Alla metà di ottobre, sulla strada che porta da Ballabio a Pian dei Resinelli, si è svolto l’evento “Salita in Libertà”. Un format tanto semplice quanto efficace: dalle 9,30 alle 12,30 la strada è rimasta chiusa al traffico. Una salita storica quella percorsa da ciclisti di ogni espressione, infatti Pian dei Resinelli è stato per ben due volte arrivo di tappa al Giro d’Italia. La prima volta fu nel 1962, con la vittoria di Angelino Soler. 50 anni dopo, nel 2012, si impose Matteo Rabottini davanti a Joaquim Rodriguez.
L’ultima volta che il Giro arrivò ai Pian dei Resinelli era il 2012, vinse Rabottini davanti a RodriguezL’evento prevedeva due sedi di partenza: la prima a Lecco in piazza XX SettembreLa seconda da Ballabio, da qui in poi la strada era chiusa alle macchineL’ultima volta che il Giro arrivò ai Pian dei Resinelli era il 2012, vinse Rabottini davanti a RodriguezL’evento prevedeva due sedi di partenza: la prima a Lecco in piazza XX SettembreLa seconda da Ballabio, da qui in poi la strada era chiusa alle macchine
A due passi da Lecco
L’evento, al quale abbiamo partecipato, aveva due opzioni di percorso: nella prima si percorreva tutta la salita che dal lago porta ai 1.278 metri di Pian dei Resinelli. Nel secondo caso si affrontavano soltanto i 7 chilometri finali (quelli chiusi al traffico, ndr).
“Salita in Libertà” non è stata una competizione, ma una giornata passata insieme all’insegna della bici e del divertimento. Sono stati tanti gli ospiti, legati a questo territorio, che hanno pedalato con noi su questa iconica salita. Una su tutte Paola Panzeri, che ha voluto lasciare anche lei un messaggio.
«E’ stato bellissimo – ha detto – pedalare in libertà sulle strade di casa. Il territorio dì Lecco è una continua scoperta e merita di essere vissuto in tutte le sue espressioni. Abitando a due passi da Lecco per me queste strade vogliono dire “quotidianità“, ed è bello condividerle con tutta questa gente».
Il percorso era aperto a tutti le tipologie di ciclisti, l’unico obiettivo: divertirsiIl percorso era aperto a tutti le tipologie di ciclisti, l’unico obiettivo: divertirsi
Alla scoperta del territorio
Il progetto “Salita in libertà” è nato dalla volontà di 3 comuni: Lecco, Ballabio ed Abbadia Lariana. Lo scopo non era solamente creare una bella giornata dedicata alla bici, ma far scoprire e ammirare i paesaggi ed il territorio della famosa “Comunità Montana Lario Orientale Val San Martino”. Perché è giusto ricordare che Pian dei Resinelli offre numerose attività sportive da praticare all’aperto, e che durano per tutto l’anno.
Per gli amanti dell’escursionismo e dell’arrampicata è bene ricordare che, poco più in alto rispetto alla piazza dove si è svolto l’evento, partono numerose vie che portano in cima alla Grigna ed alla “Grignetta“. Ma le esperienze non finiscono qui, anche gli appassionati delle ruote grasse hanno trovato pane per i loro denti. I boschi del versante lecchese e di Abbadia Lariana sono pieni di sentieri e di single track, luoghi in cui perdersi nel piacere di pedalare in mezzo alla natura. Per questo, durante il sabato, sono stati previsti dei tour di 2 ore ciascuno per portare gli appassionati alla scoperta di questi sentieri.
L’evento è stato organizzato anche grazie ai numerosi sponsor che hanno aderitoPaola Panzeri insieme ai sindaci ed agli amministratori che hanno organizzato “L’edizione Zero” di “Salita in Libertà”L’evento è stato organizzato anche grazie ai numerosi sponsor che hanno aderitoPaola Panzeri insieme ai sindaci ed agli amministratori che hanno organizzato “L’edizione Zero” di “Salita in Libertà”
Il futuro a 5 cerchi
Lo sguardo non può che essere rivolto al futuro, e se c’è un evento che può mettere Lecco e la Valsassina in grande mostra sono le Olimpiadi di Cortina 2026. Come sottolineato anche da Antonio Rossi, campione olimpico, oggi Sottosegretario con delega allo Sport di Regione Lombardia.
«Lecco e il suo territorio sono sull’asse Milano-Valtellina, i due poli di Cortina 2026 dove ci sono i siti olimpici per l’hockey, lo sci alpino e il freestyle snowboard. Lavoriamo al meglio per accogliere tanti atleti da tutto il mondo e far conoscere le nostre bellezze».
I progetti lanciati sono numerosi ed ambiziosi, starà alle varie amministrazioni locali portarli avanti con la stessa tenacia e passione che abbiamo visto sabato negli occhi degli appassionati che hanno pedalato su queste strade. Il ciclismo e lo sport all’aperto in generale possono essere un toccasana per la salute del territorio e la sua economia. Abbandonare i mezzi a motore per “rallentare” ed assaporare i paesaggi è il solo modo per entrare in contatto con la natura e la sua bellezza.
Sui banchi di scuola ognuno di noi lo ha studiato e conosciuto. “Il Gran Sasso d’Italia è il Gruppo montuoso dell’Appennino Centrale, il più elevato dell’Italia peninsulare” (Treccani). Non tutti sicuramente hanno avuto la fortuna di visitarlo e di godere della sua bellezza unica. Chi lo ha visitato e ci ha pure pedalato rimanendone piacevolmente colpita è Marta Bastianelli.
La campionessa che vanta un palmares che parte dal tricolore, passa per l’europeo e arriva fino all’iride che l’accompagna dal 2007 sul bordo della maglia, si è innamorata di un posto che dista pochi chilometri da casa sua, ma che non aveva mai vissuto da vicino. «Lo vedo tutte le mattine quando apro la finestra». In quel luogo quest’estate ha organizzato due settimane di allenamenti e ha scoperto un vero e proprio paradiso dell’Abruzzo.
Un luogo che nonostante la sua mastodontica mole vive in una bolla di riservatezza. Agli occhi di Marta i limiti lassù ci sono, ma nelle sue parole si legge la voglia e l’intento di farlo conoscere a tutti i ciclisti che se solo ci pedalassero lo consacrerebbero a luogo ideale da vivere in sella.
Per la Bastianelli sono state due settimane di ritiro in altura pre mondialeIl Gran Sasso è la montagna più alta degli AppenniniPer la Bastianelli sono state due settimane di ritiro in altura pre mondialeIl Gran Sasso è la montagna più alta degli Appennini
Contesto unico
Arrivarci è facile, viverci un po’ meno. I luoghi e i sapori sono quelli abruzzesi mentre il contesto in cui Marta si è immersa per due settimane è quello di un ambiente unico.
«Era una parte dell’Abruzzo che mi mancava – dice la Bastianelli – io abito a Guardia Vomano un piccolo paese in provincia di Teramo. Questa estate ho fatto quattro giorni a Roccaraso, una bellissima località abruzzese. Si trova a 1.300 metri e dormivo all’Hotel Boschetto che si trovava sull’Aremogna a 1.650. Ho fatto lì i miei primi quattro giorni di questo mio ritiro in altitudine, dopodiché mi sono trasferita a Campo Imperatore, a quota 2.100.
