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Viviani ha ancora fame: prima di Parigi, vuole il Giro

27.09.2023
7 min
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La vittoria è tornata un anno dopo. L’ultima volta per Elia Viviani era stata ugualmente alla CRO Race, sul traguardo di Zagabria nel 2022. Nel mezzo, una stagione da 55 giorni di corsa (più la pista), che hanno dipinto del veronese un ritratto di luci e ombre, a metà fra l’ambizione che resta alta e la necessità di incastrarsi in un programma che non sempre ha avuto la forma da lui desiderata.

Il 7 febbraio, le candeline sulla torta sono state 34 e per la prima volta Viviani ha festeggiato il compleanno da uomo sposato. Tutto nella sua storia di uomo e di atleta fa pensare a una dimensione ormai stabile, con il prossimo obiettivo olimpico al centro di una carriera che di medaglie olimpiche ne ha già due, accanto alle 88 vittorie su strada. Eppure la sensazione è che nei suoi occhi ci sia ancora l’inquietudine di chi ha altro da dimostrare.

Ieri a Sinj, prima tappa della CRO Race, Viviani ha vinto la prima del 2023. Non esultava dalla CRO Race 2022
Ieri alla CRO Race, Viviani ha vinto la prima del 2023. Non esultava dalla stessa corsa del 2022
Partiamo da ieri, che effetto fa vincere dopo un anno di digiuno? 

Quando vinci a settembre, un po’ di paura di passare l’anno a digiuno ti viene. Sapevo che era un buon periodo, perché guardando indietro dopo qualche anno sono tornato competitivo ad Amburgo e Plouay. Insomma, erano segnali sul fatto di essere in condizione e competitivo con gli altri. Questo era già un bel punto per me, con il programma di fine stagione che potrebbe permettermi di risollevare il bilancio. Adesso c’è il Croazia e mi hanno aggiunto il Gree-Tour of Guanxi, in Cina, perché evidentemente la squadra vede delle possibilità per me.

Neppure quest’anno hai corso un grande Giro: in qualche misura questo ha inciso sulle prestazioni e sui risultati?

Sono due anni che non ne faccio, un po’ conta. Al Giro, Cavendish ha dimostrato di aver saputo vincere una tappa e per giunta quella di Roma. Saltare una grande corsa a tappe ti fa mancare qualcosa a livello fisico, ma ti toglie anche delle belle occasioni, che i corridori con qualche anno di corsa nelle gambe riescono a cogliere. Le cose sono due. Può esserci un dominatore e allora le vince tutte lui. Oppure c’è il momento in cui le volate non sono più così caotiche e i corridoi che le fanno sono quei 4-5 che sono arrivati in fondo e quelle diventano occasioni per centrare vittorie prestigiose.

Ai mondiali hai detto di voler fare più corse in pista. Questo significa che nel 2024 la strada sarà in secondo piano?

Il punto di quello che ho detto al mondiale riguardava il fatto tattico. Mi sono reso conto che faccio tanti errori nelle prove di gruppo. E’ vero che con le gambe puoi raddrizzare un buon omnium nella corsa a punti finale. Però è vero che se lasci troppi punti per strada, puoi lottare per una medaglia arrivando da dietro. Oppure, come è successo a me quest’anno, magari non la prendi. Quindi non si tratta di un fatto di preparazione, perché ormai abbiamo un buon sistema per arrivare pronti alle gare. Invece devo correre per leggere meglio i movimenti, gli attacchi, questi aspetti qua.

Glasgow, mondiali pista. Viviani si avvia al bronzo dell’eliminazione: la bici gliela porta Bettiol
Glasgow, mondiali pista. Viviani si avvia al bronzo dell’eliminazione: la bici gliela porta Bettiol
Andranno bene le Sei Giorni?

No, in realtà. Le Sei Giorni danno la gamba, ma si fanno prove diverse. Devo correre degli omnium, per cui stiamo guardando qualche gara di Classe 1, come quella di Grenchen a dicembre. E poi probabilmente nell’anno olimpico, per me sarà meglio fare tutte le Coppe del mondo e le gare di livello per arrivare bene a Parigi. L’obiettivo è arrivare pronto per la stagione su strada e quella su pista, fra marzo e aprile.

Ti aspetta un inverno molto intenso?

Finendo tardi e con la previsione di cominciare presto, l’inverno passa veloce. Torno dalla Cina il 18 ottobre. Probabilmente ridurrò lo stacco, perché ho visto che con gli anni le quattro settimane cominciano a essere troppe da ricostruire. Per cui ne farò due senza far niente, ma già nella terza qualcosina riprenderò. Quindi sarà un inverno corto, mettiamola così.

Sfogliando l’album delle tue foto, ultimamente sono più quelle in maglia azzurra che in maglia Ineos: come mai?

La verità è che anche agli europei, c’è stato un gruppo che ha girato bene. Tra le nazionali di pista e strada riesco sempre a dare qualcosa in più, a trovare me stesso. Qualcuno dice anche che essere andato all’europeo mi ha permesso di vincere subito qua al Croazia. Forse è vero. Vestire la maglia azzurra è speciale e quando non si portano risultati, anche se hai corso bene come domenica, ci rimaniamo male anche noi. La maglia azzurra è sempre stata qualcosa di speciale per me, una seconda squadra. Quando ho bisogno di correre, come è successo al Matteotti, so che posso chiamare e loro sono pronti. Questo per me è una certezza.

Agli europei di Drenthe, per spiegazione di Bennati, Viviani ha corso come riferimento per Ganna
Agli europei di Drenthe, per spiegazione di Bennati, Viviani ha corso come riferimento per Ganna
Sei stato con Villa l’artefice del rilancio della pista, sei andato agli europei per supportare Ganna. ti senti un po’ il… papà del gruppo azzurro?

Un po’ sì. Ho visto ragazzi con cui durante la stagione non ho tanto a che fare, come Mozzato e Sobrero, che apprezzavano che io fossi lì. Abbiamo parlato tanto: della stagione, di qualche gara, di diversi aspetti. Non solo Pippo, che è come un fratello, ma anche gli altri. Mi ha fatto piacere vedere che erano contenti, che in quei tre giorni di ritiro hanno cercato di prendere qualcosa da me. E’ bello essere un punto di riferimento, far capire cosa vuol dire vestire la maglia azzurra ed essere tutti per uno. Perché comunque per essere convocato fai dei risultati, quindi è normale che l’ambizione personale ce l’abbiamo tutti. Eppure in quei giorni tutti devono essere a disposizione di uno o due. Ovvio che non sia facile, quindi è una cosa che mi rende orgoglioso.

I giovani ascoltano?

Non sono così rari quelli che lo fanno, ma non sono neanche tanti. Alcuni arrivano e sono loro a spiegarti come vanno le cose. Non ricevono molto, forse non gli interessa. Invece ci sono delle eccezioni e mi fa piacere vederle anche in squadra. Tarling ad esempio è uno di quelli curiosi, vuole imparare, è un bambinone. Ad altri non interessa.

Hai parlato delle tue ambizioni. Dopo gli anni d’oro alla Quick Step alla Cofidis non ha funzionato e sembra che tu le abbia riposte da qualche parte. Non vorresti più un Morkov a tirarti le volate?

Ho provato a prendere Morkov fino a pochi giorni fa, l’ambizione c’è assolutamente. La questione è che è tutta una catena. Vincere fa ritrovare confidenza a me, ma fa anche capire al team e ai corridori che sono con me che valgo ancora un aiuto. Vincere significa che so ancora fare il mio e questo porta ad aumentare gli obiettivi. Se il prossimo anno parto dall’Australia, dalla corsa di Cadel Evans che per me è sempre stata una bella gara, potrei già avere un cerchiolino rosso a inizio stagione. E da lì, è tutta una catena che ti porta a puntare più in alto. Come Amburgo…

Sui social, Viviani ha commentato il tanto tempo dall’ultima vittoria. Intanto è salito a quota 88
Sui social, Viviani ha commentato il tanto tempo dall’ultima vittoria. Intanto è salito a quota 88
Non ti ha stupito?

