Campionati europei 2014, Guadalupe, Elia Viviani, Marco Villa

Villa e Viviani, 15 anni di successi riassunti in 8 minuti

02.11.2025
8 min
Salva

Villa e Viviani hanno reinventato la pista italiana a partire dal 2010 e l’hanno portata sul tetto del mondo. E oggi che il veronese ha appeso la bici al chiodo e il tecnico è stato spostato alla strada, si potrebbe pensare che il ciclo si sia concluso. Invece la loro eredità è viva più che mai. Villa è passato alla strada, ma pochi giorni fa ha guidato le ragazze all’oro del quartetto. E Viviani, che si sta godendo le vacanze in Colombia, sembra lanciato verso un ruolo di primo piano in nazionale. 

Chi meglio di Villa può dunque raccontare che cosa abbia significato Viviani per la pista azzurra? Per questo lo abbiamo… sequestrato per quasi un’ora fra racconti e aneddoti, che successivamente abbiamo dovuto asciugare per non tenere anche voi così a lungo davanti allo schermo (in apertura i due sono in Guadalupe per gli europei del 2014).

Quando è stata la prima volta che hai scoperto l’esistenza di Elia Viviani?

Correvo ancora e ricordo il nome di questo ragazzino che correva e vinceva facilmente nella sua categoria. Mi pare che ci siamo anche incrociati in una gara a Aigle, lui portato lassù da Chemello, il tecnico regionale, che me lo presentò. Dopo me lo sono ritrovato quando ero collaboratore di Colinelli e ho cominciato a conoscerlo. Aveva già le idee precise e la predisposizione a programmare, a mettere tutto in fila: appuntamenti, progetti, ambizioni.

Le Olimpiadi di Londra 2012 furono davvero un’avventura come la racconta lui?

Era un progetto in atto, Elia stava inseguendo la qualifica e l’aveva ottenuta. A Londra avevamo un box piccolissimo e i nostri orari di allenamento. Per cui facevamo la nostra parte e poi ci fermavamo a guardare come era organizzata l’Inghilterra, che aveva un box più grande, in cui David Brailsford comandava e dominava, dopo gli anni dell’Australia. E noi eravamo lì a guardarli tutti con un po’ di invidia, ma anche con la voglia di crescere. Sembravano irraggiungibili, qualcosa di inimitabile.

Campionati europei Apeldoorn 2011, Elia Viviani, Marco Villa
E’ il 2011, primo anno di Villa cittì della pista: eccolo con Viviani agli europei di Apeldoorn
Campionati europei Apeldoorn 2011, Elia Viviani, Marco Villa
E’ il 2011, primo anno di Villa cittì della pista: eccolo con Viviani agli europei di Apeldoorn
La pista azzurra era messa così male?

In quel momento arrivavano più i risultati nel femminile, che aveva un budget più alto. Io col maschile facevo fatica a chiedere soldi, perché non facevamo risultati. Per fortuna sono arrivati i primi sponsor. Pinarello ci ha fatto le bici aerodinamiche sull’onda del Record dell’Ora di Wiggins, che non avremmo mai potuto comprare. Avevamo Viviani, Bertazzo, Scartezzini, Consonni, ai tempi c’era Buttazzoni. Un gruppo di ragazzi promettenti, che avevano delle doti. Però andavamo alle Coppe del mondo ed eravamo indietro con tutto, anche nella metodologia.

Era tutto da costruire?

Sono partito copiando gli altri, nessuno mi ha spiegato come dovessimo fare. Passavo più tempo in pista che in hotel, perché dopo l’allenamento mi fermavo a guardare gli altri, che tipo di lavori facessero. Giravo nei box a studiare i materiali, facevo le foto col telefonino per capire qualche aspetto tecnico da chiedere ai nostri partner.

A Londra 2012, Viviani ha 23 anni: corre su strada ed è sesto nell’omnium in pista
A Londra 2012, Viviani ha 23 anni: corre su strada ed è sesto nell’omnium in pista
Qual è stato il ruolo di Viviani in questa fase?

Abbiamo iniziato assieme. Io facevo le mie cose e lui mi dava i suoi feedback. Veniva in pista anche se doveva allenarsi e correre su strada e per questo è stato un esempio. Gli altri lo vedevano fare quel che gli chiedevo e poi vincere su strada e si sentivano più sicuri nel rispondere alle convocazioni e chiedere di andare in Coppa del mondo. C’erano squadre che dicevano di no e loro rispondevano che se lo faceva Viviani e poi vinceva su strada, probabilmente avrebbe fatto bene anche a loro. In questo Elia è stato preziosissimo.

Nella Liquigas in cui correva, il team manager era Amadio che ora ricopre lo stesso ruolo in nazionale…

Alla pista credeva più Amadio dei suoi direttori sportivi. Una volta mi ritrovai in un pranzo organizzato da Lombardi con Paolo Zani, che era il proprietario della squadra. Per i primi dieci minuti, mi mise al muro: «Quindi cosa volete voi della Federazione? Sapete che Viviani lo paghiamo noi?». Allora cominciai a dirgli che il giovedì era venuto in pista e poi la domenica aveva vinto su strada. «Non voglio il merito – gli dissi – però non mi dica che gli ha fatto male. E nel frattempo ha fatto secondo al mondiale nello scratch». Alla fine sono riuscito ad ammorbidire anche una persona di grande temperamento come Zani. Ma devo dire che senza i risultati di Elia, nessuno avrebbe capito che la cosa poteva funzionare.

Coppa Bernocchi 2014, Elia Viviani, Filippo Pozzato
Viviani vince su pista e vince su strada: qui alla Bernocchi del 2014
Coppa Bernocchi 2014, Elia Viviani, Filippo Pozzato
Viviani vince su pista e vince su strada: qui alla Bernocchi del 2014
La multidisciplina che funziona…

Che ha reso grandi Van der Poel e Van Aert con il cross e ha reso Viviani il miglior corridore italiano su strada negli anni che preparava le Olimpiadi di Rio e in quelli subito dopo. Non è stato per caso, come non è un caso che Ganna sia uno dei migliori su strada e a crono. E non è un caso che Milan oggi sia uno dei migliori su strada e anche lui viene dalla pista.

Rio 2016 e arriva l’oro di Viviani nell’omnium.

Sapevamo che stava bene, però anche a Londra si era presentato primo all’ultima prova, anche se l’omnium aveva una disposizione diversa e l’ultima prova era il chilometro, che girò tutte le carte. E alla fine da primi che eravamo, ci ritrovammo sesti. Anche a Rio eravamo davanti nell’ultima prova, così quando Elia cadde, mi parve di rivivere la maledizione di Londra. Invece lui ha reagito subito, ha vinto un paio di volate e si è portato in testa. Alla penultima volata aveva la vittoria in tasca e ci siamo goduti gli ultimi dieci giri. Io gli dicevo di stare tranquillo, bastava che non cadesse. E lui mi guardava come per dire: sono in controllo e mi sto godendo gli ultimi giri.

Avete mai litigato?

Abbiamo sempre parlato apertamente, abbiamo sempre avuto le idee quasi uguali e l’idea di lavorare nella stessa direzione. Probabilmente ha sempre seguito quello che gli dicevo perché era in sintonia e si fidava. Litigato mai, solo ai mondiali di Londra prima di Rio, nell’ultima volata sembrò che Cavendish e Gaviria gli avessero fatto il biscotto. Scese di bici, sparì e non l’ho visto per tre ore. Per fortuna c’era Elena (Cecchini, sua moglie, ndr), che è stata per tutto il tempo con lui.

Che cosa era andato a fare?

E’ sparito, è andato giù nei box e poi quando l’ho rivisto mi ha detto. «Ma io a Rio che cosa ci vado a fare se non sono capace di vincere?». Gli risposi che a Rio ci sarebbe venuto e avrebbe corso per vincere. In quel momento una grossa mano la diede ancora Elena. Elia ha sempre avuto attorno le persone giuste, che ha voluto lui per primo. Elena, Lombardi, forse anche io. E vi assicuro che sa scegliere benissimo le persone di cui contornarsi.

Campionati del mondo pista 2016, Londra, Elia Viviani, Fernando Gaviria
Ai mondiali pista del 2016 a Londra, la rivalità tra viviani e Gaviria esplose fortissima
Campionati del mondo pista 2016, Londra, Elia Viviani, Fernando Gaviria
Ai mondiali pista del 2016 a Londra, la rivalità tra viviani e Gaviria esplose fortissima
Pensavi che sarebbe arrivato in Cile con la possibilità di vincere?

Se parliamo di eliminazione e lui ha la gamba, può vincere contro chiunque, perché ha acquisito una tecnica che pochi hanno. Mi sarebbe dispiaciuto se si fosse ritirato, come volevano che facesse quando non trovava la squadra. Invece Elia mi ha sempre detto che avrebbe smesso quando l’avesse deciso lui. E quando ha trovato la Lotto, sin da gennaio ha detto che avrebbe chiuso dopo i mondiali del Cile, provando a vincere un’ultima volta. E’ quello che ho ricordato l’altro giorno quando l’ho visto vincere: un anno fa mi ha detto così e alla fine ce l’ha fatta. Ha dimostrato di saper vincere ancora su strada e ha chiuso con una maglia iridata su pista.