«Ho trovato luoghi bellissimi – racconta – e ho provato attraverso i social a farlo capire anche a chi è lontano da questo mondo qui. Molti infatti mi chiedevano incuriositi: “Dove sei!?”. Già il fatto che ci sia una pianura così vasta in alto per noi ciclisti è oro. E’ vero che esistono altri luoghi che godono di questa fortuna. Uno dei più frequentati è Livigno e anche altri che hanno però il piccolo limite che se si vuole trovare la pianura bisogna mettersi in macchina e scendere. Invece a Roccaraso il contesto era unico. Mi allenavo a 1.350 in una pianura di 40/50 chilometri. E lì all’Hotel Boschetto ho trovato una struttura con tutti i comfort dove era veramente possibile stare bene e allenarsi.
«Ho poi proseguito – dice Marta – a Campo Imperatore, dove sono stata per otto giorni. Un luogo che è un po’ il paradiso dell’Abruzzo, che purtroppo devo dire, non viene valorizzato a pieno. Io alloggiavo nell’Ostello Campo Imperatore 2115, che è l’unico che c’è aperto. Fatta eccezione per il Rifugio Franchetti che si trova in cima a 2.433 m. E’ gestito da una famiglia, che è stata tale anche per me in quei giorni facendomi sentire come a casa. Adesso stanno iniziando i lavori per la ristrutturazione dell’Hotel che c’è accanto. L’albergo ai piedi del Gran Sasso, famoso perché ci venne tenuto prigioniero Benito Mussolini nel ’43 dopo la caduta del fascismo e venne poi liberato dal blitz degli alianti tedeschi».
Il Gran Sasso è anche luogo di percorsi Mtb L’ostello è l’unica struttura non in vetta che può ospitare i turisti sul Gran SassoIl Gran Sasso è anche luogo di percorsi Mtb L’ostello è l’unica struttura non in vetta che può ospitare i turisti sul Gran Sasso
Tanto potenziale
Panorami mozzafiato che lasciano a bocca aperta ogni turista che ci si immerge. Una montagna gentile, ma che detta la sua legge fondata sulla roccia e guidata da madre natura. Le bici in quel territorio sembrano proprio poter essere uno di quei pochi mezzi altrettanto gentili e rispettosi che possano abbracciare il Gran Sasso. Servono però infrastrutture e servizi per poter accoglierle.
«L’ostello era sempre pieno – spiega Marta – tutti i giorni della settimana. C’era anche chi si fermava semplicemente per fare colazione per andare a fare poi le passeggiate sul Corno Grande e Corno Piccolo.
«La struttura – dice – è la zona di partenza per le camminate e la zona di arrivo della funivia che parte da Fonte Cerreto. Parlando un po’ con chi vive e respira quel posto tutto l’anno, ci sono un po’ di limiti da superare. Infrastrutture che andrebbero riviste, l’osservatorio che ha chiuso da molto tempo. Mi hanno spiegato che c’è tanta difficoltà con la corrente elettrica, con lo scarico delle acque. Ad esempio non possono mettere i pannelli solari, mentre a Fonte Cerreto sì. Il fatto che il territorio del Gran Sasso faccia parte del Parco Nazionale ha sì dei vantaggi, ma anche qualche ostacolo. Chi ci lavora ha tanta voglia di fare, ma sa che oltre il punto in cui si trovano allo stato attuale è difficile pensare più in grande.
«Ci sono tantissimi percorsi – spiega la Bastianelli – anche per Mtb che però non vengono pubblicizzati e che ho scoperto solo stando lì. E poi c’è la bellezza del panorama. E’ una montagna affascinante, a quell’altezza è l’unica da cui si può vedere senza sforzo il mare. Le Dolomiti sono bellissime ma a 2.200 metri vedere il blu è qualcosa di emozionante. Per me era fantastico, dormivo a 2.000 metri e mi allenavo in pianura a 1.700 metri. A Livigno mi ci sono allenata una vita, è bellissima ma è diventata anche tanto commerciale. Ci sono tante distrazioni in cui cadere e tentazioni poco sportive. Sul Gran Sasso è ancora intatta la purezza di un luogo che vive di rapporti umani».
La salita che porta a Campo Imperatore dove arriverà il Giro, è dura e selettivaLa salita che porta a Campo Imperatore dove arriverà il Giro, è dura e selettiva
Giro d’Italia
A misura di bici. Il Gran Sasso, dalle parole di Marta risulta essere un vero e proprio habitat naturale per le due ruote a pedali. Non a caso anche il Giro d’Italia 2023 farà arrivo proprio a Campo Imperatore nella 7ª tappa, dopo essere stata resa famosa dalla vittoria di Pantani nel 1999.
«E’ un posto – dice Marta – che vive nella quiete, non c’è traffico e si può respirare a pieni polmoni. Sono strade bellissime e asfaltate alla perfezione. La salita che verrà affrontata dal Giro d’Italia è molto bella. Sale regolare e ha soprattutto nel finale dei tratti più impegnativi. In particolare gli ultimi 5/6 chilometri che portano alla vetta sono duri. Tra l’altro l’asfalto è più grezzo e grippante per facilitarne la scalata durante l’inverno e devo dire che anche per questo nel finale la bici sembra non scorrere.
«Potrebbe essere – ipotizza – anche l’arrivo di tappa per un Giro Donne. Quando ero su, c’era una Gran Fondo. Credo che eventi di questo genere possano far conoscere e attirare sempre più ciclisti in questo luogo magnifico. Se da una parte le infrastrutture sono poche, arrivarci non è difficile. La funivia dura otto minuti. Fonte Cerreto è a cinque chilometri da Assergi un altro centro importante dove c’è anche l’uscita dell’autostrada. Rimane bene collegato e vicino all’Aquila. Dall’altro versante c’è Teramo, in mezz’ora sei lì».
La pianura è vasta ed è situata intorno ai 1.500 metri di altitudineI panorami mozzafiato sono stati per Marta i compagni di viaggio durante il suo ritiroLa pianura è vasta ed è situata intorno ai 1.500 metri di altitudineI panorami mozzafiato sono stati per Marta i compagni di viaggio durante il suo ritiro
Molti pro e qualche contro
Dalla magnifica bellezza della montagna abruzzese ai limiti e i miglioramenti che anche Marta Bastianelli nel suo piccolo ha notato. Un su e giù di emozioni che copiano le creste del Gran Sasso. Dai pregi ai difetti.
«E’ un bellissimo posto – commenta Marta – che va riqualificato come un po’ tutto l’Abruzzo. Mi hanno inoltre spiegato che è una delle poche montagne su cui non viene sparata la neve artificialmente. Tutti gli anni godono di nevicate copiose e frequenti. Purtroppo però mancano gli impianti, ce ne sono pochi.
«Non sono nella posizione giusta per farlo – dice – sono una turista in bicicletta che vuole lanciare un messaggio. Sono cosciente che ci siano tante problematiche tecniche e capisco che da fuori tutto sembra possibile. Nel mio piccolo però sono io la prima che vuole spingere questo posto. Per esempio ne ho già parlato con la mia squadra per organizzarci un raduno, dato che alcune delle mie compagne mi hanno chiesto che posto fosse.
«Alcuni mi hanno detto – conclude la Bastianelli – che è un luogo bello così e non deve essere contaminato dall’uomo. Però quello che dico io è: perché non farlo conoscere e apprezzare a chi ne porta rispetto? Rappresenta un territorio che è un valore per la Regione e che potrebbe portare anche tanto lavoro con qualche struttura in più. Porterebbe anche un sospiro di sollievo per quello che ha vissuto il popolo abruzzese. Poi le bici sono un mezzo ecologico a impatto zero che rispetterebbe l’ambiente e la purezza di questa montagna».