Per tanti è stata una sorpresa, ma non per me. Per me Amburgo era un obiettivo, così pure Plouay, che mi sono sempre piaciute. Plouay era un po’ proibitiva con 4.000 metri di dislivello, eppure sono arrivato nei dieci. E’ stato un segnale. Quindi le ambizioni ci sono e sono alte. Devo essere sicuro di avere un buon programma. Vorrei assolutamente essere al Giro d’Italia, per me è importante anche per Parigi. Prima delle Olimpiadi ho sempre fatto il Giro e so che è qualcosa in più a livello fisico. Ma non lo farei solo per Parigi, ma anche perché mi manca correre una corsa a tappe di tre settimane, sia fisicamente che come ambizione. Vincere al Giro sarebbe qualcosa di più speciale ancora.

Forse in questa nuova Ineos, che non si capisce quale mercato stia facendo, potrebbero aprirsi un po’ di spazi anche per il velocista al Giro, no?

Sicuramente la Ineos Grenadiers è in un momento di costruzione e il lavoro è incentrato sul cercare l’uomo che vince il Tour. L’obiettivo rimane quello di qualche anno fa, quindi andare al Tour con i migliori e provare a vincere. Riuscirci è una questione abbastanza complicata, per cui se si decide di andare in Francia con tutti i più forti, al Giro più che alla Vuelta ci sarà spazio per il velocista. In Spagna si va con il pieno di scalatori per correre ai ripari. Sì, sono convinto, il Giro per me sarebbe l’opportunità migliore.

L’Italia a Drenthe con Ganna capitano e Trentin in agguato

21.09.2023
5 min
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Ganna, Affini, Trentin, Viviani, Mozzato, Pasqualon, Sobrero, Cattaneo. Questi gli azzurri di Bennati per gli europei di Drenthe, con gli ultimi due che ieri hanno corso la crono individuale e nel pomeriggio di oggi correranno il Team Mixed Relay con l’aggiunta di Affini (Guazzini, Longo Borghini e Cecchini fra le donne). Per il resto, la spedizione azzurra in Olanda ruoterà attorno a Filippo Ganna e semmai a Trentin, qualora la corsa si rompesse in modo imprevedibile.

Il cittì aretino ne è piuttosto sicuro e lo conferma in questa chiacchierata svolta alla vigilia della partenza degli azzurri, ragionando di uomini e del percorso che in apparenza dice poco, ma propone le sei scalate al Col du Vam, che non si può mai sapere…

Bennati certo: se il percorso di Drenthe fosse davvero veloce, avrebbe puntato su Dainese
Bennati certo: se il percorso di Drenthe fosse davvero veloce, avrebbe puntato su Dainese
Ti ha convinto il Ganna che si è buttato nelle volate della Vuelta o quello del Wallonie?

Diciamo che se in questo europeo si dovesse arrivare in volata, non sarà come gli sprint che Ganna ha fatto alla Vuelta. Però si può dire che quelli sono stati propedeutici in termini di preparazione. Non sarà una volata classica, anche perché se avessi pensato a un finale del genere, avrei portato un velocista puro come Alberto Dainese.

C’è Viviani, no?

La presenza di Elia potrebbe far pensare che possa essere un’alternativa. In realtà, l’idea che mi sono fatto io è che in questa occasione la sua convocazione sia più orientata a un discorso di squadra, di armonia del gruppo, perché tutto giri nel migliore dei modi attorno a Pippo. Sappiamo benissimo che uno dei motivi per cui Elia è tornato alla Ineos è proprio il suo rapporto speciale con Ganna, per cui in questo europeo avrà il compito di fare il regista, l’uomo squadra.

Viviani sarà il regista in corsa e con Pasqualon sarà il punto di appoggio di Ganna
Viviani sarà il regista in corsa e con Pasqualon sarà il punto di appoggio di Ganna
Questo fa sì che Trentin potrà correre più liberamente?

Di sicuro avere accanto Viviani gli toglie questo ruolo, per cui Matteo potrà concentrarsi esclusivamente per il finale. Quindi certamente avrà più libertà.

Ti aspettavi un Ganna così brillante, al punto da costruirgli attorno a squadra per gli europei?

Sì, assolutamente. Ne abbiamo parlato tante volte, io sono sempre stato convinto che su strada possa fare grandi cose. Non lo dico io, l’ha dimostrato alla Sanremo facendo una prova veramente superlativa. Poi ad agosto è riuscito anche a vincere una volata al Wallonie. Ha dimostrato più volte che lo spunto veloce non gli manca, ma è chiaro che non è un velocista. Ha però una progressione così potente, che in una corsa impegnativa può diventare molto veloce.

Trentin non sarà più regista in corsa e nel finale potrà giocare le sue carte
Trentin non sarà più regista in corsa e nel finale potrà giocare le sue carte
Pensi che l’europeo verrà duro?

Se guardiamo l’altimetria, fa quasi ridere. Però con questo Col du Vam fatto per sei volte con strade molto strette, in un ciclismo in cui si va sempre a tutta dal chilometro zero fino all’arrivo, non mi aspetto una gara di attendismo. Quindi considerando che il chilometraggio non è proibitivo, si correrà da subito sicuramente pancia a terra e non credo che corridori come Van Aert, De Lie e anche Pedersen avranno paura ad aprire la corsa da lontano.

Anche i nostri sono veloci, ma anche capaci di entrare nelle azioni che dovessero crearsi…

Diciamo che la squadra l’ho costruita anche in base a questo. E’ una squadra che ha esperienza. Mozzato è il più giovane, ieri ha corso l’Omloop van het Houtland. E’ abituato a correre in Belgio, è abituato a limare, quindi non ha paura di stare davanti e si integra molto bene con gli altri. Sobrero ha fatto la Vuelta e come lui anche Cattaneo, per questo hanno fatto la crono. Soprattutto è gente che non ha paura di prendere aria e sanno limare molto bene.

Cattaneo, come pure Sobrero, esce dalla Vuelta e ieri entrambi hanno corso la crono. Cattaneo 5° a 1’13” da Tarling, Sobrero 20° a 2’14”
Cattaneo, come pure Sobrero, esce dalla Vuelta e ieri entrambi hanno corso la crono. Cattaneo 5° a 1’13” da Tarling, Sobrero 20° a 2’14”
Nella tua testa, casomai si arrivasse in volata vedi tutti per Ganna?

Bisogna sicuramente valutare in base a che tipo di gara verrà fuori. Sicuramente in un arrivo del genere, con la condizione che ha, Filippo può starci molto bene. Parliamoci chiaro, è difficile fare un treno perché le strade sono strette. Quindi la nostra forza deve essere sicuramente la superiorità numerica. Resto convinto che sia un arrivo di tante gambe e alla fine saranno quelle a decidere.

Il treno è difficile, ma Viviani può tirare la volata a Ganna?

Sarebbe auspicabile, però deve arrivare in fondo a farlo. Più che tirargliela, la cosa più importante è l’approccio alla volata. Bisogna entrare veramente nelle primissime posizioni. E poi non è detto che si chiuda in volata. Potremmo addirittura provare a fare un’azione con Matteo e Filippo, quindi davvero saranno le gambe a dettare la legge.

Avete già pedalato sul percorso?

Lo faremo venerdì tra la gara degli under 23 e quella delle U23 donne del pomeriggio. Prima di allora c’è poco altro da dire.

Grenoble, la politica e il ritorno della Tre Giorni

29.08.2023
5 min
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Alla fine di novembre 2022 sembrava che il destino del velodromo di Grenoble fosse segnato. Il sindaco verde della città lo avrebbe smantellato, in barba alla sua lunga storia. L’impianto, costruito per le Olimpiadi Invernali del 1968, è stato teatro di spettacolari Sei Giorni (in apertura, foto Le Dauphinée Libere). Ma mentre quelle del Nord Europa sono da sempre caratterizzate da un livello tecnico e agonistico elevatissimo, la Sei Giorni francese era un vero show. Lo ricordano Paolo Bettini, Silvio Martinello, Marco Villa e tutti i campioni che su quella pista di legno hanno avuto occasione di correre. E lo ricorda bene anche Pierangelo Bincoletto, che a Grenoble vive ormai da anni e di quel velodromo era diventato la bandiera.