A Tokyo venne l’oro del quartetto: quel è stato il ruolo di Viviani in quel caso?

E’ stato presentissimo e da campione olimpico ha cercato di portare il suo carisma. Di quel quartetto Elia era la riserva e quando capì che pensavo di farlo correre in finale, si è messo di traverso. «Marco – mi ha detto – se vuoi vincere l’oro, devi andare avanti con questi quattro. Non pensare minimamente di mettermi dentro perché mi sono allenato con loro, non mi interessa la medaglia. Mi piacerebbe partecipare, ma il quartetto che può vincere è quello che ci ha portato in finale e ha fatto il record del mondo. Battere la Danimarca sarà difficile, ma i quattro più forti sono loro». Aveva ragione e comunque dopo qualche giorno si è preso anche lui la medaglia di bronzo nell’omnium.

Olimpiadi di Rio 2016, quartetto azzurro in allenamento: Elia Viviani, Omar Bertazzo, Jonathan Milan, Filippo Ganna
A Tokyo 2021, Viviani è riserva del quartetto come Bertazzo: è Elia a chiedere a Villa di far correre i 4 che conquisteranno l’oro
Olimpiadi di Rio 2016, quartetto azzurro in allenamento: Elia Viviani, Omar Bertazzo, Jonathan Milan, Filippo Ganna
A Tokyo 2021, Viviani è riserva del quartetto come Bertazzo: è Elia a chiedere a Villa di far correre i 4 che conquisteranno l’oro
Abbiamo sintetizzato 15 anni di vita insieme in 8 minuti, sarà strano andare a Montichiari e non vedere più Elia Viviani?

Sono sicuro che qualunque incarico avrà, la telefonata me la farà sempre. Anche nel mio ruolo di tecnico della strada, ogni dieci giorni mi chiamava e mi chiedeva come fossi messo e se avessi avuto le risposte che aspettavo. Ci siamo confrontati e mi è sempre stato vicino. Vi confesso che in una tappa della Vuelta non riuscivo a parlare con un corridore e gli ho chiesto di andarci a scambiare due parole per capire come stesse. Mi ha dato una mano anche lì.

Non ci sono figli e figliastri, ma si può dire che Viviani sia stato l’azzurro con cui hai legato di più?

Non si tratta di avere preferenze. Anche perché se doveste chiedere a Ganna la stessa cosa, vi direbbe che anche lui con Elia si confida come se fosse un suo tecnico. E così gli altri. Gli hanno riconosciuto il ruolo che merita e che lui si è costruito negli anni con la sua coerenza, semplicemente essendo… Elia Viviani.

Il bilancio di Santiago, Salvoldi ora vede la luce

Il bilancio di Santiago, Salvoldi ora vede la luce

01.11.2025
6 min
Salva

E’ passato qualche giorno dai mondiali su pista di Santiago e le emozioni, forti, lasciano il posto a quella che deve essere una disamina obbiettiva della situazione da cui l’Italia è uscita dal consesso iridato. Ci sono tanti motivi per sorridere ma anche altri per riflettere, perché la concorrenza estera è sempre più forte e se si ragiona in termini olimpici è chiaro che c’è tanto da fare, come il cittì Dino Salvoldi sa bene.

Il quartetto azzurro a Santiago ha mancato la finale per il bronzo per soli 3 decimi di secondo
Il quartetto azzurro a Santiago ha mancato la finale per il bronzo per soli 3 decimi di secondo
Il quartetto azzurro a Santiago ha mancato la finale per il bronzo per soli 3 decimi di secondo
Il quartetto azzurro a Santiago ha mancato la finale per il bronzo per soli 3 decimi di secondo

Nel suo giudizio sulla trasferta cilena, Salvoldi ha un occhio positivo ma alquanto disincantato: «Sono soddisfatto in relazione alle aspettative che avevamo prima di partire. Soprattutto non credevo che saremmo tornati anche con qualche rammarico, perché pensavo onestamente di essere più lontano, rispetto alla preparazione che avevamo fatto. A parte qualche gara dove non siamo andati bene, ho avuto la percezione che la distanza non sia così ampia come temevo, ora che siamo all’inizio del cammino olimpico. Quindi un po’ di rammarico c’è per qualche risultato che alla fine poteva essere perfino migliore di quello che si è poi concretizzato e mi riferisco soprattutto al quartetto».

E’ un segnale importante per la prossima stagione perché significa partire da un po’ più avanti rispetto a quello che pensavi…

Questo mi fa essere ottimista, ma sarà vero se riusciremo a mettere in pratica i passi che mi sono ripromesso per aggiungere quel che serve per essere competitivi. Considerando che il nostro è un gruppo molto giovane e che c’è bisogno di una certa continuità negli allenamenti. Questo periodo sarà importante per me per prendere contatti con le squadre e stabilire tempi e modalità per gli atleti d’interesse nazionale, ma molto dipenderà dalle qualificazioni olimpiche.

Renato Favero ha corso inseguimento a squadre e individuale. Un'esperienza davvero importante per lui
Renato Favero ha corso inseguimento a squadre e individuale. Un’esperienza davvero importante per lui
Renato Favero ha corso inseguimento a squadre e individuale. Un'esperienza davvero importante per lui
Renato Favero ha corso inseguimento a squadre e individuale. Un’esperienza davvero importante per lui
Quando avrai un quadro più preciso?

A dicembre dovrebbero essere comunicate le modalità di qualificazione, insieme ai percorsi delle gare su strada e quindi ci orienteremo di conseguenza. E’ chiaro che molto dipende anche dalla volontà individuale di far parte di un progetto, di avere degli obiettivi.

In questo senso quanto è stato importante secondo te per i ragazzi aver vissuto direttamente con i propri occhi l’ultima parte dell’epopea di Viviani?

I ragazzi e io – risponde Salvoldi – abbiamo vissuto non solo il mondiale ma anche l’ultimo mese di preparazione e quindi la sua professionalità e applicazione negli allenamenti. Averlo con noi durante il nostro periodo di preparazione, il fatto di allenarsi insieme sicuramente ha offerto degli stimoli e delle prospettive per ragazzi che vedono quel livello ancora lontano, ma realizzabile. Ma questo discorso lo estendo anche a Ganna e a Consonni che sapevo non ci sarebbero stati a questi mondiali, ma sono venuti a Montichiari, quando hanno potuto, a fare allenamento insieme ai ragazzi.

Per Stella uno scratch deludente, ma nella madison si è ben distinto, al di là dell'11° posto finale
Per Stella uno scratch deludente, ma nella madison si è ben distinto e a Salvoldi è piaciuto
Per Stella uno scratch deludente, ma nella madison si è ben distinto, al di là dell'11° posto finale
Per Stella uno scratch deludente, ma nella madison si è ben distinto e a Salvoldi è piaciuto
Temi che ci sia su di te un po’ di pressione in più, relativamente al discorso degli olimpionici?

E’ stato il mio primo mondiale negli Elite, per me ogni opportunità è uno stimolo, non mi mette pressione né paura. Con loro c’è un discorso da costruire passo dopo passo nel corso dei prossimi due anni ed è fortemente legato alla definizione del sistema di qualificazione olimpica. Dopo dicembre avremo le idee più chiare e potremo ragionare, definire con più chiarezza quella che potrebbe essere la programmazione.

Potrebbero esserci anche loro?

Tutto nasce dalla volontà individuale di esserci. Calendario, accordi con le squadre, se c’è la volontà da parte del corridore diventano tutti aspetti successivi, se non secondari. E per quelli che sono i feedback che ho io in questo momento mi sento piuttosto ottimista sulla volontà da parte di tutti di poter disporre del gruppo migliore.

Sierra ha fatto sognare nell'omnium, con il terzo posto nello scratch. Gli manca ancora esperienza e tenuta
Sierra ha fatto sognare nell’omnium, con il terzo posto nello scratch. Gli mancano ancora esperienza e tenuta
Sierra ha fatto sognare nell'omnium, con il terzo posto nello scratch. Gli manca ancora esperienza e tenuta
Sierra ha fatto sognare nell’omnium, con il terzo posto nello scratch. Gli mancano ancora esperienza e tenuta
Dall’altra parte c’è però il pericolo che si guardi sempre ai grandi e non ai giovani…

Su questo voglio essere chiaro. I risultati potranno venire da chi ha già dato tanto, ma ha ancora fame, e da chi si deve ancora esprimere, affermare, e non sa quali margini possa avere. Non saranno gli stessi per tutti, non avremo a breve altri 5 o 6 Ganna o Viviani, ma un paio di ragazzi che potranno emergere o esplodere io dico che li avremo.

Vedendo le prove dell’omnium e della madison, Sierra e Stella hanno fatto vedere a tratti delle cose molto belle. Il risultato finale secondo te è stato dettato dalla mancanza di esperienza o dalla mancanza di resistenza viste le caratteristiche delle due prove?