Con i suoi 35 anni, Damiano Caruso è l’ultimo italiano ad essere salito sul podio del Giro d’Italia e se quest’anno non ha difeso il piazzamento del 2021 è stato perché la squadra l’ha spedito in Francia. Punto. Lo ha detto anche Cassani, che venerdì l’ha inserito fra gli italiani più concreti per il prossimo Giro. Ma è ancora presto per dire se il prossimo anno sarà diverso e non è neppure questo il motivo per cui l’abbiamo chiamato.
Ci incuriosisce infatti sapere che cosa pensi del percorso del Giro e soprattutto, guardandosi intorno, se abbia visto fra gli italiani giovani qualcuno che in futuro possa puntare a un buon piazzamento. E se, rivedendo la sua esperienza, avere una WorldTour italiana cambierebbe davvero le cose.
Con questa vittoria a Monte Spluga, al Giro 2021 Carusò blindò il secondo posto dietro BernalCon questa vittoria a Monte Spluga, al Giro 2021 Carusò blindò il secondo posto dietro Bernal
Un Giro da fughe
«Tre tappe con 5.000 metri di dislivello – dice – due da 4.000. Parecchie sul filo dei 200 chilometri e anche più lunghe. Poi le tre crono, la seconda di 33 chilometri e mezzo. E’ un Giro particolare. Dopo quattro giorni c’è il primo arrivo in salita e dopo altri tre si va a Campo Imperatore, che è bella dura.
«E’ nello stile del Giro fare tapponi duri e lunghi e secondo me è un po’ in controtendenza. Perché alla fine si è visto che le azioni più spettacolari sono venute nelle tappe da 140-150 chilometri. Ce ne sono due di 218 chilometri. Quella di Campo Imperatore sono sei ore di bici con 4.000 metri di dislivello.
«Vedo tante tappe da fuga. Quella di Crans Montana (13ª tappa, ndr) ha l’ultima salita lontana dal San Bernardo e nella valle, che si fa al Romandia, decide tutto il vento che al mattino tira in un verso, il pomeriggio nell’altro. Sono lunghe e non puoi inseguire tutto il giorno. Chi tira? Sarà un Giro per gente che va forte in salita, ma deve andare forte per forza anche a cronometro».
Due tappe vinte per Caruso quest’anno al Giro di Sicilia, corso con la nazionale: a Caltanissetta e sull’EtnaDue tappe vinte per Caruso quest’anno al Giro di Sicilia, corso con la nazionale: a Caltanissetta e sull’Etna
Dicono Evenepoel…
Da lui c’è da aspettarsi di tutto. Se davvero verrà, avrà un bagaglio di esperienza superiore, un anno in più di maturazione e il morale altissimo. Sicuramente sarà uno dei favoriti. Questo ragazzo secondo me è ancora da scoprire, neanche lui conosce i suoi veri limiti. Alla Vuelta grandi cali non ne ho visti. Nelle varie occasioni si è gestito con intelligenza ed è arrivato in fondo in scioltezza. Alla fine l’unico che poteva impensierirlo in salita era Roglic, ma si è autoeliminato.
Si parla anche di lui e di Mas.
Se confermano questi tre nomi, abbiamo già il podio. Se vengono loro, ci saranno tre squadre attrezzate per supportare tre capitani, quindi il Giro comincia a diventare più complicato. Non sarà il classico Giro. Il vero problema secondo me è ostinarsi a voler assomigliare al Tour. Non si deve snaturare, il Giro deve vivere di luce propria. Non devi sempre cercare di fare qualcosa per attirare questo o quel corridore. I corridori a un certo punto capiranno che solo pochi possono vincere il Tour. Se io fossi un corridore di classifica, intanto comincerei a vincere il Giro. Il problema viene dalle squadre, perché purtroppo per loro il Tour vale di più e il ragionamento smette di essere tecnico.
Evenepoel viene al Giro? Secondo Caruso (i due insieme alla scorsa Liegi), troverà un percorso perfetto per luiSe Evenepoel viene al Giro (i due insieme alla scorsa Liegi) troverà un percorso perfetto per lui
Parliamo un po’ di italiani?
Per adesso non vedo tanti che possano ambire all’alta classifica, però mi piacerebbe cominciare a vederne qualcuno che prova a entrare nei 10. C’è Fortunato, per cui la vittoria sullo Zoncolan è diventata molto pesante. Per i grandi Giri non siamo attrezzatissimi, mentre per le gare di un giorno e i traguardi di tappa secondo me non siamo messi male.
Dopo Nibali sarebbe toccato ad Aru, ma ha smesso anche prima.
Di sicuro non abbiamo l’erede di Nibali, speriamo almeno in un corridore che abbia la voglia di cimentarsi per provare a fare classifica. Noi abbiamo Zambanini, che nel 2022 ha fatto vedere che può tranquillamente fare questo mestiere e farlo bene. Ha bisogno di crescere, non è Pogacar, ma lavora per migliorare. Dobbiamo prendere i buoni corridori che abbiamo e dargli il tempo di maturare. Zambanini secondo me è ha talento e, se farà un percorso di crescita adeguato alle sue potenzialità, un giorno potrà arrivare anche ad ottenere dei risultati sopra la media.
Zambanini è uno di quei corridori che ha bisogno del suo tempo per emergere, ma ha qualità e talentoZambanini è uno di quei corridori che ha bisogno del suo tempo per emergere, ma ha qualità e talento
Cosa pensi di Ciccone?
“Cicco” è uno di quelli su cui ci sono grandi attese, però forse non è un corridore da Giri. Lui lo pensa perché glielo hanno inculcato dall’inizio. Prendete Formolo: dicevano che fosse un corridore da corse a tappe, il nuovo Ivan Basso. Ti fanno crescere con un determinato obiettivo e ti fanno credere che la strada è quella. Poi in corso d’opera riprogrammarsi non è semplice.
La tua storia in fondo è simile a quella di Ciccone, no?
Non tanto, io mi sono semplicemente disabituato. La mia generazione è stata l’ultima cui dissero, lo ricordo ancora bene: «Tutto quello che hai fatto da dilettante lo devi dimenticare, qui si ricomincia da zero. C’è da fare la gavetta e portare le borracce. E poi, pian piano, se dimostri che hai talento, ti diamo spazio». Invece forse questo è stato deleterio, perché mi sono adagiato sul ruolo che mi avevano assegnato.
Ciccone fa bene a insistere sui grandi Giri? Caruso ormai ha più di un dubbio: «Ma Giulio è fortissimo»Ciccone fa bene a insistere sui grandi Giri? Caruso ormai ha più di un dubbio: «Ma Giulio è fortissimo»
Avevi davanti Basso e Nibali…
Quando sono arrivato alla Liquigas, per me già era un sogno poter fare il Giro d’Italia con Ivan Basso. Figuratevi se pensavo di fare il leader. La prima volta che mi è stata data l’opportunità di fare classifica fu alla Vuelta del 2014, quando feci nono. Ma non mi fu detto che sarei partito da leader. L’anno dopo invece arrivai ottavo al Giro e partii dall’inizio con quell’obiettivo.
Al Giro del 2012 ci fu un momento chiave.
Forse la svolta di tutta la mia carriera. Il penultimo giorno ero in fuga con Cunego e De Gendt. Eravamo rimasti soli sul Mortirolo, dovevamo scendere e fare lo Stelvio su cui c’era l’arrivo. Invece in fondo al Mortirolo mi fermai letteralmente per aspettare Basso, che era con un gruppetto dietro. Eppure in quel momento ero super contento, perché mi sembrava tantissimo staccarmi per aspettare Ivan che doveva provare a vincere il Giro. Col senno di poi, se quel giorno non mi avessero fermato, magari non avrei vinto la tappa, però si sarebbe aperto un altro scenario.