«Il sindaco di Grenoble – racconta – aveva deciso di effettivamente di smontare la pista per costruire dei gradini che trasformassero il Palazzo in un’arena per fare spettacoli. Solo che lì dentro il suono e l’audio non sono ottimali, perché era stato studiato per lo sport. Alle Olimpiadi Invernali del 1968, ci fecero il pattinaggio artistico e l’hockey su ghiaccio. Poi dal 1971 ci fu installata dentro la pista e si cominciò a farci le Sei giorni. E le Sei Giorni andavano piuttosto bene…».

Bincoletto ancora oggi è presidente di un’associazione sportiva: è il primo un basso a destra (foto Le Dauphinée Libere)
Bincoletto ancora oggi è presidente di un’associazione sportiva: è il primo un basso a destra (foto Le Dauphinée Libere)

Il Taxi delle Sei Giorni

Bincoletto è stato per anni il “Taxi” delle Sei Giorni: il pistard esperto cui venivano affidati gli stradisti più celebri che decidevano di cimentarsi in quelle settimane ad alti giri che si corrono di notte. Nato a Oderzo nel 1959, il trevigiano passò professionista nel 1980 e dall’anno dopo e fino 1997 ha passato l’inverno nel mondo delle Sei Giorni.

A Grenoble ne ha fatte dieci e in quel periodo nel velodromo ci si poteva anche allenare. Per questo nel 1985 si trasferì nella cittadina francese, anche perché il velodromo coperto di Milano era crollato per neve e il Belpaese perse per molti anni un impianto coperto. E in Francia rimase, avendo nel frattempo incontrato una ragazza che sarebbe diventata sua moglie.

Nel 2006 anche Paolo Bettini, iridato a Salisburgo, corse con Villa la Sei Giorni di Grenoble (foto Le Dauphinée Libere)
Nel 2006 anche Paolo Bettini, iridato a Salisburgo, corse con Villa la Sei Giorni di Grenoble (foto Le Dauphinée Libere)
Perché smantellarlo?

Sono quasi otto anni che nel Palazzo dello Sport non si fanno più Sei Giorni. Il sindaco di Grenoble si chiama Eric Piolle ed è un verde accanito e ha cominciato a tagliare le sovvenzioni per la manifestazione, puntando a realizzare piste ciclabili e a chiudere il centro al traffico. In realtà la Sei Giorni non inquina, ma lui ha risposto che i contributi che dava all’associazione che organizzava le attività di animazione del Palazzo dello sport erano troppo alte per la città. E così si sono fermate tutte le attività.

Tu eri coinvolto in qualche modo della gestione del velodromo?

No, io sono presidente di un’associazione sportiva che raggruppa dei club, e facciamo attività in un velodromo scoperto che si chiama Albert Fontaine. Quindi il ciclismo su pista continua, ma non ci è permesso di usare la pista coperta. A un certo punto abbiamo avviato una trattativa e il Comune ce lo avrebbe concesso per 35.000 euro all’anno, da ottobre a febbraio, ma senza riscaldamento, senza acqua calda, senza luci. Saremmo arrivati a 70.000 euro. Ci abbiamo provato. Lo abbiamo tenuto per una stagione, poi abbiamo capito che non avremmo ricevuto altri contributi e abbiamo mollato la presa. Finché a novembre scorso su Le Dauphinée Libere è uscita la notizia della demolizione. Che si è scoperta essere in realtà una manovra politica.

Bincoletto, qui ai mondiali pista del 1982, è stato pro’ dal 1980 al 1996
Bincoletto, qui ai mondiali pista del 1982, è stato pro’ dal 1980 al 1996
In che senso?

Sul momento c’è stata una mobilitazione di noi del ciclismo, anche perché non ne avevamo mai sentito parlare. Poi ci siamo resi conto che fosse una boutade, un sasso nello stagno per provocare delle onde e capire se a qualcuno interessasse fare qualcosa.

E il sindaco?

Non ha detto una parola, finché una settimana dopo è arrivato il salvatore della patria. Infatti sullo stesso giornale è uscito in prima pagina che un certo Guy Chanal avrebbe salvato il velodromo e la Sei Giorni, che però nel 2023 sarà una Tre Giorni, fra ottobre e novembre.

Dici che è stata tutta una manovra pubblicitaria?

Questo signore aveva già tenuto il velodromo per quasi vent’anni, era il presidente di un’associazione che 150 mila euro all’anno di sovvenzioni per organizzare la Sei Giorni, nel periodo in cui oltre alle bici nel Palazzo di svolgeva la gara di motocross. Quando il sindaco Piolle ha tagliato i fondi e si è parlato di demolizione, lui è arrivato come il salvatore della baracca, affittando la pista per i tre giorni necessari alla manifestazione.

Il Palazzo dello Sport di Grenoble fu costruito per le Olimpiadi Invernali del 1968 e ospitava le gare su ghiaccio
Il Palazzo dello Sport di Grenoble fu costruito per le Olimpiadi Invernali del 1968 e ospitava le gare su ghiaccio
Quindi ci sarà la Tre Giorni di Grenoble?

E a quanto si è capito, non sarà lo show di una volta, ma coinvolgerà specialisti di gran nome e che andranno alle Olimpiadi. Gente del calibro di Viviani, per intenderci.

Quindi riassumendo?

Il problema era solo politico. Lo sport purtroppo è gestito dalla politica. Essendo presidente di una società sportiva, ho partecipato a riunioni con il sindaco Piolle e ho capito come funzionano certe cose. Non è solo un problema italiano, insomma, e da trevigiano sono curioso di vedere come andrà col velodromo di Spresiamo.

Mondiali deludenti? Bragato proietta i suoi numeri su Parigi

27.08.2023
5 min
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Non nascondiamocelo: i mondiali di ciclismo a Glasgow potrebbero aver lasciato una punta di amaro in bocca in sede di consuntivo per la rappresentativa italiana. Nelle discipline olimpiche (e quando si è nell’anno preolimpico è a quelle che bisogna soprattutto guardare) sono arrivati un argento e un bronzo, sempre con Ganna di mezzo. A mente fredda è il caso di riesaminare quanto avvenuto nelle due settimane in terra scozzese proprio proiettando quanto avvenuto – e soprattutto le indicazioni emerse – verso il 2024 e nessuno più di Diego Bragato è adatto a farlo.

Bragato, oltre che parte integrante dello staff tecnico di Villa per il ciclismo su pista è il responsabile del Team Performance e appena chiusa la rassegna iridata ha ripassato al computer la marea di dati emersi, traendone idee utilissime per l’avvicinamento all’appuntamento di Parigi 2024.

Il quartetto femminile ha lavorato poco insieme, eppure i dati dicono che ha grandi prospettive
Il quartetto femminile ha lavorato poco insieme, eppure i dati dicono che ha grandi prospettive

«Il bilancio secondo me è positivo – esordisce subito Bragato – non dobbiamo dimenticare che ai mondiali ci sono anche gli altri e una rassegna preolimpica è sempre qualcosa di diverso rispetto alle altre. Tutti sanno di giocarsi molto, ma più che guardare fuori guardiamo in casa nostra e a come siamo arrivati a questo appuntamento».

Che cosa intendi?

Sono stati per noi mondiali molto diversi dagli altri. Gli infortuni sparsi e l’attività su strada hanno influito sulla nostra compagine più che sulle altre. Io devo commisurare i risultati ottenuti proprio in base a questo cammino di avvicinamento e per questo posso dire che nel complesso siamo andati bene.

