Apri gli occhi Elia, è tutto vero! Sei il re dell’eliminazione

24.10.2021
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Elia Viviani è così. Bianco o nero. Prendere o lasciare. E’ capace di arrovellarsi su stesso e di esaltarsi con un niente al tempo stesso. Una fenice in grado di rinascere dalle sue cenerei. E’ bastato l’odore di vittoria, il bronzo dell’Omnium di ieri sera che il veronese è rinato. E oggi si è laureato campione del mondo nell’eliminazione.

L’abbraccio con la sua fidanzata, Elena Cecchini
L’abbraccio con la sua fidanzata, Elena Cecchini

Eliminazione e divertimento

E’ uscito il campione che è in lui. E stasera ha dimostrato, semmai ce ne fosse stato bisogno, che non si è campioni olimpici per caso. 

Oggi in pista nell’eliminazione ha sfoggiato una grinta che non vedevamo da tempo. Una lucidità pazzesca e soprattutto una gamba fotonica. La volata finale contro il portoghese Iuri Leitao è un compendio di potenza. Ai 200 metri è dietro, scatta, lo affianca e in uscita di curva è in grado ancora di uscire più forte. Il portoghese si rialza ed Elia ha persino il tempo di controllare. Un capolavoro.

«Dopo tanti tentativi – ha detto Viviani a fine mondiale – dopo dieci anni, perché tanti ne sono passati dall’ultima maglia iridata, ne è arrivata un’altra. L’eliminazione è la gara che mi diverte di più. C’è quel mix di tecnica, di forza, di tattica e di astuzia. La gara di ieri nell’omnium ha mostrato che se non hai le gambe non vai da nessuna parte, non la vinci.

«E’ una soddisfazione grandissima. Probabilmente i ragazzi mi spingono a dare di più. Perché vederli con la maglia iridata del quartetto ti dà più grinta e forza di volontà per arrivare a vestire anche tu quella maglia».

Mondiale in crescita

Questo mondiale non si era aperto bene per Viviani. Lo scratch non era andato come voleva, nonostante in pista avesse dimostrato una buona condizione. I dati e le sensazioni come ci disse anche Bragato non erano male. E questo non aveva fatto altro che aumentare un po’ la tensione. Cosa spesso lui fa da solo su se stesso: tipico dei grandi campioni. 

Il cittì Villa magari avrebbe preferito averlo prima, per qualche specifico in più, ma non ha potuto. Alla fine sono stati lo scratch, prima, e l’omnium, poi, a dargli il colpo di pedale adatto. Sono state la rifinitura ideale. Ma per questo alla base deve esserci un’ottima condizione. E tra i tanti azzurri (e azzurre) viste a Roubaix, lui e Simone Consonni ci sono sembrati i meno stanchi.

Nell’omnium ieri lo avevamo visto pimpante nella prova di apertura, di nuovo lo scratch. Lo aveva concluso in terza posizione, ma soprattutto era sempre stato nel vivo della corsa. Era andato in fuga aveva controllato. E nel finale se non fosse stato per un doppiato forse avrebbe potuto ottenere di più. Si era battibeccato un po’ nei giri di scarico dopo l’arrivo proprio con Leitaio, quarto. Poi si era affidato ai massaggi di Simone Bertini si era riposato nel bus azzurro parcheggiato a ridosso del velodromo, anziché tornare in hotel come molti altri, e si era rituffato sul parquet.

Ultimo giro, Viviani mette il portoghese nel mirino. E lo divora in volata. E’ il momento chiave della corsa
Ultimo giro, Viviani mette il portoghese nel mirino. E lo divora in volata. E’ il momento chiave della corsa

Sensibilità tecnica

In questi giorni abbiamo visto dalla zona stampa e dalle tribune un Elia davvero concentrato. Capillare in ogni scelta. Un leader. I meccanici hanno cambiato molti set di ruote. «Elia è molto sensibile – ci ha detto Giovanni Carini – in particolare è molto attento a quali ruote utilizzare. Non ha lasciato nulla al caso».

E dopo il fattaccio delle bici rubate sono dovuti intervenire ancora. Nel furto, infatti, sono sparite due bici personali su strada, ma soprattutto la De Rosa che avrebbe dovuto utilizzare per omnium ed eliminazione. Da contratto, infatti, nelle gare individuali Viviani deve pedalare su questa bici e non sulla Pinarello. Per fortuna si trova alla grande con entrambe. Quelle due bici private le aveva portate il personale della Cofidis proprio alla nazionale azzurra approfittando dei pullmini che rientravano in Italia. Questi passaggi di materiali avvengono spesso dietro le quinte.

Classe infinita

Ma torniamo in pista. Il bello di un campione è questo. Non te lo aspetti, ma lui c’è. Esce. Emerge. La classe non la puoi sopire quando ce l’hai dentro, quando è parte di te.

Il giro finale con il tricolore al collo è l’ovazione di un velodromo ad un campione con la “C” maiuscola. L’abbraccio con la sua Elena (Cecchini, ndr), le tante critiche, l’aver dovuto correre fino all’ultimo per la Cofidis in lotta per la Coupe de France, il furto delle bici… Non era facile. Ma Elia è stato più forte di tutto questo. 

Oggi si è mostrato attento in gara. Sempre. Ha centellinato energie. Ha corso con l’occhio cattivo dei giorni migliori, l’occhio dei giorni di Rio 2016.

«Credo sia stato il mondiale più bello della storia per l’Italia – ha concluso Viviani – mai così tante medaglie e tante maglie. Sono orgoglioso di far parte di questo gruppo. E non è l’apice secondo me, perché abbiamo ancora dei margini di miglioramento. Il nostro obiettivo adesso deve essere Parigi 2024».

Coupe France 2021

Coupe de France: Damiani, dicci come funziona…

20.10.2021
4 min
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Elia Viviani ha raggiunto Roubaix direttamente dalla Francia, da Morbihan dove domenica ha concluso la Coupe de France mancando la vittoria finale della challenge per soli 16 punti, pur essendo fra tutti il corridore che ha vinto più gare, tre nel corso di un torneo comprensivo di 16 tappe, rivoluzionate nel calendario vista la situazione pandemica dei primi mesi.

Non è un risultato di poco conto: bisogna considerare il valore che la Coupe de France ha dall’altra parte delle Alpi, dove da 30 anni è una colonna portante dell’intera attività transalpina. Per capirne un po’ di più abbiamo sentito Roberto Damiani, diesse della Cofidis, il team dell’olimpionico veronese scoprendo che non è un impegno molto semplice da seguire: «La Coupe de France è molto sentita oltralpe, è un po’ il cardine dell’attività. Tutti i team nazionali sono obbligati a partecipare e questo non è sempre un bene».