Penultima tappa, a fatica sullo Stelvio: era in fuga, è stato fermato, ha tirato allo sfinimento19ª tappa: la maglia bianca è persa, Basso gli chiede di tirare verso PampeagoAncora il Giro del 2012: nella tappa di Cervinia (14ª) Caruso tira nonostante la maglia biancaPenultima tappa, a fatica sullo Stelvio: era in fuga, è stato fermato, ha tirato allo sfinimento19ª tappa: la maglia bianca è persa, Basso gli chiede di tirare verso PampeagoAncora il Giro del 2012: nella tappa di Cervinia (14ª) Caruso tira nonostante la maglia bianca
Quello che succede ad altri italiani in giro per il mondo…
Come fai a valorizzare un talento italiano se va nelle altre squadre, dove ci sono altri grandi campioni? Se ti vuoi inserire nel gruppo, devi fare quello che la squadra ti chiede. O sei un talentuoso e allora già a 22-23 anni dici al vecchietto di andare a tirare per te, altrimenti fai quello che ti dicono. Se vuoi lavorare in questo mondo è così. Prima o poi nascerà un altro Pantani, ma intanto valorizziamo quel che abbiamo. Siamo bravi a buttarci giù, intanto però abbiamo un po’ di certezze come Ganna e anche tanti giovani promettenti a cominciare da Milan.
Forte, Johnny…
Secondo me ancora non ha fatto vedere neanche il 60 per cento della sua forza. Jonathan è una… bestia. Quest’anno al Giro di Croazia mi ha stupito in maniera assurda ed ha ancora margine. Deve ancora cominciare ad allenarsi da professionista, perché per un motivo o per l’altro finora ha giocato e ha avuto un po’ di infortuni.
Alla partenza de lLombardia con Alessandro De Marchi, compagno di Caruso alla BMCAlla partenza de lLombardia con Alessandro De Marchi, compagno di Caruso alla BMC
Cosa può fare?
Se arriva in condizione ad un grande Giro e soprattutto riesce a controllare la sua foga, con un po’ di esperienza entro 2-3 anni diventerà uno dei velocisti più forti del mondo. Ma può andare bene anche al Fiandre e alla Roubaix, Jonathan secondo me ha dei margini notevoli, è forza bruta. Questo, è un toro.
E ha solo 22 anni
Non ditelo a me. Al Giro di Croazia ero il più vecchio seduto a tavola e un giorno abbiamo festeggiato il compleanno di Santiago Buitrago che faceva 23 anni, poi il suo che ne compiva 22. E io ero frustrato pensando che la settimana dopo a casa ne avrei compiuti 35.
Milan secondo Caruso non conosce i suoi limiti. Potrebbe davvero diventare uno dei velocisti più forti?Milan secondo Caruso non conosce i suoi limiti. Potrebbe davvero diventare uno dei velocisti più forti?
Programmi?
Adesso siamo a riposo tranquilli e poi a dicembre si farà il classico ritiro ad Altea e poi un altro a gennaio. Ci sarà il gruppo che torna in Australia, ma io credo che comincerò in Spagna fine febbraio. Comunque in Europa, a noi vecchietti certe trasferte le evitano, con tutti quegli sbalzi di temperatura. Poi vedremo che programma fare, io ho fatto una richiesta, vedremo se sarà accolta. Per ora me ne sto a casa con la famiglia. Oggi ho fatto un giretto sul tardi, qui fa un bel caldo. Giù al mare fanno ancora il bagno.
Quanti duelli con Jay Hindley. Sin da ragazzini, il re del Giro d’Italia 2022 e Lucas Hamilton si sono sfidati in sella e vedere l’amico vestirsi di rosa nell’apoteosi di Verona è una bella spinta per il ventiseienne di Ararat, che sogna in futuro di regalare ai tifosi aussie altre soddisfazioni di questa portata. Il tredicesimo posto di quest’anno sulle nostre strade è un buon punto di partenza e chissà che non possa già scalare la classifica nel 2023.
Lucas si sta preparando e il miglioramento a cronometro è uno dei tasselli fondamentali per proseguire nella crescita, anche perché sembra che il percorso del Giro che verrà svelato nelle prossime ore dovrebbe avere tanti chilometri in cui lottare contro le lancette. Dopo aver effettuato le visite mediche all’Istituto delle Riabilitazioni del Gruppo CIDIMU di Torino, è pronto a mettersi sotto per lasciare il segno nelle corse di tre settimane il prima possibile.
A Campo Imperatore si definì la classifica al Giro U23 del 2017: 1° Sivakov, 2° Hamilton, 3° HindleyA Campo Imperatore si definì la classifica al Giro U23 del 2017: 1° Sivakov, 2° Hamilton, 3° Hindley
Qual è il bilancio della tua stagione?
E’ stata ricca di alti e bassi, ho fatto un buon Giro d’Italia. Per la squadra è stata una grande annata ed esserne parte è stato grandioso, anche se la Vuelta di Spagna non è andata come speravo.
Che cosa è mancato?
Credo sia stato un problema di mera tempistica, perché arrivando a fine stagione, c’era tanta stanchezza accumulata. Il percorso era durissimo, avevamo grandi ambizioni con Simon, che però ha dovuto abbandonare a causa del Covid, ma ci siamo tolti la soddisfazione della tappa vinta con Kaden (Groves, arrivato a braccia alzata sul traguardo dell’undicesima frazione con arrivo a Cabo de Gata, ndr), che è sempre un ottimo traguardo in una grande corsa a tappe.
Torniamo al Giro, vinto dal tuo “gemello” quando eravate under 23. Che effetto ti ha fatto vedere Jai Hindley sul gradino più alto?
Io e Jai abbiamo corso l’uno contro l’altro sin da quando avevo 12 anni. A essere onesti, è stato un qualcosa di surreale vederlo vincere il Giro d’Italia, per me è stato pazzesco essere presente nelle tre settimane che l’hanno incoronato in rosa.
La Vuelta del team doveva essere per Yates, ritirato per Covid. Provvidenziale la vittoria di GrovesLa Vuelta del team doveva essere per Yates, ritirato per Covid. Provvidenziale la vittoria di Groves
Hai brindato con lui?
Mi sono congratulato, era il minimo visto che siamo molto amici. E’ stato grandissimo e per me è anche una bella spinta, perché lui negli ultimi tre anni ha dimostrato di essere uno dei migliori corridori per i grandi Giri. Mi auguro di muovermi in quella direzione anch’io.
Il tuo obiettivo è lasciare il segno in un grande Giro?
A essere onesti, il Giro d’Italia di quest’anno è la corsa migliore che abbia mai fatto. Vorrei continuare questa progressione, mettere insieme tre settimane costanti e riuscire a esplodere in una delle prossime grandi corse che affronterò. Non ho un risultato specifico in mente, ma voglio senza dubbio arrivare il più in alto possibile.
Che cosa ti piace del Giro?
Per me ha un valore davvero speciale. E’ incredibile ed è stato il primo grande Giro della mia carriera nel 2019 e adesso l’ho già fatto tre volte. Poi ho vissuto per un anno e mezzo in Italia, dalle parti di Varese: è una corsa epica e non è un mistero la passione travolgente del pubblico italiano.
