Il rientro di Piccolo e Innocenti: i pro e i contro

05.12.2022
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Il 2022 è stato un anno intenso e ricco di rientri. Quello che ci ha lasciati più sorpresi, per continuità e prontezza, è quello di Andrea Piccolo. Prima alla Drone Hopper e poi subito promosso nel WorldTour con la EF Education Easy Post. Nella pausa invernale, però, c’è stato spazio per un altro bell’annuncio: il ritorno di Innocenti con la Technipes-#InEmiliaRomagna

I due corridori hanno avuto un passato, nelle categorie minori, di tutto rispetto. Entrambi hanno vinto il Giro della Lunigiana: Piccolo nel 2019 ed Innocenti nel 2017. Un passato accomunato da un grande talento ed un presente più difficile. Un’altra cosa che accomuna i due è l’aver lavorato con Pino Toni, che parlando del loro motore, ci disse di aver sempre riscontrato valori molto interessanti.

Piccolo è stato fermo per 6 mesi a causa del problema Gazprom (foto Instagram)
Piccolo è stato fermo per 6 mesi a causa del problema Gazprom (foto Instagram)

L’occhio del preparatore

Cosa vide Pino Toni nei due? Lo chiediamo direttamente al preparatore toscano che ripescando nella memoria, e riallacciandosi con il presente, ha le idee chiare.

«Ora come ora – racconta – di Piccolo ho più informazioni, anche perché lo alleno io. Mi è stato proposto di seguirlo dopo il caso Gazprom, abbiamo parlato un po’ e da allora lavoriamo insieme. Innocenti l’ho visto quando era tra i dilettanti, gli ho fatto qualche test, lui era davvero forte, quello che è successo dopo non me lo spiego. Io non penso sia un dopato, non ne aveva minimamente bisogno…»

Piccolo è tornato con continuità alle corse in maglia Drone Hopper, qui al Trofeo Getxo dove è arrivato secondo alle spalle di Ayuso
Piccolo è tornato con continuità alle corse in maglia Drone Hopper, qui al Trofeo Getxo dove è arrivato secondo
Parliamo prima di Andrea Piccolo, da junior era davvero forte…

Ha sempre fatto bene, sia da junior che da dilettante – ci dice Pino Toni – la sua sfida continua con Tiberi era affascinante. Erano i due punti di riferimento del movimento italiano. Da ragazzino Andrea (Piccolo, ndr) l’ho visto poco anche perché io allenavo Tiberi. Però vedevo spesso le corse e la cosa che mi ha sempre sorpreso è stato l’atteggiamento, la fame e la cattiveria che aveva erano incredibili.

Poi c’è stato lo stop, anzi due: quello con l’Astana e il caso Gazprom.

Il dopo Astana per lui è stato complicato, ma lo ha gestito da sportivo vero, da chi sa cosa vuole. E anche il caso Gazprom non lo ha aiutato. E’ tornato a correre a giugno, dopo mesi di pausa, al campionato italiano, ed è arrivato quarto. Quel risultato ha stupito molto, ma è sintomo che il motore c’è ancora ed oltre alle doti fisiche si aggiungono grandi capacità di concentrazione e di lavoro

Che corridore è?

E’ il tipo di corridore giovane e moderno, si sa allenare ed è capace di fare fatica in allenamento. I corridori al giorno d’oggi devono sapersi allenare perché non puoi andare alle corse e non avere gamba, ti stacchi subito. Bisogna riuscire a soffrire in allenamento per poi dire la tua alle corse

Per Piccolo (al centro) subito la chiamata dal WorldTour, dal 1° agosto approda alla EF (foto Instagram)
Per Piccolo (al centro) subito la chiamata dal WorldTour con la EF (foto Instagram)
Che impressione ti ha fatto? 

Un mio collega in Katusha, Popov, mi ha chiesto se fossi disposto a lavorare con lui. Prima ho guardato i file ed abbiamo fatto delle prove, era incredibile. A dicembre 2021 pesava 74 chili, 8 in più di ora, e i test erano già sorprendenti, questo vuol dire che ha davvero un gran motore. 

Lui ha ripreso a correre da giugno e da allora è stato un continuo crescendo…

Piccolo è un corridore che può andare bene nelle classiche e nei grandi Giri: va forte a crono, cura molto quella disciplina. Da agosto a ottobre è sempre arrivato davanti, scendeva dall’aereo e andava a correre e lo trovavi sempre tra i primi. Questo è sintomo di un grande recupero e di una voglia fuori dal comune. Non ha ancora vinto, per farlo bisogna iniziare a lavorare sul particolare, a concentrarsi su un obiettivo. Il 9 dicembre vado a Girona per parlare con il capo performance della EF per capire il programma di lavoro e il calendario. 

L’11 novembre siamo andati a casa di Innocenti, il suo ritorno meritava di essere raccontato
L’11 novembre siamo andati a casa di Innocenti, il suo ritorno meritava di essere raccontato

Il ritorno di Innocenti

Andrea Innocenti ha alle spalle una storia tanto travagliata che meriterebbe un romanzo a puntate. Il corridore toscano torna a correre dopo 4 anni, un periodo lunghissimo, quasi interminabile. Ma concentriamoci solamente sull’aspetto tecnico, che cosa potrà fare, a che punto lo ritroviamo?

«Lui è stato fermo quattro anni – racconta Pino – sono tanti. Sinceramente è il primo corridore, di cui sono a conoscenza, che torna alle corse dopo un periodo così lungo. 

Il 2017 è l’anno migliore per Innocenti, con 9 vittorie, fra cui il Lunigiana (duzimage)
Il 2017 è l’anno migliore per Innocenti, con 9 vittorie, fra cui il Lunigiana (duzimage)
Ha già ripreso a correre, al Giro del Friuli, e non è andata male.

No, anzi. Questi sono segnali positivi, vuol dire che i numeri li ha, poi per quello che so si è allenato molto. Bisogna vedere dove può arrivare, lo stop è stato sicuramente un handicap, non si può negarlo. 

Lo hai testato più volte, che ci avevi visto?

Era davvero incredibile, un gran motore ed una mentalità da vero corridore. Anche da ragazzino era molto curioso, faceva domande, voleva capire. Sono tanti i corridori che hanno i numeri, ma poi non hanno la testa per spingersi oltre. Sia Piccolo che Innocenti mi hanno sempre dato la sensazione di avere la mentalità giusta per diventare dei signori corridori. Te lo fanno capire che per loro non è un gioco. 

Anche Innocenti era uno dei punti di riferimento del movimento italiano…

Assolutamente, lo ha detto tante volte anche Cassani. Ed il fatto che ritorni a correre con lui alla Technipes-#InEmiliaRomagna vuol dire che ci credono ancora. E’ rientrato in una continental, ma lo staff che c’è in quel team è di altro livello: Coppolillo, Chicchi, Chiesa, Malaguti come preparatore… Insomma, è ben supportato. 

Durante lo stop di 4 anni, Innocenti non ha mai abbandonato la bici (foto Instagram)
Durante lo stop di 4 anni, Innocenti non ha mai abbandonato la bici (foto Instagram)
Quattro anni sono tanti…

E’ difficile tornare, sono 4 anni di fatiche e delusioni mancate, è un buco nella sua carriera. Innocenti è un vero atleta, lo è sempre stato. Su questo non c’è nulla da dire. Non rientra nel professionismo, ma anche nelle continental si va forte.

Possono ancora essere il futuro del ciclismo italiano?

Dopo quello che hanno attraversato, devono capire quale possa essere il loro ruolo in questo mondo. Sicuramente sono due che partono con la mentalità di voler essere dei vincenti, poi si vedrà. Sono giovani, Piccolo è più avvantaggiato perché ha ripreso da qualche mese e questa potrà già essere una stagione di conferme. Innocenti non deve farsi prendere dalla fretta, se i risultati arriveranno bene, ma al momento deve andare alla ricerca del colpo di pedale.