Viviani è l’esempio di come sia necessaria una maggiore attività su pista per i nostri atleti olimpici
Viviani è l’esempio di come sia necessaria una maggiore attività su pista per i nostri atleti olimpici
Misurare il ciclismo non è facile: salvo che nell’inseguimento a squadre e, parzialmente, nella velocità (facendo sempre riferimento alle prove del programma olimpico) non si hanno numeri che quantifichino subito la prestazione…

Infatti, il mio compito è valutare ogni singolo caso, guardare alla prestazione complessiva in base alla prova affrontata. Guardate ad esempio Viviani: è arrivato al mondiale decisamente in forma, ma gli mancava l’approccio alla gara a causa della desuetudine. Non basta essere pronti fisicamente, serve anche correre più volte le gare anche per commisurarsi agli altri, vecchi e nuovi. Lo stesso vale per le ragazze: la Paternoster era competitiva come da tanto non accadeva, ma le mancavano i giusti meccanismi. Questo è un primo aspetto sul quale ragionare in vista di Parigi: fare in modo che i nostri riacquistino dimestichezza.

Essendo proprio un mondiale così delicato, la scelta di lasciare responsabilità di decisione alle ragazze non è stata un po’ affrettata?

E’ un quadriennio delicato, più corto e le ragazze sono alle prese con mille cambiamenti nel WorldTour – sottolinea Bragato – Villa ha ritenuto opportuno non sovraccaricarle, sapendo che c’era un prezzo da pagare. Se guardo all’inseguimento a squadre, il cronometro mi dice che non siamo così distanti dal vertice. Nella finale per il bronzo abbiamo perso di soli 3 decimi contro la Francia che aveva ragazze che, per essere lì al massimo, avevano rinunciato al Tour de France, la gara di casa. Anche questo va valutato in positivo.

Per Amadio si prospetta un autunno delicato, nel quale tracciare il cammino verso Parigi 2024
Per Amadio si prospetta un autunno delicato, nel quale tracciare il cammino verso Parigi 2024
E’ però un’esperienza sulla quale bisogna porre le basi per un approccio olimpico ben diverso.

Su questo non si discute. C’è bisogno di un accordo organico con i team di appartenenza di tutti i nostri ragazzi. Dopo la Vuelta il team manager Amadio supportato dai tecnici di settore ha in programma una serie d’incontri con tutti i manager delle squadre WT di riferimento, al maschile e al femminile, per tracciare il cammino verso Parigi. Villa come Bennati e Sangalli deve iniziare il lavoro con una certezza di tempi e modi. Anche perché la stagione su pista inizierà subito, con gli europei in programma dal 10 al 14 gennaio e bisognerà fare bene in quell’occasione.

Poi ci saranno anche tre tappe di Nations Cup da febbraio ad aprile…

Bisognerà trovare la quadra, dare la possibilità a ragazzi e ragazze di lavorare su pista con continuità, ma anche avere occasioni di confronto vere in gara e la challenge sarà utilissima in tal senso. Certo, conciliarla con il calendario su strada non sarà semplice, per questo le settimane subito dopo la fine della stagione saranno importantissime.

Ganna a Parigi sarà impegnato già il primo giorno di finali. Ci si giocherà tanto…
Ganna a Parigi sarà impegnato già il primo giorno di finali. Ci si giocherà tanto…
Torniamo su un tema dibattuto subito dopo Tokyo: per noi del ciclismo come per tutte le altre federazioni di riferimento non sarebbe utile avere un contraltare costituito da un settore Preparazione Olimpica del Coni con diversi poteri, che possa svolgere un ruolo di controllo e di affiancamento nel cammino di qualificazione per i Giochi Olimpici?

Ci addentriamo in un argomento spinoso – avverte Bragato – le discipline sono molto diverse, il ciclismo ha esigenze che non sono certo quelle di atletica e nuoto, per fare due esempi. Noi abbiamo un rapporto consolidato e molto stretto con la Scuola dello Sport, ci confrontiamo spesso per alzare il livello delle nostre discipline. Tanto per fare un esempio, dalla Scuola abbiamo avuto tutta una serie di attrezzature per la registrazione e la visualizzazione specifica dei lavori effettuati a Montichiari e questo ci serve molto. Sempre con la Scuola stiamo affrontando anche il discorso di discipline specifiche come il bmx freestyle dove partiamo da zero, abbiamo bisogno di reclutare giovanissimi e possiamo farlo guardando anche ad altre discipline simili.

Obiettivamente, ti senti ottimista?

Io sono convinto che possiamo fare davvero bene in ogni disciplina dalla strada alla pista alle altre. Siamo forti e lo sappiamo, anche le gare che non ci hanno premiato a Glasgow ci dicono comunque questo. Serve qualcosa in più, serve entusiasmo, ritrovare quell’energia che c’era a Tokyo e che si respirava già a mesi di distanza. Bisogna partire col piede giusto e fare in modo che tutto s’incastri al meglio. Oltretutto cominceremo subito – afferma Bragato – nella prima giornata di finali ci saranno le cronometro su strada e sappiamo che ci giochiamo molto, noi del ciclismo e l’intera spedizione azzurra, vediamo d’iniziare col piede giusto…

Viviani: la perla di Pedersen ad Amburgo vissuta dall’interno

25.08.2023
5 min
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Elia Viviani era nel pieno della mischia di Amburgo – Bemer Cyclassics – quando Mads Pedersen è partito a 850 metri dal traguardo e ha fatto quel numero pazzesco, andando a vincere. Ma il veronese è anche in gara al Renewi Tour, nel Benelux. Il corridore della Ineos Grenadiers sembra aver trovato il miglior colpo di pedale della stagione (in apertura foto @gettysport).

Con il veneto ripercorriamo quel chilometro finale (che comunque potrete rivivere cliccando qui) e guardiamo anche avanti. Perché di obiettivi importanti Viviani ne ha ancora diversi per questa stagione. E anche per quella a venire.

Pedersen, vince ad Amburgo. Van Poppel (secondo) e Viviani (terzo e schiacciato sulla bici) lo riprendono sulla linea
Pedersen, vince ad Amburgo. Van Poppel (secondo) e Viviani (terzo e schiacciato sulla bici) lo riprendono sulla linea
Elia, ad Amburgo un tuo squillo importante, terzo, e un numero da manuale di Pedersen…

Sì, ho una buona condizione, ora bisogna aspettare la volata perfetta. Anche nella prima tappa del Renewi ho rimontato parecchio, avevo delle buone sensazioni, ma ero dietro.

Tu sei tecnico e hai l’occhio lungo: ripercorriamo gli ultimi 3.000 metri di Amburgo. Politt, McNulty e Lampaert davanti…

E noi dietro facevamo la guerra per la posizione anche se il gruppo non era grandissimo. E’ stato un finale concitato, come sempre in quella gara del resto. Io avevo Connor Swift che mi ha ben pilotato. Poi ai 2.500 metri ho visto i Bora-Hansgrohe che risalivano da dietro e mi sono messo dietro a loro. Tiravano, ma non proprio a tutta perché davanti comunque avevano Politt.

E c’è stata questa situazione “incerta” fino al chilometro finale?

Esatto, siamo arrivati al chilometro finale con un buon gap da parte dei fuggitivi. Ho pensato: «Se nessuno si muove, arrivano». Pedersen deve aver fatto questo stesso mio ragionamento… ed è andato. Alla fine veniva dalla sua “settimana santa”, aveva vinto tanto, non aveva nulla perdere e gli è riuscito questo “numeraccio”.

Eri a ruota di chi in quel momento?

Di Haller (della Bora, ndr) che tirava. Ho avuto l’istinto di partire, ma nel tempo in cui mi sono organizzato – sarà passato forse un secondo – Mads era già distante. Ricordo che ha affiancato me e Swift, e mi ha passato sulla sinistra, quindi all’interno della curva.

Vince: crono, classifiche generali, tappe in volata… Per Viviani, Pedersen sta vivendo la sua stagione migliore
Vince: crono, classifiche generali, tappe in volata… Per Viviani, Pedersen sta vivendo la sua stagione migliore
Il resto è storia. Pedersen spinge all’inverosimile e voi poi arrivate al doppio della velocità sul traguardo. Ma tardi.

