Dall’esempio di Sagan, parliamo di Covid e cuore

23.03.2021
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Quando è risultato che Sagan avesse effettivamente preso il Covid, i medici della Bora-Hansgrohe gli hanno vietato il benché minimo sforzo, costringendolo a fermarsi del tutto. Troppo alto, hanno spiegato, il rischio che il virus coinvolgesse il cuore compromettendone la funzionalità, così Peter è stato costretto a rientrare soltanto alla Tirreno-Adriatico (foto di apertura). Nell’anno in cui prima Viviani e poi Ulissi si sono fermati per insoliti problemi cardiaci, la curiosità di capire se il Covid possa averci messo lo zampino è scattata in un battito di ciglia. E così, approfittando della disponibilità di un ottimo cardiologo dello sport come Roberto Corsetti, abbiamo provato a fare qualche domanda. Per soddisfare la nostra curiosità e magari anche quella di chi legge.

Come già raccontato nei giorni scorsi, dopo gli anni alla Fassa Bortolo, alla Liquigas e alla Quick Step, Corsetti oggi lavora presso il Centro Medico B&B di Imola.

Elia Viviani nell’ospedale di Ancona con il dottor Corsetti
Elia Viviani nell’ospedale di Ancona con il dottor Corsetti
Covid e cuore: c’è un nesso?

Il fatto che il virus potesse avere una localizzazione cardiaca è stato desunto dall’osservazione su pazienti ricoverati o venuti a mancare. A quel punto è stato dato l’allarme, perché effettivamente il virus può interessare il muscolo cardiaco e provocare fenomeni infiammatori del miocardio e del pericardio. Per questo gli esperti hanno posto l’attenzione che gli sportivi dovessero poi fare degli approfondimenti per certificare che non ci fosse stato interessamento cardiaco. E in uno dei vari Dpcm dei primi tempi fu stabilita la serie degli esami da sostenere e la tempistica per la ripresa. Più rapida per i professionisti, che superati gli esami strumentali possono ripartire avendo accanto uno staff medico, di un mese per tutti gli altri atleti.

A ben vedere non si tratta del solo virus che attacca il cuore.

Stavo arrivando proprio a questo. Anche il citomegalovirus, la mononucleosi e la toxoplasmosi comportano rischi simili. Il primo soprattutto è uno dei più temuti, perché provoca miocarditi importanti in poco tempo. Il Covid ci sta insegnando tante cose.

Giulio Ciccone, ritiro Trek (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)
Giulio Ciccone ha subito un’ablazione e in seguito ha contratto il Covid (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)
Giulio Ciccone, ritiro Trek (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)
Ciccone ha subito un’ablazione prima del Covi (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)
Ad esempio?

I nostri direttori sportivi di una volta dicevano che se il corridore ha avuto l’influenza, deve restare a riposo, tenendo a freno la smania di tornare. Sentire da un manager come Giancarlo Ferretti che l’atleta dopo la febbre dovesse solo recuperare mi faceva vedere una saggezza efficace, basata sulla grande esperienza. Dopo l’evento infettivo, non è detto che tutto vada bene solo perché l’atleta non ha più la febbre. Il Covid ha portato la consapevolezza che dobbiamo stare attenti. Ci sta trasmettendo in forma ampliata delle conoscenze che avevamo già.

I problemi di Viviani sono in qualche modo riconducibili al Covid?

Quello che ha innescato la tachicardia di Elia è stato un piccolo focolaio atriale, come è successo a Ciccone e a tanti altri atleti. A quanto mi risulta avendo seguito il caso, il Covid non c’entra. Sono fenomeni ricorrenti, pensate a Bitossi…

Un’ablazione e tutto sarebbe cambiato?

Partiva alle corse e quando iniziavano le tachicardie, doveva fermarsi sui paracarri ad aspettare che il cuore si calmasse. Probabilmente un’ablazione gli avrebbe permesso di vincere tante più corse. La sua vicenda per noi cardiologi dello sport è leggenda e anche un grande insegnamento. A Bitossi non lo diciamo, ma sarebbe stato brutto perdere la sua storia. Le tachicardie atriali non provocano grandi conseguenze, al di fuori della necessità di fermarsi finché non passano. Ben più gravi sono quelle ventricolari. Ma comunque il Covid qualche problemino lo ha creato.

Anche Bitossi aveva delle tachicardie atriali: con un’ablazione avrebbe risolto tutto?
Anche Bitossi aveva delle tachicardie atriali: con un’ablazione avrebbe risolto tutto?
Ci sono dei numeri?

Faccio il caso del nostro laboratorio. Da maggio abbiamo avuto 65 casi di agonisti positivi al Covid. Hanno fatto ecocardiogramma e test da sforzo e abbiamo avuto soltanto 2 evidenze di localizzazione cardiaca. Interessante il caso di una bimba di 11 anni che fa ginnastica ritmica. A dicembre aveva fatto proprio qui la visita di idoneità e non aveva niente. Nella prova da sforzo a 194 battiti era perfetta. Il 10 gennaio è risultata positiva, senza avere grossi sintomi. E’ dovuta tornare, l’ecocardio era pulito, ma sotto sforzo aveva tante aritmie. L’associazione col Covid è scattata da sé. Per cui la abbiamo messa a riposo e dovrà tornare per altri test. In assoluto, per quello che ho osservato, mi sento di dire che gli sportivi sono meno soggetti al contagio.

Vale a dire?

Coloro che praticano attività sportiva costante hanno un adattamento organico che un po’ li tutela da questo tipo di infezione. Lo sport può essere un discreto strumento preventivo. Lo dimostra la risposta ai chemioterapici, ad esempio. Sono farmaci anche cardiotonici e l’atleta che per sua sventura è costretto a farne uso, resiste molto meglio.