Anna Van der Breggen torna a correre dopo tre anni di stop e lo fa con la maglia della Sd Worx-Protime. E questo forse è il colpo di mercato, dopo la Longo Borghini alla UAE Adq, più grosso dell’anno. Ma non è di questo che vogliamo parlare (in apertura foto @gettysport).
Van der Breggen è una delle più grandi campionesse del ciclismo femminile di ogni tempo e si rimette in gioco, ma con una prospettiva nuova. Accanto a lei c’è Gianpaolo Mondini, uno dei direttori sportivi del team. In qualche modo “Mondo” l’aveva già seguita per anni nel suo percorso e ora la vede affrontare questa sfida. Numeri, aspetti psicologici e il confronto con un ciclismo che continua ad evolversi: Mondini, una laurea in Psicologia, ci aiuta a capire quali siano le sensazioni della fuoriclasse olandese e cosa aspettarsi dal suo rientro.
Giampaolo, che rapporto hai con Anna van der Breggen e che tipo di persona è?
Ho iniziato a lavorare con Anna dopo Rio 2016, quando ha vinto l’oro olimpico ed è entrata nelle squadre che usavano Specialized. La conosco da molti anni ed è sempre stata una ragazza molto riservata, riflessiva, una che si fa molte domande. Non è il tipo esplosivo alla Sagan o alla Pogacar, è più compassata e controllata, anche nei momenti di esultanza. È l’opposto di una Lorena Wiebes, per fare un paragone.
Tre anni di assenza non sono pochi…
Ma è questa la sfida. Negli anni in cui aveva smesso ha continuato comunque a lavorare come coach nel team, specializzandosi nella preparazione e nell’analisi dei dati, allenandosi quasi sempre con le ragazze. Non è mai uscita del tutto da questo mondo.
Essere così analitica e “sul pezzo” anche come coach può essere un vantaggio o un limite?
Un tempo si diceva che bisognava essere un po’ più “stupidi”, non chiedersi troppe cose, ma oggi il ciclismo è cambiato. Gli atleti vogliono sapere, capire i meccanismi dietro la preparazione, l’alimentazione, l’allenamento. Se riesci a comprendere il tuo motore, hai un vantaggio. Anna è molto avanti in questo senso, ha studiato nei dettagli la sua strategia vincente, come ha fatto per anni nelle classiche. Ricordo per esempio quando disse anche alla Vollering che sul Muro d’Huy alla Freccia Vallone, non doveva mai alzarsi sui pedali fino ai 150 metri dal traguardo. Facendo così ne ha vinte sette! Il suo unico dubbio potrebbe essere adattarsi alle nuove dinamiche di gara e ai cambiamenti del gruppo (cosa che in parte ci aveva detto anche Elena Cecchini, ndr).
Cioè?
Altre ragazze, atlete più giovani, gare un po’ più lunghe, un livello mediamente più elevato. Insomma, ritrova un gruppo diverso.
Si allena da sola o ha un supporto esterno?
Noi in squadra abbiamo una rete di coach, allenatori e medici che monitorano la preparazione di tutti gli atleti. Anna è in grado di gestirsi da sola e preparare le sue tabelle, ma può sempre contare sul supporto del team e su consigli esterni. Il nostro sistema garantisce un continuo aggiornamento sulle sue condizioni e la possibilità di intervenire se necessario.
Si dice che abbia ottimi dati, in termini di watt: ma ha ancora il motore per il ciclismo moderno?
Anna non ha mai smesso davvero di allenarsi, ha sempre lavorato con il gruppo, e i valori che abbiamo testato non sono lontani da quelli che aveva in passato. La vera sfida sarà trasferire quei numeri in gara, nel momento decisivo. Non è solo questione di potenza, ma anche di gestione dello stress, di posizionamento in corsa, di capacità di adattarsi alle situazioni. Sarà una prova importante per lei anche a livello mentale.
Come sta vivendo questo rientro? Come la vedi?
Con grande serenità, senza l’assillo del risultato. Il suo obiettivo non è dimostrare di poter vincere di nuovo, ma di essere competitiva, di poter fare la differenza nel finale di corsa. Si mette a disposizione della squadra, vuole essere un elemento prezioso per il team. La sua carriera parla per lei, non ha bisogno di conferme.
Il suo passato da coach può influire sui rapporti nel gruppo? E può essere una diesse in corsa?
Sì, assolutamente. Anna ha vinto tutto e questo le garantisce un enorme rispetto all’interno della squadra. E’ una che parla poco, ma quando lo fa, difficilmente sbaglia. Negli ultimi anni ha sviluppato la capacità di stare vicino alle compagne, di capire quando e come intervenire, di dare consigli nei momenti giusti. E’ una leader silenziosa ma molto efficace.
Quali saranno i suoi obiettivi stagionali?
L’idea è farla partire dalle classiche, soprattutto le Ardenne, che sono sempre state il suo terreno ideale. Però dobbiamo ancora definire il calendario con precisione.
Quando inizierà a correre?
Sistemate alcune pratiche burocratiche, finalmente possiamo dire che inizierà alla Volta Comunitat Valenciana. Da lì poi le classiche.
Come vedi il suo ritorno nel lungo periodo?
Dipenderà molto da come si adatterà alle corse moderne. I numeri ci sono, la testa pure, ma il ciclismo oggi è più veloce e aggressivo. Se riuscirà a trovare il giusto equilibrio, potrebbe essere un valore aggiunto enorme per la squadra, non solo come atleta ma anche come riferimento per le compagne.
Chiaro…
Io credo che Anna avrà un impatto positivo, senza dubbio. Una come lei non può che far crescere l’intero team. Il suo rientro è un segnale importante, non solo per la squadra ma per tutto il ciclismo femminile. Sarà interessante vedere come evolverà la sua stagione.