Siamo arrivati al doppio della velocità sulla linea, ma visto dove erano quei tre e con dietro in testa la Bora che non tirava a tutta, l’unico modo per vincere era fare come ha fatto Pedersen.

Questo numeraccio, come lo hai chiamato tu, è paragonabile a qualche azione? Ti ricorda qualcuno?

A Cancellara che vinse la tappa al Tour in maglia gialla. Fabian aveva visto un buco e anziché rialzarsi ci si “buttò dentro”. Ma per fare certe azioni oltre all’istinto servono le gambe. Dopo l’arrivo ho fatto i complimenti a Mads. Gli ho detto che solo pochi corridori possono fare quello che ha fatto lui. Però serve una condizione che non ti faccia avere paura di perdere. Alla fine aveva vinto una tappa, la crono e la classifica finale del Danimarca il giorno prima. Si è fatto tre ore e mezzo di macchina per arrivare ad Amburgo… Se vinci così, puoi permetterti di fare tutto.

C’è anche una situazione psicofisica vantaggiosa.

Io dovevo portare a casa il risultato e quindi non me la sono sentita di prendere quel rischio, nonostante l’avessi letta bene. Nella sua situazione, non senti il mal di gambe se parti a 850 metri dall’arrivo, con davanti tre ottimi corridori, li riprendi e tiri dritto. Per me Pedersen sta vivendo l’anno migliore della sua carriera. Ha steccato il mondiale, o meglio, ha buttato il secondo posto, solo perché aveva sprecato tanto in precedenza. Ma se andiamo a vedere nelle classiche non è mai uscito dalla top cinque, ha vinto al Giro e al Tour.

Per te, tecnicamente quell’azione può essere paragonata a quella di un pistard o di una disciplina del parquet, magari il chilometro?

No, non c’è questo legame. C’è la lucidità di fare due conti in un secondo e andare. Perché poi il vero gesto atletico, la vera bellezza, non è stato tanto fare quel numero, ma pensarlo.

Elia ha chiamato in causa la vittoria di Cancellara a Compiegne al Tour del 2007, con Zabel che al colpo di reni lo riprende sull’arrivo
Elia ha chiamato in causa la vittoria di Cancellara a Compiegne al Tour del 2007, con Zabel che al colpo di reni lo riprende sull’arrivo
In quel momento, Elia, si guarda il potenziometro? Si spinge e basta?

Lui ha avuto il pregio di non guardare indietro. Ha preso quella decisione e l’ha portata avanti. Ha detto: «Tiro dritto e basta». Il suo riferimento all’inizio erano quei tre, poi la linea d’arrivo, dove ha trovato persino la forza di rialzarsi. Un numero da campione.

E a proposito di campioni. Tu come stai?

Io sto bene. Come sempre del resto dopo che passo da altura e pista. Dopo le Olimpiadi del 2021, stesso cammino, andai bene al Tour of Britain… e questo mi fa ben sperare per l’europeo, che in pratica è Drenthe, ma con il finale su uno strappetto. 

Come ti sembra questo Renewi Tour?

E’ il mondiale dei velocisti! Ma come ho detto all’inizio bisogna trovare la volata perfetta, la posizione giusta. E qui non sono messo male: ho Turner che mi guida bene e c’è Kwiatkowski, che ha un’esperienza formidabile ed è bravissimo nei finali. Da oggi in poi ci sono altre due possibilità. Vediamo di sfruttarle al meglio. 

Qual è il tuo programma?

Dovrei fare il Britain che è due settimane prima dell’europeo, altrimenti il piano B è il GP Plouay, che è più duro e misura 250 chilometri, ma è a tre settimane dall’appuntamento continentale. A quel punto potrei aggiungere qualche gara italiana. Finirò la stagione abbastanza presto e non osserverò uno stacco troppo lungo. Farò tre settimane anziché quattro, perché a fine gennaio, inizio febbraio ci sono gli europei su pista. Quindi a novembre e dicembre devi già spingere forte. 

Viviani scrive il piano per Parigi: «Mi serve più pista»

08.08.2023
5 min
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GLASGOW – Se il vecchio leone manca la preda, prima o poi i giovani vorranno il suo posto. Forse anche per questo il bronzo di Viviani nell’eliminazione ha il sapore della conferma. Non certo quello della conquista, Elia è abituato a ben altre prede. Però un’altra volta, accanto a Ganna che stupisce, la sua presenza è quella del capo branco che non è ancora pronto per lasciare strada. Lo farà con un sorriso, ma quando deciderà lui. E per questo, al netto di tutto, lo disturba non poco che sia “solo” bronzo e non qualcosa di meglio. Questo lo firmo, sembra dire, per il futuro vedremo…

«Sicuramente sono contento della condizione – dice – però dobbiamo aggiustare il fatto che con una condizione così, sto raccogliendo poco. Nel senso che ieri potevo prendere una medaglia e oggi poteva essere una vittoria. Non è guardare il bicchiere mezzo vuoto, perché alla fine torno a casa con una bella medaglia di bronzo, però a pochi mondiali sono arrivato con una condizione così. Altre volte ho raccolto di più. Manca ancora la madison con Scartezzini e possiamo ancora fare una bella corsa e magari prendere una medaglia in una specialità olimpica. Eppure, il riassunto di questo mondiale da parte mia è che ho una condizione super e ad ora ho raccolto meno di quello che potevo».

Alla partenza si è visto un Viviani molto determinato: le imprecisioni nell’omnium gli hanno dato la carica
Alla partenza si è visto un Viviani molto determinato: le imprecisioni nell’omnium gli hanno dato la carica
Che cosa è mancato?

E’ stata sicuramente un’eliminazione subito pericolosa appena è partita (ci sono state due cadute fra l’olandese Buchli e Vernon che poi ha vinto, ndr) in cui però non ho preso rischi. Probabilmente invece, per vincere un mondiale, bisogna correrne qualcuno in più. Ho speso tanto e si è visto nelle ultime tre eliminazioni, nel senso che non ero brillante come Vernon, che ha preso più rischi, ma ha vinto il mondiale. Quindi diciamo che ho corso un’eliminazione come va corsa nell’omnium e non “one shot”, come per vincere il mondiale.

Hai speso troppo?

Esatto. E a vedere come è andata, l’ho pagata cara nell’ultimo sprint. Era chiaro che la guerra fosse fra me e Bibic per l’argento. Così io avevo la testa alla volata con Vernon, sperando con quella di passare Bibic, arrivando all’ultima volata facendone una di meno. Invece Bibic ha resistito nell’ultima curva e sono saltato io. Dopo la pausa per la caduta eravamo rimasti in otto e rispetto a Vernon ho speso parecchio di più.

Per non rimanere chiuso nelle retrovie, Viviani ha commesso l’errore di restare troppo a lungo in testa
Per non rimanere chiuso nelle retrovie, Viviani ha commesso l’errore di restare troppo a lungo in testa
Hai parlato di aggiustare qualcosa, a cosa ti riferivi?

Devo correre di più. Probabilmente l’anno prossimo faremo un calendario solo pista, nel senso che devo correre tutte le Coppe del mondo e le corse internazionali. Nelle prime tre prove dell’omnium ho corso male e, se voglio vincere, non posso permettermi di correre male alle prossime Olimpiadi. L’avvicinamento a questi mondiali non è stato dei migliori, con gli uomini e con le donne.

Lo dicono i risultati?

Nel maschile stiamo raccogliendo meno dello scorso anno, perché avvicinandoci alle Olimpiadi ovviamente la qualità di tutti si alza e non ci possiamo permettere di arrivarci zoppi o comunque con i meccanismi non allineati. Quest’anno ho fatto poche corse di livello internazionale, quindi non ho colto gli attimi giusti nello scratch e nell’eliminazione dell’omnium. Ho provato a rimediare nella corsa a punti buttandola sulle gambe. Benjamin Thomas ha corso come me, ma nelle prime tre prove ha fatto meglio ed è arrivato all’ultima prova con i 16 punti in più che mi hanno impedito di prendere la medaglia.