Savio riparte dalla Colombia, ma il mosaico è incompleto

30.11.2022
5 min
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«Siamo rimasti com-ple-ta-men-te spiazzati dalla Drone Hopper». Gianni Savio scandisce bene l’avverbio e in quelle sillabe c’è tutto il suo stupore e la sua delusione se così possiamo dire. Lo storico team manager dell’Androni, ad oggi ancora Drone Hopper-Androni, ci racconta per bene come stanno le cose.

Ieri erano uscite delle sue dichiarazioni, oggi Savio va più in profondità. Trent’anni di ciclismo, di squadre, di emozioni, di cadute e di vittorie non si possono, e non si devono, cancellare così. La startup spagnola dei droni, li ha di fatto lasciati a piedi.

Quest’anno la squadra di Savio ha vinto sei corse. Qui l’ultima di queste: Grosu nella terza tappa del Turul Romaniei
Quest’anno la squadra di Savio ha vinto sei corse. Qui l’ultima: Grosu nella terza tappa del Turul Romaniei

Droni “poco volanti”

«Come dicevo – inizia Savio – non ce lo aspettavamo. Noi pensavamo di fare il salto di qualità, addirittura in Drone Hopper parlavano di WorldTour. Ero io che li frenavo. “Andiamo per gradi”, dicevo. Loro hanno un grande potenziale, ma sono stati superficiali. E mi spiego…

«Un anno fa, inviammo la documentazione all’UCI per avere il via libera ed ottenere la licenza.E infatti come da prassi analizzarono le carte e ci dissero che era tutto okay. Poi ad inizio anno sono iniziati i primi problemi ai quali non hanno saputo far fronte, fino ad arrivare alla totale mancanza di liquidità. 

«Io e Marco Bellini abbiamo fatto i salti mortali per pagare gli stipendi. Grazie alla clausola sul premio di valorizzazione, con le cessioni di Cepeda e Piccolo a luglio siamo riusciti a pagare gli stipendi. I soldi arrivarono in banca il martedì e il mercoledì erano già usciti. E ancora oggi con Marco intendiamo onorare quanto ancora manca ai componenti della squadra».

Piccolo, arrivato a giugno, ha lasciato la Drone Hopper-Androni a luglio (foto Drone Hopper/Sirotti)
Piccolo, arrivato a giugno, ha lasciato la Drone Hopper-Androni a luglio (foto Drone Hopper/Sirotti)

Ed ora?

L’allarme rosso si era acceso già in estate. Pare che sia stato Giovanni Ellena, il primo diesse della squadra, a pretendere chiarezza e da lì si sia aperto ufficialmente lo stato di crisi.

«Cinque mesi fa – va avanti Gianni – ho detto a tutti di ritenersi liberi, in modo che non si arrivasse in autunno e nessuno potesse dire: “Ma se lo avessimo saputo prima”». Una mossa onesta che infatti ha consentito a molti, corridori e staff, di ricollocarsi.

«Ovviamente – continua Savio – non avrei ricominciato una stagione senza garanzie totali. Ho cercato sponsor nell’ultimo momento, fra agosto, settembre e ottobre, ma tra pandemia, guerra e crisi energetica non si è trovata un’azienda disposta a mettere 1,5 milioni di euro per fare il primo sponsor. Quindi ho optato per una continental, ma a due condizioni. Uno: che dietro ci fosse un progetto. Due: che non corressimo più rischi economici».

Savio racconta che, una volta saputo che non avrebbe più fatto la squadra professional, molti team si sono fatti avanti, persino da Australia e Sud Africa. Tra chi si è proposto c’è effettivamente il team colombiano di cui si diceva ieri.

«E questa proposta l’abbiamo accettata, perché rispetta le due condizioni. In questa squadra colombiana ci sono corridori interessanti, giovani con dei bei valori fisici». 

Savio non può dire molto sulla nuova squadra che verrà annunciata a giorni. «E’ anche – spiega – una questione di scaramanzia, visto che c’è un accordo verbale tra gentiluomini, ma nulla di nero su bianco».

Sarà strano non vedere una squadra di Savio al Giro d’Italia. Qui Edoardo Zardini al via da Isernia quest’anno
Sarà strano non vedere una squadra di Savio al Giro d’Italia. Qui Edoardo Zardini al via da Isernia quest’anno

Oltre l’Atlantico

Ma come nasce la “fusione” con la squadra colombiana? A fare da ponte è stato un nostro collega, il giornalista colombiano Hector Urrego, un vero amico di Gianni. Savio è molto popolare in Sud America, amici e conoscenze proprio non gli mancano.

«Hector mi disse: “Guarda Gianni che c’è questo team che è davvero interessante”. Ci sono persone serie, tra cui un direttore sportivo di lungo corso che ben conosco». 

«La squadra avrà sede in Colombia. Il primo sponsor è di lì. Ci saranno dieci corridori colombiani e cinque o sei corridori che erano già con noi. E questi sei sono: Santiago Umba, Didier Merchan, Brandon Rojas, Gabriele Benedetti e Trym Westgaard Holther. Loro avevano un contratto anche per il 2023. Mentre per Riccardo Ciuccarelli (che avevano ingaggiato dagli U23, ndr) vediamo come andranno le cose, se riuscirà ad accasarsi altrove o se resterà con noi (il contratto che aveva firmato con Drone Hopper chiaramente è decaduto, ndr). Insomma stiamo mettendo insieme i tasselli del mosaico».

E fra tasselli del mosaico, da quel che si capisce, c’è anche lo staff tecnico da definire. L’unico diesse certo è quello colombiano che Savio non può rivelare. «E’ anche giusto che essendo loro il primo sponsor questo passaggio spetti a loro».

In tutto ciò resta il fatto che Giovanni Ellena, direttore sportivo di grande spessore (ma alla Drone Hopper-Androni c’erano anche Alessandro Spezialetti, Daniele Righi, Giampaolo Cheula e Leonardo Canciani), non è ancora nel mosaico. Tutto è in divenire. 

Umba è uno dei corridori che dovrebbe restare nella nuova squadra (Santiago aveva un contratto con la Drone Hopper fino al 2024)
Umba è uno dei corridori che dovrebbe restare nella nuova squadra (Santiago aveva un contratto con la Drone Hopper fino al 2024)

Professional nel 2024

Una cosa è certa, la prima condizione di cui parlava Savio era il progetto e questo sembra esserci.

«La parte colombiana – spiega il piemontese – è interessata alla nostra sede europea e alle nostre strutture come ammiraglie, motorhome, bus (e aggiungiamo anche al sapere e all’esperienza, ndr)… E noi ai corridori e allo sponsor». Come si dice: una mano lava l’altra.

«Ma anche noi abbiamo il nostro pacchetto di sponsor. I nostri partner storici ci sono rimasti vicino. Parlo di Androni, Sidermec, Lauretana, Omz. Anche per questo l’obiettivo è di traghettarsi verso il 2024 e fare di nuovo la professional per quella data.

«Da parte mia riparto con lo stesso entusiasmo di sempre e la solita “maledetta” passione. Quella passione che mi porta a superare i problemi».

La Drone Hopper si ferma. Chi pensa a questi sei?

26.11.2022
6 min
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Le speranze della Drone Hopper di restare professional si sono librate in aria e sono sparite. Il main sponsor spagnolo non ha più eliche per tenere in volo la formazione italiana. L’impegno economico che si era assunto la start-up per le prossime annate non può più a garantirlo. Ormai a questo punto servirebbe un miracolo, ma per quanto Gianni Savio negli anni ci abbia abituato ad operazioni straordinarie, stavolta non sarà così.

