Dalla Romania torna Grosu: che ciclismo ha trovato?

15.09.2022
4 min
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Il Giro di Romania era per Eduard Grosu l’evento principale della sua estate e probabilmente di tutta la stagione. Il portacolori della Drone Hopper per l’occasione è tornato a casa, con l’ambizione di conquistare il successo pieno nella corsa alla quale è affettivamente più legato. Tornando nella sua Romania, ha potuto tastare con mano lo stato di salute del “suo” ciclismo, del quale si parla poco a differenza di altre realtà dell’est europeo.

Grosu ormai è di casa in Italia, tanto che il suo italiano è fluente come pochi. Alla fine la vittoria nella classifica generale non è arrivata, ma ha fatto sua la classifica a punti oltre a una tappa, il bilancio può quindi essere considerato positivo.

«Ho avuto una giornata storta proprio nella tappa decisiva – dice – l’unica con una salita lunga. Sono andato in crisi a 7 chilometri dalla fine, non avevo speranze di rientrare. Alla fine però posso dire di essere soddisfatto e orgoglioso della mia prestazione e devo dire grazie alla squadra che mi ha sostenuto alla grandissima».

La volata vittoriosa di Grosu nella terza tappa, battendo l’americano Rhym
La volata vittoriosa di Grosu nella terza tappa, battendo l’americano Rhym
Che tipo di corsa avete affrontato? Il profilo geografico del territorio rumeno non è molto simile a quello italiano…

Sì, ma le salite ci sono, anzi la tappa decisiva portava gli atleti oltre quota 2.000. Tutte le tappe avevano un dislivello complessivo di almeno 1.800 metri. Tutte le frazioni, salvo quella finale completamente pianeggiate, erano con salite di 3-4 chilometri, il tappone aveva invece la salita che ha fatto la differenza anche al Sibiu Cycling Tour.

Prendiamo spunto dalla gara per parlare del ciclismo del tuo Paese, a che livello è?

Sta crescendo, anche se non come potrebbe. Dal punto di vista organizzativo si disputano gare sempre più qualificate: il Sibiu Tour è quella più importante, ma anche il Turul Romaniei che è il nostro giro nazionale sta diventando sempre più qualificato. Il problema vero è a livello di squadre, guidate da dirigenti che sono signori che correvano tanti anni fa e che fanno tanta fatica ad adeguarsi al ciclismo moderno. Manca la mentalità giusta e questo rappresenta un ostacolo.

Il podio finale del Turul Romaniei con il britannico Stewart primo davanti a Raileanu (ROU) e Otruba (CZE)
Il podio finale del Turul Romaniei con il britannico Stewart primo davanti a Raileanu (ROU) e Otruba (CZE)
Considerando anche la crescita della vicina Ungheria…

Siamo lontani dai livelli magiari oppure polacchi. Deve cambiare qualcosa proprio a livello dirigenziale. Io curo con mio padre una squadra che ha 50 ragazzi nelle categorie giovanili, ma è difficile farli crescere ed anzi il nostro è un team fra i più grandi. Il problema è convincere i genitori a far fare questo sport ai propri figli, hanno molta paura.

Qualcosa che si vive anche dalle nostre parti…

Sì, ma in Italia ci sono le autostrade che attirano la gran parte del traffico così le strade secondarie sono più libere e ci si può allenare, pur con le dovute cautele. In Romania non ci sono e questo porta sempre molto traffico anche sulle strade provinciali. E’ uno sport rischioso e questo pesa. I genitori sono più propensi a portare i propri ragazzi a pedalare nei boschi, infatti la mtb è in pieno sviluppo. Ora c’è anche un campione da seguire, Vlad Dascalu che è stato iridato U23 e tanti ragazzi vogliono seguire le sue orme.

La Drone Hopper era, insieme alla Caja Rural, l’unica squadra professional al via
La Drone Hopper era, insieme alla Caja Rural, l’unica squadra professional al via
Dal punto di vista agonistico qual è la situazione?

I praticanti non sono tantissimi, ma stanno aumentando e questo è un bel segnale. Bisogna considerare che fino a 5 anni fa non si disputavano campionati nazionali al di sotto della categoria allievi. Per capire comunque il livello basti pensare che all’ultimo campionato nazionale elite eravamo una quarantina al via e in un Paese con 23 milioni di persone è davvero poco. Serve davvero una grande opera di promozione con idee nuove.

Grosu si era già messo in mostra al Tour di Limousin, finendo 2° a Liberac
Grosu si era già messo in mostra al Tour di Limousin, finendo 2° a Liberac
Ai mondiali sarete presenti?

In Australia dovrebbe andare il campione nazionale. A me avevano chiesto di partecipare, ma ho detto di no perché avrei precluso la seconda parte di stagione alla quale tengo tantissimo, con tutte le classiche italiane dove possiamo fare bene. Sono finalmente in una buona condizione e con la squadra che abbiamo può venire fuori qualcosa di molto buono, anche perché ho il contratto in scadenza e vorrei continuare con il team. Oltretutto gareggiare per la nazionale, nel mio caso rappresenta sempre un problema.

Perché?

A Monaco, agli europei, mi sono trovato a prendere parte alla gara senza uno staff. Non avevo né meccanico né massaggiatore. In gara ho forato a 7 chilometri dal traguardo ma non c’era un’ammiraglia che poteva aiutarmi a sostituire la bici. Che senso ha gareggiare così?