Una pacca sulla spalla dal vincitore Vernon, che quest’anno ha già vinto anche tre corse su strada
Una pacca sulla spalla dal vincitore Vernon, che quest’anno ha già vinto anche tre corse su strada
Quindi servono più corse?

Quindi devo correre. E correre vuol dire guardare a tutte le gare internazionali, che possono essere la Champions League, le Coppe del mondo del prossimo anno, ma anche gli europei di gennaio, per arrivare all’Olimpiade con più esperienza.

Questo vuol dire che metterai da parte la strada?

Ho fatto tanta pista prima di arrivare a questo mondiale. Tuttavia i campionati italiani o la Sei Giorni di Fiorenzuola sono certo bellissimi eventi, ma non sono Coppe del mondo e non sono su pista di 250 metri contro avversari così. Quindi è ovvio che quello manca. Devo fare più pista e meno strada: forse l’anno più difficile per me era proprio questo, a metà fra due terreni in cui provare a ottenere risultati. Il prossimo anno ci sono le Olimpiadi e quindi per me non sarà un problema sacrificare la strada per la pista.

Mondiale dell’eliminazione a Ethan Vernon (GBR, Soudal-Quick Step), 22 anni. Secondo il canadese Bibic
Mondiale dell’eliminazione a Ethan Vernon (GBR, Soudal-Quick Step), 22 anni. Secondo il canadese Bibic
Cosa si può dire dell’oro di Ganna ottenuto con quella rimonta pazzesca?

Abbiamo detto qualche anno fa che Pippo doveva raccogliere il testimone. Quindi è lui che deve portare la maglia iridata e salvare la trasferta. Ha vinto per 54 millesimi, una rimonta super con addosso tantissime pressioni. Gli auguro di rivincere la crono, che sarebbe un altro step importante di questa stagione. Comunque è il capitano che trascina l’Italia, l’abbiamo visto dall’anno scorso. E ha le gambe e il carattere per farlo. 

A Fiorenzuola il punto con Viviani, da Glasgow a Parigi

29.06.2023
6 min
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FIORENZUOLA D’ARDA – L’agenda di Elia Viviani forse non sarà fittissima come in altre stagioni, ma è certamente pesante in termini di appuntamenti fissati. Negli ultimi tre giorni ha vinto i tricolori nell’inseguimento individuale, a squadre e nella corsa a punti, ma sintetizzando nel mirino ci sono i mondiali in pista e l’europeo su strada. Due eventi che ne richiamano un altro ancora.

Per il veronese della Ineos Grenadiers velodromo chiama velodromo. L’anello di Fiorenzuola, su cui si sono svolti i campionati italiani, stimola sempre a spostare lo sguardo su manifestazioni importanti. La rassegna iridata di agosto di Glasgow dista meno di cinque settimane e per gli azzurri del cittì Marco Villa non sarà solo un semplice mondiale. Bisogna ottenere innanzitutto la qualifica olimpica dopo di che dalla Scozia si aprirà già l’orizzonte oltre Manica, verso la guglia della Tour Eiffel di Parigi 2024. Nella zona box del “Pavesi” abbiamo avvicinato Viviani per capire come si stia preparando (in apertura, foto Fiorenzuola Track).

Elia finora com’è andata la stagione?

E’ iniziata così così. Ho passato un buon inverno ,ma nonostante quello non riuscivo a trovare il buon colpo di pedale, a parte qualche top 10 in Argentina al Tour de San Juan. Ovvio poi che il mio calendario si sia sbilanciato sulle gare di seconda fascia. A quel punto ho dovuto resettare. Sono andato in altura e ne sono uscito bene. In Occitania a metà giugno ho ricominciato a vedere gli ordini d’arrivo nonostante due volate sbagliate. Mancano ancora un po’ di coraggio e confidenza, però un terzo posto l’ho centrato. Il colpo di pedale sta arrivando.

Agli italiani in pista ti abbiamo visto in crescita.

Sono soddisfatto di come vado. La performance nell’inseguimento individuale è stata ottima quindi ho avuto più garanzie lì che nelle gare di gruppo. Sto ritrovando le buone sensazioni e spero di svoltare in questa seconda parte di stagione, che solitamente mi è abbastanza favorevole nel mese di agosto.

Viviani ha vinto i tricolori nell’inseguimento individuale, a squadre e nella corsa a punti
Viviani ha vinto i tricolori nell’inseguimento individuale, a squadre e nella corsa a punti
La mente è già proiettata verso altri obiettivi, giusto?

Adesso sono concentrato al 110 per cento sul mondiale in pista. Sto facendo una preparazione simile a quella che sarà l’anno prossimo per le olimpiadi. Quindi voglio vedere come arriverò a Glasgow fra poco più di un mese e capire qualcosa per Parigi 2024. Non mancherà tuttavia un importante momento su strada in previsione dell’europeo. Correrò il Giro di Vallonia (22-26 luglio, ndr) che mi servirà per i mondiali in pista ed anche per mettermi a confronto con gli altri, sperando magari di provare a vincere la prima corsa del 2023. Poi da metà agosto in poi farò Amburgo, il Renewi Tour (l’ex Eneco, ndr) e poi Plouay prima della prova in linea del 24 settembre.

Apriamo una parentesi su quella gara.

L’europeo in Olanda ha un percorso che mi si addice e naturalmente ci penso. Vediamo come andrà il periodo che lo precede. Chiaramente per chiedere una leadership devo fare dei risultati ed essere competitivo. Il cittì Bennati sa che posso essere una figura di riferimento. Le probabilità di essere all’europeo ci sono, per il mio ruolo dipenderà da me. Sento di stare meglio rispetto all’anno scorso, dove ero stato catapultato in extremis al posto di Nizzolo e dove avevamo portato a casa il miglior risultato possibile (settimo posto, ndr). Voglio pensare che sto facendo l’avvicinamento migliore.

Verso il mondiale in pista il programma di Viviani prevede anche la strada. Poi rotta sull’europeo in Olanda
Verso il mondiale in pista il programma di Viviani prevede anche la strada. Poi rotta sull’europeo in Olanda
Torniamo in Scozia. Questi mondiali in pista sono molto sentiti da tutti…

Si avverte questa sensazione. Averli ad agosto ha portato tutti a sperimentare e fare una sorta di prova generale in vista di Parigi. Diciamo che per tanti versi è un po’ contrario all’immaginario classico dei mondiali, ma il lato positivo è che avremo tanti riferimenti per l’anno prossimo.

Il lavoro della nazionale come sta procedendo?

Bisogna dire che quest’anno con la pista ci stiamo trovando poco. Nel mio programma individuale io ci sto riuscendo supportato dalla squadra, ma col quartetto ci stiamo incrociando poco perché Milan, Consonni e lo stesso Pippo (Ganna, ndr) stanno seguendo altri programmi. L’anno prossimo invece sappiamo tutti che finito il Giro d’Italia, si tirerà una riga e tutti lavoreremo per l’Olimpiade.

Manca poco per la certezza del posto a Parigi. Elia Viviani e la nazionale sentono un po’ di pressione?

Il nostro gruppo è solido. La qualifica alle Olimpiadi è cominciata benissimo con la vittoria degli europei, proseguita così così con le prime due prove di Nations Cup poi nella terza a Milton i ragazzi hanno fatto un super lavoro con un bel secondo posto. Non dico che siamo chiamati a vincere, ma dobbiamo fare un buon mondiale per essere tranquilli. Non abbiamo pressione per la qualifica quanto più invece per vincerlo, visto che l’anno scorso lo abbiamo perso dagli inglesi. Io credo che arriveremo bene a Glasgow, ma non saremo al livello dell’anno prossimo ad agosto per le Olimpiadi. E credo che sia un bene, perché sarà sì uno specchio, ma avremo ancora margini di miglioramento. Rispetto agli altri, il nostro punto forte è che all’Olimpiade mettiamo assieme tutti i pezzi del puzzle.