Aggiungerei a questi due fattori un terzo – ribatte Salvoldi – la prudenza, dettata da me. Stella è un 2006, junior fino allo scorso anno, Sierra un 2005 che non aveva mai fatto un omnium di livello internazionale così alto. Insieme hanno affrontato un’americana di 50 chilometri con coppie affermate. Un piazzamento migliore poteva essere nelle loro gambe, ma è stato limitato dalla prudenza soprattutto nella prima parte di gara perché non c’erano riferimenti sulla loro tenuta. Nell’omnium e nella madison anch’io sono stato molto contento di come si sono espressi. Nel dopo gara, infatti, sono stati avvicinati da parecchi campioni e corridori più esperti che gli hanno fatto i complimenti per il loro atteggiamento in gara.

Joshua Tarling è stato uno dei grandi nomi presenti in Cile, oro nella corsa a punti e argento nella madison
Joshua Tarling è stato uno dei grandi nomi presenti in Cile, oro nella corsa a punti e argento nella madison
Joshua Tarling è stato uno dei grandi nomi presenti in Cile, oro nella corsa a punti e argento nella madison
Joshua Tarling è stato uno dei grandi nomi presenti in Cile, oro nella corsa a punti e argento nella madison
Guardando le altre nazioni, è andato tutto come ti aspettavi?

Ci sono state squadre che si sono presentate con tutti i titolari, ad esempio la Danimarca o l’Olanda stessa. Altre che hanno portato metà squadra o più del 50 per cento dei principali atleti, noi siamo quelli che hanno fatto più cambiamenti. Se penso soprattutto al quartetto identificandolo come riferimento di squadra. Ci sono state nazioni che hanno schierato individualità giovani come abbiamo fatto noi, ma erano comunque atleti già conosciuti di una generazione più avanti alla nostra, cioè parlo di atleti dai 24 anni in su, i nostri erano ventenni. Questa è stata la differenza sostanziale che mi fa essere ottimista, pur sapendo che nell’immediato, almeno nei prossimi due anni, fare risultato serve.

Campionati del mondo Kigali 2025, Fred Morini con il golrilla mascotte dell'evento e simbolo del Rwanda

Cile, l’ultima danza azzurra di Fred Morini. Sarà vero?

30.10.2025
6 min
Salva

Morini è ripartito dal Cile senza poter vedere il mondiale di Viviani. Col veronese è rimasto Marco Bertini, mentre Fred è ripartito con il gruppo dei più giovani. La vittoria l’hanno vista insieme durante lo scalo di Parigi, ma ovviamente non è stato come seguirla dal centro della pista. Bertini è legato a Viviani da più anni, nessun problema per Fred nell’accontentare il collega.

Quando ci parlammo alla fine dei mondiali di Kigali (in apertura con la mascotte dell’evento), Morini ci confidò che quelli su pista sarebbero stati gli ultimi. Perciò, ora che la trasferta cilena è finita, abbiamo pensato di verificare se rimarrà saldo nel proposito. Quelli di Santiago del Cile sono stati davvero gli ultimi mondiali per l’umbro che fu professionista per due stagioni e dovette ritirarsi per un grave incidente alla schiena conseguenza di una caduta in allenamento?

«Potrebbe essere – dice, sorride e già un po’ tentenna – anche se in queste ore abbiamo iniziato a parlarne. La mia attività si è ampliata e un po’ di presenza in più a casa è necessaria, anche per i figli. Le giornate diventano sempre tante. Ti aggiungono un ritiro oppure una gara. Nell’ultimo periodo ho fatto il mondiale in Africa e poi sono andato in Cile. Mi avevano chiesto di fare due ritiri in più prima del Cile, ma ho detto che non ce la facevo».

Sul podio iridato del quartetto femminile a Santiago: Morini è sulla destra
Sul podio iridato del quartetto femminile a Santiago: Morini è il secondo da destra, accanto c’è Marco Bertini
Sul podio iridato del quartetto femminile a Santiago: Morini è sulla destra
Sul podio iridato del quartetto femminile a Santiago: Morini è il primo da destra
Che cosa ti ha dato finora tutto questo azzurro?

Sono molto sincero, mi ha ridato tanto di quello che mi è mancato negli anni da atleta. Ho dovuto smettere presto e vivere certe emozioni mi ha fatto pareggiare qualche conto. Non perché io avrei vinto i mondiali o le classiche, però mi sarebbe piaciuto essere in una squadra che le vinceva. Non è stato possibile, ma in questo senso la nazionale sicuramente mi ha restituito tanto. Mi ha dato anche un po’ di visibilità, devo essere grato al ciclismo anche per questo. In più mi ha dato anche quelli che potrei definire i buoni valori che proviamo a trasmettere ai più giovani.

Di cosa stai parlando?

Le nuove generazioni arrivano, hanno più pretese e meno attenzioni, ricevono meno gesti educativi. Una volta nelle squadre c’era più severità. Nella nazionale di Fusi, finivi di pranzare e dovevi rimettere la sedia sotto il tavolo. Non potevi prendere la forchetta fino a che non fossero tutti a tavola. Non avresti mai mangiato con il berretto in testa, invece oggi arrivano con le cuffie, parlano, ascoltano musica e pranzano con il compagno accanto.

Si riesce a far passare messaggi di questo tipo?

Sì, con le dovute maniere. Dico la verità, alla fine i ragazzi che vengono hanno tutti una forma di rispetto, chi più chi meno, verso la maglia azzurra e l’ambiente della nazionale. Se glielo dici non rimangono male e non rispondono in forma maleducata, assolutamente. La nazionale riesce ancora a preservare tutto questo.

La vittoria del quartetto a Tokyo 2021 è stata per Morini l’emozione più grande
La vittoria del quartetto a Tokyo 2021 è stata per Morini l’emozione più grande
Quali delle tante trasferte di hanno lasciato di più?

Mi sono piaciute tutte, almeno come valore assoluto. Sicuramente le Olimpiadi di Tokyo con l’oro del quartetto mi hanno dato le emozioni più grandi, il piacere, la goduria massima, passatemi la parola.

Che cosa si prova a essere lì nel mezzo mentre loro fanno l’impresa?

La vivi da tifoso privilegiato. E poi vedere l’atleta che dopo la vittoria viene e ti dà una pacca sulla spalla ti fa capire che il tuo lavoro viene riconosciuto. Ti ripaga. Sapete qual è una cosa molto bella? Il fatto che anche poco prima di partire, mi è successo con la Guazzini prima che vincessero il quartetto, vengono e ti chiedono se hai dieci minuti per fare un controllo. Sono loro ti cercano e questo ti fa star bene, perché senti che sei utile. Magari quello che fai non cambia nulla nel loro fisico, perché sono già pronti e allenati per vincere, però è bello il fatto che ti cerchino. E’ successo alle Olimpiadi con Ganna, Milan e Consonni. E’ successo all’ultimo mondiale, prima della finale della madison. Probabilmente è un supporto mentale in più e in quel frangente diventi un vero compagno di squadra.

Di cosa si parla quando sono sul lettino?

Di numeri. I giovani sono poco appassionati del ciclismo, a meno che non si parli di Pogacar. Della storia e dei grandi nomi gli interessa fino a un certo punto, mentre io mi informavo sui corridori degli anni 70 e 80. Quello che accomuna tutti quanti sono i numeri. «Ho fatto la Tre Giorni di La Panne, vedevo 450 watt e stavo lì. Stavo bene, però sapevo che dovevo stare in quel range». E se gli dici che avrebbero potuto provare ad andare via, ti rispondono di no, che altrimenti non avrebbero forze per il finale. Si basano sui numeri, questo è il ciclismo attuale.

Viviani è arrivato in Cile per vincere l'eliminazione: ha curato tutto al meglio
Viviani è arrivato in Cile per vincere l’eliminazione: ha curato tutto al meglio
Viviani è arrivato in Cile per vincere l'eliminazione: ha curato tutto al meglio
Viviani è arrivato in Cile per vincere l’eliminazione: ha curato tutto al meglio
Con Ganna, Milan e gli altri è lo stesso?

No, con Ganna si parla anche di altro. Con Pippo, Milan e Consonni si parla anche di vita personale. Si parla sì di ciclismo, ma anche di altre cose. Sono ancora giovani, ma non più giovanissimi nell’ambiente del ciclismo. Chiedono come va il lavoro. Chiedono se mi manchi la vita del corridore. Vedono che quando sono con loro, sto bene. Parliamo di tutto, mi hanno chiesto se ho già aperto il nuovo centro. Invece ci sono ragazzi più giovani che potrebbero mettersi sul lettino con la cuffia e farsi massaggiare senza dire una parola.

E’ giusto dire che la nazionale, almeno per i più grandi, sia come una famiglia?

Sì! Abbiamo un bellissimo gruppo Whatsapp in cui noi come staff rispondiamo di tanto in tanto, ma siamo tutti coinvolti. E’ nato prima di Tokyo ed è iperattivo.

Quindi capisci che Viviani abbia voluto chiudere in pista e non si sia fermato al Giro del Veneto?