Benché non ci sia ancora nulla di ufficiale, le voci dicono che il suo team dovrebbe prendere la licenza continental facendo una “fusione” con una formazione colombiana. La prima conseguenza di questa unione sarà la riduzione del roster. Lo slot di posti per i corridori italiani è praticamente assicurato soltanto a Benedetti (che aveva un biennale in tasca) e a Ciuccarelli (neo pro’ nel 2023). Di Chirico abbiamo parlato un mese fa, Mattia Bais è appena stato annunciato dalla Eolo-Kometa (dove raggiungerà suo fratello Davide). Ma gli altri italiani che erano in scadenza di contratto cosa faranno? E come stanno vivendo il momento? Sono in sei e glielo abbiamo chiesto, naturalmente. Rubrica telefonica e via. Componiamo i numeri e ascoltiamoli.

Simone Ravanelli si sta affidando ai suoi procuratori Alberati (in foto) e Fondriest per trovare una soluzione per il 2023
Simone Ravanelli si sta affidando ai suoi procuratori Alberati (in foto) e Fondriest per trovare una soluzione per il 2023

Ravanelli al bivio

Simone si è dato un time limit per conoscere il suo futuro anche se sembra aver metabolizzato abbastanza bene la vicenda.

«Sto continuando ad allenarmi. Un po’ per svagare la mente – dice – un po’ per farmi trovare pronto se arrivasse una chiamata da Gianni o da altri. Sarei disposto a restare anche nella continental perché so che nel 2024 potremmo tornare professional. Sono dei compromessi che posso accettare con loro, ma ho 27 anni e devo avere delle garanzie. Entro metà dicembre mi piacerebbe sapere in modo definitivo cosa ne sarà della Drone Hopper. In ogni caso sto valutando il cosiddetto piano B. Vorrei restare nel mondo del ciclismo sul lato commerciale, sfruttando i miei studi al liceo scientifico. Magari qualche azienda del settore potrebbe avere bisogno, sto iniziando a buttare un occhio in giro. Diciamo che sono preparato a smettere, anche se spero di no. E anche se speravo di farlo in un altro modo o molto più in là.»

Alessandro Bisolti, classe 1985, è pro’ dal 2009. Non è preoccupato di dover smettere
Alessandro Bisolti, classe 1985, è pro’ dal 2009. Non è preoccupato di dover smettere

Bisolti, tante idee

Alessandro ha la battuta pronta appena lo contattiamo. «Se non dovessi continuare potrei venire da voi di bici.PRO visto che al Langkawi e al Rwanda vi ho fatto da inviato in corsa. Mettete una buona parola col vostro capo (dicendo ridendo, ndr). Scherzi a parte, in questa situazione sono quello che ho meno da perdere rispetto agli altri miei compagni. Ho 37 anni, sono pro’ dal 2009, le mie soddisfazioni me le sono tolte e devo solo capire se ne valga la pena correre ancora. Ho tante idee per il futuro.

«In una situazione simile mi trovai giusto dieci anni fa quando ero al Team Idea. Eravamo continental e dovevamo diventare professional nel 2013, ma vennero a mancare gli sponsor. Andai a lavorare in carpenteria con mio padre. Tornai a correre nel 2014 ma in quel periodo presi l’abilitazione da geometra che adesso può tornarmi utile. Attualmente non mi sto allenando, mi sto godendo le mie bambine di 5 e 9 anni. Fra venti giorni vedremo come andrà, mi aspetto qualche comunicazione sulla nostra chat o una chiamata anche solo per salutarci.»

Marchiori Bretagne
Leonardo Marchiori esulta al Bretagna nel 2021. Quest’anno invece ha avuto una stagione difficile. Solo 23 giorni di gara
Marchiori Bretagne
Leonardo Marchiori esulta al Bretagna nel 2021. Quest’anno invece ha avuto una stagione difficile. Solo 23 giorni di gara

Marchiori alla finestra

Leonardo è piuttosto attivo fisicamente e sul suo futuro mantiene un discreto ottimismo, forse perché avendo 24 anni è quello che potrebbe rientrare di più nei piani di Savio e Bellini o di altre formazioni.

«Sto vivendo questo momento in modo strano – spiega – pensando a cosa è successo a noi, alla Gazprom o anche alla B&B Hotels, seppur per circostanze non del tutto uguali. Esco in bici in modo blando, mentre in palestra sto lavorando più sodo. Tant’è che ho fatto già dei corsi per diventare personal trainer. Proposte di qualche team continental le ho avute, ma ovvio che sto aspettando di avere notizie dalla mia squadra. Tuttavia moralmente sono più positivo che negativo anche se all’inizio è stata dura, una vera mazzata.

«Se nessuna formazione mi chiamerà, un lavoro lo troverò. Mio padre ha un panificio che fa anche da pasticceria e bar. Di sicuro so che una persona in più gli potrebbe fare comodo. Oppure so che le aziende nell’orbita della Fincantieri cercano sempre».

Filippo Tagliani quest’anno è stato molto regolare. Ha conquistato un terzo posto sia in Turchia che in Grecia
Filippo Tagliani quest’anno è stato molto regolare. Ha conquistato un terzo posto sia in Turchia che in Grecia

Tagliani scoraggiato

Tra i ragazzi della Drone Hopper quello che appare più scoraggiato è Filippo Tagliani. Il 27enne bresciano ha faticato tanto, meritandolo, per passare pro’ che ora si trova nell’incertezza totale.

«Sto facendo fatica ad accettare questa situazione – dice – soprattutto perché avevo disputato una buona stagione. Non mi sono mai ritirato in nessuna delle 70 gare che ho fatto. Alla fine, sentendomi con gli altri miei compagni, Ravanelli, Marchiori, Marengo ed io potremmo rientrare nei piani nella continental di Savio. Non è stato facile nemmeno guardarsi attorno perché le altre squadre sono già fatte. Adesso aspetto e spero. Nel frattempo cercherò di capire cosa poter andare a fare anche se sono stato preso proprio alla sprovvista».

Edoardo Zardini nel 2022 ha disputato 74 giorni di gara. Nella Drone Hopper solo Sepulveda ne ha fatti di più
Edoardo Zardini nel 2022 ha disputato 74 giorni di gara. Nella Drone Hopper solo Sepulveda ne ha fatti di più

Zardini, un passo indietro

L’amarezza pervade anche Edoardo, ma il 33enne scalatore veronese aveva iniziato ad avere altre idee malgrado sia stato quello che ha corso di più.

«Già durante il Giro d’Italia stavo maturando l’idea di smettere. Il mio l’ho fatto. Ultimamente mi hanno cercato una continental britannica ed una professional, ma gli ho detto di no. Fare il corridore diventa sempre più difficile e devi esserne convinto al 100 per cento. Non era più così per me, non posso continuare solo per fare contenti gli altri. E poi anche l’anno scorso ho vissuto la stessa situazione (chiusura della Vini Zabù, ndr). Ormai ho deciso di ritirarmi. Posso andare a lavorare nell’azienda dei miei genitori o da altre parti. Restare nel ciclismo non mi interessa, forse un domani potrei pensare di collaborare con qualche formazione giovanile

Umberto Marengo, classe ’92, qui al Tour of Antalya. La sua ultima gara è stata la Veneto Classic a ottobre (foto Bettini Drone Hopper)
Umberto Marengo, classe ’92, qui al Tour of Antalya. La sua ultima gara è stata la Veneto Classic a ottobre (foto Bettini Drone Hopper)

Marengo, rabbia e frustrazione

L’umore di Umberto è mix tra rabbia e frustrazione. Come dargli torto. «Avevo scelto la Androni per rilanciarmi, però sembrava che fosse tutto segnato, che non dovesse andarmi bene nulla a livello agonistico. Questa è la cosa che mi fa più male. In carriera sono sempre stato in salute, ma quest’anno ho preso Covid, bronchiti e citomegalovirus che mi hanno condizionato parecchio.