Roberto Damiani, diesse della Cofidis dal 2019 dopo esperienze in tutto il mondo
Roberto Damiani, diesse della Cofidis dal 2019 dopo esperienze in tutto il mondo
Spiegaci il perché…

Il numero delle gare è consistente, si comincia già a gennaio con La Marsellaise e si finisce a ottobre inoltrato. Spesso le gare sono in concomitanza con altre prove, magari direttamente inserite nel World Tour e quindi si è costretti a fare delle scelte, ma non si può prescindere dalla partecipazione quindi ci ritroviamo in alcuni casi con problemi di organico.

Si tratta di prove, quelle della challenge, tutte inserite nel calendario Uci?

Sì, devono essere almeno di classe 1. Io dico sempre che la partecipazione alla Coupe de France dà onori e oneri ed è spesso difficile quantificare gli uni e gli altri…

Si può fare un paragone fra la Coupe de France e la Coppa Italia?

Questo è un tema interessante, perché ci sono forti differenze. Io sono convinto che il circuito interno dia un’immagine chiara dello stato di salute di un movimento: in Francia la Coupe è molto sentita e ha una partecipazione folta, considerando che ogni organizzatore deve invitare tutte le squadre francesi e altre a sua scelta. In Italia il problema è molto più complesso: quando hai solo 3 team professional come da noi, puoi fare ben poco.

Dewulf Aulne 2021
L’arrivo solitario del belga Stan Dewulf alla Boucles de l’Aulne, che ha chiuso la Coupe
Dewulf Aulne 2021
L’arrivo solitario del belga Stan Dewulf alla Boucles de l’Aulne, che ha chiuso la Coupe
Una volta la Coppa Italia dava alla squadra vincitrice l’iscrizione automatica al successivo Giro d’Italia. Sei favorevole a questa soluzione?

No, credo che la Rcs come qualsiasi altro organizzatore debba essere libero di gestire gli inviti come crede. Il problema della Coppa Italia non è nei premi, ma nella partecipazione, non avendo grandi numeri, non avendo molti team non si può pretendere che riscuota grande successo. In Francia, fra World Tour e Professional, ci sono 10 squadre e il Tour ha sempre gestito autonomamente i suoi inviti senza guardare alla Coupe de France.

Viviani si è ritrovato in testa alla classifica e ha seguito il suo sviluppo fino alla fine. Era un obiettivo d’inizio stagione?

Era un obiettivo della squadra, non suo personale ma poi gli obiettivi cambiano in corso d’opera non solo in base allo sviluppo della challenge. In primavera, ad esempio, la Gand-Wevelgem era su un percorso che ritenevamo fosse stato reso troppo duro per le sue caratteristiche e lo dirottammo sulla Cholet-Pay de l’Oire che Elia vinse salendo al comando della classifica. Poi ha conquistato anche le prove di Fourmies e Isbergues.

Godon 2021
Dorian Godon, primo in classifica con 16 punti su Viviani e 53 su Madouas (Groupama-FDJ)
Godon 2021
Dorian Godon, primo in classifica con 16 punti su Viviani e 53 su Madouas (Groupama-FDJ)
Alla fine ha chiuso secondo, dietro Dorian Godon che aveva una vittoria in meno ma ha mostrato più costanza…

E’ come nelle gare a tappe, spesso vince proprio chi è più costante, magari non conquistando neanche una frazione. L’unica differenza è che qui vince chi fa più punti e Godon ne ha conquistati 16 in più, bravo lui.

Voi avete chiuso terzi dietro i vincitori dell’AG2R Citroen e l’Arkea Samsic. Vi ritenete soddisfatti?

Con 3 vittorie di tappa non potrebbe essere che così, come detto seguire lo sviluppo della Coupe non è per nulla facile per un team del World Tour. Vincere fa sempre piacere, questo è chiaro, è l’essenza della nostra attività, ma questo non significa che fosse in cima ai nostri pensieri. Sicuramente però una challenge come la Coupe è lo specchio della salute di un movimento: quello francese in questo momento sta davvero bene, non si può dire altrettanto del nostro…

Viviani, subito un posto per Parigi e poi a tutta strada

13.10.2021
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Tokyo ha in qualche modo dato la svolta, se non nei risultati di certo per il lavoro svolto. E così l’Elia Viviani incerto delle volate precedenti si è trasformato di nuovo in un vincente da cui guardarsi con attenzione. La vittoria di Fourmies poi quella di Isbergues non sono state per caso. Tanto che la Cofidis gli ha chiesto di non correre la Veneto Classic di domenica per andare in Francia a giocarsi gli ultimi due round della Coupe de France, in cui è secondo a 23 punti da Godon della Ag2R Citroen. Però intanto il saluto alla sua regione in maglia Cofidis, Elia l’ha dato oggi con il Giro del Veneto, prima delle tre prove organizzate da Pozzato e Moletta, che mancava dal 2012.

Agli europei ha mostrato una buona gamba, ma l’intesa con Scartezzini non ha funzionato
Agli europei ha mostrato una buona gamba, ma l’intesa con Scartezzini non ha funzionato

Dalla pista alla strada

Facile fare l’associazione tra il gran lavoro svolto in pista e la ricaduta immediata per l’attività su strada: dopo Rio avvenne esattamente così. 

«Ho qualcosa in più nelle gambe – conferma – ho più sforzi ripetuti e riesco a spendere qualcosa prima della volata per essere al posto giusto. E se mi portano con un bel treno, riesco a fare una volata di testa. Come per esempio a Fourmies, dove mi sono messo a 5 chilometri dall’arrivo a ruota di Ackermann e sono riuscito a restarci fino allo sprint finale. Ho più sforzi e più resistenza all’acido. Quindi qualsiasi sforzo io faccia prima della volata, poi ho le gambe per sprintare».

C’era anche Viviani all’evento delle Fiamme Azzurre ieri a Ca’ del Poggio e anche lui ha provato… il rally
C’era anche Viviani all’evento delle Fiamme Azzurre ieri a Ca’ del Poggio e anche lui ha provato… il rally
Mentre prima?

Arrivavo o spendevo per arrivare in una buona posizione e stavo a ruota. Questo e il motivo dei quarti e quinti posti, dei tanti piazzamenti.

Come sarà fatto il prossimo inverno?

E’ ovvio che adesso sembra tutto tornato alla normalità, ma non lo è. Sono consapevole che per arrivare al calibro delle corse che ho vinto nel 2018-19 c’è ancora qualche step da fare. Quindi voglio fare un inverno normale, però con la consapevolezza di dover stare di più in pista. Più lavori sulle partenze, più lavori di resistenza lattacida e quindi probabilmente tanto dello specifico verrà fatto in pista e non su strada. Fermo restando comunque che per le classiche e per il Giro, dovrò comunque fare la mia preparazione. 