Lui voleva fare l’ultimo mondiale e poi è capitata questa data. Se fosse stato a settembre, l’avrebbe comunque fatto e poi avrebbe concluso. Voleva lasciare un segno al mondiale su pista e ce l’ha fatto capire dal primo giorno che eravamo in Cile. Appena siamo arrivati, ha detto che avrebbe voluto lasciare il segno, che stava bene e aveva fatto l’impossibile per arrivarci al meglio. Non era laggiù per i saluti, ha fatto di tutto per vincere.

Sul palco del concerto di Jovanotti ai Laghi di Fusine, che anche Morini ha raggiunto pedalando (@nobordersmusicfestival)
Sul palco del concerto di Jovanotti ai Laghi di Fusine, che anche Morini ha raggiunto pedalando (@nobordersmusicfestival)
Sul palco del concerto di Jovanotti ai Laghi di Fusine, che anche Morini ha raggiunto pedalando (@nobordersmusicfestival)
Sul palco del concerto di Jovanotti ai Laghi di Fusine, che anche Morini ha raggiunto pedalando (@nobordersmusicfestival)
Ad esempio?

Ha chiesto di essere trattato nei momenti in cui doveva essere trattato. «Domani mattina no, perché devo uscire e fare quel tipo di lavoro. Meglio di pomeriggio». Gli chiedevamo se venisse al velodromo per vedere i ragazzi e più di una volta ha risposto che li avrebbe seguiti dalla camera, perché voleva fare un po’ di lavoro sul suo corpo. E’ andato per vincere. Può essere facile dirlo ora, però era come se fosse già sicuro che ci sarebbe riuscito.

Lo sai che non smetterai nemmeno questa volta, vero?

Mi mancherebbe se dovessi chiudere del tutto, per questo dico che smetterò con l’impegno che ho dato fino ad ora. Magari qualche giornata potrò farla, però già dico di no agli europei del prossimo anno, il mondiale vedremo, una Coppa del mondo per farla, però tutto l’impegno che ho avuto finora non ci sarà più. A casa ho tanto da fare, ho fatto un ampliamento importante del lavoro e devo seguirlo.

E poi comunque con Jovanotti ti sei trovato un altro atleta importante da seguire…

E’ un campione anche lui. E’ un campione nella maniera più vera, perché è attento a tutto. Adesso che ho cominciato a seguirlo un po’ di più, lo sento con una continuità incredibile, quasi tutti i giorni. I lavori, gli esercizi da fare. Ci vediamo, pianifichiamo, proviamo. E’ un grande professionista e la bici ha anche un’influenza incredibilmente positiva su di lui. La vive come passione, ma sa anche che i suoi concerti sono delle vere prestazioni atletiche e la bici è il modo migliore per prepararli. Prima lavorava con Fabrizio Borra e un giorno mi ha detto: «Guarda, c’erano anche altri, ma io sento anche sulle tue mani quello che sentivo con il coach». Perché lui lo chiamava così. E credo che detto da lui, sia davvero un bel complimento.

Campionati del mondo pista, Santiago del Cile 2025, abbraccio fra Elia Viviani e Cordiano Dagnoni

EDITORIALE / L’oro di Viviani, la gioia FCI e una sfida per Pella

27.10.2025
4 min
Salva

Se ci fosse stata ancora la Liquigas, lo avrebbero portato certamente al Giro e probabilmente alla Vuelta, dovendo preparare i mondiali della pista. Così Elia Viviani non sarebbe stato costretto a penare per trovare un contratto a febbraio per dimostrare di essere ancora un fior di campione. A quelli che dicono che una WorldTour italiana non farebbe la differenza, rispondiamo che in effetti sarebbe meglio averne due. E poi rilanciamo con l’esempio dell’atleta di Verona, che ieri a Santiago del Cile ha chiuso la carriera vincendo il campionato del mondo dell’eliminazione (in apertura l’abbraccio con il presidente federale Dagnoni).

Per inseguire i suoi obiettivi su pista, Viviani ha prima scelto la Ineos che però l’ha messo ai margini della sua attività su strada. Poi, quando la squadra britannica ha deciso di averne avuto abbastanza, ha dovuto convincere la Lotto che ne valesse la pena e immancabilmente ha avuto ragione. Magari, se ci fosse stata ancora la Liquigas e il suo percorso fosse stato meno sofferto, Elia avrebbe trovato la voglia di fare un anno in più.

Così, annotando la legittima soddisfazione degli ambienti federali che la pista l’hanno voluta da quando nel 2011 proposero a Marco Villa di farne un vanto nazionale e nel momento in cui Viviani si accinge a entrare nei quadri azzurri, lanciamo un guanto di sfida al presidente della Lega Roberto Pella.

Viviani è passato nel 2010 alla Liquigas. Nel 2012 preparò le Olimpiadi di Londra correndo per il team di Amadio e Dal Lago
Viviani è passato nel 2010 alla Liquigas. Nel 2012 preparò le Olimpiadi di Londra correndo per il team di Amadio e Dal Lago

Riaprire le porte

La Coppa Italia delle Regioni si accinge a celebrare le premiazioni del primo anno di vita. Sono nate corse, alcune sono state salvate dal rischio di chiudere, altre verranno. Offrire la possibilità alle nostre tre professional di correre in Italia e fare punti, aprire le porte alle continental serve solo marginalmente, se i loro budget restano così risicati. Forse è arrivato il momento di alzare l’asticella e usare gli agganci che soltanto Pella in teoria può vantare.

Ci eravamo tutti convinti che Davide Cassani fosse il solo ad avere i contatti per far nascere una grande squadra, ma il tentativo si è fermato ancor prima di nascere. Si è sempre detto che per smuovere l’interesse di certi sponsor, grandissime aziende in alcuni casi controllate dallo Stato, serva l’intervento della politica: vogliamo vedere se è vero?

E’ questa la sfida che proponiamo al presidente Pella: proviamo a riportare il grande ciclismo in Italia. Non organizzando corse, che promuovono l’attività, ma non servono ad elevarne il contenuto tecnico. Bensì creando le basi perché nasca nuovamente una squadra capace di prendere il meglio del ciclismo italiano e valorizzarlo. Magari anche creando le condizioni perché i ciclisti italiani tornino in Italia e non affollino le salite di Monaco, Lugano, Andorra e San Marino.

Roberto Pella, parlamentare di Forza Italia, è presidente della Lega Ciclismo Professionistico
Roberto Pella, parlamentare di Forza Italia, è presidente della Lega Ciclismo Professionistico

La tutela dei talenti

I migliori trenta under 23 azzurri militano in devo team stranieri. Alcuni riescono a passare nel WorldTour, altri devono reinventarsi una vita o tentare l’impossibile per cercare un contratto. Viene da fare l’esempio di due atleti della Bahrain Development, che tre anni fa venivano indicati come elementi di sicuro avvenire: Marco Andreaus e Bryan Olivo. Entrambi diventano elite, entrambi hanno avuto problemi fisici che gli hanno impedito di fare una bella stagione ed entrambi sono senza squadra per il prossimo anno. Se ci fosse stata una WorldTour italiana, possiamo pensare che li avrebbero aspettati, anziché metterli alla porta per liberare spazio per altri due ragazzini.

Avere un onorevole alla guida della Lega del Ciclismo Professionistico deve essere un’opportunità da sfruttare. Da parte sua, il presidente Pella si trova davanti alla possibilità di fare davvero la differenza. La capacità di reperire risorse per rilanciare il calendario nazionale le ha dimostrate, ma il ciclismo italiano ha bisogno di altro. La Federazione ha le sue gatte da pelare, ma i talenti in un modo o nell’altro vengono fuori. Vederli disperdersi nel mondo senza la certezza che siano seguiti come meritano sta diventando insopportabile. Serve una WorldTour italiana, meglio due.

A chi dice di no suggeriamo di andarsi a guardare l’elenco dei partenti del Tour di 20 anni fa, quando c’erano al via quattro squadre italiane dell’allora ProTour che schierarono 18 italiani, che assieme ai 9 che correvano nelle altre squadre, portarono il contingente dei nostri in Francia a quota 27. Lo scorso luglio erano appena 11.

Campionati dle mondo pista, Santiago del Cile 2025, Elia Viviani

Gigante Viviani, oro mondiale all’ultima gara. Fatta la storia

26.10.2025
4 min
Salva

Santiago del Cile è diventato provincia d’Italia. Prima con l’oro del quartetto femminile e poi con l’esultanza di quelle stesse ragazze alla balaustra per celebrare il terzo oro nell’eliminazione di Elia Viviani allultima corsa. Le braccia incrociate per significare che il dado è tratto mentre girava in pista hanno dato l’esatta dimensione di una vittoria che ricorda quella di Cancellara nella crono di Rio 2016. Elia Viviani voleva chiudere con una medaglia in pista e porterà a casa un’altra maglia iridata, il modo più bello per dire basta e andarsene senza rimpiangere di non averci provato per l’ultima volta.