«Sto uscendo in bici regolarmente come se dovessi ricominciare la nuova stagione, ma quando sono rientrato dalle ferie non volevo nemmeno ricominciare ad allenarmi. Poi la mia compagna e gli amici mi hanno detto che non sarebbero stati questi due mesi di bici a farmi difetto. Metti che succeda davvero un miracolo? Tuttavia sono consapevole che sarà impossibile continuare a correre, anche perché non ho avuto altre proposte. Valuterei anche un ingaggio in MTB. Ho in testa tante cose senza bici, ma prima di pensare a cosa farò devo elaborare bene mentalmente questa situazione.»

Staff performance: 3 nuove figure per alzare il livello

24.11.2022
4 min
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La Bardiani CSF Faizanè rivoluziona il proprio staff performance, anzi, si potrebbe dire che lo crea. La squadra di Roberto e Bruno Reverberi ha tre nuovi membri nel proprio staff: Maurizio Vicini, Andrea Giorgi e Borja Martinez Gonzalez. La cosa che li accomuna? Tutti arrivano dalla Drone Hopper Androni, il team di Savio che da quest’anno non sarà più una professional. Chiediamo allo stesso Roberto Reverberi come e quando è nata l’idea di questa piccola rivoluzione, che in realtà nasconde molto dietro di sé.

Il gruppo giovani della Bardiani avrà ora un supporto più incisivo con l’arrivo dello staff performance
Il gruppo giovani della Bardiani avrà ora un supporto più incisivo con l’arrivo dello staff performance
E’ uno staff completo preso da un team già esistente…

Esattamente. Negli anni come Bardiani abbiamo avuto più volte l’intenzione di portare da noi Vicini, medico sociale. Una figura che avremmo voluto implementare nel nostro staff perché averne due è sempre meglio. Lui è molto bravo e preparato, in più abita vicino a noi. Ma lui è sempre stato corretto nei confronti di Savio e ha declinato le nostre offerte. 

Poi c’è stato il ridimensionamento della Drone Hopper.

E’ brutto da dire, ma è la verità. La chiusura della Drone Hopper è un peccato, appena saputo questo Savio ha “liberato” lo staff e sono arrivate queste tre nuove figure.

I giovani sono tutti da crescere, a loro va insegnato molto sul modo del ciclismo (foto Okolo Slovenska)
I giovani sono tutti da crescere, a loro va insegnato molto sul modo del ciclismo (foto Okolo Slovenska)
Gli altri due, Giorgi e Borja, chi sono?

Andrea Giorgi è colui che si occuperà di fare i test e seguirà i ragazzi sul piano dell’alimentazione. Un punto sul quale ci siamo accorti di dover fare dei passi in avanti. Borja, invece, si occuperà di verificare gli allenamenti dei ragazzi tramite Training Peaks e si interfaccerà con i diesse per tenerli sempre aggiornati. Non abbiamo un preparatore legato al team, ogni ragazzo è libero di scegliere chi vuole. Ovviamente, il tutto sarà sotto i nostri occhi, anzi quelli di Borja.

Un passo in avanti quindi?

Sentivamo la necessità di ampliare lo staff, più che altro il ciclismo moderno ci porta a lavorare più ad ampio raggio. Ventisei corridori sono tanti e sono tutti sparsi per l’Italia, quando succede qualcosa è difficile andare sul posto e seguirli. In questo modo avremo maggiore monitoraggio e meno problemi. 

Prima di Giorgi chi curava l’alimentazione?

Non abbiamo mai avuto un nutrizionista, come detto sarà Giorgi ad occuparsi di questo ruolo. Sempre se i ragazzi vorranno essere seguiti, non obblighiamo nessuno, però ci siamo accorti di questa necessità. 

Il livello nel ciclismo moderno ha portato la Bardiani ad inserire uno staff tecnico di qualità
Il livello nel ciclismo moderno ha portato la Bardiani ad inserire uno staff tecnico di qualità
Questa è una piccola rivoluzione…

Giorgi farà anche il piano alimentare per le corse e per gli allenamenti, li seguirà anche a livello tecnico. I ragazzi dal ritiro si abitueranno a pesare gli alimenti, perché a seconda del peso e del fisico si sono differenti piani alimentari da seguire. Avremo anche una bilancia che daremo ad ogni corridore e tramite un applicazione potremo monitorare il peso e capire se ci sono correzioni da fare. 

Puntate molto nel migliorare l’alimentazione.

Ce ne siamo accorti in particolar modo quest’anno, non si può fare tutto ad occhio. Molti ragazzi giovani non hanno la minima idea e cultura di come si fa il corridore. Loro hanno tante informazioni che possono prendere ovunque ma ci vuole una persona di riferimento. Fanno errori anche i corridori più navigati, per farvi un esempio, lo stesso Fiorelli quando era dilettante pesava 67 chili, ora 69. Tutti hanno da imparare. Noi vogliamo mettere i nostri ragazzi nelle condizioni di poter far bene, poi sta a loro metterci quel qualcosa in più, non possiamo arrivare ovunque. 

Pino Toni ha seguito molti dei nuovi acquisti della Bardiani, anche Lucca
Pino Toni ha seguito molti dei nuovi acquisti della Bardiani, anche Lucca
Giorgi andrà a sostituire Pino Toni?

Non lavoreremo più con Pino, continuerà, in maniera privata, a seguire qualche nostro corridore e quando avrà qualche corridore interessante magari lo manderà ancora da noi. 

Però Toni ha seguito i nuovi acquisti per il 2023, come mai?

Quando abbiamo contattato Vicini, che era la figura principale della quale necessitavamo, ci è stato detto che avremmo dovuto prendere lo staff completo. Ci hanno chiesto loro di lavorare senza altre persone in mezzo, per avere maggior controllo. Volevano muoversi tutti e tre insieme e ci hanno messo davanti a delle scelte.

Salice, l’occhiale perfetto per chi fa sport

16.11.2022
4 min
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Gli appassionati di ciclismo conoscono molto bene il marchio Salice. Da tanti anni gli occhiali e i caschi Salice sono protagonisti nel mondo del ciclismo. La loro inconfondibile livrea tricolore nelle ultime stagioni ha accompagnato in gruppo le formazioni guidate da Gianni Savio, per ultima la Drone Hopper-Androni Giocattoli. Molti però non sanno che Salice è arrivata nel ciclismo dopo un percorso davvero lungo, iniziato nel lontano 1919, che l’ha vista protagonista in tantissime altre discipline sportive, prima fra tutte lo sci.

Per conoscere meglio la storia dell’azienda siamo saliti fino a Gravedona, sulla punta più estrema del lago di Como. Qui abbiamo incontrato Anna Salice, alla guida dell’azienda di famiglia, e Paolo Tiraboschi che per il brand Salice cura in maniera magistrale il rapporto con gli atleti. 

Prima di iniziare la nostra chiacchierata con loro, va fatta una doverosa premessa. Il nome corretto dell’azienda è Salice Occhiali. L’azienda fondata nel 1919 da Vitaliano Salice nei suoi primi anni di attività si è specializzata nella realizzazione di astucci per occhiali. Successivamente si è rivolta alla produzione di occhiali protettivi sul lavoro per venire incontro alle esigenze degli scalpellini che lavoravano il marmo a Musso, piccolo comune comasco dove l’azienda aveva stabilito la sua prima sede. L’azienda si è poi trasferita a Gravedona negli anni Quaranta, in un palazzo che unisce perfettamente eleganza e funzionalità.

Gustavo e Roland Thoeni con Herbert Planck e Erwin Stricker
Gustavo e Roland Thoeni con Herbert Planck
Il marchio Salice è conosciuto e apprezzato da chi pratica ciclismo. Molti però non sanno che avete alle spalle una lunga storia di sport. E’ corretto?