La crono è il suo punto debole: quella di Alicante alla Vuelta è stata per lui durissima, a 5’08” da EvenepoelLa crono è il suo punto debole: quella di Alicante alla Vuelta è stata per lui durissima, a 5’08” da Evenepoel
Su cosa devi migliorare nelle tre settimane?
Sto lavorando molto sulle cronometro e quest’anno si sono già visti i miglioramenti rispetto al 2021. Poi spero di avere un po’ più di fortuna, però già finire sia il Giro sia la Vuelta quest’anno mi ha dimostrato che riesco a tenere duro per tre settimane ed è una buona base di partenza.
Ci racconti cosa passa nella testa di un corridore l’ultima tappa di un grande Giro?
La maggior parte dei grandi Giri che ho terminato finiva con una cronometro, come ad esempio a Verona. Arrivare all’Arena è stato qualcosa di magico, ma è stato speciale anche alla Vuelta arrivare nel cuore di Madrid e per una volta finire con una tappa in linea. Comunque, non importa come lo finisci, ma già solo tagliare il traguardo dell’ultima tappa ti regala emozioni uniche.
Hai una salita preferita?
Sulla strada per Gallarate c’è una salita, non molto conosciuta. Non so se il nome sia giusto, ma noi la chiamiamo il Betto. Ho migliorato molte volte il mio record su quelle strade, però se devo scegliere una cima epica, dico senza dubbio lo Stelvio. Ci ho fatto tantissimi ritiri ed è sempre un posto speciale. Arrivando dall’Australia, quando ti trovi di fronte una montagna così, resti a bocca aperta, poi si trova in un’area fantastica.
Il 2019 è stato un buon anno per Hamilton, che alla Tirreno vince sull’arrivo di CasciaTripletta Mitchelton nella classifica finale della Coppi e Bartali 2019: 1° Hamilton, poi Howson e ShultzIl 2019 è stato un buon anno per Hamilton, che alla Tirreno vince sull’arrivo di CasciaTripletta Mitchelton nella classifica finale della Coppi e Bartali 2019: 1° Hamilton, poi Howson e Shultz
A che punto è il ciclismo nella Land Down Under?
In Australia il ciclismo non è lo sport più popolare perché deve sgomitare con tante discipline. C’è il rugby e poi, personalmente, sono cresciuto giocando a calcio australiano e sono arrivato un po’ più tardi alla bicicletta. Le vittorie dei nostri connazionali, come le ultime di Jai, stanno aiutando a far diffondere sempre di più il nostro sport, anche se non è facile fare breccia tra i giovani perché richiede tantissimi sacrifici e molto tempo lontano dalla propria famiglia e dagli affetti. Il gotha del ciclismo è in Europa, quindi lontano da casa, però difendere i colori di una squadra australiana nel WorldTour rende tutto ciò più speciale.
Negli ultimi anni, tanti specialisti delle corse a tappe stanno vincendo nelle classiche: Nibali, Pogacar, Roglic, Evenepol. Pensi anche tu di riuscire a dire la tua in una classica?
Non ho fatto tante Monumento in carriera sin qui (un Lombardia nel 2020 e una Liegi nel 2021, ndr) e mi piacerebbe farne molte di più. “Rogi” e “Pogi” sono dei fuoriclasse, credo che possano vincere su qualunque terreno.
Nelle prossime settimane si scopriranno i percorsi delle diverse corse, ma tu hai già qualche idea per il 2023?
Non lo so ancora. Nei giorni scorsi a Torino abbiamo cominciato a fare le prime valutazioni, vediamo che cosa succederà. Sono arrivati tanti corridori interessanti in squadra, c’è stato un bel cambiamento ed è bello vedere facce nuove, soprattutto dopo questi ultimi due anni resi complicati dal Covid, che ad esempio lo scorso anno mi ha impedito di partecipare a questo camp.
Felice per l’amico Hindley: la sua vittoria in rosa è uno stimolo per lo stesso HamiltonFelice per l’amico Hindley: la sua vittoria in rosa è uno stimolo per lo stesso Hamilton
In che cosa ti diletti quando non stai pedalando?
Ci sono dei campi di “pitch and patch” vicino a dove vivo, una sorta di golf. Quando torno a casa in Australia poi, ogni tanto gioco ancora a calcio australiano.
Quest’inverno che cosa farai per raggiungere il tuo “gemello” Hindley?
Proverò a farmi trovare pronto per l’inizio della stagione. Dicembre è sempre un mese delicato per trovare gli equilibri per l’anno successivo.
Come fa un atleta a mantenere alta la concentrazione anche quando gli obiettivi che si era prefissato vengono cambiati o stravolti? Il mondo del ciclismo, è sempre più al limite, sia dal punto di vista tecnico che da quello umano. I corridori sono chiamati ad essere sempre presenti e questo non è facile, anche perché è importante ricordare che dietro ogni atleta c’è un uomo, con le sue fragilità e debolezze. Elisabetta Borgia psicologa dello sport che collabora con la Federazione ed il team Trek-Segafredo ci accompagna nel grande viaggio degli obiettivi.
Ci mettiamo in contatto con la dottoressa Borgia, che in questo momento si trova in viaggio verso Praga. La sua destinazione è una conferenza dello sport, alla quale è stata invitata come relatrice per parlare del recupero post infortunio. Il traffico non le dà tregua, così le facciamo compagnia nella caotica coda dell’hinterland milanese.
Elisabetta Borgia collabora anche con la Federazione, qui agli europei di Monaco con la nazionale femminileElisabetta Borgia collabora anche con la Federazione, qui agli europei di Monaco con la nazionale femminile
Definizione di obiettivo
Innanzitutto, prima di parlare di obiettivi legati al mondo dello sport, in particolare a quello del ciclismo, è fondamentale determinare cosa sono.
«L’obiettivo – ci spiega la dottoressa – secondo il manuale di psicologia dello sport è legato alla ricerca della mia migliore espressione. Non sono direttamente legati alla vittoria, pensare solo al risultato non permette di fare un avvicinamento strutturando un percorso. Il pensiero dell’atleta deve essere “Devo arrivare a quella gara e voglio essere la mia migliore espressione di me stesso”. Da lì si inizia a lavorare a ritroso, passando dall’allenamento, ma anche dalla mente. L’obiettivo si tramuta in azioni quotidiane, che ci permettono di lavorare al meglio, rimanendo attaccati al presente ma con uno sguardo verso il futuro. Il “dove vogliamo arrivare” deve essere sminuzzato in piccole azioni quotidiane».
Mas è stato bravo a riprogrammare i suoi obiettivi dopo il Tour concentrandosi su Vuelta e finale di stagioneMas è stato bravo a riprogrammare i suoi obiettivi dopo il Tour concentrandosi su Vuelta e finale di stagione
Un percorso definito
La programmazione, come abbiamo intuito già da queste poche parole di Elisabetta, è fondamentale. Quello che però bisogna far capire è che non si passa solo dalla prestazione atletica, ma anche dalla mente.
«Gli obiettivi – riprende Borgia – sono quelle boe che ci permettono di rimanere all’interno del percorso. Ci motivano e ci danno tranquillità. Gli atleti hanno bisogno di ricevere dei check durante il loro periodo di preparazione, che siano i risultati dopo un lavoro in palestra o dei watt che devono esprimere. La parola chiave è: schematizzare. Tutti noi abbiamo bisogno di riuscire a mantenere il controllo, nessuno sta bene se si sente una bandiera al vento. Ci sentiamo bene quando sentiamo una responsabilità verso le cose che dobbiamo fare. Allo stesso modo, però, è importante riconoscere che noi non abbiamo il controllo su tutto, c’è sempre una parte imprevedibile. Il vademecum deve essere: lavora, controlla, cambia e lascia andare quello che non va.