«L’anno scorso – racconta – quando ancora cercavo squadra a febbraio, era questo che intendevo. Volevo dimostrare di essere ancora al livello di poter vincere su strada e l’ho fatto. Essere in un Grande Giro e comportarmi bene, come ho fatto alla Vuelta. Chiudere la mia carriera con un mondiale, con una maglia iridata addosso, è qualcosa di fantastico. Mi ritiro dal top, è quello che volevo e che speravo. Quindi sì, possiamo davvero dire che questo è il finale perfetto».

Il gesto dlle braccia incrociate è la conferma che il viaggio si ferma qui, ma con l'oro al collo
Il gesto delle braccia incrociate è la conferma che il viaggio si ferma qui, ma con l’oro al collo
Il gesto dlle braccia incrociate è la conferma che il viaggio si ferma qui, ma con l'oro al collo
Il gesto delle braccia incrociate è la conferma che il viaggio si ferma qui, ma con l’oro al collo

Nervoso prima del via

Ha corso da campione, ammettendo di aver conosciuto prima del via un insolito nervosismo. Poi in gara tutto ha funzionato come doveva e lo sprint finale non ha avuto storia, al punto da potersi rialzare ben prima della riga, indicando l’avvicinamento alla vittoria. Con Elia è esplosa la gioia di tutto il parterre azzurro. Anzi, è parsa superiore la voglia di celebrare dei suoi compagni, vestiti con la maglia intitolata The Last Dance del Profeta. Dio solo sa però quante emozioni aveva dentro Viviani durante quei giri da campione del mondo.

«Continuo a ripetere che il mio più grande orgoglio – dice – è proprio aver creato questo movimento insieme a Marco Villa e a tutti quelli che hanno lavorato per portare tutte queste medaglie e campioni al ciclismo su pista. Mi sento di dirgli di credere nei sogni, di puntare in alto perché lavorando duro ci si arriva, proprio come ho fatto io. Crederci e sognare in grande perché solo così si raggiungono i grandi risultati. Abbiamo visto che dopo di me sono arrivate tante medaglie dalle ragazze. L’oro olimpico della madison, il quartetto che è stato l’apoteosi degli ultimi anni. E altri ragazzi continuano ad arrivare.

«Salvoldi ha curato bene il movimento giovanile, le ragazze di Villa e Bragato sono giovani e portano ancora tanti risultati. Abbiamo un bel futuro davanti e soprattutto ora abbiamo una struttura, abbiamo una Federazione che ci crede e che lavora per questo. Sicuramente c’è sempre del lavoro da fare nelle categorie giovanili e cercheremo di farlo».

In quel plurale c’è forse un assaggio del suo futuro, che non aveva escluso nell’incontro con i media prima di partire per il Cile. Per ora il suo orizzonte è la cena con tutta la nazionale e poi le meritate vacanze con Elena Cecchini, volata in Cile per sostenerlo nell’ultima battaglia. Da stasera sarà soltanto lei il corridore di casa, ma è dolce per Elia Viviani ritirarsi portando nel cuore l’ultimo oro e la sensazione di essersene andato da vincitore.

Le somme di Salvoldi

Il conteggio finale di Dino Salvoldi, partito per il Cile senza farsi grandi illusioni, è molto più roseo ora che i mondiali si sono conclusi.

«Il bilancio di questi mondiali – ragiona Dino Salvoldi, cittì degli uomini – si conclude come meglio non si poteva. Con una vittoria emozionante di Elia, una vittoria di gran classe. E come ultima gara, nella madison con due ragazzi del 2005 in un gruppo di mostri della specialità, avevamo l’obiettivo di portarla a termine e migliorare la tecnica. Ci siamo riusciti, anche se abbiamo visto come e dove dobbiamo lavorare, dove sono i margini di miglioramento. Però sono soddisfatto, bravi anche a Stella e a Sierra.

«Per quello che riguarda i giorni precedenti, il discorso sarebbe fin troppo lungo. Sinteticamente posso dire che torniamo con un po’ di rammarico nell’inseguimento a squadre e in quello individuale. Siamo arrivati molto molto vicini alla medaglia di bronzo, pur con la consapevolezza prima di partire di avere un gap che sul campo si è dimostrato meno ampio di quello che pensavamo e quindi possiamo essere ottimisti. Abbiamo corso con ragazzi molto giovani come Grimod e Sierra. Bisogna avere il coraggio di schierarli e di prepararli con la giusta umiltà e serenità. Però se non gli creiamo l’opportunità di una prima volta e la rimandiamo nel tempo, ci troviamo con atleti maturi senza l’esperienza internazionale e quindi il gap rimarrà tale».

Dmt, Viviani

Dmt celebra (con un un bellissimo video) la carriera di Elia Viviani

22.10.2025
3 min
Salva

Dopo quasi trent’anni in sella, il campione olimpico Elia Viviani ha recentemente messo la parola fine ad una carriera straordinaria. Oltre 90 vittorie tra strada e pista, per un palmarès a dir poco scintillante. Dmt, storico produttore di calzature per il ciclismo e partner di lunga data, ha voluto rendergli omaggio. Un video tributo altamente evocativo ripercorre l’epopea del suo testimonial veronese. Il messaggio è un sentito ringraziamento: “Grazie, Elia. Per la passione, la dedizione e la storia che hai scritto insieme a noi”. 

Due anime, un solo campione

Viviani, classe ’89, ha incarnato l’eccellenza della multispecialità. Come lui stesso ha spiegato, la sua carriera da ciclista è sempre stata mossa da “due anime”. «La pista è istinto ed esplosività, la strada è resistenza, è storia, è strategia», ha sempre dichiarato. Questa doppia natura lo ha reso unico. In pista, Viviani ha toccato il culmine a Rio de Janeiro 2016. L’Oro Olimpico nell’Omnium è il suo successo più caro. «Il più bel giorno della mia carriera è sicuramente stato l’Oro Olimpico di Rio 2016, e Dmt era ovviamente con me – ha commentato il veronese, sottolineando l’importanza del supporto del brand – come con me c’era quando ho conquistato anche due Mondiali nell’Eliminazione e numerosi altri titoli europei».

Su strada, il velocista ha dominato gli sprint. Le sue Dmt lo hanno accompagnato in cinque vittorie di tappa al Giro d’Italia – vestendo la maglia Ciclamino – e in un successo al Tour de France. Il suo percorso celebra non solo i trionfi, ma anche la libertà, l’innovazione e la ricerca della perfezione atletica.

Dmt, Elia Viviani, pista Italia
Elia Viviani ha legato la sua carriera alla pista, dove ha vinto e contribuito a creare un movimento sempre più forte e solido
Dmt, Elia Viviani, pista Italia
Elia Viviani ha legato la sua carriera alla pista, dove ha vinto e contribuito a creare un movimento sempre più forte e solido

Una storia lunga trent’anni

Il legame tra Elia Viviani e il marchio veronese Dmt affonda le proprie radici nell’infanzia. Una partnership nata da una profonda vicinanza, sia geografica che emotiva. La calzatura è fondamentale per un velocista, il punto cruciale per il trasferimento di potenza, e il ricordo del campione è a dir poco tenero… «La mia prima scarpa Dmt – ha commentato Viviani – era una scarpa bianca con tre strap, facile da indossare quando avevo otto anni. La scarpa è una delle cose più importanti per un ciclista».

Una collaborazione che è andata oltre la semplice sponsorizzazione. È diventato un rapporto quasi familiare, specialmente con Federico Zecchetto, l’anima e il motore di Dmt. Viviani lo definisce, ciclisticamente parlando, “un padre”. Zecchetto ha sempre creduto nelle sue ambizioni, anche le più audaci. «Ha sempre detto sì a qualsiasi mia richiesta, qualsiasi mio capriccio, qualsiasi mia ambizione – ha aggiunto Viviani – perché Federico è una persona ambiziosissima». 

Questa fiducia reciproca ha permesso a Dmt di sviluppare calzature all’avanguardia, portandole sul tetto del mondo. Il video tributo di Dmt non è solo un saluto. È la celebrazione di una storia scritta insieme, un’eredità di successi che ha messo in risalto la qualità e la performance dei prodotti italiani.

Per vedere il video completo che Dmt ha dedicato alla carriera di Elia Viviani clicca qui.

Dmt

Elena Cecchini, Elia Viviani

Cecchini e Viviani: nuovi equilibri e vita un po’ diversa

19.10.2025
6 min
Salva

Nemmeno il tempo di tornare dal Giro del Veneto che Elia Viviani ed Elena Cecchini hanno dovuto rifare le valigie per andare a Santiago del Cile. I mondiali su pista saranno l’ultimo appuntamento per Viviani, da lì la sua vita cambierà, così come quella di Elena Cecchini. Per l’atleta della SD Worx-Protime, fresca di rinnovo, il 2026 sarà l’ultimo anno in gruppo e il primo che dovrà preparare come unica ciclista di casa. Dopo dodici anni passati a condividere le fatiche della preparazione invernale e della stagione intera Elia ed Elena dovranno trovare un nuovo equilibrio

«Prima però – ci racconta la friulana – c’è tempo per l’ultimo viaggione della stagione. Domani (giovedì per chi legge, ndr) Elia ed io andremo a Santiago del Cile per i mondiali su pista. Mi farà piacere essere lì accanto ad Elia come supporto in quest’ultimo appuntamento della sua carriera, poi però non rientreremo in Italia. Ci fermeremo in Colombia perché ci sarà il matrimonio di Fernando Gaviria, oltre a essere un collega è un grande amico di Elia e ci teniamo a partecipare. 