Dopo Rio dichiarasti che ti saresti dedicato alla strada.

Questa volta sarà lo stesso, anche se Parigi è più vicina. Il fatto che su strada mi serve la pista, mi spingerà ad aumentare la cadenza degli allenamenti. Cadenza e continuità nelle sedute in pista, ma guardando agli obiettivi. E il minimo obiettivo da qui a Parigi sarà la qualifica olimpica. Speriamo di riuscire a mettere un bel mattone con i mondiali di prossima settimana, dove magari mi potrei togliere una soddisfazione e non inseguire la qualificazione nei prossimi anni. Quindi priorità la strada, con una presenza però costante su pista.

Dopo il Giro del Veneto, domani sarà a Montichiari. Poi andrà in Francia con la Cofidis e da lunedì via ai mondiali
Dopo il Giro del Veneto, domani sarà a Montichiari. Poi andrà in Francia con la Cofidis e da lunedì via ai mondiali
Quali possono essere i tuoi obiettivi su strada?

Gli obiettivi sono sempre quelli. Per cui, dopo due stagioni così, bisogna partire forte subito. Mi viene da pensare alle gare WorldTour, quindi già in UAE a inizio anno, poi principalmente la Tirreno e la Sanremo. E’ ovvio che per tornare a pensare di poter vincere o fare bene una Sanremo, devo fare un inizio stagione fantastico. Per questo dei buoni risultati alla Tirreno potrebbero essere un segnale illuminante. Sono sempre stato realista, devo tornare al mio livello per poter dire di voler vincere la Sanremo.

In Cofidis per un po’ hai provato a ricreare il treno della Deceuninck…

Facendo una fatica bestia. Cercando di costruire un treno stile Quick Step, senza rendersi conto che in quel team viene tutto facile. C’è un automatismo di tutto il team, cambi gli atleti e li metti nelle posizioni che vuoi e funzionano lo stesso. Poi hanno delle perle come magari Morkov e Jakobsen che è tornato al livello di prima… Il sistema che c’è in quella squadra sembra facile dall’interno, ma una volta che cambi squadra, vedi che non è così. E l’abbiamo imparato sulle nostre ossa in questi due anni.

Viviani Rio 2016
Era ancora al Team Sky quando Viviani vinse l’oro dell’omnium alle Olimpiadi di Rio. Solo nel 2018 passò infatti alla Quick Step
Viviani Rio 2016
Era ancora al Team Sky quando Viviani vinse l’oro dell’omnium alle Olimpiadi di Rio
Perché Ineos e non Astana?

Non è ancora ufficiale, ma non potevo permettermi di prendere un’altra scelta, dove ripartire da zero, ripartire dal nuovo. Quindi la paura di sbagliare e di andare in un posto che già non conosco, sarebbe stato un gap da colmare.

Perché Ineos allora e non Deceuninck-Quick Step?

Perché Patrick (Lefevere, team manager della squadra belga, ndr) non era convinto. Prima ha detto di voler fare un anno solo per valutare quanto andassi. Poi ha detto di voler capire Cavendish. Poi ha detto… Ma prima che dicesse altro, ho capito che non era convinto ed è stato meglio scegliere un gruppo in cui so che starò bene.

Sabatini 2021

Professor Sabatini, ci spieghi l’ultimo uomo…

12.10.2021
5 min
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A 36 anni, Fabio Sabatini dice basta, chiudendo una carriera da pro’ durata ben 16 anni. Se si guarda il suo palmarés, i numeri dicono che non c’è neanche una vittoria, ma i numeri talvolta mentono, perché i successi del toscano sono stati tantissimi. Sono le vittorie dei suoi capitani, dei velocisti che hanno dopo anno ha lanciato verso il traguardo, diventando quello che, insieme al danese Morkov, è considerato il più grande “ultimo uomo” della storia recente del ciclismo. Tante volte ha tagliato il traguardo alzando le braccia, perché quei successi erano anche suoi.

La sua figura nel gruppo mancherà e nel ripercorrere la sua storia si capisce come attraverso di lui il ruolo di ultimo uomo sia diventato un cardine delle volate, ma anche qualcosa che la frenesia del ciclismo attuale sta divorando, come tanto altro, nella ricerca spasmodica del campione giovane, del nuovo Pogacar o Evenepoel, dimenticando che questo sport è fatto di tante altre cose.

Iniziamo dalla Milram…

La nostra chiacchierata parte dall’ormai lontano 2006 e dal suo approdo alla Milram, team Professional nel quale Sabatini si ritrovò con un particolare vicino di casa, Alessandro Petacchi: «Lui è di Montecatini Terme, io sono a Camaiore, eravamo a un tiro di schioppo così ci allenavamo insieme. Con lui ho iniziato la gavetta e con Ongarato, Sacchi, Velo, Zabel costruimmo uno dei primi grandi treni per le volate. Al tempo io ero per così dire il primo vagone, ma imparai tantissimo, poco alla volta, gara dopo gara. Capii che le volate sono un meccanismo delicatissimo, dove ci sono mille incastri che devono funzionare».

Sabatini Petacchi
Compagni, avversari, ma sempre amici e vicini di casa: Sabatini e Petacchi hanno condiviso molte battaglie
Sabatini Petacchi
Compagni, avversari, ma sempre amici e vicini di casa: Sabatini e Petacchi hanno condiviso molte battaglie
Nessuno più di te può spiegare che cos’è essere l’ultimo uomo…

Devi capire tantissime cose, essere sempre attento: ci sono variabili che condizionano ogni volata, come dove spira il vento oppure le traiettorie scelte dal gruppo. Bisogna studiare le strade nei minimi particolari: oggi c’è Google Map, ci sono le tecnologie che aiutano, prima dovevi vederle con i tuoi occhi. Ricordo che alla Vuelta mandavamo l’addetto stampa Agostini a visionare gli ultimi chilometri, lui che era stato ciclista e ci raccontava la strada per filo e per segno, curva dopo curva, come prendere le traiettorie, dove chiudere la propria porzione e così via.

Ripercorriamo la tua carriera attraverso i velocisti che hai accompagnato. Iniziamo da Petacchi…

Alessandro è un fratello maggiore. Da lui ho imparato tantissimo, basti dire che per due anni mi ha anche ospitato a casa sua. Mi ha insegnato tantissimo, mi spiegava per filo e per segno la volata in ogni particolare. E’ stato il mentore ideale, quello che purtroppo tanti ragazzi che arrivano oggi al professionismo non vogliono più avere, non ascoltano più…

Daniele Bennati significa parlare del periodo alla Liquigas. 

