo un passo indietro…

Ieri, partenza da Gand. Un gigante mascherato si avvicina e butta lì una frase che sul momento lascia interdetti.

Sul pavé i corridori della Deceuninck ben soddisfatti
Sul pavé i corridori della Deceuninck ben soddisfatti

«Oggi è il giorno del funerale».

Chi è morto? Il tempo di riconoscere Giampaolo Mondini e il buontempone si mette a ridere.

«Ammetto – concede – di aver omesso l’oggetto. Oggi per la Deceuninck-Quick Step è il giorno del funerale definitivo dei tubolari. Prima gara per tutti con i clincher, i copertoncini. E se avete dubbi, chiedete a Kasper Asgreen. Lui è uno che studia tutto e negli ultimi mesi ci ha sommerso con messaggi e feedback».

Kasper conferma

Ne avevamo già parlato proprio con Mondini, ricordate? Ci aveva raccontato di come Specialized affianchi il team di Ballerini e precisò che era all’inizio una serie di test per capire se fosse possibile rimpiazzare definitivamente i tubolari. E proprio mentre ricordiamo l’intervista di novembre, Kasper Asgren e la sua maglia di campione danese passano accanto e li fermiamo.

Il cotone cede meglio e assorbe le vistrazioni della strada
Il cotone cede meglio e assorbe le vistrazioni della strada
Come ti trovi con le nuove gomme?

Le gomme? Sono super veloci nonostante la sezione da 28 e ovviamente comode. Molto buone sulle pietre.

Tanto diverse dai tubolari?

Parecchio, aderiscono meglio in curva e sui sassi. Assorbono tutto. Le sto testando dalla ripresa, prima di Natale, quindi già da parecchio. Si usano pressioni più basse, la gomma è più grande e serve meno aria.

Clincher: Bora aspetta

Mondini gongola e gongolerà anche di lì a quasi 5 ore quando Ballerini, con quelle gomme che tanto gli sono piaciute, vincerà in volata l’Omloop Het Nieuwsblad. Ma il discorso merita un approfondimento, perché se un colosso come Specialized intraprende questa strada, prima o poi il mercato dovrà chiedersi cosa fare. Per ora la scelta però si limita alla Deceuninck-Quick Step, la Bora ancora non cambia.

Mezz’ora alla partenza, la bici di Ballerini con gli Hell of the North
Mezz’ora alla partenza, Ballerini userà gli Hell of the North
Da quanto tempo, Mondo, si lavora al… funerale?

Il processo di passaggio dal tubolare al clincher è iniziato già l’anno scorso. In qualche gara provammo i copertoncini e alcuni avevano usato anche i tubeless. E’ stata anche la scelta aziendale di fare le nuove Roval solo per copertoncino e tubeless. Così abbiamo messo sotto pressione la squadra, che ha fatto qualche prova in più, soprattutto per le classiche. Un mese fa è stato fatto qualche test in Spagna, poi in Belgio.

Ballerini dice di averle usate soltanto due giorni prima.

Dalla ricognizione di mercoledì, confermo, quando si è deciso di partire solo con i clincher.

In che modo i clincher si adattano al terreno?

Abbiamo più possibilità, stiamo lavorando non su diverse mescole ma su diversi tipi di copertura. Quello classico con la spalla più rigida, il Turbo RapidAir. E quelli che hanno usato ieri con la spalla in cotone, assorbono meglio i colpi derivanti dal pavé. Non a caso si chiamano Cotton Hell. Il test è andato bene, i corridori hanno dato ottimo feedback, possiamo esser contenti.

Davvero dal camion della Deceuninck spariranno le ruote per tubolari?

Sì, perché a questo punto la cosa che cercheremo di fare come azienda è fornire diverse sezioni. Metteremo a disposizione copertoncini da 26-28-30 e saranno poi loro a decidere quali usare. Tre sezioni in entrambe le versioni: con spalla normale che si chiama Turbo Rapid Air e gli Hell of the North con spalla in cotone.

Anche Asgreen al via con la spalla in cotone
Anche Asgreen al via con la spalla in cotone
Quali clincher si useranno alla Strade Bianche?

Bella domanda, dovremo fare delle ricognizioni. L’idea sul gravel, cioè sullo sterrato, è di avere una spalla più resistente, perché il sasso tende a lacerare il fianco del copertone. In quel caso il Turbo Rapid Air dovrebbe essere scelta migliore. Però bisogna veder la sezione, perché dipende da quanto il fondo sarà colloso. Si parla di argilla, per cui se è più colloso si abbassano le sezioni e magari un 26 potrebbe bastare per un corridore di 65-70 chili. Questo è il lavoro che stiamo facendo.

Date anche indicazioni sulla pressione?

Da lì parte il discorso enorme della pressione, che diventa la parte più soggettiva che il corridore dovrà scegliere. E questo probabilmente farà impazzire ancora di più i meccanici.