«Tutti noi – riprende – ma gli atleti in particolare, sono molto più sbilanciati verso il ”c’è una cosa che non va e devo trovare il modo di cambiare”. La cosa che bisogna fare, invece, è accettare al più presto quello che non si può cambiare. Sbattere la testa contro i problemi non ci aiuterà a superarli. Pensate ad un infortunio che compromette una gara sulla quale si era messa la famosa bandierina rossa. Bisogna riuscire ad accettare al più presto che il piano A è sfumatoe virare su quello di riserva per continuare a fare il tuo lavoro al meglio».
Gli infortuni sono difficili da accettare ma fanno parte dello sport, bisogna accettarli: chiedere ad Alaphilippe…Gli infortuni sono difficili da accettare ma fanno parte dello sport, bisogna accettarli: chiedere ad Alaphilippe…
Riprogrammare
Essere adattabili e flessibili deve essere una caratteristica dei corridori, non tutti sono fatti allo stesso modo, c’è chi soffre di più e chi, invece, riesce a focalizzarsi subito su un nuovo obiettivo.
«Questo è parte del mio lavoro – continua la dottoressa – riprogrammare è qualcosa che faccio insieme agli atleti. Il punto è che la psicologa ti può aiutare, ma fino ad un certo punto: la motivazione è qualcosa che viene da dentro, non può essere data dall’esterno. La motivazione è di due tipologie: intrinseca ed estrinseca. La prima è legata alla passione al piacere nel fare quella cosa per sé. La seconda, quella estrinseca, è legata a quelli che sono i secondi fini, quelli professionali, di conseguenza è una motivazione inferiore. Una cosa fondamentale è anche lavorare sulle cose che funzionano, e non solo sui nostri limiti. Fare qualcosa che ci riesce bene è fondamentale per non perdere il giusto feeling.
«Un altro aspetto da non sottovalutare – conclude Elisabetta – è il circolo del senso di colpa. La psicologia dice che se vuoi avere dei picchi devi ricercare le valli, non si può andare sempre al massimo. Si devono trovare dei momenti dove staccare e riposare. Il riscatto è un’arma a doppio taglio e molto affilata. Poniamo che un corridore abbia finito un Giro d’Italia corso sottotono, dentro di lui nascerà immediatamente una grande voglia di rivalsa. Ma se non ti concedi i giusti tempi di riposo, anche quando le cose vanno male, non recuperi più e la tua mente si stanca doppiamente. Il consiglio è creare un proprio zona di comfort, con persone di fiducia che possano fare da muro e filtrare quello che arriva».
Caldo estremo. I corridori vanno alla ricerca disperata di freddo. E di ghiaccio in particolare. Ne parliamo con Nino Daniele, medico della Trek-Segafredo
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L’e-commerce francese Probikeshop ha recentemente fatto visita a Santini, punto di riferimento nel mondo dell’abbigliamento dedicato al ciclismo. L’iniziativa fa parte del “Probike Tour Series”, un format creato dalla stessa Probikeshop per presentare le aziende con le quali collabora e i cui prodotti sono in vendita sul proprio e-commerce. La formula è semplice e nello stesso tempo efficace. Sono le stesse aziende a raccontarsi attraverso un video.
A guidarci nella visita alla sede di Santini troviamo ancora una volta Marie Pizzera, Field Marketing Coordinator Europe di Probikeshop. Ad accompagnarla Andrea Pellegrinelli dell’ufficio marketing di Santini.
Nello showroom fanno bella mostra di sé le maglie più importanti firmate da SantiniNello showroom fanno bella mostra di sé le maglie più importanti firmate da Santini
Si parte dalla storia
Il video che ci racconta Santini non poteva che partire dalla sua storia. Tutto è iniziato nel 1965 in un garage di Dalmine per mano di Pietro Santini, ancora oggi alla guida dell’azienda con il supporto fondamentale delle figlie Monica e Paola, rispettivamente Amministratore Delegato e Marketing Manager.
Una lunga storia iniziata con le prime maglie in lana fino ad arrivare alle maglie di oggi realizzate con tessuti innovativi ed ecologici. In mezzo tantissimi successi sportivi e soprattutto aziendali. Due su tutti meritano sicuramente di essere ricordati: il rapporto storico con l’UCI e il Tour de France. A partire da quest’anno Santini “veste” il vincitore della più importante corsa a tappe del mondo.
La maglia gialla, il fiore all’occhiello di SantiniLa maglia gialla, il fiore all’occhiello di Santini
Dal disegno al prodotto finito
Marie Pizzera e Andrea Pellegrinelli ci hanno guidato alla scoperta di tutti i passaggi che portano alla nascita di ogni singolo capo Santini. Si parte dal disegno, passando poi per la fase di stampa e al passaggio del disegno stesso sul tessuto. Successivamente si passa alla cucitura dei tessuti stampati e tagliati per dare vista al prodotto finale.
In Santini tengono tantissimo a che ogni prodotto sia perfetto. Assume così un aspetto fondamentale il controllo minuzioso di ogni singolo capo realizzato. Questa fase ancora oggi viene fatta manualmente. Chiude il processo produttivo la fase di imballaggio al termine della quale ogni singolo prodotto è pronto per essere venduto.
Le nuove collezioni
Nella visita realizzata da Probikeshop a casa Santini non poteva mancare lo showroom dell’azienda bergamasca. Si tratta di un ambiente elegante dove sono esposte le nuove collezioni e le divise speciali dei team con i quali Santini collabora. Fra questi spiccano la Trek-Segafredo e la nazionale di ciclismo australiana con la quale Santini collabora da anni, forte di un rapporto davvero speciale. All’interno dello showroom fanno inoltre bella mostra di sé alcune delle maglie che hanno fatto la storia del ciclismo: dai campionati del mondo, al Giro d’Italia, alla Vuelta di Spagna.
Urska Zigart apre una porticina sul mondo di Pogacar. L'inizio della loro storia. La vittoria al Tour del 2020. E le cose della vita che li hanno uniti
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In questi ultimi mesi abbiamo avuto modo di conoscere in maniera approfondita il marchio di integratori naturali Dinamo. Prima attraverso le parole dei fondatori Luca Spada e Tiziana Ardo. Grazie a loro abbiamo potuto conoscere quella che è la filosofia alla base del loro progetto, ben riassunta nello slogan: “Creiamo integratori con quello che la natura offre”. Successivamente ci siamo concentrati su una serie di approfondimenti redazionali. Abbiamo così presentato i prodotti che compongono l’intera offerta di integratori Dinamo e i benefici che ciascuno di essi è in grado di garantire.
Abbiamo avuto modo di vedere come ciascun prodotto Dinamo sia finalizzato a garantire benessere alle persone, in particolare a quanti praticano sport di endurance. Tutto questo viene raggiunto attraverso l’utilizzo di materie prime selezionate, studiando processi di lavorazione che mirano ad avere il minor impatto possibile sulle qualità degli ingredienti utilizzati.
I quattro gel by Dinamo a disposizione della Eolo KometaI quattro gel by Dinamo a disposizione della Eolo Kometa
L’importanza delle comunicazione
La filosofia alla base di Dinamo deve essere comunicata in maniera corretta ed efficace. Così si è deciso di affidare l’attività di comunicazione a LDL COMeta. Stiamo parlando di un’agenzia che da inizio anni 2000 ha coltivato una forte esperienza nella realizzazione di progetti di ufficio stampa nel mondo outdoor, e più recentemente di social media management. L’obiettivo dichiarato da Dinamo e LDL COMeta è quello di sostenere la crescita del brand nelle discipline sportive di resistenza. Allo stesso tempo si vogliono sviluppare progetti di engagement con il pubblico in target con la proposta Dinamo.