Con lui ho iniziato davvero a fare l’ultimo uomo. Con il Benna la comunicazione era continua, diceva quando partire, quando aspettare e questa partecipazione era totale, mi sentivo veramente parte delle sue vittorie perché era il compimento di una volata fatta bene.

Sabatini Conti 2021
Sabatini è sempre stato benvoluto nel gruppo, anche dagli altri team: qui è con Valerio Conti
Sabatini Conti 2021
Sabatini è sempre stato benvoluto nel gruppo, anche dagli altri team: qui è con Valerio Conti
Poi arrivò la Cannondale e Peter Sagan…

Grande Peter, un vero funambolo. Con lui il lavoro era particolare, non serviva tanto tirargli la volata, quanto metterlo in posizione buona per partire. Capitava magari che non te lo trovavi più a ruota e dovevi andarlo a recuperare. Ma alla fine il risultato arrivava…

Hai lavorato anche per Mark Cavendish…

Non sono state molte le volate nelle quali abbiamo lavorato insieme, inoltre già allora era Morkov l’uomo deputato a tirarlo per ultimo. E’ stata però un’esperienza utile e siamo rimasto in buoni rapporti.

Poi due anni con Marcel Kittel…

Con lui si lavorava di potenza, lo portavo dai 400 ai 200 metri, ma la volata iniziava già prima dei 2 chilometri finali. Mi sono trovato bene con lui anche se il nostro era un rapporto molto professionale.

Sabatini Viviani
Con Elia Viviani tante vittorie condivise e un’amicizia profonda, che li ha resi complementari
Sabatini Viviani
Con Elia Viviani tante vittorie condivise e un’amicizia profonda, che li ha resi complementari
Infine è arrivato Viviani, alla Deceuninck e poi alla Cofidis.

E’ stato il compimento del mio lavoro: con Elia ci lega un’amicizia profonda, fatta di gioie e dolori, nottate a parlare, a condividere tutto. Quando stai oltre 100 giorni in giro per il mondo s’innesca un legame profondo. Le nostre volate sono sempre state meccanismi particolari, avevamo una parola concordata, quando la sentivo significava che dovevo lanciarlo a tutta velocità, oppure che si stava sganciando e andava recuperato. Per questo le sue vittorie mi hanno dato gioie enormi. 

Mettiamo tutto insieme: con che spirito chiudi?

Senza rimpianti, penso di essere stato bravo a capire che potevo sì forse vincere qualche corsa, trovare spazi diversi in piccole squadre, ma io volevo il meglio e potevo dare molto di più in quel ruolo specifico. Sono sempre rimasto con i piedi per terra, conscio del mio ruolo e contento di quel che ho fatto.

E’ una questione di approccio dei giovani?

Non solo. Tutti guardano solo i dati, quel che dicono i preparatori, che in base ad essi decidono se farti correre oppure no, ma si dimentica che la corsa ti accresce la condizione per quella successiva e che anche inconsciamente, in allenamento non darai mai quel “di più” che ti viene naturale in gara. I numeri non dicono tutto.

Sabatini 2010
Giro d’Italia 2010, l’americano Farrar batte Sabatini allo sprint a Bitonto. Resterà il suo risultato più alto
Sabatini 2010
Giro d’Italia 2010, l’americano Farrar batte Sabatini allo sprint a Bitonto. Resterà il suo risultato più alto
Come saranno le volate del futuro?

Io dico che presto i treni non ci saranno più. All’ultimo Tour io non c’ero e spesso abbiamo guardato le tappe con Cipollini, eravamo d’accordo che alla fine era tutta una confusione, molti sprint vedevano i velocisti compiere mille errori. Cavendish ha vinto tanto proprio perché aveva un treno eccezionale, ma quella gente, i Morkov o i Sabatini della situazione, chi li sostituirà? Io ad esempio ho cercato d’insegnare tanto a Simone Consonni, sarebbe un grande ultimo uomo.

In sintesi, che cosa serve per essere “l’ultimo vagone del treno”?

Innanzitutto acquisire esperienza nel corso del tempo e ne serve tanto. Quell’esperienza ti consentirà di improvvisare quando sei nella m…. perché raramente le cose vanno esattamente come vuoi e devi decidere in pochissimi secondi che cosa fare, sapendo che da te dipende la volata del compagno e la possibile vittoria.

Che cosa farà adesso Fabio Sabatini?

Non lo so, intanto penso di prendere il 1° livello a Firenze, vicino casa, per un futuro da diesse. Quel che è certo è che il ciclismo non lo lascio…

Viviani Fourmies 2021

Da Fourmies arriva il nuovo Viviani, sempre più pistard

17.09.2021
4 min
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Elia Viviani lo aveva detto in tempi non sospetti: «La pista mi darà quella condizione e quel colpo di pedale per emergere nella seconda parte di stagione». Sarà stato davvero il lavoro su pista, sarà stato anche l’entusiasmo scaturito dal bronzo olimpico che aveva il sapore della riconferma, fatto sta che è un Viviani nuovo quello che si vede sulle strade e nel GP di Fourmies dello scorso fine settimana ha fatto assaggiare la polvere ai rivali come non avveniva da tempo (foto di apertura).

Il corridore che ci troviamo ora di fronte è un Viviani estremamente consapevole delle sue possibilità e proprio da quelle parole pronunciate nella prima parte di stagione prende il via la nostra intervista: «E’ la dimostrazione che ormai mi conosco bene, sta uscendo fuori il frutto di un blocco importante di lavoro su pista, che non si è certo esaurito con la gara olimpica. A Fourmies ho trovato gente importante, che aveva fatto molto bene nelle scorse settimane, ma è finita dietro a cominciare da Ackermann, vincitore delle due ultime edizioni».

Viviani pista 2021
Elia Viviani nella Madison olimpica: Tokyo gli ha dato nuova spinta per continuare con la pista
Viviani pista 2021
Elia Viviani nella Madison olimpica: Tokyo gli ha dato nuova spinta per continuare con la pista
D’altronde non si tratta certo di una gara comune, ha anche fatto parte della Coppa del mondo e ha un albo d’oro d’eccezione…

Ci tenevo a vincere lì, proprio perché volevo dimostrare che le gambe sono tornate quelle di prima, ma so che succede sempre così dopo blocchi lunghi di lavoro su pista. Quella di Fourmies non è una gara semplice, va oltre i 200 chilometri, ha un percorso molto mosso, ma sicuramente fra le mie ultime vittorie è quella di gran lunga più importante e mi ha dato una nuova carica.

Quanto è importante per te lavorare su pista?