Effettivamente è proprio così – esordisce Anna Salice – Possiamo dire che il nostro debutto nello sport risalga ad inizio anni Cinquanta. All’epoca, l’attuale Federazione degli Sport Invernali, ci chiese di realizzare una maschera protettiva per il “mitico” Zeno Colò per aiutarlo a vedere meglio in discesa. Da lì si può dire che sia iniziato tutto.

Immaginiamo che dallo sci siano arrivate tantissime soddisfazioni…

L’avvicinarci allo sci e più in generale al mondo della neve è stato per noi un momento di svolta. Possiamo tranquillamente affermare che abbiamo vissuto da protagonisti il boom dello sci come attività sportiva che è avvenuto tra gli anni Settanta e Ottanta. Era quello il periodo della “valanga azzurra”. Campioni come Gustav Thoeni, Erwin Stricker, Herbert Planck, Piero Gros sciavano e vincevano con le nostre maschere. Le immagini televisive e le foto di loro con le nostre maschere hanno fatto il giro del mondo.

Daniele Chiappa “Ciapin” del gruppo “Ragni Lecco”, una parte della storia dell’alpinismo
Daniele Chiappa “Ciapin” del gruppo “Ragni Lecco”, una parte della storia dell’alpinismo
Salice era in quel periodo sci, ma anche alpinismo. Quando si parla di alpinismo in Italia non si può non parlare dei Ragni di Lecco.

I Ragni di Lecco sono entrati nella storia dell’alpinismo mondiale. Nel 1974 hanno utilizzato la maschera “Sapporo” che li ha accompagnati nella storica scalata al Cerro Torre, una vetta della Patagonia sul confine tra Cile e Argentina, da sempre considerata una delle montagne più inaccessibili al mondo per via di una parete granitica di ben 900 metri che porta ad una cima perennemente coperta da un “fungo” di ghiaccio. Mi piace pensare che nella realizzazione della loro impresa un piccolo, ma significativo contributo, sia arrivato anche dalle nostre maschere.

Ritornando per un attimo alla “valanga azzurra”, gli atleti hanno contribuito in qualche modo allo sviluppo delle vostre maschere?

Il parere dell’atleta è sempre importante. Non dobbiamo dimenticare che alla fine sono loro a utilizzare ai massimi livelli i nostri prodotti. In passato, atleti del calibro di Thoeni, Gros, Stricker ci hanno fornito i loro importanti feedback. Se posso però fare il nome di un atleta che era un vero appassionato e conoscitore del nostro prodotto e che sapeva darci le giuste indicazioni da seguire, non posso non pensare a Leonardo David. Grazie al suo contributo abbiamo realizzato la maschera “977”, uno dei nostri prodotti di maggiore successo. Ancora oggi Leonardo ha un posto speciale nel nostro cuore e siamo molto legati alla sua famiglia.

Leonardo David era la risposta italiana a Stenmark, fino all’incidente di Lake Placid. Morì a 25 anni (foto collezione Tullio Gabrielli)
Leonardo David era la risposta italiana a Stenmark, fino all’incidente di Lake Placid. Morì a 25 anni (foto collezione Tullio Gabrielli)
Guardando invece al presente, in quali altri sport, oltre naturalmente al ciclismo, Salice è oggi protagonista?

Ci siamo naturalmente aperti anche ad altri sport – interviene Paolo Tiraboschi – e mi riferisco in particolare al triathlon, al canottaggio, all’atletica, solo per citarne alcuni. Lo scorso anno Massimo Stano ha conquistato la medaglia d’oro nella 20 chilometri di marcia alle Olimpiadi di Tokyo e quest’anno si è ripetuto diventando campione del mondo ai mondiali di Eugene in Oregon nella 35 chilometri. In entrambe le occasioni aveva i nostri occhiali. Siamo naturalmente ancora presenti nel mondo neve. Solo per citare qualche nome, utilizzano i nostri occhiali atleti del calibro di Simone Origone nel chilometro lanciato e Francesco De Fabiani nello sci di fondo.

Ritorniamo per un attimo al ciclismo, la disciplina che ci ha fatto conoscere. Se dovessimo indicare un momento di svolta quale potrebbe essere?

Sicuramente il Giro d’Italia del 2009 con i due successi di tappa di Alessandro Petacchi e la sua conquista della maglia rosa (foto di apertura). Il vederlo sul podio con i nostri occhiali vestito di rosa ci ha dato una enorme visibilità e nello stesso tempo credibilità.

Salice Occhiali

Chirico riparte da casa e dalla… fuga giusta

27.10.2022
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«La mia ultima corsa – dice Chirico – è stato il Lombardia. Ero stato male, non dovevo neanche farlo. Però mancava un corridore, così sono partito dicendo alla squadra che potevo fare al massimo 50 chilometri. A quel punto sono salito in ammiraglia. A Como, sono andato da amici a vedere il finale della corsa e da lì ho preso la bici e sono venuto a casa. Non è stato facile, perché avevo ancora il numero sulla schiena e un po’ di magone. Sono arrivato, c’era la mia compagna e sinceramente ho pianto. Perché ho capito che in quel momento finiva la mia carriera agonistica. Ho ancora a casa la maglia col numero, non l’ho lavata. Quella maglia resterà l’unica che non lavo. Non ho vinto la Roubaix, non ho fatto niente, però non la lavo e rimane lì. La mia ultima maglia».

Nelle ultime quattro stagioni, Chirico ha corso alla corte di Gianni Savio
Nelle ultime quattro stagioni, Chirico ha corso alla corte di Gianni Savio

Un autunno stranissimo

Porto Ceresio sonnecchia placido sulla sponda del lago di Lugano. La giornata è calda in modo strano, si va in bici in maglietta e pantaloncini, ma lo capisci che non è normale. L’autunno somiglia a una timida estate, mentre Luca Chirico ci aspetta sulla porta del negozio nuovo. L’ha chiamato “In fuga – Luca Chirico Bike Experience” e l’ha inaugurato giovedì scorso, anche se i lavori erano iniziati in primavera. L’idea era di aprirlo per l’estate e intercettare un po’ di stranieri, ma il progetto è cambiato perciò è slittato tutto in avanti.

«E io nel frattempo correvo – sorride – il cantiere l’ha seguito mio cognato che ha un’impresa edile. Quindi per fortuna mi ha alleggerito un po’ su quel fronte. La parte che ha coinvolto me invece è stata più che altro cercare i fornitori e le bici in un momento in cui non c’erano bici. Il lavoro è stato incastrare gli incontri rispetto ai miei impegni di allenamento. Non è facile passare da atleta a imprenditore, cambia tutto. Ancora non sono entrato nell’ottica, alcune cose mi mancano. Ho delle lacune, però piano piano inizio a entrare nel meccanismo che ti fa capire come andare avanti, come procedere. All’inizio c’è un casino in testa, incredibile. Mille cose cui pensare, soprattutto la burocrazia. Per fortuna mi ha aiutato mia sorella che ha due pasticcerie…».

Il negozio è stato inaugurato il 20 ottobre: si trova a Porto Ceresio, paese natale di Chirico
Il negozio è stato inaugurato il 20 ottobre: si trova a Porto Ceresio, paese natale di Chirico
Perché non dovevi fare il Lombardia?

Da giugno sono stato alle prese con un’infiammazione dolorosissima di tutto il fianco sinistro. Prima andava e veniva, poi a volte non lo sentivo. Invece da agosto mi ha sempre fatto male, senza capire a cosa sia dovuto. Dopo il ritiro di Livigno, sono rientrato a Peccioli e ho avuto ancora problemi. Da lì ho annullato tutte le gare, era inutile prendere in giro me stesso e la squadra. Era veramente avvilente. Pedalavo al 30 per cento con la sinistra e al 70 con la destra.