Bredene Koksijde Classic 2025, Elia Viviani in curva
Viviani ha concluso la sua carriera dopo 15 stagioni da professionista
Bredene Koksijde Classic 2025, Elia Viviani in curva
Viviani ha concluso la sua carriera dopo 15 stagioni da professionista
Che effetto fa a fare le valigie per l’ultima trasferta?

Devo dire che di solito sono una che si emoziona facilmente, però questa volta no. Prima di tutto perché vedo Elia molto sereno della scelta che ha fatto, e poi perché secondo me non ho ancora realizzato totalmente. E’ come se fosse un normale fine stagione. Sarà più strano a metà novembre quando ripartirò in bici e ci saranno dei giorni in cui Elia non uscirà con me, come ha fatto negli ultimi dodici anni. 

Al Giro del Veneto c’è stato un primo grande assaggio di fine carriera…

E’ stato bello, un momento molto speciale. Firmerei anche io per avere l’ultima corsa della mia carriera sulle strade di casa. Si è trattato di un momento speciale, sia per l’affetto ricevuto dai colleghi ma anche per il saluto della squadra. Gli hanno fatto una sorpresa con questa bici dalla livrea speciale. E’ bello vedere come sia stato un esempio e un riferimento anche alla Lotto, nonostante ci abbia trascorso pochi mesi. Vuol dire che Elia è riuscito a lasciare il segno, ed è bello vederlo perché a volte nell’arco di una carriera non si ha il tempo di fermarsi e vedere cosa ci si lascia alle spalle. 

Elia Viviani, Giro del Veneto 2025
Viviani ha corso la sua ultima corsa su strada al Giro del Veneto lo scorso 15 ottobre
Elia Viviani, Giro del Veneto 2025
Viviani ha corso la sua ultima corsa su strada al Giro del Veneto lo scorso 15 ottobre
Secondo te cos’è che ha lasciato Elia?

Non perché sia mio marito, però ha un palmares invidiabile. Nello sport si tende a ricordare quello che si è fatto nell’ultimo anno o gara, ma credo che Elia possa essere davvero felice della carriera che ha fatto: tre medaglie olimpiche, innumerevoli corse su strada, mondiali su pista, gli europei e il titolo italiano su strada. Però secondo me ha lasciato tanto soprattutto alla pista.

Certo.

Ci siamo fidanzati nel 2012 e mi ricordo benissimo le Olimpiadi di Londra dove era l’unico rappresentate della nazionale italiana su pista. Da lì poi si è creato un gruppo, in questi dodici anni, che è diventato uno dei più forti a livello mondiale. Sicuramente non è solamente merito di Elia, ma credo sia stata quella persona capace di far scattare la scintilla dalla quale è nato un fuoco vivo

Elia Viviani, Giro del Veneto 2025
Il team Lotto gli ha riservato una livrea speciale della sua Orbea
Elia Viviani, Giro del Veneto 2025
Il team Lotto gli ha riservato una livrea speciale della sua Orbea
E’ bello che finisca su pista…

Penso che sia la chiusura perfetta con il mondiale che, dopo le Olimpiadi è la gara più importante. Correrà anche alla Sei Giorni di Gent, che è la corsa più importante legata a quel circuito. 

Cambieranno un po’ gli equilibri e le cose nella dinamica di coppia, ci hai già pensato?

Sì. Devo dire che uno dei motivi, non il principale, che mi ha spinto a continuare è stato proprio questo. Il cambiamento è una cosa che mi destabilizza sempre un pochino, soprattutto inizialmente. Penso che continuare un altro anno mi possa e ci possa dare una mano nel sistemarci, così da trovare l’equilibrio per iniziare un nuovo capitolo insieme quando anch’io avrò smesso. Non fraintendetemi, la convivenza in casa non mi spaventa, anzi Elia ed io siamo due persone che amano godere della vita. Anche nei pochi giorni che riuscivamo a passare insieme durante la stagione ci piaceva fare cose normali.

Elia Viviani, pista, mondiali 2012
Viviani è stato il precursore della pista azzurra, qui nel 2012 ai mondiali di Melbourne
Elia Viviani, pista, mondiali 2012
Viviani è stato il precursore della pista azzurra, qui nel 2012 ai mondiali di Melbourne
Quali?

Andare al ristorante, oppure una sera facevamo allenamento per avere la mattina libera, svegliarci con calma e avere quei trenta minuti in più per fare colazione. Anche fare una telefonata ai nostri amici, o fare un giro in città, andare al cinema. 

Pensare di iniziare la stagione e di andare ai training camp con Elia a casa come sarà?

Mi sembrerà strano però d’altra parte quest’anno sono serena perché la decisione di smettere è arrivata da Elia stesso. Mentre l’inverno passato era in quel limbo in cui cercava squadra ma non trovava il contesto giusto. Lì l’ho vissuta malissimo, il fatto di andare a dicembre al training camp mi pesava, dicevo: «No, voglio stare a casa con te ed essere in queste settimane al tuo fianco». Quelle sono state settimane e mesi difficili.

In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell'eliminazione
In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell’eliminazione
In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell'eliminazione
In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell’eliminazione
Avrete modo di stare più tempo insieme…

Quando ho deciso di continuare sapevo che ci sarebbero stati i ritiri e le settimane via da casa. Spesso negli anni facevamo fatica a incrociarci perché quando io ero a correre lui era a casa e viceversa. Queste sono le cose, come vi avevo detto anche nell’altra intervista, che più mi pesano negli ultimi anni. Invece la prossima stagione sarà più semplice gestire queste dinamiche. Posso dire una cosa?

Certamente…

Ho sempre pensato che avrei smesso prima io, perché tra i due è Elia quello a cui piace andare in bici. E’ appassionato dell’allenamento, dello stare in sella. A me piace il resto: il gruppo, stare in squadra, condividere. Elia è l’atleta che ama svegliarsi al mattino, vestirsi e uscire. Quindi ho sempre pensato che mi sarei stancata prima io. Chiaramente ci sono anche altri fattori, non ultimo il fatto che nel ciclismo maschile si guarda tanto ai giovani, al contrario nel ciclismo femminile siamo nel momento in cui le squadre hanno bisogno della veterana o comunque di quella con più esperienza. 

Elia Viviani si godrà ancora qualche allenamento insieme a Elena Cecchini durante la preparazione invernale
Elia Viviani si godrà ancora qualche allenamento insieme a Elena Cecchini durante la preparazione invernale
Questa sua passione della bici, dell’allenamento, ti sarà anche un po’ di supporto in questo anno un po’ diverso?

Sicuramente. Alla fine Elia mi è sempre stato di supporto nella mia carriera. Spesso uscivamo insieme, poi ognuno faceva i suoi giri e i suoi allenamenti. Però lui mi è sempre stato di supporto quando avevo bisogno di un consiglio per la scelta dei materiali, piuttosto che quando ero ai training camp avevo bisogno che mi controllasse le misure della bici. L’altro giorno parlavamo e gli ho detto che deve tenersi in forma, lui ha già detto che mi farà compagnia negli allenamenti questo inverno

Adesso potrete condividere un allenamento per intero…

Vero. Adesso si potrà adattare a me, ad esempio io odio gli allenamenti con le volate, magari in quest’ultimo anno mi potrà stimolare a fare qualche sprint in più (ride, ndr).

Non resta che augurarvi buon viaggio e in bocca al lupo.

Crepi. Ora ci concentriamo sul mondiale pista e poi ci godremo il matrimonio di Gaviria e una meritata vacanza. Alla bici abbiamo detto che ci penseremo da metà novembre. Anzi, ci penserò, non è più un suo problema, l’avevo detto che devo ancora farci l’abitudine

Kampioenschap van Vlaanderen 2025, Elia Viviani sul podio vittorioso

Le riflessioni (mature) di Viviani a pochi giorni dal ritiro

14.10.2025
8 min
Salva

Dice di aver capito di essere arrivato al capolinea dopo la reazione a suo dire eccessiva per il secondo posto della Vuelta e l’impossibilità di sprintare a Madrid ha fatto il resto. Dice di aver colto come un segno l’aver visto il Giro del Veneto concludersi nella sua Verona. Poi dice anche che passata la buriana legata all’annuncio di ritirarsi, è tornato a lavorare sodo in pista per i mondiali che lo attendono. E aggiunge che fra le persone cui vorrebbe dire grazie c’è Fabrizio Borra, fisio e consigliere, venuto a mancare troppo presto. Nulla di diverso da quello che ti aspetteresti da Elia Viviani, faro dei velodromi azzurri e velocista da 90 vittorie su strada, un oro e altre due medaglie olimpiche su pista.