Ormai penso si sia capito che è fondamentale: con l’età poi le cose cambiano, prima bastavano lavori periodici nel velodromo per ritrovare quello spunto, ora invece ho bisogno di periodi più lunghi per avere gambe toniche. Quel che è avvenuto quest’anno deve essere un caposaldo nella mia carriera, non si potrà prescindere.

Viviani portabandiera a Tokyo. L’Olimpiade gli ha lasciato nuovo spirito e una grande condizione fisica
Viviani portabandiera a Tokyo. L’Olimpiade gli ha lasciato nuovo spirito e una grande condizione fisica
In che senso?

La pista dovrà avere per me lo stesso peso della strada, dovrò fare estrema attenzione nel programmare la stagione, ma qualsiasi squadra sia quella per la quale gareggerò non potrà prescindere dal “perdermi” quando ci saranno i principali appuntamenti su pista e la preparazione di essi, sapendo che poi, tornando alla strada, avranno a disposizione un Viviani al massimo. La mia stagione sarà equamente divisa fra strada e pista.

Perché parli di “qualsiasi squadra”? Sui media il tuo passaggio alla Ineos era dato per concluso…

Non è così, non ho ancora firmato per nessuno. I nomi delle squadre a cui sono stato avvicinato (oltre alla Ineos, anche la Deceuninck Quick Step, ndr) sono veri, ma stiamo ancora trattando. Penso di prendere una decisione entro un paio di settimane in modo che, quando avrò finito la stagione, potrò davvero andare in vacanza fisicamente e soprattutto mentalmente, ne ho bisogno per ricaricare le batterie.

Viviani Sagan 2021
Due campioni in procinto di cambiar maglia: Elia Viviani e Peter Sagan
Due campioni in procinto di cambiar maglia: Elia Viviani e Peter Sagan
Il tuo prosieguo stagionale che cosa prevede?

Conto di gareggiare su strada almeno ancora 4 volte, per le prove di Isbergues e Metropole, poi Bernocchi e Gran Piemonte. A quel punto tornerò alla pista per dedicarmi alla preparazione dei mondiali dal 20 al 24 ottobre a Roubaix.

Saranno una rivincita dei Giochi?

Quando i mondiali arrivano dopo le Olimpiadi non sai mai chi ci sarà. Vedremo se Walls avrà voglia di rimettersi subito in gioco, il neozelandese Stewart mi piacerebbe affrontarlo dopo lo “scherzetto” degli ultimi due giri a Tokyo che mi ha fatto scendere di un gradino del podio, ma chi avrà il dente avvelenato è Thomas, il campione uscente francese che in casa sua vorrà la vendetta piena: io a Tokyo ho cambiato medaglia in pochi secondi, lui l’ha proprio persa…

E tu con che spirito parteciperai?

Al massimo, come sempre ma con una spinta in più: io i mondiali non li ho mai vinti e questa lacuna voglio proprio colmarla…

Viviani ablazione 2021

Ablazione, come mai tanti interventi? Risponde il dottore…

14.09.2021
5 min
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Le parole di Marco Marcato risuonano ancora nella testa. Il corridore del Uae Team Emirates ha avuto ben due casi di fibrillazione atriale in questa stagione, curata attraverso l’ablazione. Il caso di Viviani a inizio stagione è il più famoso del 2021 (nella foto di apertura con l’equipe medica che l’ha operato). I risultati ottenuti dal veronese sono la migliore risposta come esito dell’intervento. Per Diego Ulissi il caso era più complicato e la ripresa più lenta. E’ chiaro che, con più indizi, è necessario capirci qualcosa di più.

Il tema è delicato e per sbrogliare la matassa il nostro Virgilio è proprio il dottor Roberto Corsetti, più volte da noi interpellato, specialista in cardiologia e medicina dello sport, attualmente Direttore Sanitario del Centro Medico B&B di Imola ma con un passato quasi trentennale nel mondo del ciclismo. Il punto di partenza in questo viaggio all’interno del cuore è capire il suo funzionamento.

Marcato Alps 2021
Marco Marcato, alla sua ultima stagione, contraddistinta da due episodi di tachicardia parossistica in allenamento
Marcato Alps 2021
Marco Marcato, alla sua ultima stagione, contraddistinta da due episodi di tachicardia parossistica in allenamento

L’importanza del ritmo armonico

«Per affrontare il tema delle aritmie è bene partire dal quadro normale ossia dalla condizione di normalità. Il battito cardiaco è stimolato dal nodo seno-atriale che è un piccolo nucleo di cellule all’interno dell’atrio destro. Va ricordato che il cuore è diviso in atrio destro e sinistro nella parte superiore e ventricolo destro e sinistro nella parte inferiore. Il nodo dà il ritmo, è come il computer che comanda il motore. Un ritmo che sarà più lento a riposo, più sostenuto di giorno, estremamente sostenuto sotto sforzo ma sempre ritmico, armonico. Si può variare a seconda dei casi e delle situazioni da 30 battiti al minuto (le bradicardie marcate dell’atleta) fino a 250 sotto massimo sforzo, ma sempre normali».

«Veniamo alle aritmie, che sono battiti fuori posto, inseriti nella ritmica cadenzata come una nota stonata: non è assolutamente detto che questo rappresenti un problema. Le aritmie possono essere singole, doppie, anche di più battiti ma quel che è importante è l’origine di quest’aritmia. Si può dire in maniera semplicistica che quelle atriali o sovraventricolari sono benigne, quelle ventricolari necessitano certamente di maggiori attenzioni sotto il profilo diagnostico e di approfondimenti. Nei casi gravi, infatti, le aritmie ventricolari, provenienti dai ventricoli, la parte bassa del cuore, qualora originate da patologie serie e minacciose possono portare a situazioni drammatiche, come abbiamo ad esempio assistito agli ultimi Europei di calcio (il gravissimo malore occorso al danese dell’Inter Eriksen, ndr)».

Diego Ulissi è stato affetto da miocardite. La sua ripresa è stata lenta, ma completa
Diego Ulissi è stato affetto da miocardite. La sua ripresa è stata lenta, ma completa

Un intervento semplice, ma decisivo

«Tra le aritmie sopraventricolari, ve ne sono alcune che necessitano comunque di essere individuate ed eliminate. Ci riferiamo alle tachicardie parossistiche sopraventricolari, alle tachicardie atriale ectopiche, al flutter atriale e alla fibrillazione atriale (vedi Marcato) sono improvvise accelerazioni del battito cardiaco. A differenza della tachicardia sinusale ha un’insorgenza improvvisa, il cuore aumenta i battiti velocemente e dopo un tempo variabile torna al ritmo fisiologico a frequenze cardiache molto più basse. Non genera arresto cardiaco come può causare la fibrillazione ventricolare, ma se arriva a una frequenza molto alta può dare giramenti di testa, uno stato di pre-svenimento. Ora, trasportando tutto ciò nell’ambito sportivo, se un ciclista è in corsa, può incorrere in una caduta, in un incidente con conseguenze anche gravi perché è incapace di continuare a gestire l’azione».

