Ce lo aveva raccontato Jacopo Guarnieri alla partenza di Kielce, il Tour de Pologne è una corsa molto gettonata dai velocisti. Tra i tanti uomini veloci che ci sono qui in Polonia c’è anche Elia Viviani, alla sua prima stagione nella Ineos Grenadiers, con la quale aveva già corso in passato quando portava il nome di “Sky”.
Quando Elia scende dal pullman per parlare con noi sono passate da pochi minuti le dodici. Il sole splende alto nel cielo e inizia a fare un gran caldo. Ci saluta, chiede ai suoi meccanici le ultime informazioni per sapere se la bici è pronta, nello specifico si informa della pressione delle gomme.
Le prime risposte
Viviani raccoglie grandi consensi ovunque vada, con un palmares come il suo è difficile passare inosservati. Mentre parliamo molte persone si avvicinano incuriosite e scattano foto, il veronese torna alle corse dopo un periodo di pausa. Le domande sono molte e le risposte piano piano arriveranno.
«Sto bene dai – ci dice coperto dai grandi occhiali scuri che non fanno percepire il suo sguardo – alle prime gare, dopo un periodo di altura c’è sempre da scoprire come si sta. Fino ad ora ci sono state due volate, la prima l’abbiamo fatta per Ethan Hayter, nella seconda mi sono lanciato io ma ho raccolto un settimo posto che non può accontentarmi.
«Però quando si rientra nella mischia è sempre così, qui ci sono tante squadre attrezzate per fare bene. Vedremo se ci saranno ancora una o due occasioni, sicuramente l’ultimo giorno con arrivo a Cracovia ci si riproverà».
Una delle due occasioni che diceva Elia si è presentata oggi. La quinta tappa di questo Tour de Pologne portava con sé alcune difficoltà che avrebbero potuto disarmare i velocisti, nonostante ciò il gruppo si è presentato compatto all’ultimo chilometro. Purtroppo per Viviani, una curva presa a tutta velocità ha causato una caduta a 700 metri dall’arrivo ed il veronese è rimasto intrappolato nelle retrovie.
La volata di oggi è stata vinta da Bauhaus su Demare e Arndt Il pubblico si presenta numeroso a tutte le tappe di questo 79° Tour de Pologne Quella di oggi era una frazione dal profilo movimentato, nella regione della Podkarpackie
Altura e pista
In questo periodo di metà stagione sono tanti i corridori che sono stati a preparare la seconda parte di stagione in altura. Cosa ha fatto il velocista veneto tra le vette delle montagne?
«Sono rimasto 15 giorni ed ho lavorato sulle volate – riprende Viviani – alla fine devo vincere quelle e lì mi concentro. Ho fatto 4 giorni di lavori specifici: due giorni solo volate e gli altri due su lunghe salite. Per il resto ho gestito un po’ i giorni lavorando sulla condizione in generale. L’altura da questo punto di vista dà sempre qualcosa in più.
«Sono sceso due giorni prima di venire qui, in quel breve periodo ho fatto qualche lavoro in pista giusto per velocizzare ed arrivare qui pronto».
L’esclusione dal Giro
Avevamo lasciato Viviani escluso dal Giro, con il suo diesse Matteo Tosatto che ci aveva promesso che Elia sarebbe tornato forte ed affamato. Sulla professionalità dell’ex campione olimpico non si discute.
«Prima di fare il ritiro in altura ho corso tante gare di secondo livello (Giro di Ungheria, ZML Tour e Route d’Occitanie, ndr). Tanti piazzamenti nei cinque ma nessuna vittoria, quindi ovvio che la stia ricercando con tutto me stesso. L’avevo trovata all’inizio della stagione in Francia al Tour de la Provence e poi non l’ho più ritrovata».
«Da qui a fine stagione farò tante gare di un giorno, torna ad esserci Amburgo, che ho vinto nelle ultime tre edizioni e mi piacerebbe metterci un cerchio rosso. Poi Giro di Germania e Tour of Britain, sono tutte gare che servono per aggiungere qualche numero 1 alle statistiche».
Una stagione senza grandi giri
Per quest’anno Viviani guarderà le grandi corse a tappe da casa, non succedeva dal 2017, il suo ultimo anno in Sky. Una scelta dettata dal team e dalle sue esigenze, ma anche dalle poche vittorie trovate, come ha preso questa decisione Elia?
«Sono in un team dove sapevo che avrei avuto poco spazio per fare le grandi corse a tappe da protagonista – spiega Viviani – Anzi sarebbe stato difficile anche entrare nella selezione.
«La squadra punta molto alla classifica generale nelle corse a tappe ed è chiaro che concentrino le loro forze in quella direzione, non è un problema, la convocazione va meritata ed io non ho vinto quanto sperato».
«Per quanto riguarda le vittorie direi che è un mix di tanti fattori che mi tiene lontano dalla prima posizione, alla fine le volate son volate. Quando non vinci tanto vuol dire che qualcosa manca, a volte ero troppo dietro, altre non mi posizionavo bene. Bisogna ritrovare la fiducia. Che poi è il classico “una vittoria tira l’altra”».
Giovani alla riscossa
Viviani si è scontrato molto quest’anno con i giovani, e ne ha potuto vedere le qualità da vicino. Per fare un esempio: ha trovato sulla sua strada Olav Kooij, prima al ZML Tour, vinto proprio dal giovane olandese, e poi qui in Polonia.
«Sicuramente abbiamo avuto conferma anche a questo Tour de Pologne, dove il parterre dei velocisti è competitivo, hanno vinto i giovani. La prima tappa proprio Kooij e la seconda dal belga Thijssen, stanno arrivando. Probabilmente a livello internazionale Jakobsen e Kooij sono i velocisti più forti, Philipsen subito a ruota. In questa annata stanno dominando i giovani e si vede: a partire da Bennet, Cavendish e Ewan, non stiamo avendo una super stagione».
Quella di oggi è un’altra occasione sfumata per Viviani. Il quale, come detto anche a noi ha messo nel mirino la tappa di Cracovia, l’ultima occasione per non tornare a casa a mani vuote. Vincere aiuta a vincere – lo ha detto anche lui – ma prima bisogna trovare l’equazione giusta per tornare a superare per primo quella maledetta linea bianca.