Ma piuttosto che mettersi a fare l’elenco dei giorni belli, ci piace concentrarci sulle riflessioni più mature di Elia nel momento del ritiro. Quello che sicuramente lascia al ciclismo e che continuerà a dare. Un’intelligenza così vivace non si spegne staccando il numero.

Domani Viviani correrà il Giro del Veneto, da Vicenza a Verona, poi volerà in Cile per i mondiali su pista
Domani Viviani correrà il Giro del Veneto, da Vicenza a Verona, poi volerà in Cile per i mondiali su pista

Sui Grandi Giri

«Non fare grandi Giri negli ultimi tre anni – conferma Viviani – mi ha danneggiato al 100 per cento. La mia scelta di tornare in Ineos è stata dovuta alla medaglia di bronzo a Tokyo, nel momento in cui la mia carriera su strada non era all’apice. Il CONI guidato da Malagò, mi diede l’opportunità di essere portabandiera. Quel ruolo mi ha responsabilizzato e ho visto che qualcuno credeva in me. Quella medaglia mi ha fatto capire quanto siano importanti per me le Olimpiadi. Ineos mi ha dato la possibilità di tornare con un programma per arrivare fino a Parigi. Non avevano un leader per le corse a tappe e sarebbero andati nei Giri per le tappe. Invece non sono mai riuscito a entrare nel team né del Giro né del Tour né della Vuelta. Non per preparare le Olimpiadi, ma per restare nel mondo del grande ciclismo.

«Quest’anno alla Vuelta ho capito quanto mi fosse mancato quel tipo di esperienza. Il grande ciclismo sono i Grand Tour e le grandi classiche e se non fai quelle e sei un grande ciclista, ti manca qualcosa. Tre anni che sicuramente mi hanno tolto qualcosa nella carriera, ma non mi hanno impedito su pista di raggiungere quello che volevo, dato che comunque a Parigi la medaglia è stata raggiunta».

Viviani portabandiera a Tokyo. L’Olimpiade gli ha lasciato nuovo spirito e una grande condizione fisica
Viviani portabandiera a Tokyo. L’Olimpiade gli ha lasciato nuovo spirito e una grande condizione fisica

Su Elia bambino

«All’Elia bambino – sorride Viviani – direi di non cambiare niente. Sono stato fortunato perché ho trovato le persone giuste nella categoria di giovanissimi, che mi hanno portato fino agli juniores. Ho trovato un ambiente che mi ha fatto crescere bene, continuando a studiare. Le cose cominciavano ad essere serie, ma era ancora un divertimento. Poi ho trovato la devo della Liquigas e in Paolo Slongo la figura che mi ha cresciuto e mi ha dato l’opportunità di fare gli under 23 tranquillo, sapendo già di avere un contratto in tasca.

«Quindi la Liquigas, una squadra italiana piena di campioni che mi sono stati d’esempio e direttori sportivi come una volta. Passare al Team Sky è sempre stato il mio sogno da pistard, ovviamente guardando gli inglesi. Mi hanno portato alla prima vittoria a un Grande Giro. Davvero, al piccolo Elia consiglierei di non cambiare nulla».

Elia Viviani, Marchiol-Pasta Montegrappa, 2008
Viviani ha corso gli U23 nella Marchiol-Pasta Montegrappa vivaio della Liquigas, seguito da Paolo Slongo
Elia Viviani, Marchiol-Pasta Montegrappa, 2008
Viviani ha corso gli U23 nella Marchiol-Pasta Montegrappa vivaio della Liquigas, seguito da Paolo Slongo

Sui ragazzi di ora

«E’ molto complicato – riflette Viviani – dare consigli a un giovane di adesso. Mi verrebbe da dirgli: «Prenditi i tuoi tempi. Quando passi professionista datti il tempo di trovare i tuoi valori, trovare la tua dimensione, raggiungere i tuoi risultati». Ma la realtà del ciclismo moderno è diversa, quindi non so neanche se possa essere un consiglio valido. E’ un ciclismo dominato da fenomeni ed è inevitabile che per alcuni sarebbe il consiglio sbagliato. Sarebbe troppo prudente e quindi in questo mi trovo un po’ in difficoltà. Le nuove generazioni sono cambiate e non saremo noi a riportarli indietro». 

Giro d'Italia 2015, Elia Viviani vince la sua prima tappa al Giro d'Italia sul traguardo di Genova con la maglia del Team Sky
L’aprodo al Team Sky era il sogno di pistard di Viviani e nel 2015 arriva la tappa di Genova al Giro: la prima
Giro d'Italia 2015, Elia Viviani vince la sua prima tappa al Giro d'Italia sul traguardo di Genova con la maglia del Team Sky
L’aprodo al Team Sky era il sogno di pistard di Viviani e nel 2015 arriva la tappa di Genova al Giro: la prima

Sul ciclismo italiano

«Mi piace guardare il bicchiere mezzo pieno – dice Viviani – abbiamo Milan che potenzialmente è il velocista più forte al mondo. Abbiamo i giovani che stanno arrivando anche nei Grandi Giri. Tiberi ha avuto un anno storto, ma penso che sia il presente per le classifiche generali. Pellizzari ha fatto una crescita progressiva con Reverberi. Ora è alla Red Bull: gli hanno permesso di fare il salto di qualità e ha già dimostrato in due Grandi Giri nello stesso anno di essere uno dei prossimi corridori che possano ambire a vincerne uno. Finn è il nuovo fenomeno del ciclismo italiano e prego il Signore che abbia il giusto percorso di crescita. Ganna ha fatto delle grandi classiche quest’anno. Ha avuto quel brutto incidente al Tour che gli ha compromesso la seconda parte di stagione, però Pippo è il nostro uomo per le classiche, insieme ai veterani che possono essere Trentin e Ballerini.

«Secondo me il ciclismo italiano sta bene, ma se andiamo a confrontarci con Pogacar, dobbiamo arrenderci a uno che da solo fa i risultati di una squadra WorldTour di vertice. Scaroni ha fatto un’annata da top rider. Fortunato è da anni uno dei migliori scalatori che abbiamo. Bettiol dà i suoi squilli. Quindi ci siamo, però sicuramente c’è del lavoro da fare. Quello che preoccupa è il ciclismo giovanile. Le categorie juniores e U23, ma anche gli allievi, perché la ricerca del talento va sempre più in giù. Penso che fare qualcosa sia dovere della federazione e responsabilità di chiunque ha in mano questi ragazzini».

Un peccato non concludere la Vuelta con lo sprint di Madrid, ma Viviani ha condiviso i motivi della protesta
Un peccato non concludere la Vuelta con lo sprint di Madrid, ma Viviani ha condiviso i motivi della protesta

Sulla Vuelta

«La Vuelta è stata un’esperienza difficile. Non abbiamo mai messo in discussione le ragioni della protesta – spiega Viviani – era giusto protestare per quello che stava succedendo. D’altra parte mi è dispiaciuto tantissimo non aver sprintato a Madrid. Lo stesso per tre giovani della squadra che non avevano mai concluso un Grande Giro. Sai che al traguardo ti aspettano famiglie e fidanzate e invece ti ritrovi a chiamarli sperando che stiano bene perché all’arrivo ci sono delle rivolte.

«In quei 21 giorni ho provato a mettermi nei panni dei ragazzi della Israel-Premier Tech. La verità è che se due o tre anni fa avessi firmato un triennale con loro, sarei stato in quella squadra e nella loro stessa situazione. Non dovevamo essere noi ciclisti a cacciare via i nostri colleghi. Per cui, da ciclista mi sarebbe piaciuto fare una Vuelta senza nessun intoppo, dall’altra dico che era giusto protestare per una ragione del genere. Adesso se Dio vuole, pare si sia trovato un accordo e speriamo che la squadra possa avere un futuro».

I social hanno cambiato il rapporto fra corridori e media, ma Viviani spiega di avere sempre lui il controllo su quello che pubblica
I social hanno cambiato il rapporto fra corridori e media, ma Viviani spiega di avere sempre lui il controllo su quello che pubblica

Sui media

«I social hanno portato un canale di comunicazione che prima non c’era. Qualche anno fa, per dare l’annuncio del mio ritiro, avremmo dovuto organizzare una conferenza stampa da qualche parte. Con l’arrivo dei social, basta un clic. Sicuramente quindi il rapporto con i media è diminuito, ma dall’altra parte la verità è che le cose belle vengono fuori solo parlandone faccia a faccia. Sono ancora uno dei corridori vecchio stile.

«Dai social c’è da prendere il bello e il brutto, purtroppo o per fortuna, perché alla fine sono diventati un vero e proprio lavoro. E poi dipende da come vengono gestiti dagli atleti. Alcuni se li fanno gestire, a me invece è sempre piaciuto avere il controllo. Mi aiutano a livello grafico, però mi è sempre piaciuto avere il controllo di quello che dico e quello che faccio vedere ai miei tifosi o ai media che ci seguono».