«Fino a 25 anni fa, l’unica soluzione per un ciclista era fermarsi, ora però ci sono strumenti cardiologici diagnostici che consentono di individuare il punto preciso dei due atrii dove questa tachicardia ha origine: si procede con uno studio elettrofisiologico endocavitario che consente di confermare la presenza di un “punto difettoso” e l’innesco della aritmia quando si stimolo quel punto. il passo finale è quella che viene definita ablazione transcatetere ossia l’eliminazione del problema mediante l’uso di un catetere che attraverso la radiofrequenza annulla, bruciandolo, il percorso elettrico anomalo».

Tachicardia
Una sintetica illustrazione del sito medicina360.com che spiega i sintomi della tachicardia
Tachicardia
Una sintetica illustrazione del sito medicina360.com che spiega i sintomi della tachicardia

Il caso eccezionale di Bitossi

Fin qui la necessaria spiegazione di un fenomeno che da sempre si accompagna al mondo del ciclismo e non solo e che le gesta di Franco “Cuore Matto” Bitossi hanno reso famoso: «Nel caso di Franco, che si è sottoposto ad ablazione una decina di anni fa, bisogna da un lato dire che furono eccezionali gli specialisti del tempo nell’individuare la sua patologia. Non c’erano gli strumenti di oggi, non c’era altra soluzione che dire a lui e a chi come lui di fermarsi il tempo necessario per far rallentare il cuore. Dall’altro lato, per me hanno un valore straordinario i suoi risultati, a dispetto dei problemi che accusava».

Rispetto ad allora però, i casi di tachicardia e conseguente ablazione sono aumentati, magari a causa delle diverse metodologie di preparazione, delle diverse velocità, dello stress a cui il fisico e la mente sono sottoposti in allenamento come in gara? La risposta di Corsetti è netta: «Per la mia esperienza, ma anche con il conforto delle statistiche, posso dire di no. L’unica differenza è che oggi abbiamo gli strumenti e le metodologie per affrontare e risolvere un problema che allora era fortemente inibente il risultato. Un Viviani nel 1985 non avrebbe potuto ottenere nella stessa maniera i risultati di oggi».

Cardiofrequenzimetro
Il cardiofrequenzimetro è uno strumento ormai basilare, ma il ciclista sa ascoltare il suo cuore anche senza
Cardiofrequenzimetro
Il cardiofrequenzimetro è uno strumento ormai basilare, ma il ciclista sa ascoltare il suo cuore anche senza

Il ciclismo… bestiale del secolo scorso

Secondo Corsetti, il paragone tra i due periodi deve prendere in esame altre variabili: «Il corridore di 50 anni fa aveva bici pesantissime rispetto a quelle di oggi, vestiva le maglie di lana, non aveva maltodestrine o gel, quando affrontava la discesa doveva mettere i quotidiani sotto la maglia per ripararsi dal vento, poi aveva minori possibilità di recupero, si dormiva tutti insieme in grandi stanzoni di collegi… Era un ciclismo “bestiale” rispetto a quello ipertecnologico di oggi».

Parlando di ablazione, su un aspetto Corsetti tiene a mettere l’accento: «Non deve passare il messaggio che la tachicardia parossistica sopraventricolare e le tachiaritmie atriali in genere siano un problema relativo al ciclismo e/o agli sport di endurance. Attualmente seguo 4 ragazzi con lo stesso problema ma sport diversi: ciclismo, calcio, pallavolo e ginnastica ritmica. Il ciclista anzi ha una sensibilità particolare, conosce bene se stesso, sa “ascoltarsi” anche senza strumentazioni e coglie quando qualcosa non va, quando c’è un’anomalia».

Europei, quattro anni di successi azzurri

13.09.2021
5 min
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Il primo si sarebbe dovuto correre a Nizza, ma a 40 giorni dall’attentato sul lungomare, il sindaco della città francese ritenne che non fosse opportuno far svolgere il campionato europeo di ciclismo su quella stessa strada. Così il presidente Lappartient, allora a capo dell’Unione Europea di Ciclismo che tanto aveva voluto la nascita della rassegna continentale per professionisti, portò la gara sulle strade di casa. I primi europei si corsero a Plouay e vinse Sagan su Alaphilippe. Primo italiano Diego Ulissi. La storia iniziò così.

Che all’Italia i nuovi europei piacessero si cominciò a capirlo dall’anno successivo, nel 2017 di Alexander Kristoff. Nell’edizione di 241 chilometri, prima che si decidesse per il taglio del chilometraggio, il norvegese ebbe il suo da fare per battere Elia Viviani che aveva appena iniziato la sua scalata ai vertici dopo l’oro di Rio. Era solo l’inizio e nel 2018 a Glasgow si aprì il ciclo azzurro che ieri a Trento con Colbrelli ha scolpito nel porfido trentino un poker senza precedenti.

Nel 2018 Cimolai tira la volata a Trentin che diventa campione europeo
Nel 2018 Cimolai tira la volata a Trentin che diventa campione europeo

L’urlo di “Cimo”

Era il 12 agosto quando si capì che nella nazionale italiana dei professionisti battesse ancora il cuore azzurro inaugurato da Ballerini e ripreso da Cassani. In quella giornata fredda e fradicia, un commovente Davide Cimolai ancora senza squadra, che con un podio avrebbe dato probabilmente una svolta alla carriera, prese per mano Matteo Trentin e lo lanciò nella volata vincente.

«E’ incredibile, dopo tutto quello che ho passato – spiegò il trentino – come nazionale ci siamo comportati in maniera perfetta. Volevo ringraziare tutti quelli che mi sono stati vicini, niente era andato dritto in questi ultimi mesi. Non voglio dimenticare nessuno, è una grandissima giornata. Ci eravamo parlati con Cimolai, doveva attaccare per portare i migliori allo scoperto. La caduta nel finale ci ha semplificato le cose. E’ stata una Italia spettacolare».

Cimolai riassunse benissimo su Instagram la sua scelta da uomo, prima che da atleta.

«Non ci sono parole per descrivere certe emozioni – scrisse – vanno solo vissute. Sono un ragazzo cresciuto con dei valori che per me vanno al di sopra di tutto come l’onestà e la generosità e che vive ancora di emozioni. Ieri è stata una delle giornate più belle della mia carriera, ha vinto l’amico Matteo Trentin, ma ad esultare per primo ed a commuovermi sono stato io».