Nel frattempo la Drone Hopper ha avuto i suoi problemi. Hai pensato di guardarti intorno?

La verità? Non ho neanche provato a cercare una squadra per l’anno prossimo. Non me la sentivo, ero veramente giù di morale. Non sono stato il professionista che mi aspettavo, perché comunque da quando ho avuto il problema all’arteria iliaca non sono mai più tornato sui livelli che avrei voluto. Ma non mi piango addosso e non ho mai cercato scuse. Sono felicissimo della mia vita. Sabato mi sono sposato con Francesca, in due settimane è cambiato tutto. Avremmo voluto anticipare perché suo padre stava molto male, ma non ce l’ha fatta. Alla fine ci siamo sposati lo stesso, era quello che anche lui avrebbe voluto. 

La carriera da pro’, fra varie sfortune, è stata inferiore alle sue attese
La carriera da pro’, fra varie sfortune, è stata inferiore alle sue attese
Qualche rimpianto?

Ne ho dal punto di vista dei risultati, perché mi rendo conto che avrei davvero potuto dare di più. Sono frasi fatte, che magari dicono tutti. Però mi guardo indietro e dico che se il fisico non si fosse messo in mezzo, avrei potuto fare molto di più. E cosa posso farci?

Perché il nome “In fuga”?

Perché per me questa è una fuga da quello che sono stato. Sono stato un corridore e per il nome del negozio cercavo un nome dal gergo ciclistico che mi appartenesse. Mi rendo conto che nella mia vita non ho fatto tante fughe, però spero che questa qua sia quella più importante che mi porti lontano.

Gli arredi sono tutti su misura: nel negozio si vendono le bici Aurum, Hersh e Focus e si noleggiano e-Bike
Gli arredi sono tutti su misura: nel negozio si vendono le bici Aurum, Hersh e Focus e si noleggiano e-Bike
Ti mancherà la vita del corridore?

Ultimamente facevo fatica ad andare via da casa, ma era una fatica legata alla sofferenza fisica e quindi non andava bene. Ogni volta che preparavo la valigia, ero col magone a chiedermi: ma perché lo sto facendo? Il problema alla gamba persiste, ne ho girate tante. Ancora adesso sto andando in fisioterapia, stamattina ero a Bellinzona a farmi trattare dall’unico che un po’ mi ha tolto il dolore. Vorrei provare a stare bene perché un domani vorrei uscire in bici con i miei amici e uno dei migliori è Fabio Aru.

Anche lui ha si è operato all’arteria iliaca…

Infatti ci confrontiamo tanto su questo tema, perché abbiamo avuto praticamente lo stesso problema. La differenza è che lui era già un campione affermato, io avevo 22 anni e mi sono trovato a dover affrontare questo problema più grande di me. E alla fine cosa si fa? Ci si mette il cuore in pace, ma si vive lo sport in modo totalmente diverso.

I risultati più belli da U23: nel 2014 in maglia Trevigiani, Chirico vince il Memorial Rusconi
I risultati più belli da U23: nel 2014 in maglia Trevigiani, Chirico vince il Memorial Rusconi
Come si vive?

Fabio stesso negli ultimi anni non era il Fabio che conosco adesso. Era spesso nervoso perché essendo abituato alla competizione ad alto livello, a causa di questo problema era diventato solo un numero. Perdi sicurezza. Prima che venisse anche a me, nel 2015 a 23 anni feci un bel Giro d’Italia. Mi dissi che quello era l’inizio di un percorso, invece l’anno scorso dalla prima gara venne fuori il problema.

Il resto della mattinata se ne va in chiacchiere e racconti. La torta preparata da sua sorella per la festa a sorpresa per l’addio di Nibali. I percorsi di allenamento nella zona del lago. I ricordi dei compagni dei primi tempi, da Barbin a Rino Gasparrini che avrebbe meritato di passare. Milesi direttore sportivo e gli ultimi tempi da pro’ in quel clima pesante della squadra. Ora tutto questo appartiene al passato e forse un po’ di magone verrà a galla quando gli amici partiranno per i primi ritiri. Ma per il momento non ci pensa. E piuttosto abbiamo un problema: non ha ancora detto a sua madre che ha deciso di smettere. Speriamo l’abbia fatto prima dell’uscita di questo articolo…

Avventura al Langkawi, Bisolti (di nuovo) “nostro” inviato

25.10.2022
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Il Tour de Langkawi, è stata l’ultima corsa di una certa importanza dell’anno. Gara che si è svolta in un Paese esotico, la Malesia che, come spesso accade, offre alla vista grandi contraddizioni. I grattacieli lussuosi delle città e i villaggi old style delle campagne.

Otto tappe, da Kuala Lampur, nella parte centro meridionale della Malesia, a Kuah, nel Langkawi vero e proprio più a Nord. Tanta pioggia e una bella dose di tifo…

Bisolti presente

E della bolgia asiatica faceva parte anche Alessandro Bisolti, schierato con la sua Drone Hopper-Androni. Non era facile fare risultato come in passato. C’erano tanti squadroni e lo stesso Bisolti ci ha subito detto che il livello rispetto al pre-covid è notevolmente cambiato.

Alessandro, purtroppo, per un disguido con i giudici e una bella dose di sfortuna è stato costretto ad alzare anzitempo bandiera bianca, ma ci ha comunque accompagnato alla scoperta della corsa.

«Per me – dice Bisolti – è stata un’avventura faticosa, strana e… corta! Per un insieme di coicidenze sfavorevoli sono stato costretto a fermarmi prima.

«Mi si è rotto il filo del cambio. Non essendoci le ammiraglie, non avevo la bici di scorta sulla macchina al seguito. Una bici c’era, ma era al centro dell’ammiraglia. Per prenderla ci abbiamo messo un bel po’ e poi non era neanche la mia bici, ma quella di Grosu. In realtà in quel momento non c’era neanche l’ammiraglia. Era rimasta dietro nel traffico. Fatto sta che quando sono ripartito era passato il fine corsa».

«Mi sono dovuto fermare tre volte per regolare la sella. Avevo la brugola. Per non fermarmi anche la quarta volta, mi sono fatto aiutare dall’ammiraglia. Eravamo lontani dai primi e dal traguardo (circa 70 chilometri, ndr) ma la giuria è stata super fiscale. A fine frazione mi hanno squalificato per traino».

In Cina e in Asia in generale, Bisolti racconta che i giudici da sempre sono un po’ fiscali, però a volte servirebbe anche un po’ di buon senso. Tanto più che i team non hanno tutti i mezzi consueti, ma si devono adattare.

Prima e dopo il covid

«Rispetto al 2019 – racconta Bisolti – sicuramente il livello è più alto. Lo scorso anno si disputò solo con team locali. Nel 2019 c’era una sola squadra WorldTour se non erro, l’Astana, questa volta ce ne erano sei. E questo ha cambiato anche il modo di correre.

«In queste gare s’iniziava a darsele da subito anche nelle tappe pianeggianti, adesso invece la corsa è più controllata».

Un’altra differenza è stata la collocazione temporale. Prima del covid il Tour de Langkawi si faceva in primavera, adesso ad ottobre. E cambia molto. Adesso ci sono i Monsoni.

«Sono due climi totalmente differenti. Da quelle parti questo è il periodo delle piogge, non potete capire quanta acqua abbiamo preso. Degli scroscioni continui, un chilometro di nubifragio e un chilometro di asciutto.

«A marzo invece il caldo è opprimente, 40° almeno. Stavolta c’erano 35°, ma il sole lo avremmo visto dieci minuti in tutto. Senza contare l’umidità. Impossibile stare senza climatizzatore. Come uscivi dall’hotel ti si bagnavano le braccia».

E con le WorldTour cambia anche l’avvento mediatico. Questa volta la corsa era trasmessa da Eurosport.