Luca Spada ha voluto così commentare la scelta di affidare la comunicazione Dinamo a LDLCOMeta: «Siamo un brand giovane, ma che ha un know-how importante nello sviluppo di prodotti, sia per l’articolato pianeta dello sport che più in generale per chi cerca il benessere del proprio stato di salute. Per posizionare il nostro brand nel comparto nazionale delle discipline endurance abbiamo scelto di affidarci all’esperienza ventennale di una struttura come LDL COMeta. L’agenzia è riconosciuta come un punto di riferimento nelle nostre aree target».
Da destra a sinistra: Basso, Spada (CEO di Eolo) e Contador pedalano insieme in maglia Eolo-Kometa Da destra a sinistra: Basso, Spada (CEO di Eolo) e Contador pedalano insieme in maglia Eolo-Kometa
DNA sportivo
Nella scelta da parte di Dinamo di affidare la propria comunicazione a LDLCOMeta un ruolo importante l’ha avuto il DNA sportivo che da sempre contraddistingue il gruppo di lavoro guidato da Carlo Brena, giornalista sportivo e fondatore dell’agenzia.
Molti dei ragazzi che lavorano all’interno di LDL COMeta sono infatti degli sportivi praticanti. Si tratta di un aspetto da non trascurare in quanto garanzia di condivisione delle passioni e delle aspettative di ciascun cliente.
Basata a Bergamo con un team di oltre quattordici persone, tra ufficio stampa e social media manager, LDLCOMeta accoglie DINAMO con grande entusiasmo. Ne è conferma la seguente dichiarazione rilasciata dallo stesso Carlo Brena.
«Una proposta che si integra perfettamente nel nostro bouquet di aziende – ha detto – brand, eventi e destinazioni che ruotano intorno al mondo outdoor e, più in particolare, degli sport di resistenza e questo conferma il successo della nostra scelta: da sempre vogliamo mantenere un focus in una comparto verticale come le discipline endurance che ci consentono di sviluppare sinergie tra i nostri partner».
Luca Spada e sua moglie Tiziana Ardo hanno visitato il Giro nel weekend fra Napoli e il BlockhausLuca Spada e sua moglie Tiziana Ardo hanno visitato il Giro nel weekend fra Napoli e il Blockhaus
Dal Giro a IBF
Ricordiamo che il debutto nel grande ciclismo da parte di Dinamo è avvenuto a maggio in occasione del Giro d’Italia, quando il marchio ha fatto la sua comparsa sulla maglia del team Eolo-Kometa (ricordiamo che Luca Spada è CEO di Eolo, ndr). L’incontro con il grande pubblico è avvenuto lo scorso fine settimana a Misano in occasione di Italian Bike Festival, dove l’azienda era presente con un proprio spazio espositivo.
Nella confusione del paddock di Misano Marittima dove si sta svolgendo l’Italian Bike Festival, spunta un volto conosciuto: è quello di Cadel Evans. L’ex corridore australiano è nello stand BMC, a testare bici gravel con il sorriso di sempre. Evans ha smesso di correre nel 2015 proprio con il BMC Racing Team ed è rimasto nel panorama del brand svizzero. L’occasione di avere davanti una personaggio del suo calibro è ghiotta e ne approfittiamo.
Cadel Evans in questi giorni si sta divertendo a pedalare con la bici Kaius, soggetto di un nostro recente testCadel Evans in questi giorni si sta divertendo a pedalare con la bici Kaius, soggetto di un nostro recente test
Cadel, che cosa stai facendo ora?
Continuo il mio lavoro di brand ambassador, questa all’Italian Bike Festival è una delle prime esperienze che faccio dopo la chiusura dovuta al Covid. Sono contento di ritrovare tante persone che conosco da molti anni, è bello essere qui senza mascherina (dice ridendo, ndr) fare delle prime prove di bici è divertente. Pedalo con vecchie conoscenze (dietro di lui passa proprio Alessandro Ballan, altro ambassador BMC, ndr).
Ti sei votato al gravel ora?
Mi piace moltissimo, da quando ho smesso di correre faccio solo quello. Ho unito la mia passione per il fuori strada e la fisionomia delle bici da corsa.
Ci sarà anche il mondiale ad ottobre…
Sì. Un gran bell’evento, peccato non essermi preparato prima per correre e provare a vincerlo (ci dice con un sorriso malizioso, ndr).
Dal 2023 tornerà la Cadel Evans Great Ocean Road Race, gara del calendario WT (foto sito ufficiale)Dal 2023 tornerà la Cadel Evans Great Ocean Road Race, gara del calendario WT (foto sito ufficiale)
Come ti trovi qui a Misano?
In 5 minuti sono entrato ed ho trovato 5 o 6 ex corridori professionisti. Anche mentre parcheggiavo la macchina, ho incrociato Bettini che mi ha consigliato un buon parcheggio (ride ancora, ndr). E’ incredibile perché ritrovo gente che conosco da quando correvo in mountain bike da junior, è divertente andare in queste fiere internazionali è trovare ancora le stesse persone. Ho tenuto un bel rapporto per fortuna!
Hai seguito ultimamente le gare?
Sì, seguo ancora molto. Certo, ora sono dalla parte dei tifosi, esco qualche volta con alcuni professionisti che abitano vicino a me. La mia corsa, la “Cadel Evans Great Ocean Road Race” ricomincia a gennaio del 2023 e stiamo lavorando sodo.
Hai visto il Tour de France?
Certo, è stato molto bello, direi entusiasmante. Si è visto un po’ di tutto: sfortuna, cadute, attacchi, il crollo di Pogacar, che sembrava essere Superman ed invece si è scoperto umano. E’ stato molto bello anche per il movimento del ciclismo. Vingegaard ha corso in maniera molto intelligente, calcolando tutti gli sforzi.
La bellezza dell’ultimo Tour de France non ha lasciato indifferente l’ex corridore australiano, vincitore della Grande Boucle nel 2011La bellezza dell’ultimo Tour non ha lasciato indifferente l’ex corridore australiano
La Jumbo Visma ha fatto un bel passo in avanti…
Negli anni scorsi ha investito molto ed ora tutto questo ha iniziato a pagare. E’ stato bello anche il momento della stretta di mano dopo la caduta di Pogacar tra lui e Jonas, una scena di ciclismo antico.
Sta andando fortissimo, è impressionante. Tutti pensavano che che potesse crollare l’ultima settimana, ma per il momento resiste ancora in maniera solida (ieri, tappa 19 la corsa era ancora in mano al belga, ndr). Anche nella tappa dove è arrivato dietro Meintjes, la numero nove, è stato impressionante. Roglic era in crescita, ma non è andato come ci si aspettava, poi ha avuto l’ennesima sfortuna. Non so se va al mondiale, ma con la gamba che ha direi proprio che ci sarà (esclama con un mezzo sorriso, ndr), io lo porterei.
La resistenza di Evenepoel ha sorpreso tutti, anche Evans, il belga arriverà con morale e condizione al mondiale australianoLa resistenza di Evenepoel ha sorpreso anche Evans, il belga arriverà con morale e condizione al mondiale
I mondiali saranno in Australia, a casa tua, bello, no?