Nel 2019 Viviani, già olimpionico su pista a Rio 2016, vince gli europei su strada ad Alkmaar
Nel 2019 Viviani, già olimpionico su pista a Rio 2016, vince gli europei su strada ad Alkmaar

Un Viviani inedito

Ancora il 12 agosto, ma l’anno successivo e sui 176 chilometri voluti dalla Uec per provare a rendere più frizzante la corsa, sulle strade di Alkmaar tocca a Elia Viviani. La crescita del veronese è sotto gli occhi di tutti. Ha già vinto il campionato italiano correndo in modo sbarazzino. Tuttavia il suo atteggiamento sulle strade olandesi spiazza tifosi, rivali e addetti ai lavori. Il veronese attacca, dimentica di essere un velocista e vince per distacco. Alle sue spalle per un solo secondo arriva Lampaert, poi Ackermann a nove. Kristoff che lo aveva castigato nel 2017 vince a 33 secondi la volata dei velocisti battuti.

«Credo che oggi abbiate conosciuto un Elia nuovo – dichiara – un Viviani che non ha paura di fare una gara dura e che corre anche qualche rischio. Quando ci sono le gambe, però, è giusto farlo».

Nella squadra della doppietta italiana corrono ancora Trentin e Cimolai, con l’aggiunta di Consonni, il cui legame con Viviani affonda le radici in pista.

Giacomo Nizzolo, Arnaud Demare, Campionato europeo, Plouay, 2020
Agosto 2020, Giacomo Nizzolo vince gli europei di Plouay
Giacomo Nizzolo, Arnaud Demare, Campionato europeo, Plouay, 2020
Agosto 2020, Giacomo Nizzolo vince gli europei di Plouay

L’anno del Covid

Si corre d’agosto anche nel 2020, nella stagione balorda del Covid in cui il ciclismo riesce a mettere in strada le sue corse più belle. L’europeo si sarebbe dovuto correre a Trento. La città trentina ha avuto l’assegnazione e punta forte sulla rassegna continentale, ma quando ci si rende conto che le restrizioni, i DPCM e i rischi oggettivi renderebbero ingestibile la situazione, si preferisce fare un passo indietro. E’ ancora una volta Lappartient a salvare l’europeo, che nella conferenza stampa tenuta sabato a Trento ha definito «i miei figli». La corsa si svolge a Plouay, ancora Francia, sulle strade del Gp Ouest France e sfruttandone la logistica.

Dall’Italia, gli ultimi azzurri arrivano in auto e in quella di Cassani viaggia Giacomo Nizzolo, fresco, come Viviani l’anno precedente, della vittoria nel campionato italiano.

Per la tripletta azzurra, il corridore dell’allora Ntt Pro Cycling si lascia indietro l’eroe di casa Demare con una grande volata.

Giacomo Nizzolo, Davide Cassani, europei Plouay 2020
A Plouay, Cassani centra con Nizzolo il terzo titolo europeo
Giacomo Nizzolo, Davide Cassani, europei Plouay 2020
A Plouay, Cassani centra con Nizzolo il terzo titolo europeo

«Una giornata incredibile – commenta il milanese dopo il traguardo – la squadra mi ha lanciato alla perfezione, al termine di un grande lavoro da parte di tutti i miei compagni. Sinceramente nella volata non pensavo di aver avuto un buon colpo di reni, ma alla fine è bastato e sono molto felice così. Avevamo un piano preciso, che se nell’ultimo giro la corsa era ancora chiusa, avremmo lavorato per lo sprint e così abbiamo fatto».

E adesso i mondiali

Nella squadra del fantastico tris azzurro, corrono ancora Trentin e Cimolai. Il gruppo di Cassani ha un’anima forte che ruota attorno a un manipolo di campioni e veri uomini. Quel che manca ai mondiali, i cui percorsi sono disegnati per scalatori, è l’atleta di punta che possa giocarsela con Alaphilippe, Pogacar e Roglic. Si va per cicli, questo è quello degli uomini da classiche veloci, in passato abbiamo avuto quelli per le corse più dure. Il poker di Trento parla nuovamente di un campione italiano divenuto campione d’Europa. Ai mondiali di Leuven 2021 troveremo strade più adatte ai nostri uomini. E chissà che dopo la vittoria di Fourmies, non torni in ballo anche Viviani…

Da Glasgow a Plouay, tre europei a confronto: parla Garzelli

03.09.2021
5 min
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L’Italia correrà in casa i prossimi campionati europei. Il 12 settembre, a Trento gli azzurri saranno chiamati a difendere il titolo conquistato lo scorso anno a Plouay da Giacomo Nizzolo, che ha regolato in volata Demare e Ackermann. Una storia di amore e passione quella tra i colori azzurri e la maglia di campione europeo, sono tre anni di fila che il tricolore svetta sul gradino più alto del podio. Il primo fu Matteo Trentin, nel 2018 a Glasgow ad aggiudicarsi la prima maglia stellata per gli azzurri (foto di apertura), a cui seguirono Elia Viviani ad Alkmaar e, appunto, Nizzolo in terra francese.

Abbiamo chiesto a Stefano Garzelli di ripercorrere con noi i trionfi azzurri per analizzarli fino in fondo e capire come abbia fatto l’Italia ad aggiudicarsi questo favoloso tris.

Nel 2019 ad Alkmaar, Viviani arriva da solo: soluzione inattesa
Nel 2019 ad Alkmaar, Viviani arriva da solo: soluzione inattesa
Il campionato europeo è nato nel 2016 ti piace come corsa?

Sono pochi anni che si corre, ma ha pienamente colto nel segno dal mio punto di vista, c’era già il mondiale come corsa lunga ad “esaurimento”. L’europeo invece, è una corsa moderna, corta, dove conta tanto la tattica. Un chilometraggio breve, si parte subito forte e questo giova allo spettacolo e alla vivacità della gara.

Com’è vista dai corridori?

A loro piace, quando è stato introdotto gli addetti ai lavori erano un po’ scettici, ma direi che ha fatto centro, anche per quando riguarda i commissari tecnici. Con questa corsa così diversa e non lontana dal mondiale, possono giostrare in modo diverso i corridori, è anche un banco di prova importante per qualche ragazzo giovane.

Così magari emergono anche altri tipi di corridori, come i nostri.

Dopo i 200 chilometri avviene una selezione naturale, mentre per vincere una corsa più corta serve più organizzazione tattica, per mettere nel sacco gli avversari. Emerge quindi la capacità di correre come squadra e di essere un gruppo coeso. Mentre in una gara più lunga come un mondiale ci si può nascondere, al campionato europeo bisogna correre in prima linea.