«Al netto di qualche errore di regia, che per esempio si è persa il finale della terza frazione, in ogni caso la corsa era trasmessa su un canale internazionale importante. Di certo è cresciuta nel suo insieme. E il ciclismo è conosciuto. L’autista del nostro bus sapeva tutto del Giro d’Italia e sognava di scalare lo Stelvio».

Petronas Tower

Fermandosi in anticipo, Bisolti si è perso una fetta della parte più selvaggia del Tour de Langkawi. Ma il Dna della corsa no, quello non se l’è perso. Inoltre Bisolti è un vero esperto nel raccontare certi ambienti. Fece così già con il Tour du Rwanda. Le ricche Petronas Tower sono state un po’ il simbolo della trasferta asiatica.

«Rispetto al Rwanda – continua Bisolti – ho notato forse un po’ meno di entusiasmo. Però è anche vero che io ho vissuto soprattutto la prima parte, quella di Kuala Lampur. E Kuala Lampur è una città enorme e non è paragonabile al calore e alla folle dei piccoli villaggi come nella foresta del Rwanda. E infatti all’arrivo della terza tappa di gente ce n’era davvero tanta».

«Nei giorni prima della gara, in allenamento, ci facevano le foto e i video dagli scooter. Un’altra cosa incredibile è stato il traffico. Per rientrare in hotel impiegavamo un’ora e mezza per fare 15 chilometri. Ed eravamo su una tangenziale a sei corsie.

«O lo stesso quando uscivamo per fare la sgambata: ogni 50 metri eravamo fermi ad un semaforo con 100 scooter e 300 auto dietro!».

Più si andava verso nord e più il paesaggio diventava esotico
Più si andava verso nord e più il paesaggio diventava esotico

Niente “Montezuma”

Di solito quando si viaggia in Paesi esotici, o meno “occidentali” nel loro stile di vita, la “maledizione di Montezuma” è sempre in agguato. E questo è indipendente da latitudini e longitudini: basta qualche micro-differenza nella composizione dell’acqua e delle verdure che il mal di pancia “bussa”.

«Però in questo caso è andata bene – prosegue Bisolti – al Langkawi nessun problema di questo genere. Noi corridori avevamo sempre la nostra pasta, il nostro riso o il nostro pollo. E le verdure erano solo cotte.

«Di fronte a noi c’era un grande centro commerciale dove avremmo potuto comprare le stesse cose che ci sono da noi. Io di solito viaggio con scatolette di tonno in valigia, questa volta no. Però la mia moka del caffè ce l’avevo!».

Strade larghe

Il Tour de Langkawi non è una corsa durissima. Le tappe sono brevi e parecchio pianeggianti, ma quando ci sono le salite cambia un po’ tutto.

«Cambia – conclude Bisolti – perché c’è una concezione stradale diversa. In Malesia le strade sono tutte larghe, tutte a mo’ di tangenziale. Su una salita di quasi 20 chilometri all’8-9% c’erano due corsie a salire e due a scendere. E questo neanche ti dava la percezione della pendenza. Nessun tornante, nessuna curva stretta… micidiali!

«Però ti rendevi conto di quanto fossero dure, quando in discesa toccavi i 110 all’ora».

Drone Hopper non paga, la strada di Savio è in salita

06.10.2022
6 min
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Savio risponde dopo qualche squillo. Racconta di aver concluso una seduta di fisioterapia, dopo l’intervento all’anca, fatto finalmente dopo mesi camminando male e dolorosamente. Spiega che ora cammina bene e riesce anche a fare qualche passo di corsa, ma il tono muscolare va ricostruito. Tuttavia, quel che il ciclismo si sta chiedendo è se la sua squadra, la Drone Hopper-Androni, avrà un futuro o la storia si fermerà a fine 2022. Fra le voci circolate nell’ambiente, c’è anche quella per cui lo sponsor spagnolo potrebbe entrare nel ciclismo femminile accanto a un team italiano. E al sentirlo, Savio prima resta in silenzio, poi quasi scoppia a ridere.

«Che facciano un team femminile – dice – lo escludo proprio a priori. La questione sta in questi termini. Noi abbiamo un contratto con la Drone Hopper, regolarmente depositato all’UCI per quattro anni. La Drone Hopper è una startup, però ha presentato tutte le documentazioni necessarie. Insomma, il revisore dei conti dell’UCI è abbastanza rigoroso e quindi se abbiamo ricevuto la licenza quest’anno è perché tutti i documenti erano a posto. Ma c’è stata un po’ di leggerezza da parte loro. Credevano che questo progetto, che pure a detta dei tecnici dei droni è molto interessante, potesse decollare subito. Invece così non è stato e si trovano in difficoltà economiche. Ci sono stati ritardi nei pagamenti ai quali io e Marco Bellini abbiamo supplito, cercando altre risorse che abbiamo trovato».

Savio alle prese con una delle situazioni più difficili della sua storia di manager
Savio alle prese con una delle situazioni più difficili della sua storia di manager
Come avete fatto?

E’ stato determinante ancora una volta l’apporto del signor Sidermec, di Pino Buda. E’ stato lui che in questo periodo ci ha tirati fuori da una situazione che poteva anche essere problematica, perché l’esborso del primo nome è notevole. E capite che se comincia a essere in ritardo di uno, due e poi tre mesi la situazione diventa allarmante. Per quest’anno l’abbiamo risolta, però né io né Marco Bellini abbiamo intenzione di passare un’altra stagione come questa.

Quindi?

Quindi, nonostante il contratto della Drone Hopper depositato all’UCI, non abbiamo ancora fatto la richiesta di affiliazione. Per farla dobbiamo avere delle garanzie precise, ma intanto a giugno abbiamo fatto una videochiamata, dicendo a tutti quale fosse la situazione. Abbiamo fatto presente che erano tutti liberi di accasarsi in un’altra squadra. Ai giovani, per i quali abbiamo il contratto biennale, abbiamo detto che ci avremmo pensato noi.

Tesfatsion aveva già firmato con la Trek-Segafredo, Cepeda è già alla EF Edication
Tesfatsion aveva già firmato con la Trek-Segafredo, Cepeda è già alla EF Edication
Sembra l’ultimo atto della storia…

Lo abbiamo fatto nel caso in cui non potessimo continuare. Ma almeno nessuno domani potrà dire di aver perso una possibilità di lavoro perché Savio e Bellini non hanno detto come stavano le cose. Due mesi fa, abbiamo detto che non sappiamo se potremo continuare. Non dipende da noi, ma dalla Drone Hopper.

Qual e la situazione adesso? State cercando altri sponsor?

Ma scherzate? Abbiamo iniziato e stiamo continuando. Quelli di Drone Hopper sono brave persone, solo che a mio avviso sono stati troppo leggeri. Peraltro sono stati loro a interpellarmi. Abbiamo anche la fideiussione, ma non andiamo ad accollarci un rischio del genere. In questo momento lì stiamo sostenendo in tutto e per tutto, ma è ovvio che ci siamo mossi in altre direzioni. Ci sono trattative aperte. Reperire sponsor non è mai stato facile, ma vi assicuro per le esperienze che ho, che in questo momento è ancora più difficile, per tutte le problematiche che conosciamo. Per i costi dell’energia, l’economia, la guerra…

Giovanni Ellena (a sinistra) con Alessandro Spezialetti, entrambi diesse della Drone Hopper
Giovanni Ellena (a sinistra) con Alessandro Spezialetti, entrambi diesse della Drone Hopper
Sappiamo che Tesfatsion andrà alla Trek, altri si sono sistemati altrove?