Viviani (qui con Bragato e Villa) dà sempre tanti riscontri allo staff azzurro per l’utilizzo di nuovi materiali
Viviani (qui con Bragato e Villa) dà sempre tanti riscontri allo staff azzurro per l’utilizzo di nuovi materiali
Tu sei da sempre uno a cui piace fare approfondimenti con i meccanici per i studiare e provare i materiali. Ne state già discutendo?

Loro sanno che posso dare dei riscontri. Mi piace proprio ed è questo il punto fondamentale. Se non hai pazienza di testare durante i ritiri, non puoi fare quello scatto in più. Abbiamo scoperto che la mia metodologia nel preparare l’Olimpiade di Rio è poi continuata. Non si vince per queste cose, ma quando si è tutti uniti si può fare la differenza, basta guardare i tempi dell’oro di Tokyo. Non siamo una nazionale ricca come altre, però siamo supportati bene da sponsor tecnici enormi tutti italiani, che a qualsiasi nostra richiesta rispondono sempre presente. I nostri prodotti per Parigi li presenteremo a Glasgow. Il regolamento prevede che sia il mondiale l’ultimo momento dove dichiarare quali bici, ruote e altro materiale userai all’Olimpiade. Ad agosto però non useremo questi upgrade tecnici. Ho sempre pensato che vadano usati solo quando servono. Per questo dico che a Parigi arriveremo al 100 per cento.

Viviani su Milan: non si può incatenare lo stile

09.06.2023
4 min
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Si è parlato spesso dello stile di Jonathan Milan in volata, del suo muoversi, dei rapporti, della posizione… Non ultimo è stato Alessandro Petacchi. Ma c’è un corridore che più di altri può aiutarci a capire quanto effettivamente il friulano possa e debba intervenire sui suoi sprint, ed è Elia Viviani.

Elia, lo sappiamo è un “compendio di tecnica a cielo aperto”, ma soprattutto è un corridore in attività ed è anche un pistard. Come sempre il corridore della Ineos Grenadiers  non è stato affatto scontato nella sua analisi.

Elia Viviani (classe 1989) ha grandi conoscenze tecniche sia su strada che su pista
Viviani (classe 1989) ha grandi conoscenze tecniche sia su strada che su pista
Elia, partiamo dai rapporti. In più di qualche occasione abbiamo visto Milan essere troppo agile.

Io direi piuttosto che in tal senso ha sbagliato veramente una sola volata (Napoli, dr): lì effettivamente era troppo agile. Non so per quale motivo non abbia messo l’11, ma le altre, anche quelle che ha perso col rimontone da dietro il rapporto era giusto. Semmai le ha perse per la posizione di partenza.

Questa sua agilità, ma in generale questo modo di fare gli sprint, derivano dal suo essere pistard?

Milan in pista fa gli inseguimenti: individuali e a squadre e non ha quel vantaggio che ti dà per esempio una corsa a punti. Lui trae vantaggio dalla pista per quel che concerne le partenze e quindi la potenza. Non ha quella scaltrezza di movimento che possiamo avere Consonni, Gaviria o io che facciamo anche le altre specialità (quelle di situazione, ndr). L’agilità di cui ha bisogno è quella di riuscire a fare quel paio di pedalate in più quando gira l’11. Se andiamo a vedere l’unica volata in cui non è stato il più forte è stata l’ultima, quella di Roma. Ma ci sta. Aveva faticato molto, era al primo Giro e aveva speso tanto per difendere la maglia ciclamino.

A Napoli, Milan ha sbagliato rapporto. Per Viviani, l’unico vero errore di Jonathan
A Napoli, Milan ha sbagliato rapporto. Per Viviani, l’unico vero errore di Jonathan
Beh, quella è un’agilità per modo di dire! E’ potenza…

In pista se in un inseguimento si fanno 120-125 rpm, e lui è in grado di farne 125 in piedi con l’11 ecco che fa quelle quattro pedalate in più degli altri e vince. E questo è sì qualcosa che gli viene dalla pista.

Hai parlato di corsa a punti e specialità simili. Quanto possono aiutarlo, anche nello stile?

Mi sentirei di dire che può aiutarlo di più l’avere un treno, tre uomini tutti per lui. Un treno che lo porta a giocarsi nove sprint su dieci e non quei due o tre che ti devi guadagnare e ti deve andare tutto bene. Tante volte uno sprinter non fa la volata più per una questione di situazioni esterne che non di gambe. Che poi era quello che succedeva a me quando ero alla Quick Step. Il treno ti può far fare il salto di qualità. La corsa a punti, l’omnium… sì possono aiutare, ma è un processo lungo. Magari avrà fatto qualcosa quando era bambino, ma prima che apportino benefici ne passa di tempo. Con un treno Jonathan se la gioca già da domani e vincerebbe il doppio, il triplo delle corse.

Petacchi ci ha parlato di uno stile migliorabile. Quei tanti movimenti incidono su aerodinamica e dispersione di forza. E’ così? E’ migliorabile?

Sì è migliorabile e l’allenamento ti aiuta, ma poi c’è lo stile del corridore e la sua è potenza pura. Quando sei a tutta è difficile controllare lo stile. Possono esserci dispersioni di forza? Può darsi, ma se lo blocchi lì, lo costringi di là, magari non riesce più ad esprimere tutti i suoi watt. Guardate anche Alaphilippe. Per me il rischio è alto.

Le fasi di partenza dell’inseguimento aiutano a sviluppare grandi doti di potenza, utili anche su strada. Milan è il secondo da sinistra
Le fasi di partenza dell’inseguimento aiutano a sviluppare grandi doti di potenza, utili anche su strada. Milan è il secondo da sinistra
E a livello tecnico?

Io non so quanto Milan possa abbassarsi con la bici, scendere sul manubrio… è anche alto. Ripeto, può lavorarci un po’ in allenamento, essere più composto, ma non più di tanto. Io per dirla fuori dai denti, non lo vedo con la testa vicino alla ruota anteriore come Cavendish, ecco.

Abbiamo parlato di corsa a punti, eliminazione… quanto realmente quelle specialità possono aiutarlo in uno sprint su strada a livello stilistico?

E’ tutto un altro gesto. In pista sei spesso seduto, raramente ti alzi e sempre da seduto fai le tue progressioni. I benefici che Jonathan può trarre dalla pista sono sul fronte della preparazione fisica. Il resto, che è comunque relativo ad un discorso di scaltrezza, sarebbe un processo troppo lungo. Con lui un treno sarebbe anche abbastanza facile da organizzare in quanto basta che lo lasciano ai 300 metri visto che ha dimostrato di non avere problemi a tenerli.

Concludendo Elia, se tu fossi il coach di Jonathan Milan, su cosa lo faresti lavorare per migliorare nelle volate?

Non insisterei troppo sullo stile, quanto sulla forza dei 15”-20”. E neanche tanto sul picco di velocità assoluto, ma sulla progressione: volata lunga. Volata nella quale gli avversari non sono in grado di uscirti di ruota negli ultimi 250 metri. Jonathan ha i valori per riuscirci.

Ieri junior, oggi tra i pro’. Belletta, raccontaci l’esordio

21.04.2023
6 min
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«Sto vivendo un sogno, sono tra i professionisti e mi sto giocando una vittoria». Un pensiero di corsa a 10 chilometri dall’arrivo. Dario Igor Belletta, 19 anni compiuti il 27 gennaio, ha esordito tra i pro’ e lo ha fatto con la maglia della nazionale maggiore al Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria. Si è portato a casa un settimo posto e un bagaglio di esperienze pieno di emozioni, stupore, errori e tanta voglia di fare parte di quel mondo lì.

Al telefono Dario ha la voce squillante e piena di entusiasmo, ma sembra avere la testa ben salda sulle spalle. Forse anche grazie alla corazzata Jumbo-Visma Development Team che lo sta guidando passo a passo nel mondo del ciclismo europeo. Junior fino a 4 mesi fa, il giovane lombardo si è svegliato una mattina con la convocazione via whatsapp del cittì Bennati. Facciamoci trasportare nel suo esordio tra i pro’…

L’esordio di Belletta con la nazionale maggiore
L’esordio di Belletta con la nazionale maggiore
Com’è nato questo esordio?