Giacomo Nizzolo, Arnaud Demare, Campionato europeo, Plouay, 2020
Lo scorso anno terza vittoria consecutiva: Nizzolo a Plouay piega. il padrone di casa Demare
Giacomo Nizzolo, Arnaud Demare, Campionato europeo, Plouay, 2020
Lo scorso anno terza vittoria consecutiva: Nizzolo a Plouay piega. il padrone di casa Demare
L’Italia ha sempre saputo leggere molto bene la corsa, dove la tattica la fa da padrona.

Noi abbiamo dominato le precedenti edizioni! Questo vuol dire che corriamo bene e sappiamo cosa fare per essere sempre protagonisti. Questo lo testimoniano i tre successi di fila. Quello che personalmente mi ha colpito di più è stato quello di Viviani nel 2019 (Alkmaar ndr).

C’era tanto vento…

Sono stati bravi a portarlo fuori nel momento migliore e hanno gestito i ventagli in maniera egregia, poi la sua grande condizione è uscita ed ha vinto in solitaria. Elia quel giorno volava, letteralmente.

Matteo Trentin aprì le danze.

Matteo è un corridore che con percorsi mossi ed ondulati emerge e si esalta, anche quando il clima è avverso non si fa fermare. In una giornata da tregenda mise dietro di sé Van Aert e Van Der Poel, questo vuol dire che sei forte. 

Se a Trento Colbrelli avrà la forma del tricolore e poi del Tour, alla sua portata c’è un grande risultato agli europei
Se a Trento Colbrelli avrà la forma del tricolore e poi del Tour, alla sua portata c’è un grande risultato agli europei
L’ultimo è stato Giacomo Nizzolo, in un’edizione un po’ particolare

Quello dello scorso anno è stato un europeo differente, a causa del Covid si è gareggiato in piena stagione, questo cambiava le carte in tavola. Giacomo era pronto per fare bene la prima parte di stagione dopo il nuovo inizio, infatti, in una settimana ha vinto il titolo italiano e quello europeo.

Un peccato che non possa difendere il suo titolo

Un peccato, ma non avrebbe potuto difenderlo al meglio delle sue possibilità. Quello di Trento è un percorso troppo duro per lui, la scelta è dolorosa ma corretta, lo vedo meglio al mondiale, nelle Fiandre.

Ci saranno altri dei “nostri” pronti a difendere il titolo, chi credi possa fare bene?

Trentin è il nostro uomo di punta secondo me, il terreno è adatto a lui, ormai siamo a livelli in cui anche corridori come Matteo reggono bene in salite di media percorrenza. Alla Vuelta sta andando forte, non ha vinto ma si è piazzato sempre bene. Sta andando forte anche in salita. Un altro è Sonny Colbrelli, campione italiano, che ha fatto un Tour de France molto forte (non ha vinto ma ha trovato due volte il podio, ndr).

Nonostante la stagione a corrente alternata per varie sfortune, agli europei Bagioli potrà dire la sua
Nonostante la stagione a corrente alternata per varie sfortune, agli europei Bagioli potrà dire la sua
Anche Bagioli sta andando bene, potrebbe correre l’europeo secondo te?

Assolutamente, è il suo terreno, va forte in salita ed anche molto molto veloce. Ha sfiorato più volte la vittoria alla Vuelta quest’anno. Mi aspettavo qualcosa in più in salita, ma nelle corse di un giorno la storia è differente. Penso possa essere una bella esperienza per lui e che possa dire la sua.

Grande lancio DMT: ecco KR0, sviluppata con i pro’

01.09.2021
4 min
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DMT, l’azienda veronese che produce calzature da 40 anni, crea il nuovo modello KR0, una scarpa che fonde ciò che tutti i ciclisti cercano: comodità e performance. DMT ha realizzato una serie di scarpe che sono diventate simbolo e icona del ciclismo, da quelle tricolore per Elia Viviani nel 2018 a quelle gialle di Pogacar che hanno sfilato sugli Champs Elysées.

Tecnologia Engineered 3D Knit

Da più di 10 anni DMT, nei propri stabilimenti, crea e compone calzature per tutti gli sport con questa tecnologia. Una tomaia cucita con migliaia di filamenti che si intrecciano gli uni con gli altri, dando la sensazione di avvolgere il piede come un calzino.

Il primo modello realizzata con tecnologia Knit esce allo scoperto con Viviani tricolore nel 2018
Il primo modello realizzata con tecnologia Knit esce allo scoperto con Viviani tricolore nel 2018

Nel 2017 è iniziato lo studio per portare i materiali e le tecnologie utilizzate tutti i giorni nel mondo dei pedali. Un anno dopo è stata realizzata la prima scarpa in Engineered 3D Knit dedicata al ciclismo. L’ha indossata Elia Viviani, disegnata con il tricolore, in onore della maglia di campione italiano indossata dal veronese.

La nuova KR0

Rappresenta l’apice delle performance e degli studi in casa DMT, migliorando tutte le caratteristiche delle calzature in maglia. La principale sfida era riuscire a connettere un tessuto così morbido con la suola, per permettere un trasferimento di potenza efficace, senza però rinunciare al comfort. La nuova suola realizzata in carbonio SL aumenta l’areazione, per combattere il caldo e la formazione di batteri all’interno della calzatura.

Sistema di chiusura

Parte fondamentale per la scarpa, soprattutto per quelle con una tomaia molto leggera, la doppia chiusura BOA Li2 presente sulle KR0 permette una microregolazione adatta a tutti

Testata dai migliori

Da questo punto di vista sono stati importanti i test e i dati riportati dai vari atleti del mondo WorldTour che collaborano con il marchio veronese, tra cui appunto, Elia Viviani.

«KR0 è la scarpa più leggera, avvolgente e confortevole che io abbia mai utilizzato – dice il veronese, bronzo a Tokyo – l’utilizzo del Knit nella KR1 era già stata una rivoluzione, ma la KR0 è l’evoluzione, la perfezione. La nuova suola aumenta la rigidità e l’aerazione».

Si contano collaborazioni anche con Eolo-Kometa ed Intermarché Wanty Gobert, mentre nel ciclismo femminile veste i piedi delle atlete del team Alé-BTC, un’incredibile quantità di corridori con cui crescere e far sviluppare le calzature DMT.

Per tutte le taglie

Le misure disponibili partono dal 37 fino al 46, con anche la disponibilità delle mezze misure. Disponibili anche il 47 ed il 48.

Peso della scarpa, per il numero 42 di 210 grammi.

Disponibile in tre colorazioni: nero, grigio e rosso fiammante

dmtcycling.com