Il passaggio di “Natalino” alla Trek è precedente. Chiaramente, per reperire le risorse e pagare tutti, abbiamo dovuto fare dei sacrifici. Abbiamo dovuto anche cedere i contratti di Jefferson Cepeda e Andrea Piccolo (passati entrambi alla Ef Education, ndr). Per questo Piccolo è rimasto con noi così poco. Con lui ho un ottimo rapporto, non è il ragazzo che mi avevano descritto. A Getxo è arrivato secondo e mi ha mandato un messaggio, dicendo: «Guarda, mi spiace perché avrei davvero voluto vincere con la vostra maglia e non mi è riuscito. Però ti voglio ringraziare perché se posso riprendere di nuovo a un certo livello è grazie a voi».

In che modo cedere Cepeda e Piccolo vi è stato di aiuto?

Il premio di valorizzazione, ricordate che ne abbiamo già parlato? Una clausola per cui se il corridore che ha il contratto con noi riceve l’offerta di una WorldTour può svincolarsi con il pagamento di una quota tramite la quale la nuova squadra ci riconosce l’averlo scoperto e valorizzato (anche il Team Sky ad esempio pagò per Egan Bernal, ndr). Non è intendersi come una penale perché penale non è, ma grazie a quegli importi, siamo riusciti a pagare le mensilità di fine mese.

Il passaggio di Piccolo dalla Drone Hopper alla EF ha permesso a Savio di pagare parte degli stipendi
Il passaggio di Piccolo dalla Drone Hopper alla EF ha permesso a Savio di pagare parte degli stipendi
Qual è la situazione attuale?

Siamo in attesa di risposte, dell’evolversi dei fatti. Non abbiamo assolutamente intenzione di chiudere, vogliamo continuare, ma lo faremo solo con delle garanzie. A parte Natalino, Cepeda e Piccolo, che io sappia nessuno si è ancora accasato fuori. C’è da dire che anche per i corridori non è un momento facile di mercato, non è assolutamente facile.

Vi siete dati una scadenza?

Non vale la pena darsi un termine, perché il termine arriva da solo, a novembre i giochi sono chiusi. Proprio per le difficoltà che ci sono state negli ultimi anni, sotto questo profilo l’UCI ha allentato un po’ le maglie. Nel senso che pagando ovviamente una penale, in questo caso è giusto chiamarla così, ci si può iscrivere oltre i limiti di regolamento.

Pino Buda, 82 anni, è il titolare della Sidermc. Qui con Bernal nel 2017
Pino Buda, 82 anni, è il titolare della Sidermc. Qui con Bernal nel 2017
In che modo potreste coinvolgere gli sponsor storici?

Pino Buda lo ringrazio di cuore e ci tengo che si sappia. Oggi la nostra squadra esiste ancora, grazie a Pino “Salvatore” Buda. Non è la prima volta che interviene e non possiamo chiedergli di farlo anche per il prossimo anno. Pino ci sarà sempre, ma dipenderà dalla dimensione della squadra e dalle problematiche della sua attività. Invece non ci sarà più Androni come secondo nome. Gli altri, gli sponsor un po’ storici come ad esempio Lauretana e Trecolli, continueranno. Ma una squadra devi edificarla dalle fondamenta, quindi prima devi avere la base

Manca il primo nome, insomma…

Come biciclette avevamo Bottecchia, che però ha avuto questo grave problema (un vasto incendio che il 25 settembre ne ha devastato la sede, ndr). Però le biciclette non sono un problema, avremmo delle alternative, quindi il problema principale è il primo sponsor, perché di lì nasce il resto. Insomma, Drone Hopper ci ha messo in una difficoltà non da poco. Io ci credo, noi siamo abituati a lottare, l’ho sempre fatto. E quindi essendo un’ottimista di natura, penso che in qualche modo continueremo. Vedremo in che modo… 

Bottecchia Emme 4 e Aerospace, le bici della Drone Hopper

19.09.2022
4 min
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All'Italian Bike Festival Marco Turato, Direttore Commerciale Bottecchia Cicli, ci porta alla scoperta delle due bici in dotazione agli atleti del team Drone Hopper-Androni Giocattoli, la Aerospace e la Emme 4 Squadra

Performance Made in Italy e una bellezza estetica degna dell’eleganza che il nome Bottecchia tramanda un modello dopo l’altro dal 1926 ad oggi. Le top di gamma della casa di Cavarzere rispecchiano i due asset principali a cui gli atleti professionisti aspirano maggiormente. Velocità e leggerezza. Una non esclude l’altra, ma nelle due bici le propensioni sono chiare fin dal primo sguardo.

La Drone Hopper-Androni Giocattoli le ha scelte per affrontare le corse ai massimi livelli, dando la possibilità ai suoi atleti di optare per quella più congeniale alle proprie caratteristiche in base ai percorsi. Aerospace è la proposta aero di Bottecchia rivolta agli sprinter e alla ricerca continua della velocità. La Emme 4 invece è il non plus ultra dell’azienda veneta in campo di leggerezza e voglia di aggredire ogni salita. 

Emme 4 Squadra

Il nuovo telaio Emme 4 è stato ridefinito e perfezionato sotto il segno dell’integrazione. Grazie alla totale integrazione dei cavi all’interno del telaio e del tubo sterzo a sezione maggiorata, è stato raggiunto un aumento del 23% della rigidità e stabilità di guida.

Le performance sono raggiunte anche grazie alla tecnologia Monolith che permette di avere un vero unico monoscocca in totale assenza di punti di giunzione, rendendo questo telaio ultra leggero. Il peso infatti si attesta in soli 780 grammi. L’elasticità e il comfort si combinano perfettamente, rendendo la Emme 4 la bici ideale per le competizioni di massimo livello.

Ideale per le salite grazie alla sua leggerezza da top di gamma
Ideale per le salite grazie alla sua leggerezza da top di gamma

Progettata per le salite

Un vero e proprio monoscocca unico in totale assenza di punti di giunzione, questo telaio leggero e super performante si posiziona ai vertici della sua categoria. La tecnologia Monolith si differenzia attraverso la particolare configurazione dello stampo che permette il corretto ed omogeneo posizionamento di tutti gli strati di carbonio su tutta la lunghezza del telaio, massimizzando elasticità e reattività. 

Grazie al lavoro del nuovo centro di ricerca e sviluppo, dedicato allo studio dei colori e del design sono nate cinque colorazioni speciali: Prisma, Camaleonte, Sparkling Glass, Black Rainbow, Blue Rainbow. Le nuove colorazioni giocano con la luce e la rendono parte integrante del design della bici. 

Aerospace 

La Aerospace è una bici ultra veloce con freni a disco e tecnologia Internal Routing Cables con cavi totalmente integrati nel telaio. Telaio in carbonio monoscocca Aero, perni passanti, reggisella Aero e forcella da 445g con canotto conico 1″ 1/2. La totale assenza di cavi esterni massimizza l’efficienza aerodinamica ed esalta l’eleganza e la precisione del design.

Compatibile con tutti i gruppi meccanici e elettronici, Aerospace combina il miglior telaio aerodinamico con componenti pregiati grazie alle più moderne tecnologie che permettono di raggiungere performance elevate. Progettata dal RedLab e testata da atleti professionisti garantisce un’esperienza di guida di alto livello.

Le sezioni dinamiche sono improntate per un utilizzo propenso alla velocità
Le sezioni dinamiche sono improntate per un utilizzo propenso alla velocità

Progettata per la velocità

La compagna perfetta per gli sprint, questa bici è la più veloce della gamma in pianura che non disdegna la salita. E’ la scelta migliore per gli stradisti che cercano una bici da strada aerodinamica, veloce e performante con la sicurezza dei freni a disco, perfetti in ogni condizione.

Bottecchia oltre alle performance punta molto anche nel vestirle al meglio. Le nuove colorazioni sfruttano il variare continuo del colore della grafica della bici, dandole ogni volta un look diverso e originale

BottecchiaCicli