Era una corsa che non era in programma nel mio calendario, però quando il CT ti convoca non puoi di certo dire di no, anzi… (ride, ndr). Alla Jumbo andava molto bene, per svezzarmi un po’. In realtà è stato organizzato tutto all’ultimo. 

Quando hai ricevuto la convocazione?

Mi hanno chiamato subito dopo il Circuit des Ardennes dove era presente la nazionale under 23. Ho avuto modo di parlare con Mario Scirea. Mi ha visto in ottima condizione e soprattutto in crescita. Ero stato fermo dieci giorni per un’influenza che mi aveva colpito circa due settimane prima.

Come l’hai ricevuta questa chiamata in nazionale?

Tramite Gianluca Bortolami che è un po’ il mio padre ciclistico e conosce molto bene Bennati che mi ha fatto questa proposta. Dopodiché mi sono trovato una mattina con il messaggio del commissario tecnico che mi chiedeva com’ero andato alle Ardenne e che appunto mi faceva questa convocazione. Io gli ho risposto immediatamente che non c’era nessun motivo per non dire di sì. Non vedevo l’ora di vestire la maglia della nazionale maggiore ed esordire tra i pro’. 

Qui la ricognizione sul circuito, casco giallo Jumbo per Belletta
Qui la ricognizione sul circuito, casco giallo Jumbo per Belletta
Te l’aspettavi?

In realtà avrei dovuto debuttare tra i professionisti alla Volta Limburg Classic con la squadra WorldTour. Però appunto essendo stato fermo dieci giorni per l’influenza, ho dovuto posticipare l’esordio. La squadra è stata molto soddisfatta sia dell’interesse della nazionale e così ha anche avuto l’occasione di vedermi esordire tra i grandi. 

Ti sei sentito pronto fisicamente?

La mia condizione era in crescita, era una settimana che pedalavo bene alle Ardenne. Ne parlavo già con il mio preparatore e mi diceva che i valori che esprimevo stavano salendo e io effettivamente mi sentivo sempre meglio.

Che emozione è stata arrivare lì tra i pro’?

Ovvio la corsa tra i professionisti è sempre emozionante e nei giorni prima il fatto di andare a dormire nello stesso hotel di Viviani è stato un’emozione diversa. Per un ragazzo che ha appena compiuto 19 anni è qualcosa di forte. Inoltre non correvo in Italia dall’anno scorso. Aggiungici uscire il giorno prima vestito con la maglia della nazionale in mezzo alla gente che ti guarda e magari si avvicina incuriosita per scambiare due parole. E’ stato tutto speciale ed è un mondo che sinceramente devo ancora conoscere

Viviani capitano e faro di Belletta e compagni
Viviani capitano e faro di Belletta e compagni
Viviani lo conoscevi già?

Sì. Entrambi siamo molto attivi in pista. Lui ovviamente con un altro tipo di risultati rispetto ai miei (ride, ndr). Elia è un ragazzo che sinceramente non so descrivere. Dire che è un atleta formidabile è riduttivo, perché è anche una persona di cuore. Ad esempio quando abbiamo fatto un giro per il centro lo avranno fermato 10 volte per delle foto e lui si è fermato a farle tutte con il sorriso.

Come nazionale eravate perlopiù giovani a parte appunto Elia. Che capitano è stato?

Ci ha trasmesso tranquillità e sicurezza ed è stato il nostro faro. Nella riunione pre gara è stato molto attivo e si vedeva che aveva voglia di insegnarci. Noi anche avevamo ancora più voglia di imparare da un’atleta e persona così. Tra l’altro c’era anche Marco Villa. Lui mi dipinge un po’ come un piccolo erede e vederci in azione ha emozionato in primis Marco. Io so che ho molto da imparare da Elia e sono felice di avere l’opportunità di farlo. 

Con i compagni hai condiviso qualche emozione pre gara?

Più o meno ci conoscevamo già tutti. Con quelli della mia età ci avevo già corso, ad esempio con Andrea Raccagni Noviero che corre nella Soudal-Quick-Step Devo Team, abbiamo scherzato su quando ci incontravamo da giovanissimi, mentre invece ora ci siamo ritrovati a vestire insieme la maglia della nazionale maggiore. Questo ci ha strappato un sorriso e qualche battuta. 

Raccagni Noviero, Garofoli e Belletta, la next-gen scalpita
Garofoli e Belletta, la next-gen scalpita
Veniamo alla corsa. Sei riuscito a stare concentrato?

Mi son fatto forse un po’ influenzare dall’atmosfera che c’era. Io pensavo che Reggio Calabria fosse una città grande, ma non una città metropolitana. Correre tra i pro’, battendomi per la vittoria, in una città di quasi 200.000 persone che si è fermata per vederti è qualcosa di pazzesco. Non me lo aspettavo. Vedere tutto quel pubblico forse non ha giocato a mio favore perché mi sentivo tanta responsabilità. C’erano davvero un sacco di persone. L’emozione ha un po’ preso il sopravvento.

Un settimo posto alla prima corsa tra i professionisti. Raccontaci le sensazioni in corsa…

Stavo davvero molto bene. Sapevo che avrei dato il massimo delle mie possibilità. Sotto il punto di vista mentale devo dire che ho pagato l’inesperienza. Mi stavo giocando una vittoria, mi son fatto influenzare dal pubblico e facevo quella tirata di troppo che non era necessaria. Non essendo abituato ad un arrivo di gara dei pro’, che è ovviamente diverso da quello juniores, mi sono fatto condizionare più dall’aspetto mentale che da quello fisico perché stavo davvero bene. Tutta esperienza che sicuramente mi gioverà. 

Se tornassi indietro quindi, faresti qualche tirata in meno e un finale diverso?

Sì, esatto. Mi ricordo che negli ultimi 10 chilometri in mezzo alla folla tremavo dall’emozione e mi dicevo: «Sto vivendo un sogno, sono tra i professionisti e mi sto giocando una vittoria». Però sono cosciente che sia meglio sbagliare adesso che ho 19 anni che farlo in un futuro prossimo quando ci sarà da dare il meglio. Era scontato che facessi questi errori, però è vero che fanno parte tutti del bagaglio delle esperienze che mi sto costruendo. 

Il debutto di Belletta con la WT è previsto per maggio
Il debutto di Belletta con la WT è previsto per maggio
Hai notato differenze di corsa tra le prime gare in Jumbo-Visma Development Team e questa?

Correndo con la Jumbo siamo abituati a controllare la corsa e ad essere sempre nelle prime posizioni del gruppo, parlare con i compagni alla radio e andare all’ammiraglia. Tutte cose che arrivando dal mondo juniores non si sanno fare, ma che crescendo in questo team mi hanno subito insegnato e trasmesso. Sotto quel punto di vista ero già abbastanza preparato. 

Ora che fai?

Sto a casa un po’ di giorni, poi vado in ritiro con la squadra e da lì riprendo ad allenarmi in modo più continuativo e impegnativo. In generale alterniamo periodi in cui facciamo molte gare a periodi dove recuperiamo e ci alleniamo.

Prossimi obiettivi?

Spero che Marino Amadori mi tenga in considerazione per qualche corsa a tappe all’estero perché ci tengo ad indossare la maglia azzurra. A breve farò il debutto con la squadra WT, dovrebbe essere nel mese di maggio. Dopodiché il mio obiettivo è quello di fare bene alla Parigi-Roubaix Espoirs. Un po’ per riscattare quello che è successo alla squadra maggiore quest’anno. Noi ragazzi Jumbo ci crediamo e vogliamo portare una maglia gialla sul gradino più alto del podio. Dopodiché si vedrà, il programma di corsa ce l’ho ma preferiamo adattarlo e vedere come si evolve la stagione in base al mio andamento.