Bredene Koksijde Classic 2025, Elia Viviani in curva
Dare un freno alla riduzione dei manubri può avere un senso, dice Viviani, limitare i rapporti non ne ha. Ma la sicurezza è un problema
Bredene Koksijde Classic 2025, Elia Viviani in curva
Dare un freno alla riduzione dei manubri può avere un senso, dice Viviani, limitare i rapporti non ne ha. Ma la sicurezza è un problema

Sulla sicurezza

«C’è tantissimo lavoro da fare – si lancia Viviani – ma non è collegato ai materiali. Standardizzare la misura dei manubri ha senso per impedire gli estremismi. Nel gruppo WorldTour non vedo cose stranissime sotto questo aspetto. Però è ovvio che devi mettere una regola perché chi ad esempio monta manubri sotto i 30 centimetri, che rendono la bici inguidabile nelle situazioni di gruppo compatto. Gli altri limiti non so chi li inventa, anche quello dei rapporti. Se tu limiti i rapporti, ci saranno gli allenatori che faranno fare lavori di cadenza ai corridori e le velocità saranno sempre quelle. Grandi cadute in discesa avvengono nelle curve non sul dritto, perché qualcuno perde il controllo della bici. Le tappe velocissime in pianura sono sempre meno, quindi gli sprinter devono allenarsi a vincere tappe da 2.000, 2.200, 2.500 metri di livello. Quindi la regola dei manubri ci sta, bisogna mettere dei limiti. La regola dei rapporti è una cosa buttata là e infatti non si farà neanche il test.

«Sulla sicurezza c’è tanto da fare, se ne parla tanto e alla fine non si fa niente. Parliamo di transenne, imbottiture sugli ostacoli, queste cose qui. Ci sono gare in cui ti chiedi come sia possibile che un gruppo di professionisti dell’elite del ciclismo corra su percorsi del genere e con delle transenne così».

Salvoldi riparte senza illusioni, destinazione mondiali su pista

12.10.2025
5 min
Salva

In questi giorni le valigie di Dino Salvoldi sono in continuo rinnovamento: prima il Rwanda, poi la Francia per gli europei, poi i lavori di rifinitura a Montichiari e quindi il 16 la partenza per Santiago del Cile, per i mondiali su pista. Una rassegna delicata proprio perché postolimpica, scevra di obblighi legati alle qualificazioni per i Giochi di Los Angeles, ma nella quale il cittì azzurro ha deciso di fare esperimenti e far fare esperienza ai ragazzi più giovani, mettendo i risultati in secondo piano.

Per Salvoldi questi saranno i primi mondiali elite su pista da vivere come cittì maschile
Per Salvoldi questi saranno i primi mondiali elite su pista da vivere come cittì maschile
Per Salvoldi questi saranno i primi mondiali elite su pista da vivere come cittì maschile
Per Salvoldi questi saranno i primi mondiali elite su pista da vivere come cittì maschile

Un decano fra i più giovani

C’è da fare i conti anche con la lontananza e i costi, quindi sarà una spedizione abbastanza ridotta, non oltre 7 corridori chiamati a interpretare le prove di endurance, ma con che prospettive? «Sì saranno 7 atleti più Elia Viviani che ha questo desiderio sacrosanto di chiudere la sua carriera con questi mondiali in pista. Quindi avrò tre atleti, Viviani, Sierra e Stella, impegnati nelle gare di gruppo e in questi giorni dobbiamo definire la ripartizione per specialità, anche se è già deciso che nell’ultimo giorno di gare, Elia farà l’eliminazione, perché è la gara a cui tiene di più e Stella e Sierra saranno la coppia dell’americana. E’ chiaro che sono due ragazzi molto giovani, potranno correre senza pressione. Per quello che riguarda invece il quartetto e l’inseguimento individuale avremo un gruppo super giovane. Tolto Lamon, unico della vecchia guardia, avremo i giovani Favero, Giaimi, Grimod e uno tra Galli e Boscaro. Il raduno che abbiamo in questi giorni mi serve per definire questi dettagli».

Il corridore di Monfalcone insieme a Juan David Sierra agli ultimi europei. Una coppia molto promettente
Stella e Sierra, la giovane coppia madison: confermati per i mondiali, sarà un'esperienza fondamentale
Stella e Sierra, la giovane coppia madison: confermati per i mondiali, sarà un’esperienza fondamentale
Come si presentano i ragazzi all’appuntamento?

Al netto degli imprevisti, io sono veramente contento del periodo di allenamento che abbiamo fatto e della disponibilità dei ragazzi. Io sono uno molto esigente in allenamento e ho avuto buone risposte. Detto questo, non so che risultati aspettarsi non avendo visto le starting list, ma so che altre nazioni hanno fatto scelte più mirate all’evento. A me interessa fare una buona prestazione rispetto a noi stessi per quello che ci siamo allenati. Senza fare previsioni di piazzamenti, starei ben piantato con i piedi per terra e senza illusioni.

Il quartetto juniores di due anni fa è stato costruito da Salvoldi e sarà l'ossatura a Santiago
Il quartetto juniores di due anni fa è stato costruito da Salvoldi e sarà l’ossatura a Santiago
Il quartetto juniores di due anni fa è stato costruito da Salvoldi e sarà l'ossatura a Santiago
Il quartetto juniores di due anni fa è stato costruito da Salvoldi e sarà l’ossatura a Santiago
Quindi come metro di giudizio, soprattutto nel caso del quartetto, guarderai ai tempi del passato dei ragazzi stessi, di quando li hai avuti da junior e da under 23 per vedere se c’è questo processo di crescita?

Direi proprio di sì, considerando anche che il crono talvolta va correlato alle condizioni ambientali nelle quali ci si trova, perché influiscono molto sulla prestazione. Io comunque mi aspetto una crescita dei giovani rispetto a quando erano juniores, quello sì. Mi piacerebbe fare una buona prestazione di squadra e individuale affinché ognuno dei ragazzi intraveda delle opportunità per l’anno prossimo. Non posso dimenticare che quest’anno ho avuto i ragazzi solo a brevi periodi, con una preparazione a singhiozzo. Ma nell’ultimo periodo ce li ho tutti a disposizione. E’ mancata completamente la continuità che ti deriva da un anno di lavoro, da una programmazione annuale sia come preparazione che come calendario condiviso con le squadre. Per questo ho pensato che, essendo anno postolimpico è quello più utile per poter fare esperimenti, per provare nuove soluzioni.

In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell'eliminazione
In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell’eliminazione
In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell'eliminazione
In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell’eliminazione
Il quartetto, da come l’hai descritto, praticamente fonderà due elementi fra virgolette vecchi e due nuovi. Come si procede nel costruire un equipaggio completamente diverso? Nel cercare un amalgama non semplice e in tempi brevi?

Certi tempi cronometrici sono conseguenti alla crescita o all’abitudine di allenarsi a certi ritmi, necessitano di tempi di adattamento lunghi, più che quelli legati alla situazione tecnica, cioè ai cambi piuttosto che alla partenza o alle linee da seguire. E’ proprio una questione di preparazione, di abituarsi con il tempo a spingere rapporti più duri e più velocemente e ai giovani questo tempo va dato. Di fatto, da dicembre ad aprile e poi altri due mesi durante l’estate, fanno sei mesi dove i ragazzi sono venuti a girare pochissimo o mai. Si tratta di almeno 24 allenamenti in meno che ho fatto. Non metto le mani avanti, ma è un fattore che va considerato.

Stella e Sierra sono una coppia abbastanza consolidata nella madison, però sono molto giovani. Questa può essere un’esperienza fondamentale per la loro crescita, anche per quel discorso che abbiamo appena fatto dell’amalgama?

Sì, per far crescere i giovani serve anche l’evento di prestigio – conferma Salvoldi – Al di là del risultato che può portare, questo è un passaggio che va fatto, altrimenti succede che ti trovi ragazzi già maturi, ma che non hanno mai corso un campionato del mondo o una gara di un livello superiore, perché il risultato diventa sempre prioritario rispetto a tutto il resto. E allora si tende a portare solo i ragazzi che ti danno certezze di risultato. Questo è un momento “storico”, da sfruttare.

Francesco Lamon sarà in Cile l'unico reduce del quartetto oro a Tokyo 2020, per guidare i più giovani
Francesco Lamon sarà in Cile l’unico reduce del quartetto oro a Tokyo 2020, per guidare i più giovani
Francesco Lamon sarà in Cile l'unico reduce del quartetto oro a Tokyo 2020, per guidare i più giovani
Francesco Lamon sarà in Cile l’unico reduce del quartetto oro a Tokyo 2020, per guidare i più giovani
Il fatto che si gareggi in un luogo così lontano, in condizioni climatiche completamente diverse rispetto a quelle solite influirà molto sui risultati?

Secondo me no, nel senso che le squadre che andranno con i loro migliori elementi vanno a correre per fare risultato, ad esempio la Gran Bretagna farà prestazioni o cronometriche o individuali da campionato del mondo. Siamo quasi a livello del mare, con il clima che c’è in quel periodo che è quello primaverile nostro, influiranno le condizioni interne al velodromo, se farà caldo all’interno della pista. Ma chi vincerà le medaglie farà prestazioni da campionato del mondo, non sarà un mondiale sottotono. Ma attenzione: nessuno avrà così tanti come noi della generazione 2004-2006…