Soprattutto per il ciclismo in Australia, visto che per due anni non abbiamo avuto corse internazionali a causa del Covid. Spero che per il ciclismo australiano possa essere un bel modo per ricominciare con continuità e che i corridori possano tornare nel mio Paese.
Andrai a vederlo?
Sì, sì. Partirò giovedì prossimo e sarò lì la settimana prima della corsa, come testimonial del mondiale. Penso che avrò un ruolo di riferimento per la stampa, vado con gran piacere a vederlo.
Hindley, australiano anche lui, ha vinto il Giro quest’anno…
Sembrava potesse vincerlo nel 2020, ma poi ha perso il primo posto a favore di Geoghegan Hart. Nel 2021 ha avuto un anno di sfortuna e difficoltà, ma ha sempre lavorato per migliorare e quest’anno ha preso la sua rivincita.
Jai Hindley, maglia rosa a Verona, è il quarto australiano a salire su un podio ad un Grande GiroO’Connor e Haig, al Tour, non sono riusciti a tenere lo stesso livello del connazionale Hindley è il quarto australiano a salire su un podio ad un Grande GiroO’Connor e Haig, al Tour, non sono riusciti a tenere lo stesso livello del connazionale
Anche la Bora è cresciuta tanto.
Hanno lavorato tanto ed investito altrettanto, adesso hanno cambiato modo di correre, passando da una squadra veloce ad una da salita. Si pensava che potesse ripartire, con convinzione, il movimento australiano, ma poi al Tour Haig e O’Connor hanno avuto qualche difficoltà.
Hai visto il percorso del mondiale?
Sulla carta, ma vorrei fare una ricognizione, è un anno che non vado a pedalare nella zona di Wollongong. Vederlo su una mappa è diverso, le strade in Australia sono larghe, quindi potrebbe uscire una corsa meno nervosa del previsto. Da quel che si legge molte nazionali stanno facendo una squadra vicina agli scalatori.
Il profilo del mondiale di Wollongong risulta impegnativo, ma la larghezza delle strade potrebbe aiutare a rendere la corsa meno nervosaLa larghezza delle strade potrebbe aiutare a rendere meno nervoso il mondiale di Wollongong
Lui è una bel punto di domanda, nel senso della forma. Se sta bene, vince in salita, sugli Champs Elysees, insomma, sembra invincibile.
Come saranno il pubblico e il clima di questo mondiale?
La voglia degli australiani di vedere questo mondiale è alta. Non abbiamo la tradizione ciclistica europea, ma siamo in grande attesa. Ora da noi si esce dall’inverno, penso che ci sarà un clima abbastanza mite, vedremo, manca sempre meno!
Nella strada che portava da Kielce a Cracovia, cioè per tutta la durata del Giro di Polonia di ben 1.209 chilometri, c’è stato un solo arrivo in salita. Nella tappa numero tre, sulle colline di Przemysl Sergio Higuita danza e si porta a casa tappa e maglia. Leadership persa poi nella cronometro di Rusinski per mano di Ethan Hayter. Un buon biglietto da visita per il colombiano, che ha iniziato la sua preparazione alla Vuelta Espana già dall’inverno.
«Abbiamo messo nel mirino la Vuelta già da novembre con Sergio – dice Gasparotto diesse della Bora Hansgrohe – l’idea ad inizio stagione era di switchare la squadra da velocisti a scalatori. Lo abbiamo fatto con successo al Giro, portando tre capitani, diventati poi quattro in corso d’opera. Non abbiamo portato nemmeno un velocista nei due Grandi Giri fatti fino ad ora. Inizialmente al Tour avremmo dovuto portare Bennet, ma la grande condizione di Vlasov (poi quinto finale a Parigi, ndr) ci ha convinto a puntare tutto su di lui».
Higuita ha iniziato la stagione vincendo il campionato nazionale su strada a febbraio Higuita ha iniziato la stagione vincendo il campionato nazionale su strada a febbraio
Annuncio a breve
La squadra per la Vuelta non è ancora stata annunciata dalla Bora, i giorni si contano sulle dita d’una mano. Tuttavia, seguendo il metodo di lavoro usato nelle corse a tappe precedenti, viene da pensare che la squadra sia disegnata tutta intorno allo scalatore colombiano.
«Non posso ancora dire nulla sulla squadra che ci sarà alla Vuelta – prosegue Gasparotto – ma che Higuita ci sarà è praticamente fuori discussione. D’altronde abbiamo messo il mirino su questa corsa già dall’inverno, Sergio è colombiano e noi dobbiamo considerare dei periodi nei quali lavora in Colombia e altri in cui è qui per correre. Avevamo già tre leader per il Giro e il Tour ci sembrava troppo impegnativo, così abbiamo mirato sulla Vuelta. Poi lui, ad inizio stagione, aveva espresso il desiderio di correre nelle Ardenne. Allora ci è sembrato naturale fare così. Anche perché se vuoi fare bene nelle Ardenne, è difficile poi fare altrettanto al Giro».
Higuita è andato forte anche al Catalunya, prima, e fino ad ora unica, corsa a tappe vinta in stagione Higuita è andato forte anche al Catalunya, prima, e fino ad ora unica, corsa a tappe vinta in stagione
Un percorso netto
Se si guarda alle corse fatte da Higuita, si vede un percorso netto, pulito. Condito da periodi di allenamenti intensi, per lo più svolti a casa sua (alcuni seguiti da un nostro inviato laggiù) ed altri di corse, dove ha ottenuto ottimi risultati.
«Da febbraio ad oggi – riprende Gasparotto – il percorso è stato netto, preciso. Ha iniziato con il campionato colombiano ed ha vinto, poi è andato alla Volta Algarve ed ha vinto una tappa. Poi ha riposato un paio di settimane ed è andato alle Strade Bianche (decimo, ndr) e dopo poco ha vinto il Catalunya. Ci sono stati dei piccoli problemi ad aprile ed è rientrato alle gare alla Liegi, suo obiettivo di inizio stagione e ha fatto quinto. A maggio ha lavorato tanto in Colombia e poi è tornato in Europa a correre il Giro di Svizzera e il Polonia. Dai nostri corridori ci aspettiamo il meglio, non posso dire che non mi sarei aspettato questo percorso da Higuita. La nostra squadra vuole eccellere e diamo tutto ai nostri ragazzi per farlo».
Il colombiano è stato vittima di una caduta nelle fasi finali della quarta tappa del PoloniaIl colombiano è stato vittima di una caduta nelle fasi finali della quarta tappa del Polonia
Le sue salite
Higuita, al termine della terza tappa del Tour de Pologne, ce lo aveva detto: «Queste sono le mie pendenze, qui mi trovo a mio agio, la salita si fa sempre più dura e serve forza per andare avanti».
«Vero – conferma Gasparotto – al Giro e alla Vuelta troverebbe le sue salite: lunghe ma con pendenze aspre. Al Tour le salite non sono così dure e non hanno grandi pendenze, quindi lui soffre questo rispetto agli altri. Ce l’ho in squadra solo da quest’anno, ma devo ammettere che Sergio è una delle persone più facili con cui lavorare. E’ molto “colombiano” nel modo di fare – dice ridendo – non si lamenta mai. Per lui c’è sempre una soluzione, non si preoccupa troppo delle cose. Vi faccio un esempio: eravamo al Giro di Svizzera e non gli è arrivata la valigia dalla Colombia, quindi non aveva tutto il materiale, non ha fatto una smorfia. Non è una di quelle persone che vede problemi anche dove non ci sono, penso sia un fatto culturale, che aiuta molto la squadra».
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